Melius re perpensa, per l'assemblea in videoconferenza è sufficiente la maggioranza dei condomini

09 Dicembre 2020

Nella Gazzetta ufficiale n. 300 del 3 dicembre 2020, è stata pubblicata la l. 27 novembre 2020, n. 159, che, in sede di conversione del d.l. 7 ottobre 2020, n. 125, ha modificato il testo del novello comma 6 dell'art. 66 disp. att. c.c., introdotto poco meno di due mesi fa dalla l. 13 agosto 2020, n. 126. Quest'ultima aveva ammesso la possibilità di tenere l'assemblea di condominio in videoconferenza - modalità, quest'ultima, particolarmente opportuna nel periodo pandemico correlato al Covid-19, stante il divieto di assembramenti e l'obbligo del c.d. distanziamento sociale - tuttavia, aveva precluso, di fatto, il relativo svolgimento, subordinandone la legittimità “al previo consenso di tutti i condomini” (evenienza se non impossibile, quanto mai di difficile realizzazione nella realtà condominiali medio-grandi). Sotto la spinta dell'esigenza di dare ossigeno al settore edilizio, agevolato dal ricorso al superbonus 110%, il legislatore ha optato, come condizione legittimante, per la (più abbordabile) maggioranza dei condomini, anche se gli va rimproverato di non aver colto l'occasione per chiarire i dubbi che la nuova riunione da remoto creerà agli operatori.
Il quadro normativo

L'originario art. 66 disp. att. c.c. - dichiarato inderogabile dal regolamento di condominio dal successivo art. 72 - si rivelava piuttosto scarno, prevedendo solo che “l'avviso di convocazione deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza” (laddove, per esempio, in àmbito societario, l'art. 2363 c.c. prescriveva che l'assemblea delle società per azioni fosse convocata “nel Comune dove ha sede la società, se lo statuto non dispone diversamente”).

A ben vedere, nessun riferimento veniva fatto al “luogo della riunione”, tuttavia - in difetto di disposizioni specifiche del regolamento di condominio sul punto - si era concordi nel ritenere che la relativa fissazione fosse rimessa all'amministratore: invero, tra le attribuzioni di quest'ultimo, l'art. 1130, n. 1), c.c. contempla l'obbligo di “convocare annualmente l'assemblea”, e l'attività di convocazione implica necessariamente anche l'individuazione della sede di svolgimento della riunione.

Si era d'accordo, altresì, che l'amministratore, in tale iniziativa, godesse di una certa discrezionalità, secondo il buon senso e criteri di opportunità, salvo il rispetto di due limiti: il primo era di carattere “territoriale”, nel senso che la predetta riunione doveva, comunque, avvenire entro il confine della città dove si trovava l'edificio condominiale e non in un Comune diverso (specie quando il condominio era costituito da soggetti residenti); il secondo era di carattere “funzionale”, e riguardava l'idoneità intrinseca del luogo delle riunioni sotto il profilo ambientale, nel senso che il posto scelto doveva offrire affidamento per la partecipazione potenziale di tutti i condomini - potendo svolgersi in un locale destinato ad hoc per le riunioni oppure avente altre destinazioni purché, ad esempio, non si trattasse di un locale insalubre o troppo angusto in modo da non contenere comodamente tutti i partecipanti - e per l'ordinato svolgimento della discussione, anche sotto il profilo della riservatezza.

Il testo del suddetto comma 3 veniva implementato a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 220/2012, di riforma della normativa condominiale - entrata in vigore il 18 giugno 2013 - in quanto il novellato capoverso recitava: “l'avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione”.

Pertanto, si continuava a non offrire alcuna indicazione precisa sul “luogo” della riunione condominiale, sicché, anche all'esito dell'intervento della Riforma del 2013, potevano mutuarsi le stesse considerazioni fatte per quanto concerne l'interpretazione del dato normativo codicistico.

La nuova disposizione

In sede di conversione del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 - c.d. decreto agosto, recante “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia” - è stato recepito l'emendamento posto al comma 1-bis dell'art. 63 ad opera della legge di conversione 13 ottobre 2020, n. 126 - pubblicata nella Gazzetta ufficiale 13 ottobre 2020, n. 253, s.o. n. 37/L - entrata in vigore il giorno successivo, ma approvata frettolosamente, e comunque senza discussioni approfondite sul punto, mettendo la fiducia sul testo così come modificato.

Nello specifico, il nuovo testo dell'art. 66 disp. att. c.c., così come emendato dalla legge n. 126/2020, con efficacia dal 14 agosto 2020 - forse la versione meno felice tra quelle finora apparse e sicuramente quella meno dettagliata - prevede una modifica al comma 3, nel senso che “L'avviso di convocazione deve contenere ….. l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione o, se prevista in modalità videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell'ora della stessa”, mentre il novello comma 6 recita: “Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condomini, la partecipazione all'assemblea può avvenire in videoconferenza. In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, è trasmesso all'amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione”.

Melius re perpensa, a distanza di meno di due mesi, il legislatore ha ritoccato la nuova norma, sostituendo al previo consenso di tutti i condomini quello della maggioranza degli stessi, allo scopo di evitare lo stallo causato dal fatto che l'unanimità era realisticamente impossibile da raggiungere (quantomeno, nelle realtà condominiali medio-grandi).

Invero, in sede di conversione del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, è stato approvato l'emendamento, contenuto nell'art. 5-bis (“Disposizioni in materia di assemblee condominiali”), che, modificando nuovamente il testo del comma 6 dell'art. 66 disp. att. c.c., dispone ora che, “anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso della maggioranza di condomini, la partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza”.

Atteso che la legge di conversione 27 novembre 2020, n. 159 - pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 300 del 3 dicembre 2020 - è entrata in vigore il 4 dicembre 2020, le (poche) assemblee in videoconferenza celebratesi dal 14 ottobre 2020 sono state subordinate al raggiungimento dell'unanimità del consenso dei partecipanti - salva la (rara) ipotesi che, nello stesso periodo, fosse intervenuta, addirittura, un'apposita revisione del regolamento di condominio - mentre, per quelle future, e con carattere di stabilità, sarà sufficiente il consenso della maggioranza dei condomini.

Quanto alla modifica (in senso chirurgico) apportata al tessuto normativo dell'appena novellato comma 6 dell'art. 66 disp. att. c.c., la stessa si spiega con la necessità di incentivare le assemblee condominiali da remoto, stante la difficoltà di tenere le stesse in presenza a causa delle note difficoltà correlate al periodo pandemico da conoravirus, e con l'esigenza di sbloccare molti lavori edili, al tempo sospesi - il cui valore, peraltro, ammontava a diversi miliardi di euro - sfruttando, per il tramite di delibere agevolate, il beneficio fiscale del c.d. superbonus 110% (in disparte le attività di manutenzione non posticipabili).

In effetti, era apparso un controsenso consentire l'inserimento, nel regolamento di condominio, di una norma, volta a permettere lo svolgimento dell'assemblea in videoconferenza, votata con la maggioranza rapportata a 500 millesimi, mentre, qualora tale disposizione mancasse, bisognava essere tutti d'accordo.

Tuttavia, anche la nuova norma non è andata esente da critiche, in quanto accusata, mediante l'ingresso di nuove tecnologie a mera di maggioranza - ancorchè non qualificata - di ledere i diritti dei condomini più “fragili” (come i soggetti anziani), o di comportare maggiori costi (ad esempio alle persone meno abbienti); il fatto, poi, di richiedere la sola maggioranza dei partecipanti, che non necessariamente rappresenta quella del valore dell'edificio, potrebbe comportare la conseguenza che un gruppo di condomini numeroso, ma rappresentativo di pochi millesimi, vincoli l'intera compagine condominiale.

Il previo consenso

La vera novità nel panorama normativo è la previsione - in difetto di una disposizione ad hoc da parte del regolamento di condominio (v. appresso) - del “previo consenso della maggioranza dei condomini” (da non confondere, comunque, con la maggioranza degli intervenuti alla riunione).

Tale consenso deve essere, in ogni caso, chiaro ed inequivocabile, mediante una dichiarazione, agevolmente documentabile, del seguente tenore: “dichiaro espressamente di manifestare il mio consenso alla convocazione dell'assemblea del condominio del giorno …. in modalità di videoconferenza”; di contro, si ritiene che il consenso non possa considerarsi mai presunto, o tacito, o ricavabile da un comportamento concludente, oppure configurabile come una sorta di silenzio-assenso qualora il condomino, entro una certa data, non dia risposta all'interpello dell'amministratore.

Il medesimo consenso deve, inoltre, essere richiesto ed ottenuto per le singole assemblee, e non potrà avere l'efficacia di una disposizione lato sensu regolamentare, ossia che abbia lo scopo di fissare, per identici casi futuri, una nuova regola di comportamento per i condomini di quell'edificio; ciò richiederà un'adeguata organizzazione da parte dell'amministratore, il quale dovrà muoversi per tempo (“preventivamente”), al fine di rispettare, pur sempre, lo spatium deliberandi costituito dai 5 giorni intercorrenti tra il recapito dell'avviso di convocazione e la data dell'adunanza.

In quest'ottica, non appare condivisibile l'opinione di chi sostiene che il consenso possa essere espresso anche poco prima dell'apertura dell'assemblea, perché tutti i condomini - e non solo quelli che presenziano - devono essere, per tempo, consapevoli delle nuove modalità di svolgimento dell'assemblea de qua (in disparte la necessità per l'amministratore di verificare la ritualità dello stesso consenso).

In altri termini, il consenso deve essere “previo”, il che significa che esso deve precedere l'assemblea: sul versante operativo, si può immaginare o che l'amministratore del condominio, prima di predisporre la convocazione dell'assemblea, interpelli i condomini chiedendo a ciascuno di essi se ritenga di dare il suo consenso alla partecipazione con modalità telematiche e, perfezionatasi la condizione legittimante, dia istruzioni sull'imminente collegamento da remoto, oppure che, con lo stesso avviso di convocazione dell'assemblea, l'amministratore chieda a ciascuno se intenda manifestare tale consenso, indicando, in difetto del raggiungimento della maggioranza, l'alternativo svolgimento della riunione in presenza.

Di certo, il consenso non deve essere espresso in un'apposita assemblea, non fosse altro per ragioni di economia, nel senso che “sprecare” un'apposita riunione solo per tale incombente appare sinceramente eccessivo, anche perché si correrebbe seriamente il rischio - oltre le contingenti difficoltà di spostamento - che non vengano alla riunione la maggioranza dei partecipanti.

D'altronde, l'espressione del “consenso” da parte dei condomini non si può manifestare con un “voto” espresso in sede di discussione, stante che il voto costituisce la specifica modalità di espressione della volontà in sede di assemblea, né può configurarsi il risultato che deriva dalla manifestazione del consenso dei condomini in una “deliberazione” dell'assemblea, trattandosi di un atto che ha natura e portata diverse.

Si ritiene, comunque, che il consenso debba essere dato volta per volta - e non una volta per tutte, salvo ripensamento successivo con apposita revoca - anche perché, qualora si intenda dare un assetto definitivo al futuro svolgimento delle assemblee, lo strumento più idoneo è la disposizione ad hoc contenuta nel regolamento (o confezionato ex novo oppure debitamente modificato, v. infra).

In altri termini, non si è dell'avviso che il consenso possa essere espresso anche in via anticipata e con riguardo genericamente alle assemblee a venire, non sembrando possibile cioè che i condomini dichiarino, in un determinato momento, di dare il loro consenso a che, nel futuro, a tutte le assemblee che si terranno nel condominio possa esservi la partecipazione con modalità telematiche (del resto, il consenso manifestato da un condomino non dovrebbe obbligare il suo avente causa).

Del resto, anche il sostantivo singolare utilizzato - “partecipazione all'assemblea” - milita nel senso di ritenere che il consenso valga per quella (sola e singola) riunione, e non sia finalizzato a regolare “normativamente” le iniziative della compagine condominiale in tal senso.

Non è mancato chi ha sostenuto che, se ci si muove nell'àmbito dell'autonomia privata, non è dato capire il motivo per cui tutti i condomini non potrebbero essere completamente arbitri dei propri interessi, sottoscrivendo una specifica pattuizione contrattuale che regoli, anche per il futuro, la tenuta delle tele-assemblee, anche in ragione della (oramai accertata) inderogabilità dell'art. 66 disp. att. c.c.

Si richiede, poi, che il consenso sia - mutuando i principi in materia di privacy - quanto più possibile “informato”, atteso che il condomino deve avere un'idonea informativa circa la nuova modalità di svolgimento dell'assemblea, con tutti i risvolti tecnici ed i correlati rischi operativi, conseguendone che, ottenuta la chiara informativa, il consenso non può essere soggetto a riserve o condizioni.

Anche se non previsto espressamente, si opina che il consenso debba essere manifestato per iscritto, anche al fine di evitare contestazioni e malintesi ma, soprattutto, per precostituire una prova documentale nell'eventuale giudizio di impugnazione della deliberazione adottata in modalità di videoconferenza: ciò con qualunque forma come, ad esempio, una lettera semplice, una raccomandata, una mail, un telegramma (meno sicuri, invece, messaggini via telefono o whatsapp).

Il destinatario del consenso di cui sopra è unicamente l'amministratore, il quale, ottenuta la maggioranza dei partecipanti, opterà per la convocazione dell'assemblea in “modalità di videoconferenza”, restando intesi che la verifica effettiva di tale condizione debba essere fatta dal presidente dell'assemblea, in via preliminare, all'inizio dell'assemblea, come peraltro avviene per l'accertamento di tutti gli altri presupposti di regolarità relativi alla costituzione dell'assemblea (di tale verifica dovrà essere fatta menzione nel verbale dell'assemblea).

La maggioranza numerica

Il nuovo quorum del consenso è correlato alla maggioranza numerica, ossia alle “teste”, valorizzando chi appunto partecipa con tale innovativa modalità, mentre i millesimi sono ininfluenti (il riferimento al “valore dell'edificio” sarà, invece, rilevante, unitamente all'elemento personale, per l'approvazione/modifica del regolamento di condominio).

A favore di tale interpretazione, militano sia rilievi di ordine letterale, stante il termine utilizzato dalla norma (“condomini”), sia considerazioni inerenti alla ratio della stessa norma, che è volta di tutelare il diritto soggettivo riconosciuto al singolo di partecipare alle riunioni.

Tuttavia, nulla esclude che tale (previa) maggioranza dei partecipanti al condominio, che abiliti lo svolgimento della riunione in videoconferenza - una sorta di pre-quorum costitutivo - non sia sufficiente, computando la rispettiva caratura millesimale, a ritenere validamente costituita la (successiva) assemblea in prima e seconda convocazione, a norma dell'art. 1136, rispettivamente, commi 1 e 3, c.c., a seguito della possibile avversità degli altri condomini all'utilizzo delle modalità telematiche.

Comunque, si ritiene che la previsione ad hoc del regolamento, approvata con i quorum di legge, precluda che un consenso maggioritario, rilasciato in via estemporanea in un momento successivo, possa disporre diversamente - ad esempio, vietando le assemblee da remoto o, parimenti, consentendo quello che il regolamento aveva inibito - richiedendosi, pur sempre, una specifica modifica dello stesso regolamento.

La previsione regolamentare ad hoc

Al fine di ovviare un prevedibile comportamento ostruzionistico da parte di un singolo, anche se titolare di una caratura millesimale insignificante, nell'originaria ottica della necessità del consenso unanime, e, attualmente, nella prospettiva di conferire un assetto stabile per il futuro riguardo a questa particolare modalità di svolgimento della riunione condominiale, appare preferibile optare per la previsione da parte del regolamento di condominio.

Ciò può avvenire o in sede di approvazione per quelli di nuova formazione - si pensi agli stabili di nuova costruzione abitati tutti da giovani smart, particolarmente pratici nell'utilizzo delle nuove tecnologie - oppure modificando quelli già esistenti, previo, anche in questo caso, un ordine del giorno “arricchito” da una dettagliata nota esplicativa (in pratica, l'ordine del giorno deve contemplare specificamente il seguente argomento: “integrazione del regolamento condominiale allo scopo di consentire la convocazione di assemblee in videoconferenza”).

In quest'ultima ipotesi, trattandosi di una norma di carattere meramente “regolamentare”, ossia non incidente nei diritti dei singoli (sulle proprietà esclusive o comuni), ma volta soltanto a disciplinare una delle modalità di svolgimento dell'assemblea, la relativa clausola, anche se contenuta in un regolamento c.d. contrattuale - ossia adottato dall'unanimità dei condomini, oppure predisposto dal costruttore ed inserito negli atti di acquisto delle singole unità immobiliari - potrebbe essere approvata con i quorum (tutto sommato abbordabili) contemplati dal combinato disposto degli artt. 1138, comma 3, e 1136, comma 2, c.c., ossia con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e la metà del valore dell'edificio.

In quest'ottica, la disposizione in commento, mediante il richiamo al regolamento di condominio, sembra accomunare la previsione a quella contemplata dal comma 3 dell'art. 2370 c.c., che attribuisce ai soci della società per azioni la facoltà di intervenire alla relativa assemblea con modalità telematiche, condizionando, però, tale possibilità al fatto che ciò sia previsto dallo statuto della società; in altri termini, la norma de qua opera un parallelismo tra la disciplina della società e la disciplina del condominio sulla base della considerazione che il regolamento di condominio svolga, rispetto al condominio, un ruolo analogo a quello svolto dallo statuto nei confronti della società.

Ad ogni buon conto, l'attuale previsione secondo cui il regolamento di condominio può espressamente consentire la partecipazione all'assemblea in modalità di videoconferenza significa che tale modalità di intervento non contrasta con le norme assolutamente inderogabili - ossia non derogabili nemmeno con accordo unanime di tutti i condomini - richiamate dall'art. 1138, comma 4, c.c. e dall'art. 72 disp. att. c.c. - confutando ex professo quella tesi secondo la quale fossero da considerare affette da nullità quelle clausole del regolamento che consentivano l'intervento alla riunione mediante mezzi di telecomunicazione.

In conclusione

Si è, comunque, del parere che la modalità di svolgimento dell'assemblea in videoconferenza non sia correlata al contingente periodo c.d. emergenziale, come potrebbe evincersi dall'inserimento della norma all'interno di una decretazione d'urgenza volta pur sempre all'adozione di “misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia”, e quindi considerarla decaduta una volta passata - come tutti si augurano - questa pandemia.

In altri termini, si ritiene che la norma de qua, sebbene scritta nel contesto sanitario-economico imposto dal Covid-19, non sia una disposizione, per così dire, passeggera, nel senso che sarà destinata ad essere cancellata nel momento in cui terminerà lo stato di necessità: al contrario essa - così com'è strutturata, salvo le modifiche nelle more intervenute - è destinata a regolamentare, per un imprecisato futuro, la possibilità di svolgere assemblee condominiali da remoto.

D'altronde, anche sotto il profilo sistematico, il citato art. 63 della citata legge n. 126/2020 è rubricato “semplificazione (dei) procedimenti (delle) assemblee condominiali”, e si distingue nettamente dal seguente art. 63-bis, rubricato “disposizioni urgenti in materia condominiale”, dove il termine per la presentazione del rendiconto all'assemblea da parte dell'amministratore o gli incombenti per gli adempimenti e gli adeguamenti antincendio sono espressamente correlati allo “stato di emergenza da Covid-19”.

Va riconosciuto che anche l'emendamento introdotto con la legge n. 159/2020 è inserito nell'àmbito di una decretazione d'urgenza avente, come al solito, tutt'altra materia e finalità - “Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta Covid, nonché per l'attuazione della direttiva UE 2020/739 del 3 giugno 2020” - ciò nondimeno la portata della norma riveste effetti permanenti, non essendo previsto un termine per la sua applicazione.

Riferimenti

Scalettaris, Le nuove norme in tema di partecipazione alle assemblee condominiali in modalità di videoconferenza, in Condominioelocazione.it., 5 novembre 2020;

Scarpa, La legge di conversione del decreto-legge agosto: il condominio in quarantena, in Il quotidiano giuridico, 15 ottobre 2020;

Gallucci, Assemblea on-line, è legge la norma che la consente: alcune considerazioni, in CondominioWeb.it, 15 ottobre 2020;

Fossati, Passa in Senato l'emendamento sulle teleassemblee: basta il sì della maggioranza dei condomini, in Quotidiano del condominio - Il Sole 24 Ore, 12 novembre 2020;

Cirla, Assemblea da remoto: vantaggi e criticità, in Immobili & proprietà, 2020, fasc. 6, 370;

Belli, Le “salsicce di Bismark” e la novella alla disciplina del condominio: considerazioni (semiserie) sulla legge n. 126/2020, in Amministrare immobili, 2020, fasc. 248, 18.

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