Strumenti finanziari e tecniche di composizione della crisi d'impresa

Fabio Signorelli
10 Dicembre 2020

Nel piano di concordato è riconosciuta la possibilità di inserire la realizzazione di operazioni di carattere straordinario, come l'affitto d'azienda, l'aumento di capitale con conversione forzosa in equity dei crediti, l'emissione di titoli obbligazionari, operazioni di fusione o scissione societaria cosicché è senz'altro legittimo il soddisfacimento in forma non monetaria dei crediti chirografari attraverso l'assegnazione di strumenti finanziari partecipativi convertibili in obbligazioni ...
Massima

Nel piano di concordato è riconosciuta la possibilità di inserire la realizzazione di operazioni di carattere straordinario, come l'affitto d'azienda, l'aumento di capitale con conversione forzosa in equity dei crediti, l'emissione di titoli obbligazionari, operazioni di fusione o scissione societaria cosicché è senz'altro legittimo il soddisfacimento in forma non monetaria dei crediti chirografari attraverso l'assegnazione di strumenti finanziari partecipativi convertibili in obbligazioni in applicazione sia dell'art. 160, comma 1, lett. a) l. fall. sia dell'art. 2346 c.c., u.c..

L'art. 160 l. fall. costituisce una delle più importanti novità della riforma della legge fallimentare avvenuta negli anni 2006-2007, tale da sancire il c.d. principio di atipicità della proposta concordataria. Seppure si debba ritenere che tale riforma non abbia comportato una completa privatizzazione della procedura di concordato, tuttavia è innegabile che il legislatore abbia voluto accentuare il momento negoziale dell'incontro dei consensi dei creditori, nell'ovvio presupposto che gli stessi siano stati regolarmente e chiaramente informati della crisi e degli aspetti legati alla proposta ed alla sua realizzazione.

Il caso

Una nota società del ravennate ha chiesto di essere ammessa alla procedura di concordato preventivo in continuità aziendale proponendo ai creditori un piano che prevedesse, da un lato, il pagamento regolare delle spese prededuttive e dei costi della procedura, il pagamento integrale dei creditori muniti di privilegio speciale e generale nonché il pagamento integrale dei fornitori chirografari “strategici” e, dall'altro, per quello che in questa sede più interessa, il soddisfacimento parziale e non monetario della restante parte dei creditori chirografari attraverso l'assegnazione (prevista in due tranche pari ad un soddisfacimento nominale del 20% del credito iniziale) di strumenti finanziari partecipativi (SFP) convertibili in obbligazioni, il cui regolamento prevedeva il rimborso degli strumenti assegnati ai creditori chirografari mediante la distribuzione annuale di dividendi e riserve nella misura minima garantita del 10% dell'importo dei crediti oggetto di conversione entro la data del 30 giugno 2031. Nell'ipotesi in cui operasse la successiva conversione degli SFP in obbligazioni veniva invece previsto il rimborso nella misura fissa del 10% oltre interessi, in forza di “Rimborsi Anticipati Obbligatori Annuali” e del “Rimborso alla data di scadenza” del 31 dicembre 2026. La proposta precisava, inoltre, che l'operazione di conversione degli SFP in obbligazioni non atteneva all'esecuzione del concordato, trattandosi di diritto esercitabile post omologazione dal titolare dei predetti SFP, il cui credito si considera estinto mediante la datio in solutum degli SFP. Veniva inoltre precisato che, per la medesima ragione, anche le distribuzioni ed i rimborsi previsti a favore, rispettivamente, dei titolari di SFP e degli obbligazionisti si ponevano quali eventi successivi all'esecuzione del piano, operandosi l'estinzione del credito attraverso l'assegnazione dei più volte citati SFP.

Respinte tutte le opposizioni avanzate da alcuni creditori e, in particolare, sempre per quello che qui interessa, quelle relative alla contestata legittimità del soddisfacimento in forma non monetaria dei crediti chirografari, il Tribunale di Ravenna omologava il concordato preventivo in continuità aziendale, con le motivazioni riportate in massima e di cui infra.

La questione e le soluzioni giuridiche

Parafrasando il Tribunale di Ravenna, è senz'altro possibile affermare che l'art. 2446, comma 6, c.c. è una tra le disposizioni più innovative dell'intero corpus normativo delle società per azioni, introdotta in attuazione dell'art. 4, comma 6, lett. c) della L. 3 ottobre 2001, n. 366, che prevede la possibilità di modellare strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali o anche amministrativi, da emettersi a fronte di apporti da parte dei soci o di terzi anche di opere o di servizi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti, disciplinandone le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni per i casi d'inadempimento delle prestazioni nonché l'eventuale legge di circolazione. Benché gli strumenti finanziari vengano nominati in altri diversi articoli del codice civile (artt. 2349, comma 2; 2351, comma 5; 2376 comma 1; 2411, comma 3, 2447 ter, comma 1, lett. e); 2447 sexies; 2447 octies; 2449, comma 4; 2421, comma 1, n. 8; 2422, comma 2; 2427, comma 1; 2506 ter, comma 4), non sembrano esistere definizioni, quantomeno nel senso tradizionale e risalente alla scolastica e ad Aristotele, della definizione per genus proximum et differentiam specificam, ma (essendo la nozione di strumento finanziario mutuata dalla legislazione comunitaria: Direttiva n. 2004/39, c.d. MiFID) si è preferito adottare il sistema anglosassone della “definizione estensionale denotativa”, in quanto indicante gli oggetti (o le classi di oggetti) cui può essere correttamente applicata la parola definita, per cui è possibile desumere cosa sia compreso nella nozione come sottoclasse, ma non le caratteristiche intrinseche, comuni a quella sottoclasse (F. Carbonetti, Dai valori mobiliari” agli “strumenti finanziari”, in Riv. Soc., 1996, 1109 ss.). In proposito si veda T.U.F., Allegato 1, Sezione C – Strumenti finanziari, che indica ben 11 categorie di strumenti finanziari.

Caratteristica costitutiva e comune di tali strumenti sembra essere la loro negoziabilità, intesa non come possibilità dello strumento di venire trattato in un mercato regolamentato, essendo invece sufficiente la sua mera trasferibilità e, dunque, la sua idoneità ad essere oggetto di transazione. Ulteriore caratteristica di tali strumenti finanziari è quella rappresentata dal fatto che essi sono numericamente predefiniti, dovendo conoscersi il loro numero prima dell'emissione e della collocazione sul mercato. Essi sono caratterizzati dalla c.d. depersonalizzazione, nel senso che lo strumento segue regole puramente oggettive senza influenze di tipo soggettivo di una controparte. Dottrina maggioritaria sostiene, infine, che gli strumenti finanziari formerebbero un numero chiuso o, meglio, secondo il mio modesto punto di vista, un numero apertamente chiuso, sia perché appare difficile porre limiti all'umana creatività (soprattutto in campi come quello dell'ingegneria finanziaria, sempre in continua evoluzione) sia perché una sorta di numero chiuso sembrerebbe porsi in contrasto con l'ultimo comma dell'art. 2346 c.c. sia perché, infine, il dato normativo dell'Unione dà l'esatta dimensione dell'elasticità e della flessibilità degli strumenti finanziari laddove prevede che “I gestori dei mercati regolamentati (…) notificano senza indugio all'autorità competente del luogo della sede di negoziazione ogni strumento finanziario la prima volta che viene ammesso alla negoziazione, o è stato negoziato per la prima volta, per il quale è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione nella loro sede di negoziazione” (Regolamento 16 aprile 2014, art. 4, c.d. Market Abuse Regulation), così corroborando la tesi di coloro che ritengono che si sia ormai transitati da un regime di tipicità al free bargaining (S. Patriarca, Prodotti e strumenti finanziari, in M. Cera- G. Presti (diretto da) Il Testo Unico finanziario, Bologna, 2020, pag. 75).

Ciò posto, gli strumenti finanziari partecipativi rappresentano una modalità estremamente duttile ed intelligente per superare le rigidità della disciplina del capitale sociale in alcune fasi della vita dell'impresa, ampliando il novero delle risorse che possono essere investite a fronte dell'acquisto diretto di un titolo di partecipazione all'iniziativa societaria, con la conseguenza di aumentare i piani sui quali è possibile modulare i rapporti di forza tra i soci e valorizzare la specificità di taluni investimenti, consentendo l'acquisizione progressiva di utilità, invece preclusa dal principio dell'immediata liberazione dei conferimenti non in contanti. Gli strumenti finanziari partecipativi consentono anche (il caso in esame ne è la prova evidente) un enforcement delle tecniche di composizione della crisi di impresa, giusta la possibilità di ripatrimonializzare la società superando le barriere d'ingresso imposte dalla rigidità delle operazioni sul capitale e senza incidere direttamente sui rapporti di forza tra i soci fissati da quest'ultimo (A. Valzer, Art. 2346, comma 6, in P. Abbadessa – G. B. Portale (diretto da), Le società per azioni, Milano, 2016, t. 1, 491).

Osservazioni

Il decreto in commento ha certamente valorizzato il principio dell'atipicità della proposta concordataria, sancito dall'art. 160, comma 1, lett.a) l. fall., promuovendo appieno il momento negoziale e l'autonomia privata nell'ottica della c.d. privatizzazione del diritto fallimentare tanto più che risulta ormai ampiamente condivisa l'opinione secondo cui è possibile inserire nel piano di concordato la realizzazione di operazioni societarie straordinarie, come l'affitto d'azienda, l'aumento di capitale con conversione forzosa in equity dei crediti, l'emissione di titoli obbligazionari, operazioni di fusione o scissione. Il Tribunale di Ravenna ha, conclusivamente, fatto un ottimo governo delle norme in esame che hanno permesso, nel caso concreto, il soddisfacimento in forma non monetaria delle ragioni dei (restanti) creditori chirografari, nell'ovvio presupposto che questi ultimi fossero stati regolarmente e chiaramente informati della crisi e degli aspetti legati alla proposta e alla sua realizzazione, la qual cosa, in relazione agli SFP, risulta per tabulas sia dalla proposta concordataria sia dai dettagli forniti dal Regolamento d'emissione approvato dall'assemblea straordinaria della società.

Guida all'approfondimento

M. Arato, La domanda di concordato preventivo dopo il d.lgs. 12 settembre 2007 n. 169, in D. fall., 2008, I, 54.

D. Galletti, Sub art. 160, in A. Jorio (diretto da), Il nuovo diritto fallimentare, II, Bologna, 2007.

M. Miola, I conferimenti in natura, in Trattato delle s.p.a., diretto da Colombo e Portale, I, 3, 259 ss.

R. Sacchi, Le operazioni straordinarie nel concordato preventivo, in Riv. Dir. Soc., 2016, 776 ss.

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