Illegittimità del licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto

10 Dicembre 2020

Al datore di lavoro è precluso giustificare il recesso, nel successivo giudizio di impugnazione, adducendo ragioni diverse da quelle enunciate nella lettera di licenziamento o comunicate su richiesta del lavoratore, ma può solo dedurre mere circostanze confermative o integrative, che non mutino l'oggettiva consistenza storica dei fatti anzidetti...

Al datore di lavoro è precluso giustificare il recesso, nel successivo giudizio di impugnazione, adducendo ragioni diverse da quelle enunciate nella lettera di licenziamento o comunicate su richiesta del lavoratore, ma può solo dedurre mere circostanze confermative o integrative, che non mutino l'oggettiva consistenza storica dei fatti anzidetti.

Né si può invocare l'inidoneità sopravvenuta alla prestazione in quanto, in forza del principio della immutabilità della causa del licenziamento enunciata nella comunicazione dei motivi o all'atto della sua intimazione, il recesso non può essere giudizialmente dichiarato legittimo per sopravvenuta inidoneità psico-fisica allo svolgimento delle mansioni o viceversa: sono infatti diversi nelle due fattispecie i fatti addotti a giustificazione del provvedimento.

Nel caso di specie, il giudice dichiara illegittimo il licenziamento intimato con la motivazione del superamento del periodo di comporto in una fattispecie in cui la lavoratrice era stata assente per malattia oncologica. Invero, anche i giorni di malattia causati e dovuti alle terapie salvavita cui si era sottoposta la lavoratrice erano stati computati dall'azienda nel periodo di comporto in violazione del CCNL di categoria.

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