Il Tribunale di Palermo: rider, lavoratori subordinati

Francesco Meiffret
11 Dicembre 2020

Le piattaforme digitali sono da considerarsi imprese e non meri intermediari di servizi con la conseguenza che il rapporto di lavoro con i rider deve essere qualificato come subordinato ai sensi dell'art. 2094 c.c. qualora la possibilità di scelta della collocazione oraria nella quale lavorare sia fittizia e non veritiera e tenuto conto della totale assenza di autonomia nello svolgere la prestazione...
Massima

Le piattaforme digitali sono da considerarsi imprese e non meri intermediari di servizi con la conseguenza che il rapporto di lavoro con i rider deve essere qualificato come subordinato ai sensi dell'art. 2094 c.c. qualora la possibilità di scelta della collocazione oraria nella quale lavorare sia fittizia e non veritiera e tenuto conto della totale assenza di autonomia nello svolgere la prestazione.

Nel caso di specie è stato accertato che la possibilità di scelta della collocazione oraria ove svolgere la prestazione non era reale posto che le fasce orarie ove eseguire le consegne erano stabilite dal programma gestito dalla piattaforma che le stabiliva mediante un sistema di punteggi “eccellenza” attraverso il quale veniva, inoltre, esercitato un vero e proprio potere disciplinare nei confronti del rider.

Il caso

Un rider presentava ricorso in Tribunale poiché in data 3 marzo 2020 veniva disconnesso dalla piattaforma digitale con la quale collaborava dal 5 ottobre 2018.

Sosteneva che tale disconnessione fosse una ritorsione a seguito della sua richiesta di consegna di D.P.I. anti Covid-19 alla società che gestisce la piattaforma. Chiedeva, quindi, che la disconnessione unilaterale fosse equiparata ad un licenziamento orale o ritorsivo in quanto il rapporto di lavoro andava riqualificato ab origine come lavoratore subordinato VI livello CCNL Terziario distribuzione e sevizi con consequenziali differenze retributive a suo favore.

Sosteneva, infatti, l'assenza di scelta delle fasce orarie ove collaborare con la piattaforma. Queste venivano prestabilite dal programma della piattaforma che, su una base di sistema di punteggi eccellenza del rider, imponeva come e quando lavorare.

Attraverso tale sistema di punteggi, la piattaforma di fatto esercitava un potere disciplinare poiché penalizzava il lavoratore che non si adeguava al modello di lavoro dalla stessa imposto. Inoltre. attribuiva unilateralmente ai rider con più elevato punteggio i turni di maggiore lavoro penalizzando, invece, gli altri.

Oltre all'assenza o quanto mai ridotta possibilità di esercitare una scelta se collaborare o meno con la piattaforma, la prestazione lavorativa era totalmente regolata dall'app di quest'ultima per mezzo dell'obbligo di geolocalizzazione imposto al rider, pena la perdita di punti eccellenza. Ad esempio, il tragitto da intraprendere per effettuare nel minor tempo possibile la consegna era imposto dall'applicazione.

A ciò si aggiunge che il sistema obbligava il ricorrente a collegarsi almeno 15 minuti prima dell'inizio del turno, facendosi trovare nella zona assegnata per le consegna senza che gli venisse riconosciuta alcuna indennità per tale periodo di tempo. Nel caso in cui il rider non avesse ottemperato e non si fosse fatto trovare collegato all'interno della zona a lui assegnata, la piattaforma, grazie al sistema di geolocalizzazione, avrebbe decurtato dei punti eccellenza dal suo profilo.

La stessa applicazione regolava anche le modalità di ritiro e di consegna della merce.

Secondo il ricorrente anche la fatturazione della collaborazione era predisposta dalla piattaforma in maniera non dissimile dalla busta paga del lavoratore subordinato. Anche le modalità del compenso, a cottimo e rigidamente prestabilite dalla piattaforma, deponevano per una diversa qualificazione del rapporto.

Infine, il ricorrente lamentava la mancata retribuzione del tempo impiegato a fine turno per accreditare tramite bonifico alla piattaforma i pagamenti ricevuti dai clienti in contanti.

Avverso tale ricostruzione si opponeva la società che gestiva la piattaforma.

Rilevava la genuinità della collaborazione con il rider ricorrente negando che vi fosse un sistema che impediva a quest'ultimo di scegliere le fasce orarie ove effettuare le consegne e, a dimostrazione di tale assunto, evidenziava che anche a seguito di alcuni rifiuti del ricorrente di effettuare consegne in determinate fasce orarie, questi aveva continuato a collaborare con la piattaforma.

In merito alla disconnessione di marzo 2020 contestava la ricostruzione prospettata dal ricorrente. La disconnessione alla piattaforma sarebbe stata causata al mancato tempestivo accredito da parte del ricorrente dei pagamenti ricevuti in contanti. Sul punto il ricorrente eccepiva che l'accredito, seppur in ritardo di qualche ora rispetto al termine stabilito dalla piattaforma, era stato eseguito e che la società provvedeva a riconnettere tutti i rider che effettuavano il pagamento dopo la sconnessione.

La questione

Qual è la natura del rapporto di lavoro tra rider e piattaforme digitali?

La soluzione

Il Giudice del Tribunale di Palermo accoglie la domanda principali del ricorrente, qualificando sin dall'origine il rapporto come lavoro subordinato in base al VI livello CCNL terziario distribuzione e servizi, condannando la società resistente al pagamento delle differenze retributive indicate nel ricorso e alla reintegrazione poiché la disconnessione viene qualificata come licenziamento orale con tutte le conseguenze stabilite dall'art. 2 del d.lgs. n. 23/2015.

Innanzitutto, nella sentenza viene analizzata la natura giuridica delle piattaforme digitali. Rifacendosi alla sentenza di Corte giustizia dell'Unione europea (Corte di giustizia UE, Grande Sezione, 20 dicembre 2017, C-344/15) che ha stabilito che l'oggetto e lo scopo sociale delle piattaforme digitali sia il trasporto e la consegna di beni e persone e non una mera attività di intermediazione tra soggetti che effettuano trasporto di beni o cose e chi le acquista, il Giudicante depone per la natura imprenditoriale della società resistente.

Ciò comporta che i rider siano collocabili all'interno dell'organizzazione aziendale dell'impresa, ipotesi, invece, inattuabile qualora le piattaforme venissero qualificate come servizi d'intermediazione.

In altri termini le piattaforme organizzano il lavoro dei rider come recentemente rilevato anche in sede penale nel decreto che ha stabilito l'amministrazione giudiziaria della piattaforma Uber (Tribunale Milano, sez. misure prevenzione, 27 maggio 2020, n. 9).

Partendo dall'inquadramento giuridico della società resistente, il Giudice accoglie integralmente la ricostruzione dei fatti prospettata dal ricorrente.

Il rider in tutte le fasi dell'esecuzione del rapporto di lavoro è soggetto al potere organizzativo e anche disciplinare grazie al cd sistema dei punti eccellenza gestito dalla piattaforma. Il Giudice rileva come non esista alcuna autonomia da parte dei ciclo-fattorini anche alla luce del fatto che eseguono mansioni meramente esecutive e ripetitive.

La sentenza rileva come non sia di ostacolo all'attribuzione della natura subordinata del rapporto la presunta volontarietà dei rider nella fase genetica. Risulta accertato come tale libertà di decidere se e come lavorare non sussista nel caso di specie. Essa è fittizia poiché il sistema ideato dalla piattaforma, tramite i cd punti eccellenza, di fatto obbliga i rider ad accettare le fasce orarie ed i turni stabiliti dall'applicazione.

Invero il Giudicante sembra implicitamente non attribuire particolare importanza alla cd volontarietà nella fase genetica del rapporto. Infatti la natura subordinata del rapporto sembrerebbe riscontrabile in base al principio della cd doppia alienità stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 30 del 5 febbraio 1996 che definisce la concezione di subordinazione in senso stretto: se il beneficiario della prestazione è un soggetto terzo e anche l'organizzazione produttiva all'interno della quale la prestazione si inserisce (da qui la definizione doppia alienità) appartiene ad un terzo allora il rapporto è subordinato. Pare evidente come nel caso di specie sussista tale doppia alienazione poiché il beneficiario della prestazione dei fattorini è la piattaforma la quale gestisce il sistema di ordini, definisce i turni e le modalità di esecuzione della prestazione.

Il Giudice si richiama, inoltre, alla sentenza n. 16377 del 4 luglio 2017 della sezione lavoro della Corte di cassazione che ha affrontato un caso del tutto simile a quello di cui trattasi: la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro dei fattorini di una società che distribuisce pizze a domicilio. Secondo la Corte i vettori, una volta data la disponibilità ad essere inseriti nei turni predisposti dalla società, erano tenuti ad operare secondo le modalità stabilite dalla stessa che non lasciavano alcun margine di autonomia. L'assenza di autonomia risultava ulteriormente confermata alla luce della natura esecutiva della prestazione che rendeva arduo intravedere reali margini di autonomia.

Osservazioni

A parere di chi scrive la decisione alla quale giunge il Giudice del Tribunale di Palermo non presenta punti critici. Il rider non aveva alcuna autonomia nemmeno nella fase genetica di accettazione delle fasce orarie ove eseguire la prestazione che, secondo la sentenza della Corte d'appello di Torino del 4 febbraio 2019, n. 26, costituisce il discrimine tra l'applicazione delle tutele del rapporto di lavoro subordinato ex art. 2 del d.lgs.n. 81/2015 e la qualificazione come vero e proprio rapporto di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 2094 c.c.

A sommesso parere dello scrivente non può sostenersi, come invece prospettato da parte di autorevole dottrina che, la sentenza non si allinei al precedente della Cassazione, sez. lav., n. 1663 del 24 gennaio 2020 n. 1663. L'esponente ricorda che esplicitamente in tale arresto la Suprema Corte specifica di non aver affrontato la questione attinente la subordinazione poiché non era stata formulata la domanda nel ricorso incidentale.

Cionondimeno la stessa Suprema Corte rilevava come in base al principio dell'indisponibilità del tipo negoziale più volte ribadito dalla Corte costituzionale (C. cost. 29 marzo 1993, n. 121; C. cost. 31 marzo 1994, n. 115; C. cost. 15 aprile 2015, n. 76) anche una collaborazione qualificata come etero-organizzata ex art. 2 del d.lgs.n. 81/2015 potesse essere riqualificata dal Giudice come lavoro subordinato in base alle modalità di fatto con le quali la prestazione lavorativa veniva eseguita.

Non bisogna, inoltre, scordare come nel caso della prestazione fornita dai ciclo-fattorini, trattandosi di mansioni esecutive e ripetitive, i criteri cardine della subordinazione quali l'esercizio del potere organizzativo, direttivo e organizzativo possono non essere dirimenti ai fini della qualificazione della natura subordinata del rapporto di lavoro dovendo fare utilizzo ad altri indici di subordinazione quali le modalità di compenso, la durata del rapporto e la possibilità del prestatore di determinare le modalità di svolgimento della prestazione (cfr. ex plurimis Cass., sez., lav., ord. 26 novembre 2020, n. 27076; Cass., sez. lav., 11 ottobre 2017, n. 26846).

In conclusione, a giudizio di chi scrive, come già sostenuto in altri commenti pubblicati su questo portale, pare corretta la qualificazione come rapporto di lavoro subordinato quello sussistente tra i ciclo-fattorini e le piattaforme digitali. Questa convinzione esce rafforzata dall'annuncio di una delle più importanti piattaforme che gestiscono le consegne a domicilio che ha dichiarato che dal 2021 procederà all'assunzione dei rider con contratti di lavoro subordinato.

Tali dichiarazioni sono avvenute a seguito del contestato contratto (rectius accordo) collettivo siglato in data 15 settembre 2020 da UGL Rider e Assodelivery, l'associazione sindacale delle piattaforme digitali.

In tale accordo le parti sindacali sopra menzionate avevano espressamente stabilito, all'art. 3, che i contratti di lavoro tra le piattaforme ed i rider erano da considerarsi di natura autonoma ex art.2222 c.c. o ex art. 409, comma 3, c.p.c.

L'accordo in questione era stato sconfessato dalle tre associazioni comparativamente più rappresentative (Nidil-CGIL, Fesa-Cisl e UIL-TEMP) che si erano rifiutate di sottoscrivere il contratto.

Tale rifiuto aveva comportato anche l'invio di una nota dell'Ufficio del Ministero del lavoro ad Assodelivery nel quale si censurava la scelta delle parti di qualificare il rapporto con autonomo lasciando intendere la “cd. natura pirata” del contratto.

A seguito di tale invio, come già precisato, in una sorta di excusatio non petita, accusatio manifesta, una delle piattaforme leader del cd food delivery ha annunciato la sua fuoriuscita dal sindacato Assodelibery e l'assunzione dei fattorini come lavoratori subordinati.

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