Licenziamento disciplinare senza rispetto del termine a difesa: tutela indennitaria debole

14 Dicembre 2020

In tema di licenziamento disciplinare, la violazione del termine di cinque giorni tra la contestazione dell'addebito e il licenziamento integra una violazione di natura procedurale ex art. 7, St. lav., e rende operativa la tutela indennitaria cd. debole prevista dal successivo art. 18, comma 6, St. lav., quale modificato dalla l. n. 92 del 2012, non ledendo le esigenze difensive del lavoratore in vista del processo.
Massima

In tema di licenziamento disciplinare, la violazione del termine di cinque giorni tra la contestazione dell'addebito e il licenziamento integra una violazione di natura procedurale ex art. 7, St. lav., e rende operativa la tutela indennitaria cd. debole prevista dal successivo art. 18, comma 6, St. lav., quale modificato dalla l. n. 92 del 2012, non ledendo le esigenze difensive del lavoratore in vista del processo

Il caso

Un lavoratore riceveva una contestazione disciplinare cui si dava rilievo anche ad altri sei episodi al fine della recidiva.

Il datore di lavoro, tuttavia, adottava il provvedimento espulsivo dopo 4 giorni, ossia un giorno prima dei 5 giorni previsti dall'art. 7, St. lav.

Il lavoratore, dunque, impugnava il licenziamento intercorso sostenendone l'illegittimità per difetto di contraddittorio e lesione del diritto di difesa (oltre che per insussistenza dell'addebito).

Le questioni

In tutti e tre i gradi del giudizio, non vi è stato dubbio alcuno, da parte dei giudicanti, relativamente alla sussistenza della giusta causa.

La questione che viene in luce nella pronuncia in commento è piuttosto quella inerente alla puntuale definizione del vizio individuabile nell'ipotesi di licenziamento disciplinare illegittimo per violazione del termine di difesa, qualificazione da cui discende l'individuazione del regime sanzionatorio applicabile licenziamento stesso.

Sotto tale profilo, la pronuncia in questione appare interessante in quanto non si rilevano precedenti della Suprema corte sul punto, successivamente alla riforma dell'art. 18 St lav. ad opera della cd. Legge Fornero (l. n. 92/2012).

E, nel silenzio della Suprema Corte in merito, in q. Rivista è già stato esaminata una pronuncia di merito (Tribunale Venezia n. 11/2020) che giungeva a soluzioni differenti.

Le soluzioni giuridiche

La problematica è comune a molte questioni nate successivamente alla differenziazione degli effetti sanzionatori discendenti dall'illegittimità del licenziamento, introdotta dalla novella all'art. 18 St.lav. e confermata dal cd. Contratto a tutele crescenti (d.lgs. n. 23/2015).

In effetti, sin dal 1970, non vi sono mai stati dubbi relativamente al fatto che la mancata osservanza della procedura di cui all'art. 7 dello Statuto dei lavoratori comportasse l'illegittimità del licenziamento.

Come approfonditamente ricostruito nella sentenza della Cassazione, Sezioni Unite, n. 30985 del 2017, tuttavia non vi era mai stata una uniformità sulla qualificazione del vizio.

Sebbene la pronuncia delle S.U. fosse inerente al tema, più comune, della tardiva contestazione dell'addebito e non del mancato rispetto del termine a difesa, essa pone in luce come il licenziamento comminato in violazione dei vizi procedurali di cui all'art. 7 dello Statuto dei lavoratori vi fossero quantomeno due orientamenti contrastanti.

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale il rispetto della procedura di cui al'art. 7 St. Lav, cit. sarebbe un requisito condizionante la legittimità stessa del procedimento disciplinare e, dunque, rappresenterebbe un elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro la cui mancanza corrisponderebbe a mancanza di giusta causa.

Secondo altro orientamento il vizio in questione sarebbe unicamente inerente alla procedura e non intaccherebbe alcun elemento costitutivo della fattispecie.

Se la sussistenza di tali orientamenti poteva avere un interesse quasi unicamente dottrinale nella vigenza del vecchio articolo 18 St. lav., le conseguenze sono invece di profondo rilievo a seguito dell'introduzione dei regimi sanzionatori differenti in caso di licenziamento illegittimo introdotto in Italia dalla l. n. 92 del 2012 e poi confermato (pur con qualche modifica) del d.lgs. n. 23 del 2015 (cd. Jobs Act).

Accedendo al primo orientamento, infatti, la conseguenza sarebbe l'applicazione del regime reintegratorio, mentre il secondo orientamento condurrebbe all'applicazione della sola tutela indennitaria.

Al fine di dirimere il contrasto giurisprudenziale in merito le Sezioni unite (Cass. S.U. n. 30985 del 2017) hanno fatto proprio il secondo orientamento osservando che non vi è specifica menzione della violazione della procedura di cui all'art. 7 St. lav. fra le ipotesi di nullità del licenziamento.

Inoltre, deve “ritenersi che si è in presenza di un vizio funzionale e non genetico della fattispecie sanzionatoria” (così nella pronuncia delle S.U.), che non impedirebbe al Giudice un puntuale esame della sussistenza del fatto ex art. 18 comma 4 St. lav. e art. 3, comma 2, d.lgs. n. 23 del 2015.

Esclusa l'applicabilità del regime reintegratorio, le S.U. hanno affermato come nell'ambito del regime indennitario debba poi propendersi per il regime indennitario forte. Ciò in quanto, da un lato il diritto di difesa del lavoratore nell'ambito del procedimento disciplinare merita una effettiva tutela, dall'altro perché l'art. 7 St. lav. inficia la sanzione disciplinare adottata in assenza di procedura. Di talché il licenziamento non sarebbe viziato unicamente dal punto di vista formale ma sarebbe comunque un licenziamento privo di giustificato motivo.

Tale orientamento era stato esteso dalla giurisprudenza di merito alla violazione dell'intera procedura di cui all'art. 7 St. lav. che aveva applicato il regime indennitario forte in caso di violazione del termine a difesa (Tribunale Venezia n. 11/2020).

La pronuncia in commento, invece, si sottrae a un reale approfondimento del tema, dedicandovi solo poche righe.

Essa muove dalla premessa che, nel caso di specie, un termine di difesa – benché della durata di 4 giorni, anziché 5 – sia stato concesso al lavoratore.

Dopo aver effettuato tale osservazione, la S.C. conferma che la mancata osservazione del termine a difesa costituisca una violazione procedurale che non lede le esigenze difensive del lavoratore in vista del processo, ed aggiunge che “nel caso di specie … la violazione del diritto di difesa nel procedimento disciplinare (è) di modesta entità”.

Ciò detto, la S.C. ritiene che il caso di specie sia più correttamente assimilabile alla mancata audizione del lavoratore che ne abbia fatto richiesta, piuttosto che alla giurisprudenza relativa alla tardività della contestazione sopra richiamata.

Nel caso di mancata audizione del lavoratore, la giurisprudenza era concorde nell'affermare che non vi era una sostanziale violazione del diritto di difesa del lavoratore che, comunque, avrebbe potuto difendersi nel corso del processo (v. Cass. n. 16265/2015; Cass. n. 25189/2016).

Sulla base di tali premesse, la Corte conclude affermando che il licenziamento comminato senza rispetto del termine a difesa sia correttamente inquadrabile nell'ipotesi di cui al sesto comma dell'art. 18 St. lav., ovvero nel regime indennitario cd. debole “così valorizzando il tenore letterale della norma che opera un chiaro riferimento alla gravità della violazione formale, nel caso di specie motivatamente esclusa”.

Osservazioni

La pronuncia in commento applica la tutela indennitaria cd. debole al caso di licenziamento comminato prima dei 5 giorni di difesa sanciti dall'art. 7 dello Statuto dei lavoratori.

L' “effettiva tutela” che merita la violazione del termine a difesa, dunque, non sarebbe garantita dall'applicazione della tutela indennitaria forte, ma dalla possibilità del giudice di calibrare il risarcimento in relazione alla gravità della violazione formale.

La Corte non si spinge sino ad indicare criteri attraverso cui effettuare tale ponderazione, ad indicare se cioè essa debba considerare unicamente il numero dei giorni trascorsi fra contestazione disciplinare e licenziamento, oppure se si possano tenere in considerazione altre variabili.

Si ritiene pertanto che la materia meriti ancora degli approfondimenti e che occorrerà attendere gli orientamenti della prossima giurisprudenza per meglio comprendere i risvolti della pronuncia commentata.

Minimi riferimenti bibliografici

- S. Apa, Determinazione dell'indennità spettante al lavoratore illegittimamente licenziato e criterio dell'anzinità di servizio, il Giuslavorista;

- M.T. Crotti, Licenziamento disciplinare senza rispetto del termine a difesa: tutela indennitaria forte, il Giuslavorista;

- P. Ghinoy, Le conseguenze sanzionatorio della violazione del principio di tempestività della contestazione disciplinare, alla luce dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970, come modificato dalla l. n. 92 del 2012, Lavoro Diritti Europa;

- G.E. Comes, Contestazione disciplinare tardiva: le S.U. applicano la tutela indennitaria forte, in Riv. It. Dir. Lav., 2017, II, 273 ss.

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