Sì all'indennità al lavoratore ma solo in caso di più contratti a termine

La Redazione
16 Dicembre 2020

L'indennità ex art. 32, l. n. 183/2010 deve essere riconosciuta solo nel caso in cui si verte nell'ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine e non anche nella diversa fattispecie in cui viene impugnato un singolo contratto a termine...

L'indennità ex art. 32, l. n. 183/2010 deve essere riconosciuta solo nel caso in cui si verte nell'ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine e non anche nella diversa fattispecie in cui viene impugnato un singolo contratto a termine.

Lo sostiene la Corte di cassazione nell'ordinanza n. 28422/20, depositata il 14 dicembre.

La fattispecie. La Corte di appello di Messina riformava la decisione del primo Giudice e dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra un lavoratore e il Consorzio per le Autostrade Siciliane, condannando il suddetto Consorzio al risarcimento del danno in favore del lavoratore quantificato in tre mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi.


Secondo i Giudici, infatti, dalla declaratoria di illegittimità del contratto per difetto della forma scritta non derivava la sua conversione in rapporto a tempo indeterminato, stante la natura di ente pubblico del Consorzio, ma solo il diritto al risarcimento del danno ex art. 32, l. n. 183/2010.


Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il Consorzio per le Autostrade Siciliane.

Il danno è determinato dalla successione di contratti o rapporti di lavoro a termine. Secondo il ricorrente, la Corte di merito aveva erroneamente liquidato il danno ex art. 32, comma 5, l. n. 183/2010, nonostante in sede di legittimità fosse stato chiarito che siffatto danno poteva essere riconosciuto solo nel caso in cui si verteva nell'ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine e non anche nella diversa fattispecie – verificatasi nel caso oggetto di esame - in cui era stato impugnato un singolo contratto a termine.


La Suprema Corte di rifà alla giurisprudenza comunitaria: il Giudice europeo ha, infatti, escluso la tesi secondo cui l'indennità ex art. 32, l. n. 183/2010 debba essere liquidata in ragione di ogni singolo contratto per il quale venga accertata la illegittimità del termine. Questa tesi non tiene conto del fatto che il danno comunitario presunto, ex art. 32, l. n. 183/2010, nel settore pubblico, non è quello derivante dalla nullità del termine del contratto di lavoro, ma è quello conseguente all'abuso per l'«utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato». L'illecito si consuma non in relazione ai singoli contratti a termine ma soltanto dal momento e per effetto della loro successione e, pertanto, il danno presunto dovrà essere liquidato una sola volta, nel limite minimo e massimo fissato dalla norma citata, considerando nella liquidazione dell'unica indennità il numero dei contratti in successione intervenuti tra le parti sotto il profilo della gravità della violazione.


Alla luce di quanto detto, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Messina, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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