Decadenza dal patrocinio a spese dello stato: la nomina di un nuovo difensore non è espressione di volontà di revoca del precedente mandato

18 Dicembre 2020

Nel gratuito patrocinio è maggiormente sentita l'esigenza di manifestare la revoca e la sostituzione del precedente difensore in modo espresso al fine di assicurare certezza all'unicità della difesa, che è il presupposto per continuare a fruire del beneficio.

Così la Corte di cassazione nella sentenza n. 28605/20, depositata il 15 dicembre.

A seguito di mandato di arresto europeo, un uomo veniva sottoposto dalla Corte di appello competente al procedimento per la consegna allo Stato della Romania e gli veniva nominato d'ufficio un difensore, essendo stata accolta l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Avverso la sentenza di estradizione lo straniero proponeva ricorso per cassazione avvalendosi del patrocinio di un altro avvocato, con nomina limitata alla fase in parola, non essendo il difensore precedentemente nominato d'ufficio abilitato a patrocinare presso le magistrature superiori. L'avvocato specificamente nominato per il giudizio in cassazione non formalizzava, però, alcuna nuova istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ritenendo la precedente deliberazione in proposito ancora pienamente efficace, nonostante non fossero intervenute revoca o rinuncia rispetto al mandato conferito al precedente difensore. Il legale, odierna ricorrente, proponeva reclamo avverso il provvedimento della Corte di appello con il quale veniva pronunciata la decadenza dal gratuito patrocinio a causa dell'assistenza simultanea in fatto di due difensori. La reclamante sosteneva, al contrario, l'efficacia dell'ammissione al gratuito patrocinio anche rispetto alla propria attività defensionale, occorrendo avere riguardo alla condizione dell'assistito - e non a quella del difensore - e conservando questa efficacia per ogni grado e fase del processo. Asseriva che il mandato del legale precedente fosse cessato di fatto, attesa l'impossibilità di patrocinare dinanzi alla Corte di cassazione e che, in ogni caso, la nuova nomina dovesse essere intesa quale implicita revoca della precedente, circostanze queste che escludevano l'ipotesi della doppia liquidazione del compenso che avrebbe determinato la decadenza dal gratuito patrocinio. La Corte di appello, tuttavia, rigettava l'istanza di reclamo e confermava il provvedimento impugnato. A fondamento della decisione, il Collegio sottolineava come, in caso di sostituzione dell'originario difensore con altri, resosi opportuno o necessario, la parte debba formalizzare espressamente la relativa comunicazione, previa revoca del mandato. Solo così è possibile stabilire da quale momento è cessato il mandato e, conseguentemente, discriminare le attività espletate dall'originario difensore e quelle svolte dal difensore subentrato ai fini della liquidazione del compenso. La Corte, inoltre, escludeva che la revoca del mandato fosse in re ipsa per il fatto che il primo difensore non fosse abilitato al patrocinio presso la Corte di cassazione, in quanto il successivo legale bene avrebbe potuto mantenere l'assistenza del primo avvocato per l'attività di consulenza stragiudiziale e le altre attività processuali non inibite dalla mancata iscrizione all'albo speciale. In assenza di una revoca formale o di una rinuncia del precedente difensore correttamente era stata rilevata la decadenza dal gratuito patrocinio.

I motivi di ricorso ed i differenti concetti di contratto di patrocinio e procura alle liti. Impugnato il provvedimento presso la Suprema Corte, l'avvocato ricorrente lamentava l'errore della Corte territoriale nell'aver ritenuto simultanea l'assistenza di due difensori, non tenendo conto del fatto che l'attività nei gradi precedenti si fosse conclusa con la sentenza di merito e che il ricorso per cassazione richiedesse una procura speciale, esclusiva e sottoscritta da un difensore iscritto nell'albo speciale della Corte Suprema. La nomina del primo avvocato, pertanto, doveva considerarsi inefficace o inesistente per il giudizio di legittimità, non essendo presente l'iscrizione all'albo speciale all'epoca del ricorso. La Suprema Corte, tuttavia, rigetta il ricorso e dichiara infondato il motivo, evidenziando che la giurisprudenza ha ripetutamente sottolineato la differenza concettuale tra contratto di patrocinio e procura alle liti.

La Suprema Corte ricorda che mentre la procura alle liti è un negozio unilaterale - attraverso cui il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio - il contratto di patrocinio è un negozio bilaterale - con il quale il professionista viene incaricato di svolgere la sua opera secondo lo schema del mandato -. Questo significa che il fatto che il precedente avvocato non fosse abilitato a patrocinare in Cassazione non è, di per sé, sufficiente a ritenere che fosse cessato il rapporto di mandato instaurato con l'imputato. Correttamente, quindi, la Corte d'appello competente ha ritenuto che, nonostante la procura speciale alle liti per il giudizio di legittimità fosse stata conferita a nuovo difensore, il mandato all'originario avvocato non fosse stato revocato, cosicché il primo ben avrebbe potuto svolgere attività extra processuali e di consulenza stragiudiziale. D'altro canto, i Giudici ricordano che le Sezioni Unite penali hanno affermato la necessità che la sostituzione del difensore con altro patrocinatore avvenga nel rispetto delle disposizioni che regolano i singoli istituti processuali e, quindi, di quanto previsto dall'art. 613 c.p.p.

Le due sole opzioni sul da farsi. Laddove il difensore d'ufficio - precisa la Suprema Corte - non sia abilitato a patrocinare dinanzi alle magistrature superiori, si possono avere due possibilità: in base alla prima, il difensore d'ufficio nomina un sostituto; in base alla seconda, l'Autorità Giudiziaria può procedere alla sostituzione del precedente difensore con altro idoneo, trattandosi di giustificato motivo il fatto di non essere iscritto all'albo speciale della Corte di cassazione. Ma nel caso di specie non è stata formalmente chiesta la sostituzione del difensore d'ufficio, né questi ha rinunciato al mandato nel momento in cui veniva conferita procura speciale ad un altro difensore. La richiesta formale di sostituzione, oppure la rinuncia al mandato, sono atti formali idonei ad assicurare l'esigenza pubblicistica di garantire la certezza in merito all'unicità del difensore, presupposto per conservare il beneficio del gratuito patrocinio.

In merito alla presunta revoca implicita, infine, la Suprema Corte osserva che nell'ordinamento vigente si dubita della possibilità di rinunciare o revocare tacitamente al mandato difensivo, cosicché finché non intervenga un espresso atto contrario, resta valido l'incarico del difensore di fiducia nominato. A tal fine, la nomina di un nuovo difensore non può essere considerata come un espresso atto contrario dal quale presumere la volontà di revocare il precedente mandato. Questa conclusione risulta essere confermata anche da alcuni precedenti della Cassazione penale che - se pure con riferimento alla sostituzione temporanea del difensore - hanno affermato che, ai fini di assicurare la continuità dell'assistenza tecnico-giuridica, la difesa si caratterizza per l'immutabilità del difensore fino all'eventuale dispensa dell'incarico d'ufficio, oppure alla rinuncia o revoca del mandato fiduciario, mentre è prevista la temporanea sostituzione, di iniziativa del titolare o d'ufficio, in caso di impedimento, assenza o astensione da atti che ne richiedono l'intervento.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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