Covid-19, blocco degli sfratti e mancata liberazione dell’immobile promesso in vendita: quali effetti sul contratto?

30 Dicembre 2020

Cosa può fare o non può fare il promissario acquirente quando la prestazione del promissario venditore non può essere (temporaneamente) adempiuta per factum principis?: rimedi cautelari e giudiziali.

Preliminare di vendita. Orbene, nel caso di specie, il 26 febbraio 2020 le parti avevano stipulato un contratto preliminare di compravendita di un immobile rispetto al quale la parte venditrice si era assunta l'impegno a trasferirlo «libero da persone o cose» alla data del rogito prevista per il 30 settembre 2020 nonostante, in quel momento, l'immobile fosse ancora occupato da un conduttore (con contratto in scadenza il 31 luglio 2020).

Poiché alla data fissata dal rogito, l'immobile, per quel che più rileva in questa sede, non era stato liberato, il promissario acquirente aveva inviato un lettera di diffida ad adempiere e, decorso inutilmente il termine assegnato, aveva invocato la risoluzione del contratto chiedendo al Tribunale di Milano un sequestro conservativo.
E ciò lamentando che, intervenuta la risoluzione del contratto ex art. 1454 c.c., aveva diritto alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria (o comunque della caparra oltre che dei danni) e che esisteva il periculum in mora per le condizioni soggettive del debitore – promissario venditore.

Factum principis? Il promissario venditore, però, si era difeso invocando l'impossibilità di adempiere a causa dei sopravvenuti eventi connessi alla pandemia da Covid-19 e di essere stato, peraltro, anche diligente.
Egli aveva, infatti, riferito di aver ottenuto una convalida di sfratto per la morosità del conduttore che, però, non aveva potuto eseguire stante il c.d. blocco degli sfratti fino al 31 dicembre 2020 in forza dell'art. 17-bis del d.l. 19 maggio 2020 n. 34, convertito, con modificazioni, in legge 17 luglio 2020 n. 77.

Inadempimento incolpevole. Orbene, il Tribunale di Milano ha deciso di rigettare la richiesta di sequestro conservativo per la mancanza tanto del requisito del periculum (ma questo profilo lo possiamo trascurare essendo essenzialmente «soggettivo», di «percezione» e legato al caso concreto) che del fumus.

Ed è proprio la motivazione relativa all'affermata mancanza di fumus boni iuris che è interessante approfondire.
Secondo il Tribunale, infatti, «la diffida ad adempiere comunicata dal ricorrente e ricevuta da parte resistente il 7 ottobre 2020 non può ritenersi giustificata dall'inadempimento colpevole della controparte, la quale ha diligentemente e tempestivamente intimato sfratto per morosità, convalidato dal Tribunale di Milano il 6 luglio 2020».
E ciò perché – sempre secondo il Giudice – «l'impossibilità di liberare l'immobile per la data prevista nel preliminare è dovuta al factum principis, essendo intervenuti due decreti legge che hanno disposto il blocco degli sfratti: rispetto al termine iniziale del 31 agosto 2020, previsto dal c.d. Decreto Cura Italia (art. 103 comma 6 d.l. 17 marzo 2020 n. 18, conv. in legge 24 aprile 2020 n. 27), il c.d. Decreto Rilancio (art. 17-bis d.l. 19 maggio 2020 n. 34, conv. in legge 17 luglio 2020 n. 77) ha prorogato sino al 31 dicembre 2020 il lasso temporale nel quale non possono essere eseguite procedure di sfratto sia per morosità che per finita locazione».
Peraltro, secondo il Tribunale nulla varrebbe obiettare che il promissario venditore non si fosse attivato subito dopo la conclusione del contratto perché in ogni caso la procedura di esecuzione dello sfratto sarebbe stata sospesa.

… e diffida ad adempiere … Il Tribunale di Milano ha, quindi, aderito alla tesi secondo cui il factum principis non è imputabile e non era prevedibile rendendo il debitore (promissario venditore) incolpevole e quindi non soggetto (al di là di ogni altra valutazione) né a diffida ad adempiere né a risoluzione per inadempimento.

… e la sorte del contratto? Una volta chiarito il fatto, questo rappresenta l'occasione per fare alcune valutazioni sulla sorte del contratto.
Ed infatti, laddove il factum principis determini (come sembra determinare nel caso concreto) una impossibilità sopravvenuta temporanea della prestazione, occorre valutare se ci siano altre vie per raggiungere l'effetto di risoluzione del contratto per il promissario acquirente.
Ecco allora che potrà trovare applicazione l'art. 1256 comma 2 c.c. in base al quale «se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento. Tuttavia, l'obbligazione si estingue se l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla».

… e termine essenziale. Se si volesse seguire questa via resterebbe che il contratto sarebbe risolvibile solo a condizione che il termine originariamente fissato sia da considerarsi essenziale.
Senonché, anche in questa ipotesi, occorre richiamare un orientamento pure presente nella giurisprudenza che potrebbe limitare il ricorso a questa via.
Ed infatti, in alcune sentenze la Corte di cassazione ha affermato che «caratteri comuni degli istituti previsti dagli artt. 1456 c.c. (clausola risolutiva espressa) e 1457 c.c. (termine essenziale per una delle parti), entrambi collocati nell'ambito della sezione I, capo XIV del libro IV, disciplinante le varie ipotesi di risoluzione per inadempimento del contratto, possono individuarsi nella sussistenza di un'ipotesi d'inadempienza contrattuale imputabile ad una delle parti e nell'attribuzione all'altra, in via di autotutela, di un diritto potestativo, comportante la facoltà di sciogliersi unilateralmente dal contratto».
Ecco allora, ma questa è un'opinione personale e anche provvisoria, che il periodo emergenziale e la normativa conseguenziale (sia sulle misure di contenimento che quella comunque interferente come il blocco degli sfratti) sia destinata a pesare più sul creditore che sul debitore in attesa che si individui il (certamente delicato) punto di equilibrio tra esigenze di rispetto dei contratti (già messo a dura prova dai provvedimenti che rideterminano i contenuti dei contratti) e principi di solidarietà.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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