I provvedimenti sui minori devono essere adottati dal giudice più vicino al luogo di residenza effettiva degli stessi

31 Dicembre 2020

Le domande relative alla responsabilità genitoriale ed al mantenimento di figli minori appartengono alla giurisdizione dell'Autorità Giudiziaria dello Stato di residenza abituale dei minori al momento della loro proposizione, anche se alle stesse è affiancata la domanda di separazione personale dei coniugi.

Così la Corte di cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 29171/20, depositata il 21 dicembre 2020.

Una donna chiedeva al Tribunale competente di pronunciare la separazione personale dal proprio coniuge, con addebito a lui, nonché le conseguenti statuizioni in ordine all'affidamento della figlia minore ed al suo mantenimento. Instauratosi il contraddittorio, il resistente si costituiva eccependo il difetto di giurisdizione del giudice italiano a favore del Tribunale portoghese ed avanzando, nel merito, domanda di addebito della separazione e richiesta di affidamento della minore. Il Tribunale, per quello che rileva in questa sede, disattendeva l'eccezione di difetto di giurisdizione proposto dal resistente, pronunciava la separazione dei coniugi, senza addebito, ed affidava la figlia minore alla madre, stabilendo tempi e modalità di frequentazione del padre, onerato di un assegno di mantenimento della minore. Successivamente, la Corte d'appello rigettava il gravame proposto dall'uomo, ribadendo la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, già affermata dal Tribunale, e disattendendo nel merito le pretese dell'istante. In particolare, la Corte territoriale rilevava, in relazione alla causa di separazione personale dei coniugi, che la donna risultava essere residente in un comune italiano dove svolgeva anche la sua attività lavorativa, che aveva interrotto solo momentaneamente per ricongiungersi col marito residente in Portogallo, facendo poi ritorno in Italia. Pertanto, riteneva che il giudizio di separazione fosse stato correttamente incardinato in Italia, nel luogo di residenza della ricorrente.

Quanto all'affidamento della minore, il giudice di appello rilevava che la stessa era anagraficamente residente nel comune ove risiedevano anche la madre e la sorella e dove era stata anche iscritta all'asilo, nel quale sarebbe ritornata al ritorno delle vacanze estive trascorse in Portogallo. Il ritardo nel rientro in Italia era stato determinato dal fatto che il padre aveva indebitamente trattenuto la bambina per un mese in più in Portogallo, mentre i genitori avevano pattuito che il rientro della minore sarebbe dovuto avvenire il mese precedente. La sottrazione della minore alla genitrice affidataria era stata, tra l'altro, accertata dal Tribunale di circoscrizione di famiglia e minori che aveva accolto la richiesta proposta in tal senso dal Pubblico Ministero. La causa era stata, pertanto, correttamente incardinata, a giudizio della Corte, nel luogo di abituale residenza della minore ai sensi dell'art. 8 del regolamento CE n. 2201/2003. Avverso tale sentenza l'uomo proponeva ricorso per cassazione, censurando sia la questione di giurisdizione relativa all'affidamento della minore, sia le disposizioni relative alla propria domanda di addebito della separazione nonché a fondamento della richiesta di riduzione dell'assegno di mantenimento corrisposto a favore della figlia minore.

La decisione della Suprema Corte a Sezioni Unite. La censura principale si incentra essenzialmente sulla questione di giurisdizione relativa all'affidamento della minore, poiché il ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello abbia ritenuto che il luogo di residenza abituale della figlia fosse da individuarsi in Italia, mentre per otto mesi la stessa avrebbe vissuto presso il padre in Portogallo. Tale collocazione della bambina all'estero sarebbe stata, peraltro, effettuata da accordo tra le parti per consentire alla madre di reperire lavoro in Italia. Tuttavia, la Suprema Corte ritiene il motivo infondato. Ricorda infatti che - secondo il costante proprio insegnamento - la giurisdizione sulle domande relative all'affidamento dei figli ed al loro mantenimento, anche se proposte congiuntamente a quella di separazione giudiziale, appartiene al giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente a norma del regolamento CE n. 2201/2003. Tale criterio, informato all'interesse superiore del minore e, segnatamente, al criterio della vicinanza, riveste una tale pregnanza da condurre ad escludere che il consenso del genitore alla proroga della giurisdizione, quanto alle domande concernenti i minori, sia ravvisabile nella mancata contestazione della giurisdizione da parte di un coniuge con riguardo alla domanda di separazione. Secondo la Corte, da tale affermazione di principio circa il cd. «rapporto di prossimità del minore» discende che nei giudizi di separazione e di divorzio che attengano, come nel caso di specie, anche all'affidamento ed alla collocazione di un figlio minorenne, al fine di determinare quale sia il giudice nazionale dotato di giurisdizione, deve aversi riguardo alla residenza del nucleo familiare all'interno del quale il medesimo vive, al momento della proposizione della domanda, rimanendo ininfluente il successivo trasferimento del figlio con un genitore all'estero. In tema di giurisdizione sulle domande inerenti alla responsabilità genitoriale sui figli minori, formulate nel giudizio di separazione introdotto dinanzi al giudice italiano, il criterio determinativo cogente della residenza abituale del minore trova fondamento nel superiore preminente interesse di quest'ultimo a che i provvedimenti che lo riguardano siano adottati dal giudice più vicino al luogo della sua residenza effettiva, nonché nelle esigenze di realizzare la concentrazione di tutte le azioni giudiziarie ad esso relative. Tra l'altro, al fine di accertare quale sia lo Stato in cui ha la residenza abituale un figlio di tenera età, nato da genitori non uniti in matrimonio che vivono in Paesi diversi, e di individuare in conseguenza il giudice nazionale dotato di giurisdizione, al fine di assumere i provvedimenti riguardanti il minore, ben possono valorizzarsi indicatori di natura proiettiva, quale l'iscrizione del bambino presso l'asilo di un determinato Paese ed il godimento dell'assistenza sanitaria presso il sistema pediatrico del medesimo Stato. Dichiarati, tra l'altro, inammissibili tutti gli altri motivi di ricorso, la Corte, pronunciando a Sezioni Unite, ha rigettato il ricorso.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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