Lavoro interinale: l'effettiva temporaneità della missione quale “bussola” per la compatibilità della normativa nazionale con la direttiva CE 2008/104/CE
04 Gennaio 2021
Massima
L'art.5, § 5, direttiva CE 2008/104 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che non limiti il numero di missioni successive che un medesimo lavoratore, tramite agenzia interinale, può svolgere presso la stessa impresa utilizzatrice. Per contro, essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura finalizzata a preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale e ad evitare l'assegnazione di missioni successive ad un medesimo lavoratore presso lo stesso utilizzatore con lo scopo di eludere le disposizioni della Direttiva considerata nel suo insieme. Il caso
Il giudizio innanzi alla CGUE prendeva avvio dalla domanda di pronuncia pregiudiziale circa l'interpretazione dell'art. 5, § 5, direttiva CE 2008/104 in materia di lavoro per il tramite agenzia interinale.
Il lavoratore domandava il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell'utilizzatore, essendo stato superato il numero massimo di proroghe dei contratti consentito dalla normativa nazionale.
Ad avviso del ricorrente le disposizioni interne in materia di lavoro tramite agenzia interinale, non prevedendo alcun limite alle missioni successive dei lavoratori messi a disposizione di uno stesso utilizzatore, sarebbero contrarie alla direttiva CE 2008/104.
A seguito della modifica introdotta dal d.l. n. 34/2014, l'art. 20, co. 4, d.lgs. n. 276/2003 non prevedeva più la subordinazione della somministrazione a tempo determinato all'indicazione delle ragioni giustificanti il ricorso a tale forma di lavoro L'art. 22d.lgs. n. 276/2003, inoltre, escludendo l'applicabilità dell'art. 5, commi 3 e ss.,d.lgs. n. 368/2001, non poneva alcuna limitazione temporale rispetto ad eventuali missioni successive del medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso lo stesso utilizzatore. La questione
II giudice del rinvio sottoponeva la questione alla CGUE, ritenendo che la normativa nazionale fosse contraria alla direttiva CE 2008/104 e, in particolare, all'art. 5, § 5, mancando ogni controllo giurisdizionale sulle ragioni del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale, in particolare sotto il profilo dei limiti temporali delle missioni successive coinvolgenti le stesse parti. La soluzione della Corte
I giudici europei evidenziano innanzitutto gli obbiettivi perseguiti mediante la direttiva CE 2008/104: essa mira a stabilire un quadro normativo non discriminatorio, trasparente e proporzionato a tutela dei lavoratori per il tramite di agenzia interinale, nel rispetto della diversità dei mercati del lavoro e delle relazioni industriali, tenuto anche conto della necessità di contribuire efficacemente all'incremento dell'occupazione ed allo sviluppo di forme di lavoro flessibili (art.2).
Ciò chiarito, la Corte rammenta che suddetta Direttiva prevede l'introduzione di requisiti minimi diretti, da un lato, a garantire la parità di trattamento (art. 5) e, dall'altro, al riesame da parte degli Stati membri delle restrizioni e dei divieti applicati al lavoro tramite agenzia interinale, allo scopo di conservare soltanto quelli giustificati da ragioni d'interesse generale ed inerenti alla tutela dei lavoratori (art. 4). L'art. 5, § 5, prima frase, nell'ambito di suddetti requisiti minimi, prevede infatti che gli Stati membri si attivino affinché siano evitati ricorsi abusivi al lavoro per il tramite di un'agenzia interinale. Tale disposizione, però, non impone l'adozione di specifici strumenti anti-elusione (es. limitazione del numero di missioni di un medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice; indicazione delle ragioni giustificanti il ricorso a tale forma di lavoro).
Specificato quanto sopra, la CGUE pone l'accento su uno dei quesiti sottoposti dal giudice del rinvio, ossia se la direttiva CE 2008/104, sub specie l'art. 5, § 5, prima frase, imponga agli Stati membri di preservare il carattere temporaneo del lavoro tramite agenzia interinale, vietando i rinnovi illimitati di missioni diretti a soddisfare esigenze di personale permanenti dell'utilizzatore e, pertanto, elusivi delle disposizioni comunitarie.
La Corte richiama innanzitutto il considerando n. 11 in base al quale la direttiva CE 2008/104 mira a conciliare l'obiettivo di flessibilità perseguito dalle imprese con quello di tutela dei lavoratori, manifestando l'intento del legislatore europeo di ravvicinare le condizioni del lavoratore tramite agenzia interinale a quelle dei rapporti di lavoro “normali”: il considerando 15, infatti, chiarisce che la forma comune dei rapporti lavorativi è il contratto a tempo indeterminato. La direttiva si propone pertanto di consentire anche a tali lavoratori di ottenere un impiego stabile.
I giudici europei giungono quindi a sottolineare il connotato peculiare del lavoro per il tramite di un'agenzia interinale, ossia quello della temporaneità, reso evidente dall'art. 3, §1, lett. da b) a e), e dall'art. 6. Tuttavia, l'art. 5, § 5, non osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura a garanzia di tale elemento essenziale.
Precisato quanto sopra, la Corte rammenta che tutti gli organi degli Stati membri, nei limiti delle rispettive competenze, sono tenuti al raggiungimento degli obbiettivi posti da una Direttiva comunitaria (art. 4, § 3, TUE e art. 288 TFUE). Nel caso di specie il giudice del rinvio dovrà controllare la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro oggetto del procedimento principale, tenendo conto sia della direttiva CE 2008/104 chedel diritto nazionale, così da verificare se sussista in concreto un rapporto di lavoro a tempo indeterminato artificiosamente qualificato come contratto di somministrazione.
Ai fini di tale accertamento il giudice nazionale potrà valutare se le missioni successive del medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso lo stesso utilizzatore avessero avuto una durata tale da escludere ragionevolmente il connotato della temporaneità. In quest'ultima ipotesi, infatti, elusa l'essenza stessa della direttiva CE 2008/104, si configurerebbe un abuso di suddetta forma di rapporto di lavoro: l'equilibrio realizzato tra la flessibilità per i datori e la sicurezza per i lavoratori verrebbe compromesso a discapito di quest'ultima.
La Corte evidenzia come, qualora nel caso concreto non venga fornita alcuna spiegazione oggettiva giustificante l'esigenza dell'utilizzatore di ricorrere ad una successione di contratti di lavoro tramite agenzia interinale, spetterà al giudice nazionale verificare, alla luce della normativa nazionale e delle circostanze di specie, se una delle disposizioni della direttiva CE 2008/104 sia stata aggirata, a maggior ragione laddove ad essere assegnato all'impresa utilizzatrice sia sempre lo stesso lavoratore.
Alla luce di quanto sopra, relativamente all'art. 5, § 5, la CGUE afferma che, sebbene non venga imposta l'adozione di determinati strumenti anti-abuso, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura finalizzata a preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna disposizione finalizzata ad evitare missioni successive del medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice aventi lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva CE 2008/104 nel suo insieme. Osservazioni
La soluzione interpretativa fornita dalla CGUE, sebbene afferente la normativa applicabile ratione temporis (precedente al d.lgs. n. 81/2015) esprime principi che interessano direttamente anche la disciplina attuale, come risultante dalle modifiche introdotte con la l. n. 96/2018.
La Corte evidenzia innanzitutto la duplice finalità perseguita dalla direttiva CE 2008/104: da un lato garantire la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale, nel rispetto del principio della parità di trattamento e, dall'altro, contribuire all'occupazione ed allo sviluppo di forme di lavoro flessibili (art. 2). Rispetto a tale ultimo profilo finalistico i Legislatori nazionali (art.4) sono tenuti a conservare solo i divieti e le restrizioni giustificati da ragioni d'interesse generale, inclusa la prevenzione di abusi, non imponendo però la direttiva CE n. 2008/104 l'adozione di determinati strumenti anti-elusivi. Fatta tale precisazione, la CGUE pone l'attenzione su uno dei caratteri peculiari ed indefettibili del lavoro per il tramite di un'agenzia interinale, ossia la temporaneità. Laddove tale elemento risulti mancante, la fattispecie concreta esulerebbe dai confini fissati dalla normativa sovranazionale.
L'esigenza dell'utilizzatore non potrebbe d'altronde che essere temporanea, sebbene non eccezionale, costituendo la somministrazione un'alternativa alla stipulazione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il requisito della “temporaneità” della missione, si aggiunge, non collide con la possibilità di una “stabilizzazione” del lavoratore alle dipendenze dell'agenzia. La stessa direttiva n., seppur non esplicitamente, riafferma il principio in base al quale il rapporto di lavoro a tempo indeterminato rappresenta la “regola generale” nel diritto europeo (art. 6) e contempla la possibilità che tale rapporto venga instaurato tra il lavoratore e l'agenzia (art. 5, §2).
La necessaria temporaneità della missione sembrerebbe, dunque, costituire espressione della volontà del legislatore europeo di garantire non solo l'incremento dell'occupazione ma anche la stabilizzazione della posizione del lavoratore. Ciò consentirebbe di superare i dubbi circa la compatibilità con il diritto sovranazionale del contratto di somministrazione a tempo indeterminato, tenuto conto che la Legge italiana richiede, come presupposto indefettibile, l'instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato tra il lavoratore inviato in missione ed il somministratore (art. 31, comma 1, d.lgs. n. 81/2015).
Il considerando n. 15 della direttiva CE 2008/104, inoltre, prevede che ove sussista un rapporto di lavoro non a termine tra lavoratore e l'agenzia sia possibile derogare alle disposizioni applicabili all'impresa utilizzatrice. La regola della temporaneità della missione è certamente applicabile all'utilizzatore e, pertanto, suscettibile di essere derogata ove la stabilizzazione della posizione del lavoratore sussista “a monte”.
Il legislatore italiano, mediante il c.d. Decreto Dignità, ha esteso al rapporto tra agenzia di somministrazione e lavoratore la disciplina del contratto a tempo determinato, con la sola eccezione delle previsioni contenute agli articoli 21, comma 2, 23 e 24, mentre nessuna restrizione è stata introdotta per l'invio in missione dei lavoratori, salvo il limite quantitativo di cui all'art. 31 d.lgs. n. 81/2015 e – sebbene conincidenza mediata sulla sola somministrazione a termine - la necessaria indicazione delle causali (art. 19) per i casi di assunzione a tempo determinato, le quali dovranno essere riferite – e ovviamente sussistere – rispetto all'utilizzatore. La temporaneità della missione verrebbe sostanzialmente ad essere garantita qualora il lavoratore sia stato assunto a tempo determinato dall'agenzia, sebbene il CCNL applicato dalla stessa possa stabilire regole diverse circa la prorogabilità del contratto iniziale (art. 34, comma 2, d.lgs. n. 81/2015).
Relativamente alla somministrazione a tempo indeterminato invece, come sopra precisato, deve rammentarsi che il legislatore comunitario, autorizzando le restrizioni ed i divieti laddove essi siano diretti ad impedire la realizzazione di finalità elusive, miri essenzialmente a tutelare i lavoratori per il tramite di un'agenzia interinale da situazioni di precarietà sine die.
Tale tutela, in linea con l'interpretazione fornita dalla CGUE, dovrebbe essere predisposta sul piano della preferenza per il lavoro a tempo indeterminato rispetto a quello a tempo determinato – con conseguente favore per assunzioni non a termine da parte dell'agenzia - piuttosto che su quello, distinto, della disgiunzione tra datore di lavoro formale ed utilizzatore, con aprioristica esclusione di qualsiasi ipotesi in cui risulti mancante il carattere temporaneo della missione.
Per approfondire: - M. D. Ferrara, La somministrazione di lavoro dopo il decreto «dignità», Riv. It. Dir. Lav., 2019, I, pp. 227 ss.; - L. A. Cosattini, “Decreto dignità”: sulla somministrazione di lavoro a tempo determinato modifiche rilevanti, Lav. Giur., 2018, pp. 1096 ss.; - A. Maresca, Contratto di lavoro e somministrazione a termine: il regime transitorio nel decreto dignità, Arg. Dir. Lav., 2018, pp. 1012; - M. D. Ferrara, La Direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale: aspetti problematici e modelli di implementazione, Dir. Rel. Ind., 2014, pp. 111 ss.; - W. Falco, Temporaneità delle esigenze produttive e divieto di reiterazione delle missioni, Riv. It. Dir. Lav., 3, 2014, pp. 539 ss.; - F. Pantano, Il lavoro tramite agenzia interinale, in F. Carinci – A. Pizzoferrato (a cura di), Diritto del lavoro dell'Unione europea, Giappichelli, Torino, 2010, pp. 570 ss. |