Diritto di autodeterminazione e libertà religiosa: il Testimone di Geova può rifiutare la trasfusione di sangue

Redazione Scientifica
05 Gennaio 2021

«Il Testimone di Geova, che fa valere il diritto di autodeterminazione in materia di trattamento sanitario a tutela della libertà di professare la propria fede religiosa, ha il diritto di rifiutare l'emotrasfusione pur avendo prestato il consenso al diverso trattamento che abbia successivamente richiesto la trasfusione, anche con dichiarazione formulata prima del trattamento medesimo, purché dalla stessa emerga in modo inequivoco la volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo di vita».

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 29469/20, depositata il 23 dicembre annullando la sentenza con cui la Corte d'Appello di Milano aveva confermato il rigetto della domanda di risarcimento dei danni avanzata da una donna nei confronti di un ospedale in relazione alle trasfusioni di sangue, eseguite a seguito di una emorragia conseguente a parto cesareo, nonostante la sua contrarietà in quanto Testimone di Geova.

I Giudici di merito avevano valorizzato il fatto, risultante dalla CTU, che la trasfusione si era resa necessaria successivamente al momento in cui la donna aveva espresso il suo rifiuto e che essa versava in pericolo di vita. L'accettazione dell'intervento di laparotomia esplorativa implicava, sempre secondo i Giudici di merito, il consenso a tutte le sue fasi.

Il Collegio di legittimità ha però ribaltato la decisione. Richiamando i principi costituzionali della libertà religiosa garantita dall'art. 19 Cost. e la giurisprudenza venutasi a formare sul tema, la pronuncia giunge ad affermare che «il Testimone di Geova, che fa valere il diritto di autodeterminazione in materia di trattamento sanitario a tutela della libertà di professare la propria fede religiosa, ha il diritto di rifiutare l'emotrasfusione pur avendo prestato il consenso al diverso trattamento che abbia successivamente richiesto la trasfusione, anche con dichiarazione formulata prima del trattamento medesimo, purché dalla stessa emerga in modo inequivoco la volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo di vita».
Sulla base di tale principio, che riconosce il diritto di rifiutare la terapia trasfusionale anche in presenza di consenso al trattamento sanitario, il giudice del rinvio dovrà dunque accertare se sia intervenuto un informato, inequivoco, autentico ed attuale dissenso della paziente all'emotrasfusione.
La pronuncia impugnata viene dunque annullata con rinvio alla Corte d'Appello di Milano.

*Fonte: dirittoegiustizia.it

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