I doveri del collegio sindacale nel Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza

Daniele Fico
11 Gennaio 2021

L'art. 14 del Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza impone agli organi di controllo societari, al revisore contabile ed alla società di revisione, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, di verificare che gli amministratori valutino costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, la sussistenza dell'equilibrio economico finanziario ed il prevedibile andamento della gestione..
Premessa

L'art. 14 del Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza impone agli organi di controllo societari, al revisore contabile ed alla società di revisione, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, di verificare che gli amministratori valutino costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, la sussistenza dell'equilibrio economico finanziario ed il prevedibile andamento della gestione; nonché di segnalare immediatamente al medesimo organo amministrativo l'esistenza di fondati indizi della crisi.

La verifica sull'adeguatezza amministrativa e sull'andamento della gestione rappresentato doveri già conosciuti nel nostro ordinamento giuridico; del tutto nuovo, al contrario, è il dovere di segnalazione degli indizi di crisi dell'impresa.

Gli adeguati assetti organizzativi

Il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, di seguito CCI), corretto ed integrato dal c.d. decreto correttivo (D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147), prevede agli artt. da 375 a 383 le modifiche al codice civile, alcune delle quali in tema di diritto societario.

Tra queste disposizioni meritano di essere segnalate, per l'indubbio impatto che hanno sul nuovo istituto delle procedure di allerta - intese come strumento finalizzato a supportare gli amministratori e gli organi preposti al controllo delle società nell'individuazione dei primi segnali di crisi - quelle concernenti gli assetti organizzativi (artt. 375 e 377 CCI).

Trattasi di principi di corretta gestione imprenditoriale, la cui collocazione è inserita in maniera significativa nella versione novellata dell'art. 2086 c.c. e, quindi, all'interno dei principi previsti dal codice civile sull'impresa in generale (in questo senso, N. Abriani, A. Rossi, Nuova disciplina della crisi d'impresa e modificazioni del codice civile: prime letture, in Società, 2019, 394).

In particolare, l'art. 375 CCI innova l'art. 2086 c.c., sia attraverso la modifica della rubrica in “Gestione dell'impresa” (in luogo di “Direzione e gerarchia nell'impresa”), sia attraverso l'introduzione del secondo comma nel quale è imposto all'imprenditore che operi in forma societaria o comunque collettiva di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa stessa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

A ben vedere, la modifica dell'art. 2086 c.c. è finalizzata a favorire il nuovo istituto dell'allerta, il cui intento è di rimediare alle attuali carenze del nostro ordinamento giuridico che, nel complesso, fornisce deboli incentivi ai debitori a rivelare ed affrontare in maniera tempestiva situazioni di tensione economico-finanziaria e non prevede, a differenza di altri, strumenti di assistenza per favorire il raggiungimento di soluzioni precoci in accordo con i creditori.

L'idea alla base delle procedure di allerta è che l'emersione precoce della situazione di difficoltà, consentendo all'organo gestorio di adottare le misure di risanamento quando l'impresa è ancora in continuità, permette di evitare la distruzione di valore generata dal ritardo che sovente si registra nei tempi di risposta alla crisi.

Proprio al fine di favorire l'emersione anticipata della crisi, l'art. 3, comma 2, CCI impone all'imprenditore collettivo di adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi del novellato art. 2086 c.c., ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative (sul tema, v. S. Ambrosini, L'adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili e il rapporto con le misure di allerta nel quadro normativo riformato, in Ilcaso.it, 15 ottobre 2019).

Come precisato dalla Relazione illustrativa al D. Lgs. 14/2019 se, da un lato, l'anzidetto art. 3 CCI mira a responsabilizzare esplicitamente il debitore in qualsiasi forma sia organizzato, prescrivendo, anche nel caso di impresa individuale, l'adozione di ogni misura diretta alla precoce rilevazione del proprio stato di crisi, per porvi tempestivamente rimedio; dall'altro lato, in presenza di imprenditore collettivo, si richiede un quid pluris costituto da specifici assetti organizzativi adeguati ai sensi dell'art. 2086 c.c., calibrati in base alla natura ed alle dimensioni dell'impresa medesima, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale. In entrambi i casi, si prescrive un obbligo di immediata attivazione per il superamento della crisi.

In tale ottica, è stato osservato che l'adeguato assetto organizzativo costituisce, il fondamento dell'intero sistema di early warningattraverso un connotato più dinamico, incentrato soprattutto sulla condivisione più efficiente dei flussi informativi” (così, A. Guiotto, I sistemi di allerta e l'emersione tempestiva della crisi, in Fallimento, 2019, 410).

Il dovere dell'imprenditore di adottare assetti organizzativi adeguati incide, quindi, in maniera rilevante anche sul ruolo e sui compiti degli organi di controllo; costituendo altresì il punto di partenza per l'analisi dei nuovi doveri posti in capo a tale organo dal Codice della crisi e della loro incidenza sul giudizio di responsabilità (in tal senso L. Castelli, S. Monti, I sindaci e il Codice della Crisi: nuovi doveri e responsabilità”, in Società, 2020, 1016. Sul tema, v. altresì A.I. Baratta, O. Lauri, L'attività del collegio sindacale alla luce del codice della crisi e dell'insolvenza, in IlFallimentarista, 26 giugno 2019).

I nuovi parametri numerici per la nomina dell'organo di controllo

Al fine di valorizzare la funzione di vigilanza societaria, l'art. 379 CCI (entrato in vigore il 16 marzo 2019, trentesimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) - in attuazione di uno specifico principio di delega contenuto nell'art. 14, lett. g), L. 19 ottobre 2017, n. 155 (rubricato “Modifiche al codice civile”) - ha previsto la modifica dell'art. 2477, commi 3 e 4, c.c., attraverso la riduzione dei parametri numerici il cui superamento impone alle s.r.l. la nomina obbligatoria del collegio sindacale o del revisore, aumentando in tal modo la platea dei soggetti da sottoporre a controllo.

Il sopra menzionato art. 2477 c.c., tuttavia, è stato nuovamente modificato dall'art. 2-bis, comma 2, D.L. 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. decreto sblocca cantieri) convertito, con modificazioni, in L. 14 giugno 2019, n. 55, attraverso l'innalzamento delle soglie (inizialmente variate in 2 milioni di euro per il totale attivo stato patrimoniale; in 2 milioni di euro per i ricavi delle vendite e delle prestazioni ed in 10 unità per il numero di dipendenti occupati in media durante l'esercizio) che non devono essere superate ai fini dell'esenzione dell'obbligo.

A seguito di tale variazione la società a responsabilità limitata è obbligata a nominare il collegio sindacale o il revisore:

a) nelle ipotesi in cui la stessa sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

b) quando controlli una società obbligata alla revisione legale;

c) nel caso in cui per due esercizi consecutivi superi almeno una delle soglie dimensionali di seguito indicate:

- totale attivo dello stato patrimoniale superiore a 4 milioni di euro;

- ricavi delle vendite e delle prestazioni superiore a 4 milioni di euro;

- numero di dipendenti occupati in media durante l'esercizio superiore alle 20 unità.

Sul punto, è opportuno far presente che il termine per provvedere alla nomina degli organi di controllo o del revisore e, ove necessario, ad uniformare l'atto costitutivo e lo statuto alle nuove regole, inizialmente fissato in nove mesi dalla entrata in vigore del sopra menzionato art. 379 CCI (16 dicembre 2019), è stato rinviato, dapprima - dall'art. 8, comma 6 sexies, D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito in L. 28 febbraio 2020, n. 8 - alla data di approvazione dei bilanci relativi all'esercizio 2019, stabilita ai sensi del secondo comma dell'art. 2364 c.c. e, successivamente - dall'art. 51 bis, D.L.19 maggio 2020, n. 34 (c.d. “decreto rilancio”), convertito in L. 17 luglio 2020, n. 77 - alla data di approvazione dei bilanci riguardanti l'esercizio 2021, “al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 sulle attività d'impresa”.

In virtù delle anzidette modifiche, dunque, non soltanto sono stati ridotti i tre parametri attualmente vigenti, ma è stato altresì considerato sufficiente il superamento di solo uno dei predetti limiti (a differenza della normativa attuale che prevede il superamento di due limiti su tre) ampliando, in tal modo, il numero di s.r.l. tenute alla nomina.

Trattasi di modifiche che riguarderanno essenzialmente le piccole imprese che, fino ad oggi, hanno rinviato l'obbligo di attrezzarsi con adeguati sistemi di controllo; in conformità, peraltro, alla norma di comportamento 1.1. emanata dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (di seguito CNDCEC) per il collegio sindacale, secondo cui tale organo, nello svolgimento della funzione riconosciutagli dalla legge, vigili affinché il sistema di controllo e gli assetti organizzativi adottati dalla società risultino adeguati a rilevare tempestivamente segnali che facciano emergere dubbi significativi sulla capacità dell'impresa di continuare ad operare come entità in funzionamento (A. Danovi, P. Riva, Le cinque fasi della crisi e dell'allerta, in IlFallimentarista, 20 agosto 2018).

Gli obblighi di segnalazione degli organi di controllo

Gli obblighi di segnalazione degli organi di controllo societari sono individuati dall'art. 12 CCI tra i c.d. strumenti di allerta.

In tale ottica, è stato osservato che agli anzidetti organi di controllo, sia legale, che contabile, il legislatore “attribuisce importante centralità facendoli divenire attori di rilievo per monitorare e incentivare l'emersione anticipata della crisi, sempre con l'obiettivo (ove possibile) di salvaguardare la continuità di impresa” (l'espressione è di G. Buffelli, Il nuovo ruolo degli organi di controllo nel contesto delle procedure di allerta, in IlFallimentarista, 25 ottobre 2017).

Ai sensi del primo comma dell'art. 14 CCI – la cui entrata in vigore, come noto, è prevista per il 1 settembre 2021 ai sensi dell'art. 389 CCI (come modificato dall'art. 5 D.L. 34/2020) - gli organi di controllo societari (collegio sindacale per le società che adottano il sistema di governance tradizionale; consiglio di sorveglianza per le società che adottano il sistema dualistico e comitato per il controllo sulla gestione per le società che adottano il sistema monistico), il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, hanno l'obbligo:

- di verificare che gli amministratori valutino costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative:

  • l'adeguatezza dell'assetto organizzativo;
  • la sussistenza dell'equilibrio economico finanziario;
  • il prevedibile andamento della gestione;

- di segnalare immediatamente al medesimo organo amministrativo l'esistenza di fondati indizi della crisi.

L'ordinamento arricchisce in tal modo l'alveo delle funzioni di controllo istituzionalmente demandate al collegio sindacale ed al revisore contabile (o società di revisione), includendo nel generale obbligo di vigilare sull'osservanza della legge e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, la verifica della sussistenza dell'equilibrio economico-finanziario e l'indagine sulla prevedibile evoluzione della gestione.

La nuova ed ulteriore attività di vigilanza richiesta ai predetti organi di controllo - ciascuno, giova ribadire, nell'ambito delle proprie funzioni – risulta, a ben vedere, strettamente connessa all'attività già prevista a loro carico di monitoraggio della continuità aziendale.

La verifica sull'adeguatezza organizzativa e sull'andamento della gestione

Il dovere di controllo sull'adeguatezza organizzativa non rappresenta certo una novità per il nostro ordinamento giuridico, essendo già previsto dall'art. 2403 c.c. in base al quale il collegio sindacale vigila “sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento”; anche se, con ogni probabilità, il disposto di cui all'art. 14 CCI “in considerazione del ruolo centrale riservato dalla nuova disciplina dell'assetto organizzativo dell'impresa collettiva, assumerà una maggiore portata concreta” (in questo senso L. Castelli, S. Monti, I sindaci e il Codice della Crisi: nuovi doveri e responsabilità”, cit., 1019).

Per ciò che attiene, invece, alla verifica della sussistenza, o meno, dell'equilibrio economico finanziario e del prevedibile andamento della gestione, i parametri di riferimento sono rappresentati, oltre che dai principi contabili nazionali ed internazionali, dagli indici elaborati dal CNDCEC (sul tema, cfr. documento Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, Crisi d'impresa. Gli indici di allerta, 20 ottobre 2019, per il cui approfondimento si rinvia a R. Della Santina, Indicatori e indici della crisi nel sistema degli strumenti di allerta: l'interpretazione sistematica e di metodo offerta dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, in ilcaso.it, 28 gennaio 2020), per l'elaborazione dei quali il citato CNDCEC ha adottato una struttura “ad albero” e combinata.

In particolare, la presenza di uno stato rilevante di crisi, nei termini previsti dal primo comma dell'art. 13 CCI, è diagnosticata, in primis, attraverso la verifica della consistenza del patrimonio netto: un patrimonio netto negativo – o, per le società di capitali, un patrimonio al di sotto dei minimi previsti dalla legge, infatti, fa presumere l'esistenza di uno stato di crisi.

In secondo luogo, dal Debt Service Coverage Ratio (DSCR), il quale fa presumere lo stato di crisi nel caso in cui presenti un valore inferiore ad uno. Più precisamente, il DSCR è un indice di finanza aziendale che indica il grado di copertura del debito ed è calcolato, nella versione più semplificata, come rapporto tra i flussi di cassa liberi previsti nei sei mesi successivi che sono disponibili per il rimborso dei debiti previsti nello stesso arco temporale. Valori di questo indice superiori ad uno, denotano la stimata capacità di sostenibilità dei debiti su un orizzonte di sei mesi; valori inferiori ad uno, al contrario, la relativa incapacità.

Qualora il DSCR non sia disponibile o comunque i dati necessari alla elaborazione del medesimo siano ritenuti non sufficientemente affidabili (anche dagli organi di controllo), si ricorre - sempreché il patrimonio netto sia positivo ed il capitale sociale al di sopra dei minimi legali - all'impiego combinato dei seguenti cinque indici, con soglie diverse a seconda del settore di attività che debbono allertarsi tutti congiuntamente:

  • indice di sostenibilità degli oneri finanziari, in termini di rapporto tra gli oneri finanziari e fatturato;
  • indice di adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali;
  • indice di ritorno liquido dell'attivo, in termini di rapporto tra cash flow e attivo;
  • indice di liquidità, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passività a breve termine;
  • indice di indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra indebitamento previdenziale e tributario e attivo.

La segnalazione dell'esistenza di fondati indizi della crisi

Del tutto nuovo, al contrario, è il dovere di segnalazione degli indizi di crisi dell'impresa.

Tale segnalazione deve essere motivata, fatta per iscritto attraverso posta elettronica certificata o tramite mezzi che assicurino la prova dell'avvenuto ricevimento e deve altresì contenere la fissazione di un termine - definito dal legislatore “congruo” - non superiore comunque a trenta giorni, entro il quale gli amministratori devono riferire in merito alle soluzioni individuate ed alle iniziative da intraprendere.

Nell'ipotesi di omessa o inadeguata risposta, al pari della mancata adozione nei successivi sessanta giorni delle misure considerate necessarie per superare lo stato di crisi, l'organo di controllo societario ed il revisore legale devono informare nel più breve tempo possibile (“senza indugio” recita il secondo comma dell'art. 14 CCI) l'Organismo di composizione della crisi di impresa (OCRI), fornendo al medesimo qualsiasi elemento utile al fine delle relative determinazioni, anche in deroga all'obbligo di segretezza di cui all'art. 2407 c.c.

Al riguardo, il secondo comma dell'art. 14 CCI (nel testo integrato dal citato decreto legislativo correttivo 147/2020) impone agli organi di controllo societari, quando effettuano l'anzidetta segnalazione agli amministratori, di informarne “senza indugio” anche il revisore contabile o la società di revisione; allo stesso modo, il revisore contabile o la società di revisione hanno l'obbligo di informare l'organo di controllo della segnalazione effettuata.

In ogni caso (art. 14, comma 3, CCI), la tempestiva segnalazione agli amministratori dell'esistenza di fondati indizi della crisi costituisce causa di esonero dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalle omissioni o azioni successivamente poste in essere dall'organo gestorio, a condizione che non siano conseguenza diretta di decisioni assunte antecedentemente alla segnalazione e che, nelle ipotesi di cui al secondo periodo del comma 2 del sopra citato art. 14, sia stata effettuata tempestiva segnalazione all'OCRI.

Ai sensi dell'ultimo capoverso del terzo comma dell'art. 14 CCI, inoltre, non costituisce giusta causa di revoca dall'incarico la segnalazione effettuata in conformità a quanto disposto del suddetto articolo.

Dal momento che il meccanismo premiale di cui sopra parrebbe riguardare l'organo di controllo nel suo complesso, si può discutere sull'esonero da responsabilità per eventuali danni da mala gestio per il sindaco che abbia manifestato il proprio dissenso dalla decisione collegiale di non effettuare la segnalazione. Sul punto, la dottrina è orientata nel riconoscere l'esonero da responsabilità per il sindaco dissenziente (per S. Sanzo, La disciplina procedimentale. Le norme generali, le procedure di allerta e di composizione della crisi, il procedimento unitario di regolazione della crisi o dell'insolvenza, in Il nuovo codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, a cura di S. Sanzo, D.Burroni, Bologna, 2019, 53 s., il singolo componente del collegio sindacale che sia dissenziente avrà l'onere di far constare il proprio dissenso in maniera formale:“ciò, se non varrà a consentirgli di fruire delle misure premiali, dovrebbe quanto meno assicurargli il vantaggio di non avere condiviso la deliberazione che si sia rivelata poi fonte di responsabilità”).

Il quarto ed ultimo comma dell'art. 14 CCI, infine, impone alle banche ed agli altri intermediari finanziari indicati nell'art. 106 testo unico bancario (precisamente, gli intermediari finanziari autorizzati, iscritti nell'albo apposito tenuta dalla Banca d'Italia) nel momento in cui comunicano al cliente variazioni o revisioni o revoche degli affidamenti, di darne notizia anche agli organi di controllo societari, ove esistenti.

Sulla questione, autorevole dottrina, oltre ad aver osservato che questa norma risulta viziata da eccesso di delega, atteso che l'art. 4 L. 155/2017 parla esclusivamente di creditori pubblici qualificati e tali non sono le banche; ha considerato la stessa inopportuna, “in quanto comporta che gli organi di controllo societari vengano letteralmente sommersi da una mole impressionante di dati, non tutti realmente utili all'emersione tempestiva della crisi” (così S. Ambrosini, La riforma della disciplina della crisi e dell'insolvenza: motus in fine velocior, in ilcaso.it, 17 settembre 2018, secondo il quale se proprio non si volesse rinunciare - per vero incomprensibilmente a questa norma, andrebbe prevista solo la segnalazione della revoca degli affidamenti, indicandone altresì un importo minimo).

In conclusione

L'obbligo di adeguati assetti organizzativi e l'introduzione di sistemi di allerta rappresentato senza dubbio i due pilastri su cui si fonda l'intera disciplina della prevenzione dell'insolvenza (così A. Guiotto, I sistemi di allerta e l'emersione tempestiva della crisi, in Fallimento, cit., 409).

In assenza di adeguati assetti organizzativi, infatti, ben difficilmente l'organo amministrativo e l'organo di controllo saranno in grado di individuare con celerità il rischio di un peggioramento delle condizioni aziendali. Gli adeguati assetti organizzativi aziendali rappresentano, pertanto, le fondamenta su cui si poggia l'intero sistema di prevenzione della crisi attraverso la condivisione più efficiente dei sistemi informativi. La loro istituzione e la loro implementazione vengono in tal modo promosse sia attraverso norme di natura precettiva, sia mediante la responsabilizzazione dell'organo gestorio e dell'organo di controllo (sempre A. Guiotto, I sistemi di allerta e l'emersione tempestiva della crisi, cit., 410).

In tale ottica, è stato affermato che - relativamente a quest'ultimo organo - l'art. 14 CCI introduce, accanto alle tradizionali categorie di controllo di merito e di legalità, anche il tertium genus rappresentato dal controllo di correttezza ed adeguatezza organizzativa (in questo senso, P. Montalenti, Diritto dell'impresa in crisi, diritto societario concorsuale, diritto societario della crisi: appunti, in Giur. comm., 2018, I, 76).

L'organo di controllo societario, il revisore legale persona fisica o la società di revisione, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, saranno infatti obbligati a verificare che l'organo amministrativo valuti costantemente l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, la sussistenza dell'equilibrio economico e finanziario e quale sia il prevedibile andamento della gestione, assumendo prontamente le iniziative idonee ogni qualvolta ciò si renda necessario. Da ciò discende l'introduzione di un ulteriore dovere in capo agli organi di controllo, rappresentato dalla segnalazione immediata agli amministratori dell'esistenza di fondati indizi della crisi.

Sul punto, tuttavia, non si può non rilevare che, accanto all'introduzione di doveri ispirati dall'esigenza di rilevare in maniera tempestiva i segnali della crisi, sono state previste disposizioni e presunzioni tali da rendere il giudizio sulla responsabilità dei componenti dell'organo di controllo ancora più rigoroso di quanto fosse già previsto; ciò, molto probabilmente, disincentiverà i professionisti meritevoli dall'assumere un incarico estremamente gravoso (in questo senso, L. Castelli, S. Monti, I sindaci e il Codice della Crisi: nuovi doveri e responsabilità, cit., 1024 e s.).

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