Le buste paga costituiscono valide prove del credito retributivo se munite di firma, sigla o timbro

La Redazione
11 Gennaio 2021

Con riferimento al credito retributivo insinuato dal lavoratore allo stato passivo fallimentare, in base ai principi in materia di efficacia probatoria delle buste paga rilasciate dal datore di lavoro, esse sono pienamente valide ove munite, alternativamente, della firma, della sigla o del suo timbro.

Con riferimento al credito retributivo insinuato dal lavoratore allo stato passivo fallimentare, in base ai principi in materia di efficacia probatoria delle buste paga rilasciate dal datore di lavoro, esse sono pienamente valide ove munite, alternativamente, della firma, della sigla o del suo timbro.

Il Tribunale rigettava l'opposizione proposta dalla lavoratrice, ai sensi dell'art. 98 l. fall., avverso lo stato passivo della società, da cui era stato escluso il credito, dalla medesima insinuato, a titolo di t.f.r. e le ultime tre mensilità. In particolare, il Tribunale ne riteneva il difetto di prova per la mancata sottoscrizione delle buste paga prodotte, in violazione dell'art. 1 l. n. 4/1953, nell'inapplicabilità dell'art. 2735 c.c. e nella loro inopponibilità, in assenza di data certa, al curatore avente qualità di terzo in sede di accertamento dello stato passivo.

Proposto ricorso per Cassazione, con ordinanza n. 74/21, la S.C. ha l'occasione di ribadire il principio generale di terzietà del curatore in sede di accertamento del passivo, precisando che l'inopponibilità riguarda la data della scrittura prodotta e non anche il negozio: «sicché, esso e la sua stipulazione in data anteriore al fallimento possono essere oggetto di prova, prescindendo dal documento, con tutti gli altri mezzi consentiti dall'ordinamento, salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall'oggetto del negozio stesso».

Con riguardo alla fattispecie in esame, la Corte ha poi affermato che il Tribunale ha correttamente applicato i principi in materia di efficacia probatoria, «in merito al credito retributivo insinuato dal lavoratore allo stato passivo fallimentare, delle buste paga rilasciate dal datore di lavoro e pienamente valide come prova, ove munite, alternativamente, della firma, della sigla o del suo timbro: ferma restando, tuttavia, la facoltà della curatela controparte di contestarne le risultanze con altri mezzi di prova, ovvero con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l'inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice».

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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