È negligente l’avvocato che non chiede al cliente le attestazioni di avvenuto pagamento utili alla difesa

Emanuele Bruno
13 Gennaio 2021

L'obbligo di diligenza da osservare ai sensi degli artt. 1176 comma 2 e 2236 c.c., impone all'avvocato di assolvere (anche) i doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente…a tal fine incombe su di lui l'onere di fornire la prova della condotta mantenuta…

Lo ha chiarito la Cassazione con l'ordinanza n. 56/21, depositata il 7 gennaio.

Il caso. Il cliente conveniva in giudizio l'avvocato che lo aveva difeso in una procedura arbitrale, lamentando la condotta negligente dello stesso sotto vari profili.
In particolare, il cliente lamentava la mancata produzione, da parte del legale, della documentazione indispensabile a sostenere la propria difesa. Inoltre, parte attrice individuava la negligenza professionale nella mancata comunicazione in suo favore dell'importo delle spese poste a suo carico a seguito della pronuncia del lodo.
Il Tribunale e la Corte d'appello respingevano la domanda e condannavano l'attore al pagamento delle spese in favore sia della convenuta che in favore dell'assicurazione, da questa chiamata in garanzia. Parte soccombente ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a tre censure.

Con il primo motivo, il ricorrente ha sostenuto che non fosse corretta la regola di giudizio, fondata sull'onere della prova, implicitamente applicata in sentenza, assumendo che: «a)rientra nell'obbligo di diligenza del difensore guidare, informare e indirizzare il cliente su regole e tempi del processo; natura dei documenti e delle prove che debbono essere sottoposti al giudice per vincere la causa; possibilità o meno di raggiungere l'obiettivo con gli elementi di cui dispone; b) la mancata produzione nel giudizio arbitrale dei documenti indispensabili per la valutazione delle somme in questione integra pertanto inadempimento colpevole, in mancanza della dimostrazione di non aver potuto adempiere per fatto non imputabile; c) era in particolare onere dell'avvocato dimostrare di non avere ricevuto tempestivamente dal cliente la suddetta documentazione o, comunque, di avergli sollecitato l'esibizione in tempo utile per poterla utilizzare in giudizio».

La diligenza professionale. La Suprema Corte ha ritenuto fondata la censura, chiarendo che «nell'adempimento dell'incarico professionale conferitogli, l'obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1176 comma 2 e 2236 c.c., impone all'avvocato di assolvere, sia all'atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) i doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest'ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; di sconsigliarlo dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole».

L'onere della prova, spiegano i Giudici di legittimità, circa l'effettivo adempimento dell'obbligo professionale, nelle modalità esposte nelle righe che precedono, è in carico al professionista che deve dimostrare tanto di aver adempiuto diligentemente quanto, ove occorra, di non aver adempiuto per fatto a lui non imputabile. Spiega ancora la Corte che, ove il cliente lamenti la mancata produzione in giudizio di un documento, non è onere del cliente dimostrare di averlo messo a disposizione del difensore, invece, è onere del difensore dimostrare di averlo chiesto al cliente, atteso che, è in capo al professionista la precisa responsabilità di individuare strumenti e strategia di difesa.

Con queste argomentazioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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