La madre è litisconsorte necessario nell'impugnazione del riconoscimento del figlio naturale da parte del padre

Redazione scientifica
15 Gennaio 2021

Nell'azione di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio nato da genitori non uniti in matrimonio, l'altro genitore, che pure abbia operato il riconoscimento, è litisconsorte necessario nel giudizio, secondo la regola dettata dall'art. 250 c.c. che pone un principio generale…

Così la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 95/21, depositata il 7 gennaio.

Nel caso di specie, l'asserito padre proponeva domanda principale avente ad oggetto la revoca della donazione a favore dei figli, per sovrannienza della figlia naturale; in via riconvenzionale i figli presentavano domanda di impugnazione per difetto di veridicità ex art. 263 c.c. del riconoscimento della minore. Il Tribunale di Cosenza, dopo aver disposto la separazione della domanda principale da quella riconvenzionale, ha accolto quest'ultima dichiarando che la bambina non era figlia dell'assunto padre. La Corte di appello di Catanzaro confermava la decisione del giudice di prime cure, fondando la prova della falsità del riconoscimento della figlia naturale sull'ingiustificato rifiuto dell'uomo a sottoporsi al test del DNA e a rendere il deferitogli interrogatorio formale.

L'asserito genitore ricorreva, dunque, in Cassazione con quattro motivi. Il curatore della minore, in adesione alle ragioni di quello principale, articolava ricorso incidentale affidato a due motivi.

Con riferimento alla doglianza inerente la mancata partecipazione della madre della minore al procedimento - sollevata nel ricorso principale e anche in quello incidentale -, il Collegio richiama il principio giurisprudenziale secondo cui «nell'azione di impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio nato da genitori non uniti in matrimonio, l'altro genitore, che pure abbia operato il riconoscimento, è litisconsorte necessario nel giudizio, secondo la regola dettata all'art. 250 c.c., che pone un principio di natura generale da applicarsi, pertanto, anche nell'ipotesi disciplinata dall'art. 263 c.c., perché l'acquisizione di un nuovo status da parte del minore è idoneo a determinare una rilevante modifica della situazione familiare, della quale resta in ogni caso partecipe l'altro genitore» (Cass. n. 10775/19). Deve, dunque, essere riconosciuta alla madre della minore la posizione di litisconsorte necessario nell'azione promossa ex art. 263 c.c.

Infatti «sia in caso di riconoscimento del figlio ex art. 250 comma 4 c.c., che di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità ex art. 263 c.c., la posizione dell'altro genitore, è quella di colui che ha già maturato nei confronti del minore un rapporto consolidato, giuridico ed affettivo, che ne legittima la partecipazione alla lite in cui si controverte dello status del primo. Tanto vale in quanto il genitore il cui rapporto non è in contestazione è portatore, innanzitutto, dell'interesse a condividere o contrastare la genitorialità dell'altro, per le ricadute che un siffatto accertamento è destinato ad avere in punto di esercizio del diritto-dovere all'educazione, istruzione, mantenimento del figlio, e, ancora, è chiamato a cooperare alla realizzazione di quel favor veritatis che sostiene tutte le azioni sullo status filiationis».

Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice di prime cure.

*fonte:www.dirittoegiustizia.it

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