Responsabilità dell'avvocato e onere della prova

18 Gennaio 2021

In tema di responsabilità professionale dell'avvocato per omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell'evidenza o del «più probabile che non», si applica non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo.

La Cassazione, con ordinanza n. 410/21 depositata il 13 gennaio, ha ribadito un principio importante in materia di responsabilità professionale dell'avvocato relativo all'onere della prova.

Il caso. Un cliente agiva nei confronti del suo avvocato per ottenere il risarcimento dei danni in relazione a due distinti giudizi patrocinati avanti al TAR, conclusisi con una pronuncia di difetto di giurisdizione e una declaratoria di estinzione per perenzione; oltretutto, detti esiti non sarebbero stati neppure comunicati dal legale.
L'avvocato si difendeva eccependo non solo di aver avvisato il suo cliente ma rilevando che lo stesso si era determinato sia a non coltivare l'impugnazione della pronuncia relativa al difetto di giurisdizione, sia a non coltivare il giudizio poi dichiarato perento.
La domanda risarcitoria veniva rigettata dai giudici di merito; seguiva il ricorso per cassazione.

L'assenza di prova del danno subito. Secondo gli Ermellini, non è idonea a contrastare il rigetto della domanda risarcitoria (motivata sul presupposto dell'assenza di prova - anzi, di allegazione - del danno subito), la constatazione secondo cui tale pregiudizio si identificherebbe, nella specie, nel pagamento, al legale, di un compenso non dovutogli, oltre che nella perdita della chance di conseguire, con l'iniziativa assunta innanzi al giudice amministrativo, l'annullamento della delibera relativa al conferimento, ad altri, di un incarico professionale per la stesura di un progetto definitivo e per la direzione dei lavori di realizzazione di una caserma, oltre al danno morale.

Il principio in materia: il “più probabile che non”. Infatti, precisa la Cassazione, in tema di responsabilità professionale dell'avvocato per omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell'evidenza o del «più probabile che non», si applica non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa.

Manca la prova dell'incidenza della asserita inerzia dell'avvocato sull'esito favorevole dei giudizi. Pertanto, nella specie, il ricorrente avrebbe dovuto innanzitutto allegare (e provare) in quale misura l'inerzia dell'avvocato aveva pregiudicato, "più probabilmente che non", un esito favorevole dei giudizi amministrativi incardinati, e non solo invece - e per così dire, "omisso medio" – le conseguenze dannose risarcibili, individuate nei termini di danno emergente da pagamento, al legale, di un compenso (asseritamente) non dovutogli, di perdita di chance di una scelta dell'amministrazione in proprio favore, nonché, infine, di danno morale.
In assenza di allegazione e di prova di tali profili, la decisione di rigetto è stata confermata dalla Cassazione.

*Fonte: dirittoegiustizia.it

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