La Cassazione ribadisce come procedere alla valutazione di credibilità del racconto del richiedente protezione internazionale

Redazione scientifica
18 Gennaio 2021

La valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente dev'essere argomentata in modo da rivelarne la ratio decidendi. Deve inoltre avere ad oggetto il racconto nel suo complesso, fermo restando che la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d'origine deve avvenire mediante integrazione istruttoria officiosa...

Si potrebbe così riassumere quanto affermato dalla Suprema Corte con l'ordinanza n. 265/21, depositata il 12 gennaio, accogliendo il ricorso proposto da un cittadino pakistano che si era visto rigettare la domanda di protezione internazionale in quanto il suo racconto era stato ritenuto inattendibile.

La Cassazione, esaminando il ricorso, ha infatti affermato i seguenti principi di diritto:

«in tema di protezione internazionale, la valutazione effettuata dal giudice del merito in ordine al giudizio di credibilità delle dichiarazioni del richiedente, oltre a rispondere ai criteri predicati dall'art. 3 del d.lgs. n. 251/2007, deve essere anche argomentata in modo idoneo a rivelare la relativa ratio decidendi, senza essere basata, invece, su elementi irrilevanti o su notazioni, che, essendo prive di riscontri processuali, abbiano la loro fonte nella mera opinione del giudice cosicché il relativo giudizio risulti privo della conclusione razionale».

«Tale valutazione non può ritenersi volta alla capillare e frazionata ricerca delle singole, eventuali contraddizioni, pur talvolta esistenti, insite nella narrazione dei fatti accaduti, ma postula una valutazione complessiva del racconto e l'osservanza del principio, di cui all'art. 3 comma 5 lett. e) del d.lgs. n. 251/2007, secondo cui nella valutazione di credibilità, si deve verificare anche se la narrazione «è, in generale, attendibile» con ciò intendendosi attribuire a tale inciso un significato di «globalità, del tutto opposto alla atomizzazione delle circostanze narrate».

«Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del ricorrente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d'origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l'apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell'adozione della decisione, sicché il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente».

«L'art. 8 comma 3 del d.lgs. n. 25/2008, nel prevedere che ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati» deve essere interpretato nel senso che l'obbligo di acquisizione delle informazioni presso gli organi specificamente indicati dalla norma deve essere osservato dal giudice in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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