Rito camerale in Cassazione e deposito di memoria ad opera della parte non costituita
19 Gennaio 2021
Massima
In materia di giudizio di fronte alla Corte di cassazione, dall'art. 375 c.p.c. si evince che la pronuncia in camera di consiglio è dettata non solo per le speciali ipotesi ancora regolate espressamente ai nn. 1, 4 e 5 della stessa norma, ma più in generale «in ogni altro caso, salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto»; il rito che di regola va applicato è appunto quello camerale e non quello della pubblica udienza. L'art. 370 c.p.c. nel disciplinare il controricorso, prevede che, in mancanza della notificazione nel termine da esso stabilito, il controricorrente «non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale perché il processo non devia dal percorso camerale delineato come generale dall'art. 375 c.p.c. (e 380-bis c.p.c.). In tal caso, non vi è ragione perché non operi la preclusione al deposito di memorie stabilito dall'art. 370 c.p.c. Il caso
Nel giudizio in oggetto, parte ricorrente eccepiva nella memoria, con riferimento al controricorso avversario, l'inammissibilità dello stesso - rilevante anche ai fini della liquidazione delle spese di giudizio -, in quanto tardivamente notificato. La soluzione della questione così posta, nel senso dell'accoglimento dell'eccezione, sollecita ancora ai fini delle spese la questione consequenziale in ordine all'ammissibilità della memoria depositata dalla stessa parte in vista della trattazione camerale ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. La questione
Il provvedimento in esame riguarda, per quanto qui interessa, un profilo di ammissibilità della memoria depositata dalla stessa parte in vista della trattazione camerale ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. Nel caso che ci occupa, si verteva in un caso di tardività del controricorso; tal circostanza secondo il Giudice di legittimità rende inammissibili, se la causa sia avviata a decisione camerale, anche le memorie eventualmente depositate dalla parte intimata; in tal senso si è già statuito quanto al caso di mancanza di controricorso (Cass. civ., 28 febbraio 2019, n. 5798) o di valido controricorso (Cass. civ., 18 aprile 2019, n. 10813) o ancora di controricorso tardivamente notificato in ipotesi di trattazione secondo il rito di cui all'art. 380-bis c.p.c. (Cass. civ., 12 dicembre 2019, n. 32724). La sentenza si sofferma in particolare sui profili di diritto transitorio, chiarendo tali conclusioni non possono tuttavia valere se non nei casi in cui il processo di fronte alla Corte sia stato interamente soggetto ab initio alle nuove regole di decisione. Infatti, in seguito al d.l. n. 168/2016, e della l. n. 197/2016, di conversione dello stesso, si è consolidato il principio secondo cui «in tema di rito camerale di legittimità di cui all'art. 1-bis della l. n. 197/2016, che ha convertito, con modificazioni, il d.l. n. 168/2016, applicabile, ai sensi del comma 2 della stessa norma, anche ai ricorsi depositati prima dell'entrata in vigore della legge di conversione per i quali non sia stata ancora fissata l'udienza o l'adunanza in camera di consiglio, alle parti costituitesi tardivamente, nei corrispondenti giudizi, deve essere riconosciuto il diritto di depositare memorie scritte, nel termine di cui all'art. 380-bis comma 1 c.p.c., al fine di evitare disparità di trattamento rispetto ai processi trattati in pubblica udienza ed in attuazione del principio costituzionale del giusto processo, di cui all'art. 111 Cost. oltre che dell'art. 6 CEDU» (Cass. civ., 27 febbraio 2017, n. 4906 e successive conformi). Le soluzioni giuridiche
Il nuovo art. 375 c.p.c. stabilisce che la pronuncia in camera di consiglio è dettata non solo per le speciali ipotesi ancora regolate espressamente ai nn. 1, 4 e 5 della stessa norma, ma più in generale, come chiarisce l'ultimo comma della disposizione in parola, «in ogni altro caso, salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto». Ne deriva quindi che la trattazione «camerale» costituisce il regime processuale normale, mentre la trattazione in pubblica udienza costituisce eccezione; si darà corso a questa modalità di trattazione aperta alla partecipazione dei difensori delle parti e al Pubblico Ministero solo ove ricorra la particolare rilevanza delle questioni di diritto poste. Osservazioni
L'aver condotto il rito di Cassazione nell'alveo quasi esclusivo dei procedimenti in camera di consiglio pone, come è quasi intuitivo, il problema dell'adeguata tutela del diritto di difesa delle parti; pare incontroverso che esso possa, ove generalmente non abbia luogo il contatto con la Corte garantito dall'udienza pubblica, risultare fortemente compresso. La stessa Corte si è espressa sul punto; essa ritiene che la possibilità di redigere difese scritte, con cui compiutamente esplicare le proprie ragioni, risulti in grado di assicurare il rispetto del diritto alla difesa. In particolare, si è affermato che «l'interlocuzione scritta, attraverso la quale viene a configurarsi il contraddittorio nell'ambito del procedimento di cui all'art. 380-bis c.p.c., si mostra come l'esito di un bilanciamento, non irragionevolmente effettuato dal legislatore alla stregua dell'ampia discrezionalità che gli appartiene nella conformazione degli istituti processuali (tra le tante, Corte cost. n. 152/2016), tra le esigenze del diritto di difesa e quelle, del pari costituzionalmente rilevanti, in precedenza evidenziate, di speditezza e concentrazione, in funzione della ragionevole durata del processo e della tutela effettiva da assicurare, anche in tale prospettiva, alle parti interessate dal contenzioso; esigenze, queste, che trovano congruente contestualizzazione nel peculiare assetto strutturale e funzionale del procedimento previsto dalla l. n. 197/2016» (Cass. civ., sez. VI, 10 gennaio 2017, n. 395). Resta fermo che secondo l'art. 370 c.p.c., in mancanza della notificazione nel termine complessivamente di quaranta giorni da esso stabilito, il controricorrente «non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale». In concreto, è però evidente che la discussione orale non ha effettivamente luogo in tutti i casi in cui la causa sarà decisa con rito «camerale» ex art. 375 c.p.c., vale a dire quando non sussistano i requisiti che consentono la trattazione in pubblica udienza. Successivamente, la l. n. 197/2016, al comma 2 dell'art. 1-bis, ha previsto l'applicabilità della relativa disciplina sia ai ricorsi depositati dopo che la legge medesima è entrata in vigore, sia a quelli che, pur essendo stati depositati anteriormente al 30 ottobre 2016, non abbiano ancora ricevuto la fissazione dell'udienza di discussione o dell'adunanza camerale. Rimangono quindi esclusi dal perimetro applicativo della riforma, pertanto, i soli ricorsi caratterizzati da un duplice requisito: deve trattarsi di atti presentati prima del 30 ottobre 2016, ma che, altresì, anteriormente a tale data, abbiano già ricevuto la fissazione dell'udienza di discussione o dell'adunanza camerale. Ritengo corretta - e rispettosa dei principi del giusto processo - la posizione della Corte qui espressa nella sentenza annotata. Bene si è affermato da parte della stessa che «con la novella sopravvenuta ed immediatamente applicabile anche al ricorso già pendente (o depositato, siccome per esso non era stata ancora fissata l'udienza o l'adunanza in camera di consiglio) - evenienza che certo non poteva essere prevista al momento in cui l'intimata ha scelto di non notificare controricorso ma di optare per la linea difensiva di depositare la sola procura notarile fidando sulla giurisprudenza che le avrebbe consentito l'estrinsecazione di quelle minime facoltà difensive -, queste ultime sono state ulteriormente ridotte alla sola interlocuzione scritta della possibilità di depositare memoria ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c. In questo contesto è allora giocoforza riconoscere, al fine di non conculcare del tutto il diritto di difesa della parte e quanto meno nella presente fase transitoria, in cui essa viene a subire una repentina ed imprevista - benchè in sè, ovverosia a regime, perfettamente legittima (Cass. civ., sez. VI, 10 gennaio 2017, n. 395; Cass. civ., ord., 22 febbraio 2017, n. 4541) - riduzione delle modalità di estrinsecazione di quello, quanto meno il diritto appunto ad interloquire, nelle forme ancora consentite e quindi egualmente per iscritto con la memoria anche in (e nonostante il) difetto di previa notifica di alcun controricorso» (ancora Cass. civ., sez. VI, 24 marzo 2017, n. 7701). Si deve quindi concludere prendendo atto di come nel nuovo rito camerale di legittimità «non partecipato», la garanzia del contraddittorio, costituente il nucleo indefettibile del diritto di difesa costituzionalmente tutelato, sia assicurata dalla trattazione scritta della causa, con facoltà delle parti di presentare memorie per illustrare ulteriormente le rispettive ragioni anche in rapporto alla proposta di trattazione camerale del relatore, quale esito di un bilanciamento, non irragionevolmente effettuato dal legislatore nell'ambito del potere di conformazione degli istituti processuali, tra le esigenze del diritto di difesa e quelle, del pari costituzionalmente rilevanti, di speditezza e concentrazione della decisione. E in armonia con tal affermazione, il Protocollo d'Intesa del 15 dicembre 2016 tra Cassazione, C.N.F. e Avvocatura Generale dello Stato, prevede che sia assicurata la citata facoltà alla parte che, per effetto del previsto regime transitorio, sia risultata nell'impossibilità di esercitare il proprio diritto alla difesa, non avendo notificato e depositato correttamente il controricorso. Sotto questo ulteriore profilo, quindi, la conformità a tali previsioni di soft law dell'orientamento della Corte ha l'ulteriore e rilevante pregio di conferire ulteriore importanza a tal gentlemen agreement e definitiva stabilità e certezza al suo contenuto, nei fatti davvero precettivo. |