Clausola risolutiva espressa e risoluzione del contratto di locazione

Redazione scientifica
20 Gennaio 2021

In un contratto di locazione munito della clausola risolutiva espressa, quale disciplina trova applicazione nel momento in cui si verifichi di diritto la risoluzione e il conduttore non liberi l'unità immobiliare da persone e cose?

In un contratto di locazione munito della clausola risolutiva espressa, quale disciplina trova applicazione nel momento in cui si verifichi di diritto la risoluzione e il conduttore non liberi l'unità immobiliare da persone e cose?

In argomento, giova ricordare che ai sensi dell'art. 1456 c.c. i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende avvalersi della clausola risolutiva. Il nostro legislatore ha strutturato detta clausola quale patto accessorio al contratto principale, e ha voluto tutelare l'interesse creditorio del soggetto che deve ricevere una prestazione contrattuale, ma solo in quella misura pattuita col debitore: sono le parti, quindi, che al momento della costruzione del regolamento contrattuale, nella loro rispettiva posizione di naturale e fisiologico contrasto, indicano il limite oltre il quale il debitore dovrà considerarsi inadempiente.

Pertanto, come nel caso di specie, in mancanza di consegna spontanea dell'immobile da parte del conduttore, se un giudizio vi sarà, esso tenderà all'accertamento della già avvenuta risoluzione di diritto e non al suo accertamento in riferimento alla valutazione della gravità dell'inadempimento e dell'importanza per l'altra parte. La differenza tra l'art. 1456 c.c. (che disciplina la clausola risolutiva espressa) e l'art. 1453 c.c. (che disciplina la risolubilità del contratto per inadempimento) è particolarmente incisiva e mostra i suoi effetti più evidenti nell'ambito della fase giudiziale.

Difatti, in tema, i giudici di legittimità hanno precisato che in presenza della pattuizione di una clausola risolutiva espressa, nel caso di inadempimento del conduttore che riguardi il ritardo nel pagamento del canone, il giudice deve dichiarare la risoluzione del contratto omettendo ogni valutazione riguardo alla gravità dell'inadempimento avendo le parti, in ossequio al principio dell'autonomia contrattuale, già effettuato una preventiva valutazione della gravità dell'inadempimento (Cass. civ., sez. VI, ord. 12 novembre 2019, n. 29301. In tal vicenda, la locatrice ha proposto ricorso in Cassazione eccependo che la Corte d'Appello, anziché dare atto dell'inadempimento e ricondurre la fattispecie all'art. 1456 c.c., avrebbe compiuto una erronea sussunzione nella diversa ipotesi prevista all'art. 1455 c.c., che riguarda la risoluzione per grave inadempimento. Nel giudizio di legittimità, la S.C. contestando il ragionamento espresso nel provvedimento impugnato, ha affermato che il giudice deve dichiarare la risoluzione del contratto in presenza di una clausola risolutiva espressa).

Secondo altro orientamento, in un contratto di locazione, la dichiarazione di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa può essere ravvisata anche nell'atto di citazione in giudizio per la risoluzione del contratto o in atti giudiziari equipollenti (Trib. Milano, 13 luglio 2016, n. 9118. In tal vicenda, il giudice ha dichiarato la risoluzione ipso iure del contratto di affitto a seguito dell'inadempimento del conduttore per il mancato pagamento di alcuni canoni e per non aver eseguito i lavori di ristrutturazione, a differenza di quanto previsto nell'accordo con clausola risolutiva).

In conclusione, in tema di contratti, l'azione di accertamento dell'avvenuta risoluzione per effetto di una clausola risolutiva espressa, ex art. 1456 c.c., tende ad una pronuncia dichiarativa, perché implica l'accertamento dell'inadempienza, con la conseguenza che non ha l'idoneità, con riferimento all'art. 282 c.p.c., all'efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato. Pertanto, fino al momento della definitività della sentenza di accertamento, che in quanto tale deve acquisire quel grado di stabilità che si identifica con il giudicato, il rapporto contrattuale permane e, nel caso di contratto di locazione, permane con esso l'obbligo del conduttore di continuare a corrispondere il canone (Trib. Caltanissetta 27 marzo 2019, n. 151). Di conseguenza, se la clausola risolutiva espressa fa “cadere” il contratto locativo, la domanda di restituzione azionata in via subordinata dal proprietario va accolta, trattandosi di azione tesa ad ottenere l'adempimento dell'obbligazione di ritrasferire l'immobile volontariamente trasmesso qualora sopravvengano eventi «fisiologici o patologici» che abbiano reciso il vincolo (Trib. Nocera inferiore, sez. II, 3 aprile 2019, n. 451).