Chiamata in garanzia dell’assicurazione del Condominio e spese giudiziali

21 Gennaio 2021

In applicazione del principio di causalità, l'onere delle spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, va posto a carico della parte soccombente che ne ha provocato la chiamata…

Così ha deciso la Suprema Corte, con ordinanza n. 511/21, dirimendo un caso di risarcimento danni condominiali da infiltrazioni di acque reflue.

La vicenda risale all'anno 2001 e riguarda un appartamento adibito a B&B che veniva allagato da liquidi provenienti dalla fognatura condominiale: i titolari della società, conduttori del bene, citavano in giudizio sia i proprietari dell'immobile che il condominio, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti.
In primo grado intervenivano anche i singoli condomini dello stabile, oltre alla compagnia di assicurazione del condominio e, all'esito dell'istruttoria, il Tribunale partenopeo condannava il condominio al risarcimento del danno e l'assicurazione a tenere quest'ultimo indenne dagli effetti della condanna.
Tra la società istante e i proprietari dell'immobile locato veniva dichiarata la cessata materia del contendere, essendo nelle more intervenuta una transazione.

L'Assicurazione impugnava la sentenza contestando la sussistenza della garanzia assicurativa. Con separato atto di appello, i soci del B&B (società medio tempore cessata e cancellata dal registro delle imprese) chiedevano la riforma della sentenza in merito alla quantificazione del danno. I singoli condomini resistevano ai gravami e la Corte di merito accoglieva l'appello proposto dalla Compagnia, rigettando quello proposto dai soci della società estinta. Per l'effetto condannava i detti soci, i condomini ed il Condominio, al rimborso delle spese del doppio grado di giudizio, in favore dell'assicurazione; sui medesimi soci, inoltre, veniva addossato l'onere della refusione delle spese del giudizio di appello in favore dei condomini.

In merito all'appello proposto dai soci, i giudici di seconde cure dichiaravano questi ultimi privi della titolarità attiva del rapporto dedotto in giudizio, atteso che nel caso di cancellazione volontaria dalla società del registro delle imprese, con la conseguente estinzione della società, deve reputarsi che sia intervenuta rinuncia alle mere pretese azionate o azionabili.

I soci del B&B hanno impugnato la pronuncia innanzi alla Suprema Corte, affidando il ricorso a due motivi di diritto.
Con il primo hanno denunciato la violazione degli artt. 91 c.p.c. e 92 c.p.c., contestando la condanna al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio in favore sia dell'assicurazione che dei condomini. Deducevano, in particolare, che alla luce dell'art. 92 c.p.c., quale modificato dalla l. n. 162/2014, di conversione del d.l. n. 132/2014, i casi di compensazione sono limitati, e tra questi rientra anche quello dell'assoluta novità della «questione trattata». Tale doveva considerarsi la questione relativa alla «posizione dei soci della società cancellata», essendo passati solo pochi mesi dall'intervento delle Sezioni Unite in materia di effetti della cancellazione della società sui rapporti facenti capo alla stessa. Di conseguenza, la Corte partenopea avrebbe dovuto applicare la compensazione delle spese di lite.

Sul punto, i Giudici hanno rilevato l'inammissibilità della doglianza, trattandosi di giudizio instaurato, in primo grado, nell'anno 2001, ed al quale non poteva certamente applicarsi la previsione di cui all'art. 92 c.p.c. sulla compensazione, nella formulazione introdotta dal legislatore nel 2014.

Con il secondo motivo era stata denunciata la violazione dell'art. 91 c.p.c. in relazione all'art. 106 c.p.c., in merito alla condanna in solido dei ricorrenti alla refusione delle spese in favore della terza chiamata. In parziale riforma della pronuncia di primo grado, infatti, la Corte di appello aveva escluso che la Compagnia fosse tenuta a manlevare il Condominio dai danni cagionati alla società. Tuttavia, aveva posto a carico dei ricorrenti anche le spese del giudizio di primo grado, omettendo di considerare che la sentenza di primo grado favorevole alla società, di cui i ricorrenti sono successori, era stata confermata quanto alla condanna del Condominio. Le spese di lite, dunque, andavano poste a carico dei soccombenti (condominio e condomini), posto che, essendo stata ritenuta fondata la domanda dell'attrice, le spese sostenute dalla terza chiamata in garanzia dovevano gravare sulla parte che aveva provveduto alla chiamata stessa.

Tale ragionamento è stato ritenuto fondato dal Supremo Consesso il quale ha affermato che in un caso, come quello di specie, in cui, «pur rivelandosi infondata la domanda attorea, la domanda in primo grado sia stata accolta, seppure in misura inferiore a quanto richiesto», si deve fare applicazione del principio per cui «le spese processuali sostenute dal chiamato in causa debbono essere rifuse (salvo il caso di compensazione integrale) dalla parte soccombente, e quindi da quella che ha azionato una pretesa rivelatasi infondata, ovvero da quella che ha resistito ad una pretesa rivelatasi fondata».

Colui che abbia visto accogliere la propria richiesta, seppure parzialmente, non può, quindi, essere condannato a rimborsare le spese di lite sostenute dal terzo chiamato in garanzia, laddove venga rigettata la domanda di manleva formulata dal convenuto, nei confronti del chiamato.


Il motivo è stato, pertanto, accolto e la Corte ha statuito anche nel merito, non palesandosi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, disponendo che le spese del giudizio di primo grado, liquidate in favore della Compagnia di assicurazione, erano da porre a carico del Condominio e dei singoli condomini, in solido tra loro.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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