Investimenti detenuti in Paese Black List ed omessa compilazione Quadro RW: quali conseguenze?
25 Gennaio 2021
Il contribuente ha ricevuto un avviso di anomalia, riferito al periodo di imposta 2017, con il quale l'Amministrazione finanziaria ha contestato l'omessa dichiarazione di investimenti detenuti in un Paese a fiscalità privilegiata; in particolare, con detto avviso, viene invitato ad effettuare il ravvedimento operoso. Il contribuente chiede quali saranno le conseguenze della comunicazione.
L'avviso di anomalia notificato per l'anno 2017 prevede espressamente che il contribuente possa provvedere a correggere eventuali errori od omissioni mediante il ravvedimento operoso. Pertanto, potrà provvedere a presentare dichiarazione integrativa relativamente al periodo di imposta 2017 con la quale indicherà:
Una delle conseguenze indirette dello scambio di informazioni CRS di cui alla comunicazione di anomalia riguarda la “natura” del capitale rinvenuto all'estero e le sue modalità di provvista; sul punto occorre prendere in considerazionel'art. 12, comma 2, D.L. n. 78/2009, il quale si concentra sugli investimenti e sulle attività di natura finanziaria detenute in Stati inclusi nella black list di cui al D.M. 4 maggio 1999. Ebbene, se per tali investimenti ed attività finanziarie il contribuente italiano non adempie correttamente agli obblighi sul monitoraggio fiscale (cioè non le indica nel quadro RW della propria dichiarazione o non le affida ad un intermediario italiano che si occuperà di adempiere agli obblighi di monitoraggio fiscale), esse si presumono costituite mediante redditi sottratti a tassazione. La norma opera, quindi, una (ri) qualificazione del patrimonio in reddito. È, tuttavia, ammessa la prova contraria, che può, però, rivelarsi proibitiva. Il contribuente deve, infatti, poter dimostrare che le attività e gli investimenti erano già nella sua disponibilità in periodi di imposta precedenti, risalendo nel tempo fino ad individuare il periodo di imposta in cui effettivamente andrebbe imputato il reddito e fermo restando il dover dimostrare che in quel periodo il reddito è stato tassato (oppure che non lo è stato in ottemperanza alle norme tributarie allora vigenti). La presunzione di reddito potrebbe, altresì, far scattare le sanzioni penali per infedele dichiarazione ex art. 4 D.Lgs. n. 74/2000: imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad euro centomila. Ai sensi del comma 2-bis dell'art. 12 del D.L. n. 78/2009, per l'accertamento basato sulla presunzione di cui al comma 2, i termini per l'accertamento di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 600/1973 sono raddoppiati. Ciò significa che fino al periodo di imposta 2015, i termini di accertamento raddoppiati sono di otto anni nel caso di presentazione della dichiarazione e di dieci anni nel caso di dichiarazione omessa. Dal periodo di imposta 2016, i termini di accertamento raddoppiati sono di dieci anni nel caso di presentazione della dichiarazione e di quattordici anni per la dichiarazione non presentata.
Ciò significa che l'ufficio potrebbe notificare un invito a comparire di cui all'art. 5 ter del D.lgs. 218/1997, chiedendo al contribuente con quali modalità e quando si è formato il capitale all'estero. Questo lo potrebbe fare per gli anni 2017 e successivi per i quali ha o avrà l'informazione circa l'esistenza del capitale all'estero; a sommesso avviso della scrivente non sembrerebbe plausibile per gli anni precedenti, proprio perché l'Ufficio non ha l'informazione dell'esistenza del capitale all'estero su cui fondare la pretesa tributaria. In primis, occorre porsi il problema se la regolarizzazione del quadro RW del 2017, intervenuta a seguito dell'avviso di anomalia, consenta di disapplicare la presunzione “di somme derivanti da evasione” di cui al comma 2 dell'art. 12 D.L. n. 78/2009, secondo cui (come già detto) la somma capitale dichiarata, essendo detenuta in un paese a fiscalità privilegiata e non dichiarata nel quadro RW, si presume (salvo prova contraria) realizzata in evasione di imposta. Avendo indicato seppur con dichiarazione integrativa tardiva il capitale detenuto all'estero nel quadro RW riferito al periodo di imposta 2017 pare sostenibile affermare:
Se questa ricostruzione fosse ritenuta corretta e visto che l'Amministrazione finanziaria avrebbe quasi cinque anni da oggi per procedere all'accertamento, allora appare assolutamente rilevante valutare se Lei ha a disposizione documentazione, con la quale sia in grado di dimostrare che la provvista si è formata in anni precedenti al 2017, in modo da ridurre il tempo a disposizione dell'Amministrazione per l'emanazione dell'avviso di accertamento. Considerato ciò allora non resta che individuare gli anni di imposta di riferimento ed i relativi termini di accertamento, considerando che per la fattispecie che ci occupa non si riesce ad evitare il raddoppio dei termini di accertamento di cui all'art. 12, commi 2 e 2 bis, D.L. n. 78/2009:
Questo sta a significare che, attraverso la documentazione in suo possesso o che riesca, comunque, a reperire, Lei deve riuscire a riportare indietro le lancette della detenzione del capitale almeno al 2011 o al 2012, cioè ad anni in cui i termini di accertamento sono scaduti o prossimi a scadere, in modo tale che quand'anche l'Amministrazione finanziaria Le notificasse l'invito a comparire per il 2017 (relativo alla natura e provvista del capitale), potrebbe dimostrare documentalmente in contraddittorio che l'anno a cui è riconducibile l'evasione non è il 2017 (anno ancora accertabile), bensì il 2011 per il quale i termini di accertamento sono scaduti. Considerata la complessità della questione, si rimane a disposizione per ulteriori chiarimenti.
*A favore di questa interpretazione si veda la nota 23) alla circolare 15/7/2015 della Fondazione Nazionale Commercialisti. Contra sembrerebbe, invece, l'Agenzia Entrate Interpello 4/11/2016 n. 9564-62/2016 (citata nel lavoro della Fondazione). |