Liquidazione del compenso del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato risultata vittoriosa

Redazione scientifica
26 Gennaio 2021

Qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente...

Sul tema la Corte di cassazione con la sentenza n. 777/21, depositata il 19 gennaio.

Il Tribunale di Brindisi rigettava l'opposizione proposta avverso il decreto di liquidazione dei compensi a favore di un avvocato, in relazione ad un procedimento civile per il quale era stata ammessa al gratuito patrocinio la parte assistita. Veniva dunque confermata la dimidiazione dei compensi richiesti (dal difensore della parte ammessa a gratuito patrocinio) rispetto a quelli liquidati dalla sentenza a favore della controparte risultata vittoriosa in giudizio. L'avvocato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la subita diminuzione delle spese liquidate rispetto a quelle dovute da parte del soccombente nella causa in cui veniva espletata la difesa in favore dell'ammesso al gratuito patrocinio.

Il ricorso viene rigettato, avendo il Giudice di merito correttamente ritenuto che non vi fosse necessità di equivalenza tra le due somme, in conformità con il consolidato orientamento di legittimità sul punto.
Il Collegio richiama un importante precedente relativo alla regolamentazione delle spese nel processo penale nel quale si affermava che «qualora nell'ambito del giudizio civile risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ex art. 133 del D.p.r. n. 115/2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 103 del medesimo decreto, al fine di evitare che l'eventuale divario possa costituire occasione di ingiusto profitto dello Stato a discapito del soccombente, ovvero, al contrario, di danno erariale».(v. Cass. civ., 16 settembre 2016, n. 18167/16).
Ciò posto, la pronuncia in commento ricorda come la successiva evoluzione giurisprudenziale abbia chiarito la differenza fra meccanismi di liquidazione delle spese nel processo civile e penale. Difatti «in tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato del ex art. 133 del D.p.r. n. 115/2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo D.p.r., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art. 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l'eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità» (v. Cass. civ., 11 settembre 2018, n. 22017/18).

In conclusione, avendo il ricorrente peraltro sottolineato il mutamento giurisprudenziale in punto di coincidenza delle due liquidazioni, principio che in sede civile non trova più applicazione, la Corte non può che rigettare il ricorso.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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