Interesse ad agire e soccombenza virtuale

Miriam Marotta
27 Gennaio 2021

Ai fini dell'accertamento della soccombenza virtuale deve farsi riferimento all'esistenza di un interesse ad agire al tempo in cui è stata proposta l'opposizione, risultando irrilevante il fatto che la stessa sia stata successivamente dichiarata estinta.

È quanto stabilito dalla sesta sezione civile della Corte di cassazione con l'ordinanza n. 1098/21, depositata il 21 gennaio.

Il caso. G.N., creditore della E. S.r.l., sottoponeva a pignoramento ex artt. 543 e ss. c.p.c. le somme da queste dovute da M. e I. in forza di effetti cambiari rilasciati in favore della società esecutata. La E. s.r.l. ha proposto opposizione agli atti esecutivi eccependo che il pignoramento dei titoli di credito dovesse effettuarsi nelle forme di cui all'art. 1997 c.c., anziché del pignoramento presso terzi. La procedura esecutiva veniva dichiarata estinta per omessa iscrizione a ruolo, ai sensi dell'art. 159-ter disp. att. c.p.c. La E. S.r.l. introduceva comunque il giudizio di merito per chiedere la condanna di G.N. al pagamento delle spese processuali secondo il principio della soccombenza virtuale. Il Tribunale di Lecce ha rigettato la domanda affermando che l'opposizione proposta dalla E. S.r.l. era inammissibile in quanto la società non aveva interesse ad agire, atteso che ogni eventuale epilogo dello stesso non avrebbe comportato alcuna conseguenza dannosa nei suoi confronti. Avverso tale sentenza la E. S.r.l. ha proposto ricorso per Cassazione , lamentando di essere stata ritenuta carente di interesse di agire nel proporre opposizione gli atti esecutivi. La Corte di cassazione accoglie il ricorso.

L'opposizione agli atti esecutivi. L'opposizione agli atti esecutivi costituisce lo strumento attraverso il quale il debitore (ovvero il terzo proprietario, ovvero il destinatario di un atto dell'esecuzione), può far valere i vizi relativi allaregolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto, oppure i vizi relativi ai singoli atti del processo esecutivo. Lo scopo dell'azione de qua è quella di effettuare un controllo sulla legittimità formale di un atto del processo esecutivo e determinare l'annullamento dell'atto viziato. Diversa è l'opposizione all'esecuzione (artt. 615 e 616 c.p.c.) che ha ad oggetto la contestazione della ragione d'essere dell'esecuzione, ossia il diritto della parte istante a procedere all'esecuzione.

Interesse ad agire e soccombenza virtuale. Ai sensi dell'art. 100 c.p.c., «per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse». La dottrina prevalente definisce l'interesse ad agire (che, si ricordi, è una condizione dell'azione) quale interesse al conseguimento di un'utilità o di un vantaggio non ottenibile senza l'intervento del giudice. L'interesse deve essere personale, nel senso che il risultato vantaggioso deve riguardare direttamente il soggetto che agisce, attuale, nel senso che deve sussistere al momento in cui si propone la domanda, ed infine, concreto, ovvero deve essere valutato con riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del soggetto che esercita l'azione. In altri termini, chi intende agire in giudizio deve avere un interesse ad ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del magistrato (Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 1998, n. 486). È d'uopo precisare che l'interesse ad agire deve sussistere fino alla pronuncia giudiziale. Ciò significa che ove, nel corso del giudizio, sopravvengano fatti che determinano il venir meno dell'interesse potrà essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.

Nel caso di specie, il Tribunale di merito ha dichiarato inammissibile l'opposizione di agli atti esecutivi di E. S.r.l., ravvisando l'insussistenza di un concreto interesse ad agire, per il fatto che le terze pignorate avevano reso dichiarazione negativa. Ad onor del vero, tale ragionamento non è esente da critiche, atteso che il debitore esecutato ha sempre interesse, ex art. 100 c.p.c., a contestare la regolarità formale di un pignoramento presso terzi, anche nel caso in cui i terzi pignorati abbiano reso dichiarazione negativa. Ne può aver rilievo la circostanza che, una volta proposta l'opposizione, il creditore non abbia iscritto a ruolo il pignoramento. Difatti, la liquidazione delle spese processuali deve farsi sulla base della c.d. soccombenza virtuale, intendendosi per tale la fondatezza delle prospettazioni iniziali delle parti, a prescindere dal fatto sopravvenuto che ha determinato la cessazione della materia del contendere. Ai fini dell'accertamento della soccombenza virtuale deve, cioè, farsi riferimento all'esistenza di un interesse ad agire al tempo in cui è stata proposta l'opposizione, risultando irrilevante il fatto che la stessa sia stata successivamente dichiarata estinta. Per tali ragioni la Corte di cassazione accoglie il ricorso della E. S.r.l.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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