Il giudizio di scarsa credibilità del richiedente non preclude l'esame per il riconoscimento della protezione umanitaria

Delia Perricone
01 Febbraio 2021

La domanda volta all'accertamento dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari deve essere esaminata al fine di verificare se, a prescindere dal giudizio di credibilità delle dichiarazioni del richiedente, sussiste una condizione soggettiva od oggettiva di vulnerabilità, da valutare caso per caso.

Con la sentenza n. 1433/21, depositata il 25 gennaio, la Corte di cassazione – sez. II civile – accoglie il sesto motivo di ricorso proposto dal cittadino bengalese avverso il decreto del Tribunale di Napoli, che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale avanzata in via principale, nonché la subordinata domanda di riconoscimento della protezione umanitaria.

La Suprema Corte ritiene fondato il motivo che concerne il diniego della protezione umanitaria.

Ad avviso del ricorrente, il giudice di primo grado ha rigettato la domanda di protezione umanitaria valutando unicamente i fatti oggetto della richiesta di protezione internazionale e a seguito di un giudizio di non credibilità del richiedente asilo, ritenendo per tanto irrilevante l'integrazione sociale e lavorativa raggiunta dallo stesso nel paese di accoglienza.
La Corte di cassazione accoglie il presente motivo di ricorso, affermando che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie è una misura atipica e residuale, e in quanto tale deve essere frutto di una valutazione autonoma, caso per caso, non potendo conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale. La Corte statuisce cioè che il giudizio di scarsa credibilità dei fatti oggetto della domanda di protezione internazionale, non deve precludere la valutazione di altre circostanze che possono integrare una situazione di vulnerabilità ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, essendo necessario a tal fine comparare le condizioni di vita del richiedente nel paese di origine con il grado di integrazione raggiunto e l'eventuale rischio di compromissione del nucleo ineliminabile dei diritti umani, in caso di rimpatrio forzato ( cfr. Cass. civ., n. 4455/2018; Cass. civ., sez. un., n. 29549/2019).

*fonte:www.dirittoegiustizia.it

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