Adesso un concordato preventivo-straordinario

Antonio Maria Leozappa
01 Febbraio 2021

Alcune riflessioni sulle modifiche alla disciplina concordataria in materia di transazione fiscale e contributiva previste dalla legge 27 novembre 2020, n. 159, di conversione del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125.

Ha grande rilievo sistematico la motivazione con la quale il Legislatore ha ritenuto di dare giustificazione alle modifiche della disciplina concordataria in materia di transazione fiscale e contributiva, previste dalla legge 27 novembre 2020, n. 159, di conversione del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125.

Il comma 1.bis è stato introdotto, all'art. 3 del decreto-legge, “in considerazione della situazione di crisi economica per le imprese determinata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Si noti che il provvedimento, che l'ha recepito è funzionale a fronteggiare le conseguenze dell'emergenza socio-sanitaria e, dunque, non sarebbe stato necessario aggiungere altro, né la tecnica legislativa lo richiedeva, essendo ogni illustrazione affidata alla relazione di accompagnamento.

Facendo riferimento alla “situazione di crisi economica per le imprese”, il Legislatore ha riconosciuto che l'attuale congiuntura configura una crisi di sistema e ha, coerentemente, disposto l'applicazione della nuova disciplina della transazione fiscale e contributiva in favore di tutte le imprese.

E' questo un punto che merita di essere sottolineato perché, finalmente, emerge che è un interesse generale creare le condizioni perché le imprese, che ne hanno le potenzialità, possano superare la crisi, poco importando se questa sia antecedente o sia sorta con il Covid.

E' stata, così, superata l'impostazione per la quale le misure anti-crisi devono essere riservate alle sole imprese entrate in difficoltà con la pandemia, un vero tabù, che ha ingessato sin qui ogni spinta propulsiva ad affrontare la crisi nella prospettiva del sistema. E' necessario, ora, proseguire in questa direzione.

A mio avviso, occorre mettere mano, immediatamente, a quello che rappresenta lo strumento più decisivo per contrastare la crisi: il concordato preventivo.

La vigente disciplina è troppo articolata e, nella prassi operativa, ha tempi troppo dilatati per risultare performante nell'ottica della ripresa del sistema. E' pensata per regolare la crisi dell'imprenditore, che attiva la procedura, secondo le priorità dallo stesso identificate, e non tiene, adeguatamente, conto che la sua instaurazione condiziona (i creditori e) tutti gli stakeholders, che sono costretti ad attenderne - per mesi, se non anni - gli sviluppi.

La sostanziale situazione di stallo, che ne deriva, può essere foriera, nell'attuale congiuntura, di un effetto domino dalle conseguenze imprevedibili.

In questo quadro, appare indispensabile un salto di paradigma (che peraltro non si verificherebbe con la mera anticipazione della disciplina prevista dal Codice della crisi, che è stata elaborata – anch'essa – guardando, soprattutto, alla crisi e agli obiettivi dell'impresa-debitrice).

Occorrerebbe costruire una procedura per le imprese in continuità che si concluda in non più di 4-6 mesi.

A mio avviso, dovrebbe essere assunto a riferimento il modello del concordato dell'amministrazione straordinaria, che rinvia a quello della liquidazione coatta amministrativa/fallimento.

Tra le varie opzioni ipotizzabili per la regolazione di questa forma di concordato preventivo-straordinario provo a indicarne alcune:

- l'attestatore deve essere nominato dal Tribunale;

- il piano deve essere, necessariamente, depositato entro 90 giorni dalla nomina dell'attestatore (one shot);

- l'omologa del Tribunale si baserà sull'attestazione e ai creditori sarà riservata l'opposizione;

- il Commissario giudiziale avrà compiti di vigilanza sulla gestione dell'impresa e sulla esecuzione del piano concordatario.

Se si condivide che la crisi dell'impresa va considerata in un'ottica di sistema, andrebbe, inoltre, valutata la possibilità di funzionalizzare la procedura alla salvaguardia degli interessi generali di più immediato rilievo. Penso, ad esempio, all'interesse a garantire la prosecuzione nella fornitura di prodotti e nell'erogazione di servizi nei settori sensibili, come quello socio-assistenziale, della sanità, dei trasporti, del food, etc., che andrebbe assicurata anche in pregiudizio del ceto creditorio (la pandemia ha evidenziato esigenze con riferimento ai servizi delle imprese che non hanno le dimensioni per accedere all'amministrazione straordinaria); all'interesse al mantenimento, quantomeno tendenziale, dei livelli occupazionali, affatto estraneo alle procedure concorsuali; all'interesse alla salvaguardia degli operatori strategici che risultano coinvolti nella procedura come creditori, che potrebbe essere realizzata aggiornando (e semplificando) l'ordine legale delle preferenze. Andrebbero, poi, limitate tutte le variabili che, a tutela di interessi specifici, possano mettere a repentaglio il perseguimento delle finalità generali.

Indubbiamente, si tratta di uno schema (opinabilissimo) che rivoluziona l'attuale configurazione della procedura concordataria.

Per questo non si tratta di modificarla, ma di potenziarla, affiancando una nuova formula che, in questa fase storica, consenta di definire le condizioni per il recupero immediato della continuità aziendale alla luce del contesto, nel quale l'impresa opera, e degli altri interessi coinvolti.

La crisi che stiamo vivendo ha dimostrato che non tutte le imprese sono uguali (vedi i lockdown differenziati), che nessuna è una monade (vedi le filiere), che la sopravvivenza del sistema può richiedere una graduazione flessibile degli interessi delle categorie coinvolte nella realtà aziendale a seconda del settore, della dimensione e della localizzazione territoriale.

Montesquieu definisce le leggi come “i rapporti necessari che derivano dalle cose” e Cesare Vivante invitava a “scoprire la voce del diritto che viene su dalle cose”.

Anche chi non si riconosce in questa cultura non potrà non convenire che l'esperienza di questi mesi ha dimostrato come l'unico modo per contrastare, efficacemente, la virulenza della pandemia sia quello di confrontarsi con la “realtà effettuale”.

Intervenire su questo o quel profilo della vigente normativa è certamente utile, ma se l'attuale normativa era già stata oggetto di riforma nel Codice della crisi, come si può confidare sulla sua adeguatezza a rispondere ad una crisi che non ha precedenti e che non è più solo della singola impresa ma dell'intero sistema?

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