Lavoro
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Licenziamento collettivo: accordi ex art. 4, comma 11, l. n. 223/91, interpretazione e nullità ex art. 1355 c.c.

01 Febbraio 2021

Licenziamento collettivo: la previsione, nell'accordo sindacale, della facoltà per il lavoratore coinvolto nella procedura di domandare l'adibizione a mansioni inferiore, in alternativa al licenziamento, è vincolante nei confronti del datore ove esercitata dal soggetto interessato?

Licenziamento collettivo: la previsione, nell'accordo sindacale, della facoltà per il lavoratore coinvolto nella procedura di domandare l'adibizione a mansioni inferiore, in alternativa al licenziamento, è vincolante nei confronti del datore ove esercitata dal soggetto interessato?

L'adibizione a mansioni inferiori dei lavoratori coinvolti in una procedura di riduzione del personale rappresenta una possibilità prevista ex lege: l'art. 4, comma 11, l. n. 223/1991 dispone, infatti, che “gli accordi stipulati nel corso delle procedure di cui al presente articolo […] possono stabilire, anche in deroga all'art. 2103 c.c. […] l'assegnazione (dei lavoratori da licenziare) a mansioni diverse da quelle svolte”.

La ratio alla base della soprarichiamata previsione normativa è riscontrabile nell'interesse generale alla salvaguardia dei livelli occupazionali: il demansionamento si pone rispetto al lavoratore come una opzione non vincolante ma alternativa al licenziamento.

Tenuto conto che gli accordi sindacali stipulati nell'ambito di una procedura ex l. n. 223/91 (c.d. contratti di gestione) incidono direttamente sul datore che è obbligato ad applicare i criteri di scelta ivi fissati, qualora le parti abbiano previsto la possibilità per i lavoratori in esubero di domandare l'adibizione a mansioni inferiori, sebbene non possa escludersi un'obbiettiva impossibilità di utilizzazione alternativa pur mediante l'assegnazione a mansioni inferiori, non sembrerebbe possibile riconoscere al datore una incondizionata facoltà di aderire o meno alla richiesta del dipendente che voglia avvalersi della opzione negoziale.

Una diversa interpretazione configurerebbe una subordinazione delle scelte del dipendente ad una condizione meramente potestativa, nulla ex art. 1355 c.c.

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