La tassazione del trust: evoluzione della giurisprudenza

Domenico Chindemi
02 Febbraio 2021

Le circolari dell'Agenzia delle Entrate n. 48/E del 6 agosto 2007 e n. 3/E del 22 gennaio 2008 - che nel loro «combinato disposto» sono nel senso di affermare che gli «effetti segreganti» del trust danno luogo ad un trasferimento dei beni conferiti che deve assoggettarsi a tassazione secondo le regole di cui alla reintrodotta legge sulle successioni e donazioni ex D.Lgs. 31 ottobre 1999 n. 346. E ciò, secondo l'Amministrazione, in ragione dell'art. 2, comma 47 ss., D.L. n. 262 cit. che prevede «l'istituzione» dell'imposta sulle successioni e sulle donazioni anche «sulla costituzione dei vincoli di destinazione» e nei quali si afferma debbono farsi pacificamente rientrare anche i trust «autodichiarati» o di natura diversa.
Orientamento dell'Agenzia delle Entrate

Le circolari dell'Agenzia delle Entrate n. 48/E del 6 agosto 2007 e n. 3/E del 22 gennaio 2008 - che nel loro «combinato disposto» sono nel senso di affermare che gli «effetti segreganti» del trust danno luogo ad un trasferimento dei beni conferiti che deve assoggettarsi a tassazione secondo le regole di cui alla reintrodotta legge sulle successioni e donazioni ex D.Lgs. 31 ottobre 1999 n. 346. E ciò, secondo l'Amministrazione, in ragione dell'art. 2, comma 47 ss., d.l. n. 262 cit. che prevede «l'istituzione» dell'imposta sulle successioni e sulle donazioni anche «sulla costituzione dei vincoli di destinazione» e nei quali si afferma debbono farsi pacificamente rientrare anche i trust «autodichiarati» o di natura diversa.

In assenza di conferimento di beni le stesse circolari n. 48/E e n. 3/E cit. ritengono che il trust debba scontare soltanto l'imposta di registro in misura fissa atteso che in questo caso è mancante qualsiasi trasferimento di ricchezza, con la conseguenza che l'atto di costituzione del trust non accompagnato da alcun conferimento non andrebbe assoggettato all'imposta di successione e donazione proprio perché quest'ultima non è un'imposta d'atto e bensì un'imposta che tassa il trasferimento di ricchezza liberale.

Primi orientamenti della Corte di Cassazione

Con numerose ordinanze la Corte di Cassazione è giunta a diverse conclusioni, ritenendo che l'art. 2, comma 47 ss., D.L. n. 262 cit. abbia istituito un'autonoma generale imposta «sulla costituzione dei vincoli di indisponibilità» la cui disciplina sarebbe stata indicata per relationem nelle regole contenute nel d.lgs. n. 346 cit. «concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni».

Un primo orientamento riteneva che il tributo prescinderebbe dal trasferimento di ricchezza discendente dal conferimento di beni e troverebbe il suo presupposto impositivo nella semplice costituzione di vincoli di “indisponibilità”, includendovi tra questi ultimi il trust (Cass. sez. n. 4482 del 2016; Cass. sez. VI n. 5322 del 2015; Cass. sez. VI n. 3886 del 2015; Cass. sez. VI n. 3737 del 2015; Cass. sez. VI n. 3735 del 2015).

Tale interpretazione è desunta in via letterale dall'art. 2, comma 47, dl. n. 262 cit. laddove si stabilisce che è «istituita l'imposta sulle successioni e donazioni» tra l'altro anche «sulla costituzione dei vincoli di destinazione» secondo quelle che erano già le disposizioni dell'abrogato D.Lgs. n. 346 cit. e che sarebbe da leggersi nel senso che oltre alla reintroduzione dell'imposta sulle liberalità sarebbe stata anche ex novo introdotta una nuova autonoma generale imposta «sulla costituzione dei vincoli di destinazione» ed entrambe disciplinate mediante rinvio alle norme di cui al D.Lgs. n. 346 cit., che, prima della sua abrogazione, dettava esclusivamente la disciplina fiscale sulle successioni e sulle donazioni.

Tuttavia, neanche il dato letterale autorizza una tale conclusione, giacché ex art. 12, comma 1, prel. «il significato proprio delle parole secondo la connessione di esse» è proprio invece nel diverso senso che l'unica imposta espressamente istituita è stata la reintrodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale per ulteriore espressa disposizione debbono andare anche assoggettati i «vincoli di destinazione», con la scontata conseguenza che il presupposto dell'imposta rimane quello stabilito dall'art. 1 D.lgs. n. 346 cit. del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari.

L'art. 2, comma 47 ss., D.L. n. 262 cit. esprime l'intenzione del legislatore di evitare che un'interpretazione restrittiva della nuova legge sulle successioni e donazioni disciplinata mediante richiamo al già abrogato D.lgs. n. 346 cit. potesse dar luogo a nessuna imposizione anche in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari quando lo stesso fosse stato collocato all'interno di una fattispecie di «recente» introduzione come quella dei «vincoli di destinazione», non presa considerazione dal vecchio D.lgs n. 346.

Trattasi di interpretazione costituzionalmente orientata in quanto l'art. 53 Cost. non consente di imporre un'imposta senza relazione alcuna con un'idonea capacità contributiva, a meno che non sia un'imposta d'atto come quella di registro.

Anche a voler riconoscere che "nell'ambito concettuale dei 'vincoli di destinazione' devono essere ricondotti non solo gli 'atti di destinazione' di cui all'art. 2645-ter c.c., ma qualunque fattispecie prevista dall'ordinamento tesa alla costituzione di patrimoni vincolati ad uno scopo (...)" (Cass. n. 1131 del 2019 cit.), tale inclusione, tuttavia, non giustifica l'imposizione del trust, nell'ottica di un'interpretazione costituzionalmente orientata in ordine alla non ravvisabilità in esso di forza economica e capacità contributiva ex art.53 Cost.. La tesi della "nuova imposta" gravante sul vincolo di destinazione, assunto quale autonomo e sufficiente presupposto, non dà adeguatamente conto del fatto che la sola apposizione del vincolo non comporta, di per sé, incremento patrimoniale significativo di un reale trasferimento di ricchezza.

Altro orientamento ritiene che l'atto con il quale il disponente vincoli propri beni al perseguimento della finalità di rafforzare una generica garanzia patrimoniale già prestata, nella qualità di fideiussore, in favore di alcuni istituti bancari, pur non determinando il trasferimento di beni ad un beneficiario e l'arricchimento di quest'ultimo, nondimeno è fonte di costituzione di un vincolo di destinazione, sicché resta assoggettato all'imposta prevista dall'art. 2, comma 47, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 23 novembre 2006, n. 286, la quale - accomunata per assonanza alla gratuità delle attribuzioni liberali - a differenza delle imposte di successione e donazione, che gravano sui trasferimenti di beni e diritti "a causa" della costituzione dei vincoli di destinazione, è istituita direttamente, ed in sé, sulla costituzione del vincolo (Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 3735 del 24/02/2015).

Non manca, poi, chi sostiene che mediante il "trust" si costituirebbe un vincolo di destinazione idoneo a produrre un effetto traslativo in favore del "trustee", sebbene funzionale al successivo ed eventuale trasferimento della proprietà dei beni vincolati ai soggetti beneficiari, che dovrebbe essere assoggettato all'imposta sulle successioni e donazioni, facendo emergere la potenziale capacità economica, ex art. 53 Cost., del destinatario del trasferimento.

In applicazione di tale principio si è ritenuto assoggettato a detta imposta, in luogo di quella di registro, un "trust" finalizzato alla liquidazione di beni nell'interesse dei creditori (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13626 del 30/05/2018)

Va, al riguardo, evidenziato che, tra le pronunce che hanno avallato l'orientamento maggiormente rigoroso, solo una (la n. 21614/2016) ha analizzato una fattispecie soggetta ratione temporis all'art. 2 del d.l. n. 262 del 2006 (applicabile solo a decorrere dal 3 ottobre 2006), conv. in I. n. 286 del 2006 (avendo ad oggetto un trust autodichiarativo del 17.12.2012), laddove le altre due pronunce si riferiscono ad atti del 2003.

Orientamento prevalente della Corte di Cassazione

Secondo l'indirizzo, prevalente, della Corte di Cassazione il trasferimento del bene dal settlor al trustee avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l'attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del trust, sicchè detto atto sarebbe soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all'imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 975 del 17/01/2018).

La forma più comune di trust è quello «autodichiarato», connotato dalla coincidenza tra disponente e trustee, che costituisce una forma di donazione indiretta, nel senso che per suo mezzo il disponente provvederà a beneficiare i suoi discendenti non direttamente, bensì a mezzo del trustee in esecuzione di un diverso programma negoziale (Cass. sez. trib. n. 25478/ 2018)

Ove la figura del disponente e del trustee coincidono, in cui vi è anche la possibilità che il beneficiario finale si identifichi con il disponente stesso, manca il presupposto impositivo del reale arricchimento effettuato attraverso un effettivo trasferimento di beni e diritti. Con tale tipo di trust il disponente provvederà a beneficiare i suoi discendenti o anche sé stesso, se ancora in vita al momento della scadenza (cfr. Cass n. 21614/2018 cit; Cass. nn. 16704, 16705, 19319, 22755, 22754 del 2019).

Nonostante la mancanza di un trasferimento patrimoniale intersoggettivo con funzione di dotazione emerge sia la volontà di segregazione, sia quella di destinazione. Anzi, è proprio la mancanza del trasferimento patrimoniale intersoggettivo a rendere, in tal caso, ancor più evidente e radicale l'incongruenza dell'applicazione dell'imposta proporzionale sull'atto istitutivo e su quello di apposizione del vincolo all'interno di un patrimonio che rimane in capo allo stesso soggetto (applicazione già esclusa, nel trust autodichiarato, da Cass.n. 21614 del 2016 e da Cass. n.22756/2019).

In particolare, in tema d'imposta ipotecaria e catastale, l'istituzione di un "trust" cd. "autodichiarato", con conferimento di immobili per una durata predeterminata o fino alla morte del disponente, i cui beneficiari siano i discendenti di quest'ultimo, sarebbe riconducibile alla donazione indiretta e sarebbe soggetto all'imposta in misura fissa, atteso che la "segregazione", quale effetto naturale del vincolo di destinazione, non comporta alcun reale trasferimento o arricchimento, che si realizzano solo a favore dei beneficiari, successivamente tenuti al pagamento dell'imposta in misura proporzionale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21614 del 26/10/2016).

Una prima questione è accertare se esso rientri nell'ambito dei 'vincoli di destinazione' che il comma 47 dell'art. 2 citato prende in considerazione, in alternativa ai trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito, ai fini della sottoposizione all'imposta sulle successioni e donazioni.

La costituzione del trust - come è normale che avvenga per «i vincoli di destinazione» - produce soltanto efficacia «segregante» i beni eventualmente in esso conferiti e questo sia perché degli stessi il trustee non è proprietario bensì amministratore e sia perché i beni non possono che essere trasferiti ai beneficiari in esecuzione del programma negoziale stabilito per la donazione indiretta (artt. 2 e 11 Convenzione de L'Aja del 1° luglio 1985, recepita in I. 16 ottobre 1989 n. 364).

Quindi il conferimento di beni nel trust non dà luogo a un trasferimento imponibile che sarebbe contrario al programma negoziale di donazione indiretta per cui è stato predisposto e che prevede la temporanea preservazione del patrimonio a mezzo della sua «segregazione» fino al trasferimento vero e proprio a favore dei beneficiari.

Per l'applicazione dell'imposta sulle successioni e sulle donazioni manca quindi il presupposto impositivo della liberalità alla quale può dar luogo soltanto un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti (art. 1 d.lgs. n. 346 cit.).

Si è affermato che: "Il trasferimento del bene dal "settlor" al "trustee" avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l'attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del "trust": detto atto, pertanto, è soggetto a tassazione in misura fissa, sia per quanto attiene all'imposta di registro che alle imposte ipotecaria e catastale".(Cass. n. 975 del 2018 e Cass. n.22756/2019) La strumentalità dell'atto istitutivo e di dotazione del trust ne giustifica, nei termini indicati, la fiscale neutralità, ferma restando l'indubbia discrezionalità del legislatore nell'individuare i presupposti impositivi, quest'ultima deve pur sempre muoversi in un ambito di ragionevolezza e di non arbitrio (Corte Cost. n. 4 del 1954 e n. 83 del 2015), posto che la capacità contributiva in ragione della quale il contribuente è chiamato a concorrere alle pubbliche spese "esige l'oggettivo e ragionevole collegamento del tributo ad un effettivo indice di ricchezza" (C.Cost. n. 394 del 2008).

Tale indice non prende consistenza prima che il trust abbia attuato la propria funzione in quanto l'apposizione del vincolo, in quanto tale, determina per il disponente l'utilità rappresentata dalla separatezza dei beni (limitativa della regola generale di cui all'art. 2740 c.c.) in vista del conseguimento di un determinato risultato di ordine patrimoniale che costituisce lo stesso fondamento causale del trust.

Tale utilità non concreta, di per sé, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al disponente e nemmeno al trustee, che si attua - 'se' e 'quando' il trust diventi efficace in capo al beneficiario finale. Prima di questo momento, l'utilità, insita nell'apposizione del vincolo, si risolve, infatti, dal lato del conferente, in una autorestrizione del potere di disposizione mediante segregazione e, dal lato del trustee, in un'attribuzione patrimoniale meramente formale, transitoria, vincolata e strumentale.

Non è, quindi, individuabile, nella costituzione del vincolo, un autonomo presupposto di imposta e ciò vale anche ad escludere che l'atto istitutivo del trust e quelli di dotazione/provvista del medesimo siano alternativamente assoggettabili all'imposta sulle donazioni, mancandone gli elementi costitutivi rappresentati, sia dalla liberalità, sia dal concreto arricchimento mediante effettivo trasferimento di beni e diritti, secondo quanto evincibile dall'art. 1 TU n. 346 del 1990 cit. 13.

Occorre, peraltro, anche considerare il trust è istituto multiforme e anche su tale aspetto i giudici di legittimità sono pervenuti ad una soluzione estensibile a tutte le diverse forme di manifestazione. (Cass. n. 1131 del 2019 cit.) In ogni tipologia di trust, dunque, l'imposta proporzionale non andrà anticipata né all'atto istitutivo, né a quello di dotazione, bensì riferita a quello di sua attuazione e compimento mediante trasferimento finale del bene al beneficiario. Si tratta di conclusione che può ricondurre ad unità anche quegli indirizzi che, pur condivisibilmente discostandosi dall'originaria posizione interpretativa (Cass. nn. 3735, 3737, 3886, 5322 del 2015 cit.) hanno tuttavia ritenuto di dover mantenere dei distinguo in relazione a fattispecie di trust reputate peculiari ed in qualche modo divergenti dal paradigma convenzionale. Così avviene quando (Cass. n. 31445 del 2018; n. 31446 del 2018; n. 734 del 2019) si attribuisce rilevanza dirimente al fatto che il beneficiario sia designato già con l'atto istitutivo del trust, in modo da denotare 'sin da subito' la sussistenza nel disponente della volontà di trasferire a questi il bene in dotazione, con conseguente applicazione immediata dell'imposta proporzionale. Diversamente l'imposta dovrebbe essere applicata in misura fissa nella differente ipotesi di mancata designazione del beneficiario nell'atto istitutivo.

Al riguardo si è osservato: "Tuttavia, ciò non esclude tout court che in alcune fattispecie sia possibile valutare sin da subito se il disponente abbia avuto la volontà effettiva di realizzare, sia pure per il tramite del trustee, un trasferimento dei diritti in favore di terzo. (...) È chiaro, infatti, che, allorquando il beneficiario sia unico e ben individuato (determinando, nel caso di specie, in assenza di rapporti di parentela con la disponente, 16 l'applicazione dell'aliquota massima dell'8°/0) ed il negozio costitutivo non preveda, neppure in via subordinata, il ritorno dei beni in capo al settlor, l'operazione dismissiva evidenzi, in assenza di provati intenti elusivi, una reale volontà di trasferimento, con la conseguente applicabilità immediata dell'aliquota di volta in volta prevista". (Cass. n. 31445 del 2018 cit.)

Tuttavia, il fatto che il beneficiario sia individuato fin dall'atto istitutivo non comporta, di per sé, necessaria deviazione dal tipo negoziale del trust e, soprattutto, non pare giustificare l'immediata tassazione proporzionale, dal momento che la sola designazione, per quanto contestuale e palese (c.d. trust 'trasparente'), non equivale in alcun modo a trasferimento immediato e definitivo del bene, con quanto ne consegue in ordine all'applicazione dei già richiamati principi impositivi. Anche questa fattispecie può dunque rientrare nel delineato sistema di imposizione proporzionale eventuale e differita.

È stato anche individuato nel trust liquidatorio solvendi causa un effetto traslativo immediato (con conseguente applicazione dell'imposta di donazione) nella volontà del disponente di realmente attribuire all'attuatore la proprietà dei beni, in modo tale che il vincolo di destinazione debba ritenersi "idoneo a produrre un effetto traslativo funzionale al (successivo ed eventuale) trasferimento della proprietà dei medesimi beni vincolati a favore di soggetti beneficiari diversi dal soggetto disponente senza alcun effetto di segregazione del bene, prevedendosi che: "Il "trust" mediante il quale si costituisce un vincolo di destinazione idoneo a produrre un effetto traslativo in favore del "trustee", sebbene funzionale al successivo ed eventuale trasferimento della proprietà dei beni vincolati ai soggetti beneficiari, deve essere assoggettato all'imposta sulle successioni e donazioni, facendo emergere la potenziale capacità economica, ex art. 53 Cost., del destinatario del trasferimento", osservando quindi che: "nella specie i contraenti vollero il reale trasferimento delle quote e dei relativi diritti al trustee, sia pure ai fini della liquidazione e quindi il reale arricchimento del beneficiario. È quindi corretta l'applicazione dell'imposta nella misura del/'8% prevista dalla lett. c) del comma 49 del D.L. n. 262 del 2006 che sottopone all'imposta di donazione la costituzione di vincoli di destinazione con beni devoluti a soggetti diversi da quelli previsti nelle lettere a), a bis) e b)". "(Cass. n. 13626 del 2018).

Anche se non si dubita della effettività del trasferimento al trustee dei beni da liquidare ciò non esclude che, anche in tal caso, sia connaturato al trust che tale trasferimento sia mero veicolo tanto dell'effetto di segregazione quanto di quello di destinazione. Ancora una volta, dunque, si tratterà di individuare e tassare gli atti traslativi propriamente detti (che sono quelli di liquidazione del patrimonio immobiliare di cui il trust sia stato dotato), non potendo assurgere ad espressione di ricchezza imponibile, né l'assegnazione-dotazione di taluni beni alla liquidazione del trustee in funzione solutoria e nemmeno, in tal caso, la ripartizione del ricavato ai beneficiari a dovuta soddisfazione dei loro crediti.

Qualora, peraltro, sia davvero individuabile un effetto traslativo immediato, perché realizzato in via diretta e senza alcuna volontà di segregazione/destinazione, non si ravviserebbe in concreto la causa negoziale di trust dovendosi qualificare diversamente l'atto secondo intrinseca natura ed effetti giuridici.

In conclusione

Alla luce delle considerazioni espresse deve affermarsi che: la costituzione del vincolo di destinazione di cui all'art. 2, comma 47, D.L. n. 262/2006, conv. in I. n. 286 del 2006, non integra autonomo e sufficiente presupposto di una nuova imposta, in aggiunta a quella di successione e di donazione.

Per l'applicazione dell'imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale; nel trust di cui alla L. n. 364 del 1989, di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell' Aja 1° luglio 1985, un trasferimento così imponibile non è riscontrabile, né nell'atto istitutivo, né nell'atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee - in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione - ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo.

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