L’obbligatorietà della costituzione telematica in giudizio (PTT)

Luigia Caputo
04 Febbraio 2021

La data del 1° luglio 2019 segna uno spartiacque per l'applicazione del rito tributario telematico in luogo di quello cartaceo. Inoltre, la digitalizzazione del contenzioso tributario, almeno con riguardo alla notifica e al deposito degli atti in Commissione tributaria, trova con la legislazione recente il suo compimento su tutto il territorio nazionale e si avvia verso un notevole perfezionamento in vista della realizzazione di nuovi obiettivi. Il riferimento è al recente svolgimento dell'udienza attraverso collegamento da remoto (decreto direttoriale dell'11 novembre 2020) e all'imminente informatizzazione del provvedimento giurisdizionale (decreto direttoriale del 6 novembre 2020).
Introduzione

La data del 1° luglio 2019 segna uno spartiacque per l'applicazione del rito tributario telematico in luogo di quello cartaceo, nonché il definitivo superamento della fase di transizione caratterizzata dall'alternatività tra le due diverse modalità. Infatti, con l'art. 16 comma 5 del d.l. n. 119/2018, è stata prevista l'obbligatorietà delle modalità telematiche per i giudizi di primo e di secondo grado, instaurati con ricorsi/appelli notificati proprio dal 1° luglio 2019.

La digitalizzazione del contenzioso tributario, almeno con riguardo alla notifica e al deposito degli atti in Commissione tributaria, trova così il suo compimento su tutto il territorio nazionale e si avvia verso un notevole perfezionamento in vista della realizzazione di nuovi obiettivi. Il riferimento è al recente svolgimento dell'udienza attraverso collegamento da remoto (decreto direttoriale dell'11 novembre 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 285 del 16 novembre 2020) e all'imminente informatizzazione del provvedimento giurisdizionale (c.d. PGD, decreto direttoriale del 6 novembre 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 283 del 13 novembre 2020).

Il progetto volto a rendere operativo il processo tributario telematico (PTT), così com'è avvenuto per altre giurisdizioni, è stato avviato con il d.l. n. 98/2011, convertito dalla l. n. 111/20111, divenuto operativo con la pubblicazione del Regolamento del Ministro dell'Economia e delle Finanze n. 163/2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 febbraio 2014, n. 37, contenente le modalità di utilizzo degli strumenti informatici nel giudizio tributario. Proprio in attuazione degli artt. 3, comma 3, e 20 comma 1, del summenzionato decreto è stato successivamente emanato il primo c.d. “allegato tecnico”, con decreto del Direttore generale delle finanze del 4 agosto 2015 (di seguito decreto direttoriale), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 agosto 2015, n. 184 che disciplina la notifica e il deposito di atti e documenti processuali.

Il quadro normativo di riferimento conferma l'intenzione del legislatore di evitare brusche fratture ‒ prevedendo, nelle prime fasi, una generale facoltatività mista ad ipotesi eccezionali di obbligatorietà ‒ nel delicato passaggio dal rito cartaceo ad un procedimento giurisdizionale completamente digitalizzato. Ciò è evidente nella prima formulazione dell'art. 16-bis del d.lgs. n. 546/1992, in cui si mantiene la libera facoltatività delle parti di far ricorso o meno alla modalità di trasmissione telematica senza, tuttavia, chiarire gli effetti consequenziali di una eventuale "sovrapposizione" fra le due procedure, telematica e cartacea e la cui risoluzione è stata poi rimessa alla giurisprudenza di merito. La stessa riformulazione dell'art. 16-bis del d.lgs. n. 546/92, avutasi con l'art. 16 del d.l. n. 119/2018 (convertito nella l. n. 136/2018), si è limitata ad introdurre, al comma 3, l'obbligatorietà delle notifiche e dei depositi degli atti processuali, dei documenti e dei provvedimenti giurisdizionali esclusivamente in modalità telematiche per "le parti, i consulenti e gli organi tecnici indicati nell'art. 7 comma 2 […]", non mancando di prevedere ipotesi d'eccezionalità, senza, tuttavia, stabilire effetti o sanzioni connesse al mancato o irregolare utilizzo delle stesse.

L'obbligo delle modalità telematiche nel processo tributario: eccezioni e normativa emergenziale

L'obbligatorietà delle modalità telematiche, sancita dal citato comma 3 del novellato art. 16-bis del d.lgs. n. 546/92, trova nel successivo comma 3-bis una prima deroga. Difatti, la norma prevede che tali disposizioni non si applicano «ai soggetti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica» nelle cause di valore inferiore ai tremila euro. In tale ipotesi, dunque, le notifiche sono eseguite ai sensi dell'art. 16 del d. Lgs. n. 546/92 mentre, resta ferma, per il contribuente che si difende direttamente, l'opzione telematica; in tal caso egli dovrà indicare nel ricorso o nel primo atto difensivo l'indirizzo PEC al quale intende ricevere le comunicazioni e le notificazioni.

Dal combinato disposto dei commi 1, 2 e 9 dell'art. 12 e dell'art. 16-bis, commi 3 e 3- bis,del d.lgs. n. 546/1992 discende che sono sempre obbligati alla notifica e al deposito telematico degli atti e documenti: l'ente impositore e gli enti della riscossione; il difensore abilitato all'assistenza tecnica in possesso del mandato rilasciato dal contribuente; il difensore abilitato all'assistenza tecnica che sta in giudizio personalmente. Anche nei confronti di questi soggetti, le notifiche continuano ad esser eseguite ai sensi dell'art. 16 del d. lgs. n. 546/92 nei casi:

  • di mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o della parte;
  • qualora l'indirizzo PEC non sia rinvenibile nei pubblici elenchi;
  • e, infine, nell'ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario (art. 16-bis comma 2 del d. lgs. n. 546/92).

Il deposito cartaceo degli atti resta configurato quale ipotesi del tutto marginale anche per documenti voluminosi o non riproducibili ovvero in caso di mancato funzionamento del sistema informatico.

Inoltre, com'è noto, per le controversie avviate prima del 1° luglio 2019, l'opzione digitale non era obbligatoria né per il ricorrente né per il resistente, rimanendo salva la possibilità di avvalersi della notifica e del deposito di atti in formato analogico, ossia ricorsi/appelli cartacei. Erano, dunque, percorribili entrambe le strade, quella tradizionale e quella digitale, persistendo tuttavia l'obbligo per chi scegliesse lo strumento elettronico, di non modificare detta scelta sino alla conclusione della causa in appello. Infatti, l'art. 2 comma 3 del regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze del 23 dicembre 2013, n. 163, in base al quale «la parte che abbia utilizzato in primo grado le modalità telematiche di cui al presente regolamento è tenuta ad utilizzare le medesime modalità per l'intero grado del giudizio nonché per l'appello, salvo sostituzione del difensore». La scelta fatta dalla parte o dal suo difensore è, pertanto, vincolante anche nel secondo grado di giudizio salvo non vi sia sostituzione del difensore.

Su tali previsioni, riguardanti l'ambito di operatività temporale del regime di obbligatorietà del telematico (vale a dire limitata agli atti introduttivi notificati dal primo luglio 2019), hanno inciso in maniera rilevante le modifiche apportate dalla normativa emergenziale, riguardante il contenimento dell'evento pandemico Covid-19, in materia giustizia tributaria digitale. In particolare, con l'art. 29 comma 1 del d.l. n. 23/2020 (“Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”), convertito con modificazioni dalla l. n. 40/2020,è stato disposto che, nell'ambito del contenzioso tributario, "gli enti impositori, gli agenti di riscossione e i soggetti iscritti nell'albo di cui all'art. 53 del d.lgs. n. 446/97, nonché le parti assistite da un difensore abilitato che si sono costituiti in giudizio con modalità analogiche, sono tenuti a notificare e depositare ogni atto processuale successivo alla costituzione in giudizio esclusivamente con le modalità telematiche previste del d.m. n. 163/2013 e successivi decreti attuativi". La norma, allo scopo di agevolare la digitalizzazione di tutti gli atti giudiziari prevede che, anche qualora la controversia sia stata instaurata dalle parti con modalità cartacee, sussista l'obbligo per le stesse di depositare gli atti successivi attraverso il PTT.

Al riguardo, tuttavia, occorre precisare che, seppur per la sola ipotesi tipicizzata, la non obbligatorietà della costituzione telematica in giudizio nel processo tributario sembra destinata a rimanere tale anche in fase emergenziale e nel futuro, tenuto conto che trattasi di un giudizio in cui l'assistenza è obbligatoria soltanto per le controversie con valore superiore ai tremila euro (art. 12 del d.lgs. n. 546/1992). Ne deriva che nelle controversie di modico valore il contribuente può difendersi personalmente e, pertanto, non essendo tenuto per legge a dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata e di una firma digitale, non potrà che difendersi utilizzando le tradizionali modalità di formazione (atti e documenti analogici) e trasmissione (a mani o a mezzo posta) degli atti e documenti processuali.

Costituzione in giudizio telematica del ricorrente e del resistente

L'obbligatorietà della notifica e del deposito degli atti del processo tributario con modalità telematiche sancita dal 1° luglio 2019 impone la costituzione in giudizio telematica sia per il ricorrente sia per il resistente, tramite l'accesso al Portale della Giustizia tributaria (www.giustiziatributaria.gov.it) all'interno del quale, una volta ottenute le credenziali, possono essere depositati gli atti digitali.

Il portale è accessibile anche alle parti che si difendono personalmente, le quali possono utilizzare il canale telematico indicando nel primo atto difensivo un indirizzo di posta elettronica certificata, anche non presente nei pubblici elenchi, per ricevere le comunicazioni e le notifiche.

Una puntuale disamina della modalità telematiche di notifica e deposito degli atti del processo tributario in parola è contenuta nella circolare n. 1/DF del 4 luglio 2019 alla cui proficua lettura si rimanda. Recentemente, data la fase emergenziale ancora in atto, l'obbligo di notifica e deposito telematico è stato esteso anche agli atti endoprocessuali (memorie, deposito documenti ecc.) e ai provvedimenti giurisdizionali relativi a giudizi instaurati con modalità cartacee (art. 29 del d.l. n. 23/2020). Tale obbligo, a bene precisare, riguarda i professionisti e gli enti impositori mentre, come già evidenziato, per i soggetti non muniti di assistenza tecnica il deposito telematico degli atti successivi si configura quale mera facoltà.

A differenza del processo civile, dove sia la notifica che il deposito in giudizio avvengono a mezzo posta elettronica certificata (PEC), nel PTT, se la notifica tra le parti avviene a mezzo PEC, la costituzione in giudizio avviene attraverso trasmissione degli atti e documenti processuali ad un sistema centralizzato, con upload dei file.

La costituzione in giudizio telematica, nel processo tributario, non comporta l'utilizzo di uno specifico programma informatico per la trasmissione e l'iscrizione a ruolo dei ricorsi. Si tratta di un notevole snellimento della procedura che evita decisioni connesse all'acquisizione o meno degli atti digitali al personale di Segreteria delle Commissioni tributarie.

Una volta acquisite le credenziali si accede agevolmente alla piattaforma informatica all'interno della quale vengono compilati una serie di Tab con i dati relativi al ricorso o all'atto che si intende depositare; in poco tempo si ottiene l'iscrizione al ruolo del ricorso o la ricevuta di deposito nel caso si tratti della controdeduzione o di atti successivi.

Numerosi sono, infatti, i benefici rinvenibili nei servizi online:

  • risparmio sui costi per la gestione del procedimento sia per il back che per il front office;
  • immediata disponibilità della documentazione;
  • gestione comoda e sicura della trasmissione dei dati;
  • dati in formato digitale disponibili in ogni momento;
  • possibilità di accesso dell'operatore, con password dedicata, ad un'area riservata senza necessità di trasmissione via PEC ma solo caricando (upload) i file contenenti i documenti con una diagnostica in tempo reale;
  • gratuità del servizio.

Diversamente, i software di gestione della PEC vengono installati e utilizzati sui personal computer che gli utenti usano normalmente e sono dunque, nella maggior parte dei casi, esposti al rischio derivante da spyware e malware.

Fatta questa breve premessa sulla scelta tecnologica adottata, bisogna sottolineare che il vero e proprio motore del processo tributario telematico è l'anzidetto portale della giustizia tributaria, composto da una «area pubblica» e da una «area riservata».

L'area pubblica contiene le pagine web e i servizi del portale ad accesso libero; in essa sono disponibili:

  • le informazioni generali sui servizi fruibili;
  • il servizio di registrazione al S.I.Gi.T. (sistema informativo della giustizia tributaria);
  • il manuale operativo, con l'indicazione delle istruzioni per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario;
  • il calcolo del contributo unificato in base al valore della controversia.

L'area riservata contiene invece le pagine web e i servizi disponibili del S.I.Gi.T., accessibili previa registrazione informatica ai sensi degli artt. 64 e 65 del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'Amministrazione Digitale).

E 'presente anche la funzione di verifica dei formati tramite i “Servizi di verifica e conversione file tif e pdf”.

Inoltre mediante la funzione “Completamento e interrogazione” è possibile copiare i dati di un precedente deposito o completare un deposito che non si è riuscito a terminare con la trasmissione degli atti. Nel primo caso il sistema ripropone i Tab già compilati; effettuate le modifiche da apportare per il nuovo deposito si potrà procedere al caricamento del ricorso e degli allegati.

La costituzione in giudizio della parte ricorrente e resistente è disciplinata principalmente dall'art. 7 del decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze del 23 dicembre 2013, n. 163 recante la disciplina dell'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario e dagli artt. 7, 8 e 10 del decreto direttoriale 4 agosto 2015, ovvero le specifiche tecniche previste dall'articolo 3, comma 3, del regolamento recante la disciplina dell'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario.

Venendo, dunque, alle concrete modalità di costituzione nel giudizio tributario, quella del ricorrente avviene con il deposito telematico dell'atto introduttivo, accedendo al S.I.Gi.T. e compilando correttamente le schermate presenti nel sistema con le medesime informazioni contenute nella nota di iscrizione a ruolo (NIR) cartacea. In questo modo sono indicati il tipo di procedimento giurisdizionale attivato, la Commissione tributaria adita e tutti gli altri dati utili ai fini della controversia tributaria (parti processuali, difensori, atto o sentenza impugnata, domicilio digitale eletto, ecc…). Inoltre, l'inserimento dell'indirizzo PEC valevole per le comunicazioni e le notificazioni equivale all'indicazione del domicilio digitale eletto.

A seguito della corretta compilazione delle suddette schermate il sistema richiede l'allegazione di distinti file riguardanti rispettivamente l'atto principale e i documenti ad esso allegati, entrambi firmati digitalmente. Durante l'upload degli allegati al ricorso il sistema richiede la tipizzazione degli atti in base ad una tabella presente nel sistema. E' importante che la denominazione dei file da depositare sia il più vicino possibile alla tipologia di atti presente nella citata tabella. Nel caso in cui non si rinvenga la tipologia corretta per l'allegato da depositare è possibile utilizzare la voce “Altra documentazione” inserendo una descrizione sintetica dello stesso. Soltanto dopo che si sono tipizzati tutti gli allegati sarà possibile procedere al caricamento dei relativi file.

Una volta effettuata la corretta compilazione delle informazioni contenute nelle schermate dell'applicativo in esame e allegati singolarmente i file degli atti e documenti, il S.I.Gi.T. rilascia in modo sincrono un numero di ricevuta di accettazione che viene anche inviata all'indirizzo di PEC del soggetto abilitato al deposito. Dopo una successiva fase di verifica e controllo del ricorso e degli allegati, il S.I.Gi.T. provvede all'iscrizione al Registro generale dei ricorsi/appelli (RGR/RGA): l'informazione del numero di RGR/RGA viene, comunque, inviata anche all'indirizzo di PEC del soggetto abilitato al deposito.

Quanto alle specifiche tecniche dei file da allegare, quelli del ricorso/appello e di ogni altro atto processuale, devono essere in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b, ovvero TIF con una risoluzione non superiore a 300DPI, in bianco e nero e compressione CCIT Group IV (modalità fax); sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale; di dimensione massima per ogni singolo documento informatico pari a 10 MB; privi di elementi attivi e di restrizioni per le operazioni di selezione e copia; correttamente classificati secondo la tipologia resa disponibile dal sistema, avendo cura di tenere distinti l'atto principale dai documenti allegati. Quanto alla sottoscrizione di tutti gli atti digitali da depositare, il sistema accetta entrambe le firme digitali CAdES e PAdES, ritenute valide ed efficaci dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 10266/2018), in applicazione dei principi comunitari esistenti in materia.

Le medesime specifiche tecniche valgono per i documenti informatici allegati all'atto principale.

Nella fase antecedente la trasmissione degli atti, il sistema effettua il controllo su:

  • numero massimo dei file da trasmettere (50 incluso il ricorso);
  • dimensione massima di ogni singolo file (10 MB);
  • formato degli atti;
  • presenza firma digitale (CAdES, PAdES).

Dopo la trasmissione degli atti al S.I.Gi.T. il sistema controlla:

  • presenza virus;
  • validità e integrità firma digitale;
  • integrità dei file.

Anche la costituzione in giudizio del resistente avviene mediante il deposito degli atti e documenti nel S.I.Gi.T. e, anche in tal caso, è necessaria la corretta compilazione delle schermate con le informazioni oggi presenti nella nota di iscrizione a ruolo (NIR) cartacea. Successivamente alla corretta compilazione delle suddette schermate il sistema richiede l'allegazione di file distinti riguardanti le controdeduzioni e i documenti, entrambi firmati digitalmente. Come per la parte ricorrente, l'indicazione dell'indirizzo PEC valevole per le comunicazioni e le notificazioni equivale al domicilio digitale eletto. Una volta effettuata la corretta compilazione delle schermate dell'applicativo, il S.I.Gi.T. rilascia in modo sincrono un numero di ricevuta di accettazione che viene anche inviata all'indirizzo di PEC del soggetto abilitato al deposito.

Nella costituzione del resistente, considerato che di regola il numero di registro generale viene assegnato ai depositi del ricorso/appello, il sistema non rilascia alcun numero di RGR/RGA in caso di esito positivo delle verifiche e controlli delle controdeduzioni e degli allegati, il S.I.Gi.T. provvede ad inserire gli atti e documenti nel fascicolo processuale.

È, inoltre, previsto che il S.I.Gi.T. non proceda all'iscrizione del ricorso al Registro Generale se il documento trasmesso contiene virus, se la firma non è valida o il file non risulti integro; analogamente, non acquisisce l'atto di costituzione in giudizio della parte resistente nelle stesse casistiche. In tutti i casi di rifiuto dell'atto, il sistema segnala l'anomalia alla parte interessata, nell'area riservata e, contemporaneamente, invia all'indirizzo PEC indicato dalla parte stessa un messaggio con le relative informazioni circa l'anomalia riscontrata. L'elenco delle anomalie derivanti dai controlli del sistema è pubblicato e costantemente aggiornato sul sito della giustizia tributaria.

In ogni altro caso di anomalia, che pure sarà segnalata alla parte e al giudice (ad es. formato non previsto, certificato di firma scaduto, ecc…) il sistema provvede all'iscrizione della causa a ruolo o comunque ad acquisire il file a sistema, con conseguente alimentazione del fascicolo processuale telematico.

Per quanto riguarda la presenza di virus sui singoli allegati il sistema, comunque, procede all'iscrizione a ruolo ma non permette l'acquisizione dell'allegato contenente il virus.

Tale soluzione operativa, di non procedere all'acquisizione di atti/allegati esclusivamente in caso di anomalie assai gravi (ad es. atti privi di firma digitale e/o corrotta, presenza di virus ecc.), ha la chiara finalità di consentire la consultazione di dati personali contenuti in atti/documenti che siano integri e non alterabili, oltre che accessibili solo da soggetti identificati e registrati.

La scelta operata, analogamente a quanto avvenuto nelle regole tecniche nel processo civile telematico, parrebbe contemperare il rispetto di due diritti fondamentali di rango costituzionale: quello alla difesa e il diritto alla riservatezza dei dati personali.

Le modalità telematiche di costituzione in giudizio degli atti processuali pongono, infatti, l'operatore del processo di fronte alle novità introdotte dai nuovi strumenti della tecnologia e dell'informazione, portatori di benefici e criticità diverse da quelle tradizionali. È per questo che occorre contemperare l'interesse a vedere garantito il diritto alla difesa (e con esso la tempestiva iscrizione a ruolo della causa) con la sicurezza del sistema informatico, il cui funzionamento mai potrebbe esporre il contribuente e la pubblica amministrazione ad alterazione e manipolazioni di dati personali e fiscali.

Da qui la ragionevolezza della scelta di acquisire al sistema informatico il maggior numero possibile di file, seppur contenenti anomalie lievi che non mettono a rischio l'intero sistema o alcune sue parti, lasciando al giudice, dominus del processo, e alle eccezioni di parte le valutazioni in merito alle eventuali conseguenze processuali delle anomalie dei file trasmessi. Si limita, invece, la mancata acquisizione a sistema solo di file contenenti anomalie gravi, codificate e descritte in apposito elenco pubblicato sul portale della giustizia tributaria, in modo da renderlo costantemente conoscibile ed aggiornato.

Standard tecnici e le sanzioni processuali nella più recente giurisprudenza tributaria

L'introduzione delle modalità telematiche nel processo tributario impone l'utilizzo di standard tecnici stabiliti, a pena della sua stessa praticabilità. Infatti, l'unicità dello standard costituisce lo strumento senza il quale non è neppure concepibile lo svolgimento di un processo in forma telematica, oltre a rappresentare esso stesso lo strumento di garanzia per il cittadino di ottenere (attraverso la predeterminazione delle forme necessarie e senza discriminazioni rispetto ad altri cittadini) la tutela giurisdizionale dei propri diritti.

La garanzia della forma è, infatti, a tutela di un valido giudizio che non si avrebbe ove il giudice non tenesse conto delle forme processuali (anche telematiche) prescritte dal legislatore.

Tali considerazioni sono destinate, tuttavia, ad essere assorbite o quanto meno bilanciate con l'ulteriore esigenza della necessità del perseguimento del risultato pratico previsto dal legislatore per ciascun atto e, per questa via, per il processo complessivamente considerato, ovvero la risposta del giudice alla singola domanda di giustizia. Questo vuol dire che, nella tecnica di redazione della fattispecie dell'atto processuale (analogico o digitale che sia), accanto ad uno schema che definiamo tipico, il legislatore può prevederne uno diverso dove il raggiungimento dello scopo supera il vizio formale dell'atto. Ciò tuttavia non deve condurre ad una sovrapposizione dello scopo dell'atto con quello della norma stessa. La nozione di “scopo” andrebbe, infatti, ricondotta alla funzione che l'atto deve assolvere nell'ambito della serie coordinata degli atti del processo; in altri termini, nella sua capacità di inserirsi efficacemente in una sequenza di atti assoggettati a regole tecniche, garantendo la cognizione di tutti quegli elementi necessari e sufficienti all'esercizio tempestivo dei corrispondenti poteri processuali esplicabili in ambito difensivo o giurisdizionale.

La preminenza del raggiungimento dello scopo del singolo atto – rispetto alla forma in concreto assunta dal medesimo – affinché il processo raggiunga il suo fine ultimo, assorbe pertanto il rilievo giuridico dell'esigenza inderogabile della tassatività e determinatezza, escludendo la necessità di fattispecie legali rigorosamente tipiche (cfr. gli artt. 121 e 131 comma 2 c.p.c.), talvolta anche dell'atto nullo (cfr. l'art. 156 comma 2 c.p.c.). Ciò impone al legislatore di predisporre testi legislativi che riducano al minimo la possibilità di lacune o di incertezze legislative, nonché la discrezionalità del giudice nell'accertamento della conformità dell'atto al modello legale.

Del resto ulteriori dati normativi confermano che il documento informatico ‒ anche al di fuori del diritto processuale ‒ non può intrinsecamente essere a forma libera: l'art. 20 del d. lgs. n. 82/2005 impone per la sua formazione caratteristiche tecniche la cui specificazione è demanda, dall'art. 71 dello stesso corpo normativo, ad interventi di rango subordinato coll'espressa indicazione (comma 1-ter) dell'adeguamento al processo di standardizzazione tecnologica a livello internazionale ed alle normative dell'Unione europea. In tale prospettiva, per "scopo" dell'atto processuale (analogico o telematico che sia) non può non intendersi la finalità di inserirsi nella sequenza procedimentale in cui è imposta l'adozione di particolari formati in luogo di altri.

In tal contesto, questioni rilevanti sono rappresentate: a) dalla sottoscrizione del ricorso e dalla prova della notifica dello stesso con il deposito delle ricevute (accettazione e consegna) con relative attestazioni di conformità delle copie; b) dall'eventuale scadenza del certificato di firma digitale al momento del deposito, ovvero l'ipotesi di sottoscrizione digitale valida al momento della notifica dell'atto e, considerato il tempo intercorso tra notifica e deposito, scaduta all'atto del deposito.

Di seguito si riportano le problematiche e le soluzioni elaborate dalla giurisprudenza, evidenziando come le valutazioni dei giudici di merito non sempre uniformi poggiano in gran parte proprio sul difficile equilibrio tra rispetto della tipicità del modello legale e raggiungimento dello scopo dell'atto processuale.

La giurisprudenza si è occupata del caso in cui il ricorso notificato via PEC non sia stato sottoscritto digitalmente, ponendo la questione sia riguardo all'atto originale, sia alla copia del ricorso notificata telematicamente e depositato in modalità analogiche. La sottoscrizione è un elemento essenziale del ricorso ai sensi dell'art. 18 del d.lgs. n. 546/1992, indispensabile per ricondurre in modo univoco il documento informatico al contribuente o al suo difensore. La norma processuale che richiede la sottoscrizione dell'originale del ricorso, a pena d'inammissibilità, è una norma generale che spiega pienamente i suoi effetti anche in esito al mutamento delle modalità di formazione, notificazione e deposito degli atti, da analogiche a digitali.

Orientamenti a confronto

Inammissibilità del ricorso notificato via PEC e non sottoscritto digitalmente.

L'assenza di sottoscrizione digitale riscontrata nell'originale del ricorso ne determina l'inammissibilità in quanto atto processuale non sottoscritto (ex art. 18 e 53 del d.lgs. 546/92) e ciò costituisce un'irregolarità invalidante a garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento. Ne consegue che il vizio assurge ad un livello di gravità tale da non poter essere sanato né con una rinnovazione dell'atto, né con la costituzione del convenuto, in quanto un atto non sottoscritto nell'originale è inesistente e quindi inidoneo a costituire un valido rapporto processuale (CTP Rieti, n. 262/2018; CTR Lombardia, 25 settembre 2019, n. 3609; CTP Avellino, 26 febbraio 2020, n. 365).

Sanabilità del vizio dell'omessa sottoscrizione digitale del ricorso cartaceo notificato via PEC.

Una pronuncia, di segno nettamente opposto, è stata resa riguardo alla questione di ammissibilità di un ricorso notificato via PEC e privo di sottoscrizione in un momento precedente all'entrata in vigore del PTT. Nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto applicabile la sanatoria del vizio della mancata sottoscrizione a fronte della tempestiva costituzione in giudizio dell'appellato che ha dimostrato il raggiungimento dello scopo dell'atto notificato. In tal senso, i giudici tributari richiamano un precedente di legittimità (Cass. civ., n. 17020/2018) per escludere l'obbligo di sottoscrizione digitale «nel caso in cui il difensore proceda alla notifica telematica di un atto processuale, essendo sufficiente che lo stesso sia trasformato in formato Pdf» (CTR Lombardia, n. 3881/2019).

In tema di sottoscrizione e, in particolare, sull'ammissibilità del formato PAdES in alternativa a quello CAdES per la firma digitale degli atti processuali, le stesse SS.UU. hanno escluso che le disposizioni tecniche tuttora vigenti comportino la scelta dell'uso della firma digitale in formato CAdES, rispetto alla firma digitale in formato PAdES, laddove la normativa le ritenga del tutto equivalenti (cfr. Cass. civ., sez. un., 27 aprile 2018, n. 10266; Cass. civ., ord., 28 settembre 2018, n. 23620).

Per la diversa ipotesi in cui la firma digitale del ricorso o dell'appello risulti scaduta al momento del deposito telematico, non vi è stato un riscontro sostanziale nella giurisprudenza ma, viceversa, un'inclusione tra le anomalie bloccanti del sistema nella prassi. Infatti, la circolare n. 1/DF del 4 luglio 2019 precisa che, il sistema non procede all'iscrizione a ruolo dell'atto nel caso di firma digitale scaduta tra la notifica e il deposito dell'atto. Pertanto occorre utilizzare il file word del ricorso/appello, convertirlo in PDF/A e sottoscriverlo con firma digitale valida, dichiarandone la conformità a quello notificato alla controparte.

Quanto all'altra questione sulla prova dell'avvenuta notifica telematica, una recente giurisprudenza si è espressa a favore della presentazione degli originali delle ricevute informatiche e, solo ove ciò non sia possibile, è ammessa la prova cartacea.

Orientamenti a confronto

Inammissibilità del ricorso per cui all'atto della costituzione in giudizio sono state depositate le solo copie per immagini delle ricevute (accettazione e consegna).

Secondo la giurisprudenza di merito è inammissibile il ricorso in cui, senza alcuna precisazione sull'impossibilità di depositare telematicamente i relativi originali o i duplicati informatici, siano state depositate le sole copie per immagini delle ricevute prive di attestazione di conformità. Il comma 3 dell'art. 16 del d.l. n. 119/2018, infatti, stabilisce che a decorrere dal 24 ottobre 2018 «in tutti i casi in cui debba essere fornita la prova della notificazione o della comunicazione, eseguita a mezzo di posta elettronica certificata e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, il difensore o il dipendente di cui si avvale l'ente impositore, l'agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell'albo di cui all'art. 53 del d.lgs. n. 446/1997, provvedono ai sensi dell'art. 9, commi 1-bis e ter, della ll. n. 53/1994». Ciò significa, che la prova della notificazione a mezzo PEC del ricorso a una Commissione tributaria deve essere data, salvo che ciò risulti oggettivamente impossibile, con modalità telematiche, cioè depositando gli originali o i duplicati informatici (ex art. 1 comma 1 lett. i) quinquies, del d.lgs. n. 82/2005), cioè il file in formato. eml o .msg, delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna del messaggio di posta elettronica certificata di cui all'art. 3-bis della l. n. 53/1994 (cfr. CTR Campania, 21 ottobre 2020, n. 5034).

A questo va aggiunto che l'art. 9 della l. n. 53/1994 stabilisce ‒ al comma 1-bis ‒ che, «qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell'atto notificato a norma dell'art. 3-bis, l'avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'art. 23 comma 1 del d.lgs. n. 82/2005»; al successivo comma 1-ter che, «in tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis» (cfr. CTP Napoli, 7 novembre 2019, n. 11657; CTP Napoli, 26 maggio 2020, n. 3606).

Infine, la prova cartacea può essere fornita solo in caso d'impossibilità di allegazione dei necessari documenti telematici (cfr. Cass. civ., sez. trib., 7 agosto 2020, n.16830).

Non contestazione della mancata attestazione di conformità delle copie agli originali delle ricevute e inammissibilità del ricorso.

La giurisprudenza di merito ha affermato che il vizio della notifica del ricorso non può ritenersi sanato dalla non contestazione della mancata attestazione di conformità agli originali delle ricevute. Ciò in quanto l'onere probatorio è in capo al ricorrente a pena d'inammissibilità, nonché rilevabile d'ufficio anche se la controparte si è costituita (cfr. CTP Napoli, 13 febbraio 2020, n. 1941; CTR Toscana, 7 maggio 2020, n. 333).

Le prospettive de iure condendo

La breve disamina dell'ormai obbligatoria costituzione telematica nel giudizio tributario, unitamente all'analisi delle questioni sul raggiungimento dello scopo dell'atto processuale telematico, più o meno rispettoso delle regole tecniche previste dai decreti direttoriali, rende doverosa una riflessione.

Preso atto della scelta del legislatore in ordine all'obbligatorietà del telematico, rimane ferma la necessità di coniugare in sede normativa le modalità di formazione e trasmissione degli atti telematici con la normativa processuale in materia di invalidità o inammissibilità degli atti processuali.

Ciò consentirebbe in primo luogo di garantire al ricorrente e al resistente certezza e trasparenza nell'esercizio del diritto alla difesa con le modalità telematiche, evitando il proliferarsi di giurisprudenza contrastante e di prassi amministrativa in continuo divenire. In secondo luogo permetterebbe di valorizzare le finalità principali perseguite con l'informatizzazione del processo, da rinvenirsi non solo nella semplificazione, riduzione dei tempi del giudizio e minori oneri amministrativi, ma anche nel creare una procedura in grado di superare vizi ed eccezioni formalistiche meramente dilatorie.

Tuttavia, se lo strumento telematico sembra aver acquisito negli ultimi anni una propria autonomia ‒ anche grazie ai diversi interventi giurisprudenziali ‒ rispetto al corrispondente analogico, è da evidenziare come le sfide della digitalizzazione del processo tributario sembrano aprirsi a nuovi scenari.

In particolare, non è difficile intuire come l'introduzione di un processo telematico a distanza “a regime” ‒ che permetta lo svolgimento delle udienze attraverso un collegamento da remoto ‒ sia foriero di nuove criticità connesse ad un'idea tradizionale di udienza e che saranno presto sottoposte all'attenzione della giurisprudenza di merito e di legittimità. Tre i probabili capisaldi della questione: il contraddittorio processuale e la pubblicità delle udienze.

Nondimeno, la definitiva obbligatorietà del PTT ha coinvolto anche i rapporti tra giudizio di merito e ricorso di legittimità, con particolare riferimento alla notifica della sentenza ai fini della decorrenza del termine breve d'impugnazione e al giudizio di rinvio.

Quanto al primo punto, l'interrogativo posto in giurisprudenza è stato se, in assenza di copia autentica della sentenza impugnata nel fascicolo, notificata a mezzo PEC e tempestivamente depositata agli atti priva dell'attestazione di conformità, il ricorso debba essere dichiarato improcedibile o se, invece, debba pervenirsi ad una diversa soluzione. Con la pronuncia n. 22438/2018, le Sezioni Unite civili della Cassazione hanno chiarito che solo nelle ipotesi in cui il destinatario della notifica del ricorso non si costituisce; oppure disconosce la conformità della copia cartacea all'originale telematico, il ricorrente, per evitare l'improcedibilità del ricorso, dovrà attivarsi e depositare l'attestazione di conformità sino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio (asseverazione “ora per allora”). Tale posizione è stata confermata in altra pronuncia della Cassazione (Cass. civ., sez. un., 25 marzo 2019, n. 8312), ritenendo applicabili i principi affermati anche al deposito in Cassazione della copia analogica della decisione impugnata con la prova della notifica avvenuta in forma telematica, senza attestazione di conformità.

Da ultimo, sul giudizio di rinvio disposto dalla Corte di cassazione, ovvero sulla possibilità/obbligatorietà di utilizzare le modalità telematica per la notifica del ricorso in riassunzione ai sensi dell'art. 63 del d.lgs. n. 546/92, non si registra al momento un orientamento giurisprudenziale consolidato. Giova tuttavia ricordare che, seppure l'art. 16 comma 5 del d.l. n. 119/2018 non contempli espressamente anche il giudizio di riassunzione con modalità telematica, la giurisprudenza di legittimità configura il giudizio di rinvio “come la prosecuzione dei precedenti gradi di giudizio e, dunque, non come una nuova impugnazione, ma come impulso processuale teso a riattivare la prosecuzione del giudizio, essendo l'atto sufficiente a ricollocare le parti nella posizione che avevano assunto nel giudizio conclusosi con la sentenza annullata”(cfr. Cass. civ., sez. trib., 19 novembre 2019, n. 29976).

In conclusione, l'analisi condotta, seppur incentrata sull'obbligatorietà della costituzione telematica in giudizio, non ha mancato di sottolineare l'esistenza di lacune ed imperfezioni normative, talvolta rimesse alla risoluzione della giurisprudenza, che caratterizzano l'informatizzazione dei riti giurisdizionali. È evidente come, il cercare di doppiare istituti ed atti tipici del rito tradizionale nella sua trasformazione digitale abbia condotto ad un utilizzo residuale dei meccanismi e delle conseguenti opportunità che la stessa potrebbe offrire. In tal contesto, la vera sfida che la digitalizzazione del processo sarà chiamata a fronteggiare è quella di valorizzare le potenzialità che i nuovi strumenti sono in grado di offrire, nel rispetto del diritto all'equo processo. Ciò dovrebbe comportare l'adeguamento della normativa processuale vigente, innovandola nella sostanza ed evitando di conformarla, necessariamente, a quella già prevista per il rito analogico, così come avvenuto in questa prima fase di transizione.

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