Assemblee annuali e rappresentante designato “obbligatorio”: primi dubbi applicativi alla luce della (rinnovata) disciplina emergenziale
05 Febbraio 2021
Premessa
Le società con azioni quotate su mercati regolamentati stanno avviando, come da prassi, gli articolati (e onerosi) lavori preparatori in vista della celebrazione delle assemblee annuali chiamate ad approvare il bilancio d'esercizio e a esprimersi sugli altri argomenti sottoposti alla loro attenzione, ivi incluso il rinnovo degli organi sociali il cui mandato sia in scadenza (tenendo presente che le società quotate applicano il meccanismo del voto di lista ai sensi degli artt. 147-ter, comma 1, e 148, comma 2, TUF, nonché delle relative disposizioni attuative). La concentrazione della stagione assembleare nelle prime settimane primaverili discende, come noto, da quanto previsto dall'art. 2364, comma 2, c.c., in base al quale l'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l'anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale (nella quasi totalità dei casi fissata al 31 dicembre di ciascun anno, salvo rare eccezioni fondate in genere sulla natura dell'attività svolta), fermo restando che lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non superiore a 180 giorni, nel caso in cui la società sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società. Sempre con riferimento a dette società, l'art. 125-bis, commi 1 e 2, TUF, derogando a quanto previsto per la generalità delle società per azioni dalla disciplina comune, prevede che: (i) l'assemblea è convocata mediante avviso pubblicato, fra l'altro, sul sito internet della società entro il 30° giorno precedente la data dell'assemblea, espandendo il termine codicistico di cui all'art. 2366 c.c. al fine di garantire maggiore trasparenza e consapevolezza a beneficio della generalità degli azionisti; (ii) nel caso di assemblea convocata per l'elezione mediante voto di lista dei componenti degli organi di amministrazione o di controllo, il termine per la pubblicazione dell'avviso di convocazione è anticipato al 40° giorno precedente la data dell'assemblea, con l'obiettivo di concedere agli azionisti il tempo necessario per predisporre e presentare le proprie liste di candidati secondo i termini e le modalità previste dalla legge e dallo statuto (dopo essersi eventualmente coordinati per aggregare la soglia minima di partecipazione necessaria ai fini della presentazione delle liste), nonché per consentire loro di analizzare con la dovuta cura e attenzione le liste altrui al fine di determinare le proprie scelte di voto. Inoltre, ove la società intenda avvalersi dei servizi di un rappresentante designato ai sensi dell'art. 135-undecies TUF, si prevede che l'avviso di convocazione debba recare la procedura per il conferimento delle deleghe a detto soggetto, con la precisazione che la delega non ha effetto con riguardo alle proposte per le quali non siano state conferite istruzioni di voto (art. 125-bis, comma 4, lett. b), n. 3), TUF). Il consiglio di amministrazione è dunque chiamato a definire e rendere accessibile agli azionisti l'avviso di convocazione con notevole anticipo rispetto alla data dell'assemblea, con indicazione non solo della data e del luogo di celebrazione dell'adunanza, della record date, delle modalità e dei termini di presentazione delle liste per l'elezione dei componenti degli organi sociali, ma anche degli argomenti da trattare (sia nominalmente, sia analiticamente per mezzo delle relative relazioni illustrative e proposte di deliberazione) e delle procedure da rispettare per poter intervenire ed esercitare i propri diritti (specie quello di voto) in sede assembleare, ivi incluso quanto sopra accennato in merito alla procedura per il conferimento delle deleghe al rappresentante designato, il tutto secondo quanto indicato nell'art. 125-bis TUF. Quanto sopra (non solo non esaurisce, ma) non rappresenta che una minima frazione delle attività preparatorie che le società quotate – e più in generale quelle “aperte” – devono portare a compimento ai fini della celebrazione delle proprie assemblee annuali.
Con riferimento alle società quotate, l'art. 106, comma 4, del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27 (nel prosieguo, il “Cura Italia”), ha previsto che esse possono individuare e avvalersi dei servizi di un “rappresentante designato”, anche nel caso in cui lo statuto contenga una clausola di opt-out ai sensi dell'art. 135-undecies, comma 1, TUF (su tale norma si vedano, oltre ai numerosi contributi degli interpreti: CONSOB, Comunicazione n. 3/2020 del 10 aprile 2020 in merito alle assemblee delle società con azioni quotate; Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 188, Intervento in assemblea esclusivamente mediante il rappresentante designato e utilizzo di mezzi di telecomunicazione). Inoltre, significativamente (in ciò sta infatti la portata più incisiva della disposizione in esame), il legislatore ha previsto che la società può indicare detta modalità di intervento in assemblea come unica percorribile, così “chiudendo le porte” dell'adunanza e imponendo agli azionisti di scegliere fra mancato intervento (e di conseguenza mancato esercizio dei più importanti diritti sociali) e intervento mediato dal rappresentante designato dalla società. Al rappresentante designato possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell'art. 135-novies TUF, in deroga a quanto previsto dall'art. 135-undecies, comma 4, TUF, così facilitando ulteriormente l'intervento (pur mediante un rappresentante) della moltitudine di azionisti dislocati in tutto il territorio nazionale e all'estero. La disciplina emergenziale appena richiamata si applica anche alle società con azioni ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione (MTF), a quelle con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante, alle banche popolari, alle banche di credito cooperativo, alle società cooperative e alle mutue assicuratrici, ai sensi dell'art. 106, commi 5 e 6, del Cura Italia. Com'è del tutto evidente, la norma mira a incentivare la partecipazione dei soci, soprattutto di minoranza, in un contesto in cui potrebbe essere altrimenti impossibile, o comunque molto complesso, intervenire in assemblea ed esercitare i propri diritti di voto.
Il regime temporale di applicazione dell'art. 106 del Cura Italia è stato indubbiamente tormentato e, da ultimo, l'applicazione della disposizione (meglio: delle regole sostanziali contenute in esso) è stata estesa sino al 31 marzo 2021.
Limitandosi a ripercorrere gli interventi normativi essenziali:
Come si può notare, non vi è stata perfetta continuità normativa, infatti dal 1° al 14 agosto (compresi) l'art. 106, commi 2-6, del Cura Italia ha cessato di applicarsi. Nel corso delle prime due settimane di agosto, nonostante il perdurare della situazione di crisi sanitaria (pur nella sua minor gravità che ha caratterizzato il periodo estivo) e del formale stato di emergenza, gli organi delle società hanno quindi dovuto conformarsi alla disciplina “ordinaria” (salvo si accolga l'interpretazione proposta da D. Boggiali, Emergenza COVID-19 – Proroga dello stato di emergenza: profili di interesse societario (Delibera del Consiglio Dei Ministri 29 luglio 2020 e d.l. 30 luglio 2020, n. 83), in CNN Notizie, 31 luglio 2020). Soluzione di continuità che non si è invece verificata in relazione alla seconda proroga, efficace dall'8 ottobre (dunque con una settimana di anticipo rispetto alla scadenza del 15 ottobre), e alla terza proroga, efficace dal 31 dicembre (in perfetta coincidenza rispetto alla data di scadenza del termine oggetto di estensione). Prima di affrontare la questione di maggior interesse nel presente contributo, è opportuno ricordare che il termine finale di applicazione della disciplina descritta pocanzi si riferisce alla data di celebrazione dell'assemblea e non a quella di pubblicazione dell'avviso di convocazione, sicché – in ragione del quadro normativo vigente alla data odierna – il 31 marzo è l'ultima data utile per l'adunanza assembleare (in tal senso, pur riferito all'originario termine finale del 31 luglio 2020, si veda M. Irrera, Le assemblee (e gli altri organi collegiali) delle società ai tempi del coronavirus (con una postilla in tema di associazioni e fondazioni), in Il diritto dell'emergenza: profili societari, concorsuali, bancari e contrattuali, a cura di M. Irrera, Torino, 2020, 65). In tal senso depone, oltre al dato letterale dell'art. 106, comma 7, del Cura Italia, l'identità di formulazione rispetto a quanto previsto dall'art. 2364, comma 2, c.c., dove per “data di convocazione” si intende pacificamente la data per cui è prevista la celebrazione dell'assemblea e non quella di ricezione da parte degli azionisti o pubblicazione sul sito internet dell'avviso di convocazione (per tutti V. Pinto, Art. 2364 c.c., in Le società per azioni, diretto da P. Abbadessa, G.B. Portale, Milano, 2016, 845).
La lettura congiunta e coordinata del complesso (e indubbiamente non lineare) portato normativo delle disposizioni – “ordinarie” ed emergenziali – sopra richiamate fa notare all'interprete (e, soprattutto, agli operatori) la particolare infelicità della scadenza del 31 marzo 2021, come attualmente prevista dall'art. 106, comma 7, del Cura Italia (come notato anche da Assonime, Decreto Mille proroghe: prorogate le disposizioni sullo svolgimento delle assemblee, 14 gennaio 2021). Infatti, con riferimento alle assemblee annuali delle società quotate (e delle altre società cui si è fatto cenno), l'individuazione di un simile termine finale di applicazione della disciplina straordinaria di cui all'art. 106, commi 2-6, del Cura Italia genera un complesso fascio di possibilità, che si tenta di sintetizzare e analizzare nei seguenti paragrafi.
Ipotesi 1 – Assemblea da celebrarsi entro 120 giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale, con applicazione della disciplina emergenziale Nel caso in cui la società preveda che l'assemblea si esprima sul bilancio d'esercizio entro lo scadere del termine di 120 giorni dalla chiusura del precedente esercizio – ad esempio perché lo statuto non prevede la possibilità di approvare il bilancio nel maggior termine di 180 giorni o perché non ricorrono i presupposti di legge o ancora perché per qualsiasi ragione gli amministratori non vogliano sfruttare l'opzione statutaria – e gli amministratori intendano fare applicazione della disciplina emergenziale attualmente in vigore (avvalendosi dei servizi di un “rappresentante designato”, se del caso “obbligatorio”, anche in presenza di una clausola statutaria di opt-out ai sensi dell'art. 135-undecies, comma 1, TUF), allora l'assemblea dovrà celebrarsi al più tardi il 31 marzo, con conseguente obbligo di pubblicazione dell'avviso di convocazione entro il 19 febbraio (se sia prevista l'elezione mediante voto di lista dei componenti degli organi di amministrazione o di controllo) ovvero il 1° marzo (negli altri casi), nel rispetto dei termini di preavviso di cui all'art. 125-bis, commi 1 e 2, TUF. Tutto ciò con la necessità di comprimere significativamente i margini temporali per il completamento dei lavori prodromici alla celebrazione dell'assemblea annuale, imponendo una radicale rivisitazione dell'abituale attività e prassi operativa delle società quotate che desiderino perseguire tale ipotesi, rendendo tale soluzione molto difficilmente percorribile (se non radicalmente impercorribile).
Ipotesi 2 – Assemblea da celebrarsi entro 120 giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale, senza applicazione della disciplina emergenziale Nel caso in cui la società preveda che l'assemblea si esprima sul bilancio d'esercizio entro lo scadere del termine di 120 giorni dalla chiusura del precedente esercizio – per le ragioni sopra menzionate – ma non sia possibile rispettare la stringente tempistica di cui all'ipotesi precedente (ossia: pubblicazione dell'avviso di convocazione entro il 19 febbraio o il 1° marzo, a seconda dei casi), gli amministratori: (i) per un verso, dovranno procedere alla pubblicazione dell'avviso di convocazione entro il 21 marzo (se sia prevista l'elezione mediante voto di lista dei componenti degli organi di amministrazione o di controllo) ovvero il 31 marzo (negli altri casi), nel rispetto dei termini di preavviso di cui all'art. 125-bis, commi 1 e 2, TUF; (ii) per l'altro, non potranno prevedere l'applicazione della disciplina emergenziale attualmente in vigore (avvalendosi dei servizi di un “rappresentante designato”, se del caso “obbligatorio”, anche in presenza di una clausola statutaria di opt-out), in quanto la data dell'assemblea verrebbe a cadere ineluttabilmente dopo il 31 marzo (seppur entro il 30 aprile), al fine di rispettare i termini di preavviso di cui all'art. 125-bis, commi 1 e 2, TUF. Le assemblee programmate dal 1° aprile in avanti si terrebbero dunque “in presenza”, secondo la disciplina “ordinaria”. In tale scenario, infatti, gli amministratori procederebbero alla pubblicazione dell'avviso di convocazione prima della cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, come attualmente individuato dall'autorità (31 marzo 2021), ma la data della programmata celebrazione dell'assemblea cadrebbe dopo quest'ultima data, con conseguente impossibilità di fare applicazione del regime agevolato di cui all'art. 106 del Cura Italia. Quanto appena ipotizzato, naturalmente, salvo intervenga un'ulteriore estensione temporale dello stato di emergenza e della disposizione societaria appena richiamata entro le scadenze del 21 marzo o del 31 marzo, a seconda dei casi. L'estensione, per quanto (purtroppo) assai probabile, è difficile intervenga con tale celerità, vista la tempistica delle precedenti proroghe, sopraggiungere a estremo ridosso (se non in perfetta coincidenza) rispetto alle scadenze oggetto di estensione temporale, lasciando così le società quotate in un limbo di inconsapevolezza sul regime normativo applicabile a un evento societario fondamentale come le proprie assemblee annuali di approvazione del bilancio e rinnovo degli organi sociali.
Ipotesi 3 – Assemblea da celebrarsi entro 120 giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale, con estensione della disciplina emergenziale in pendenza di convocazione Occorre domandarsi cosa accadrebbe se, dopo la pubblicazione dell'avviso di convocazione (con previsione di un'adunanza da tenersi secondo la disciplina “ordinaria”), lo stato di emergenza dovesse perdurare, rendendo impossibile la celebrazione dell'assemblea “non da remoto” (per incompatibilità con il divieto di assembramento) e il legislatore estendesse, di conseguenza, la disciplina societaria straordinaria? In altre parole: cosa accadrebbe se, una volta avviato l'iter di cui all'ipotesi precedente, vi fosse un sopraggiunto mutamento normativo che rendesse applicabile la disciplina di cui all'art. 106, commi 2-6, del Cura Italia anche dopo il 31 marzo e, in ipotesi, almeno sino al 30 aprile 2021 (ossia il 120° giorno dalla chiusura del precedente esercizio)? Ebbene, in tale ipotesi, ove la società avesse previsto come unica modalità di intervento quella “di persona” (in proprio o per delega, anche al rappresentante designato “non obbligatorio”, se non vietato dallo statuto), gli amministratori non potrebbero fare altro che procedere alla rettifica (o integrazione) dell'avviso di convocazione, purché nei termini di legge, oppure alla revoca dello stesso e alla (approvazione e) pubblicazione di un nuovo avviso, secondo la rinnovata disciplina, ove non fosse più possibile procedere a una semplice rettifica. La data di convocazione dell'assemblea potrebbe così richiedere un posticipo al fine di rispettare i termini di preavviso di cui all'art. 125-bis, commi 1 e 2, TUF, come fatto da alcune società la scorsa primavera che, quando l'emergenza sanitaria ci ha colto impreparati, avevano già convocato l'assemblea e sono state colpite a mezza via dalle restrizioni straordinarie a tutti note e dalla disciplina emergenziale. Per questa ragione, in tale particolare ipotesi, gli amministratori potrebbero valutare l'opportunità di prevedere come modalità di intervento di default quella “di persona”, con riserva di comunicare – anche dopo lo scadere dei termini di preavviso di cui all'art. 125-bis, commi 1 e 2, TUF – l'esercizio dell'opzione alternativa di avvalersi dei servizi di un rappresentante designato (se del caso “obbligatorio”, anche in presenza di una clausola statutaria di opt-out) nella misura in cui la disciplina societaria emergenziale dovesse essere effettivamente estesa oltre il 31 marzo e, in ipotesi, almeno sino al 30 aprile 2021. In tal caso:
Ove l'eventuale proroga della dello stato di emergenza e della disposizione societaria in esame intervenisse prima del 21 o del 31 marzo, a seconda dei casi, gli amministratori potrebbero invece assumere le proprie determinazioni in un contesto informativo completo e così dare indicazioni maggiormente stabili sulle modalità di intervento assembleare.
Ipotesi 4 – Assemblea da celebrarsi dopo 120 (ed entro 180) giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale Ove si preveda che l'assemblea si celebri dopo 120 (ed entro 180) giorni dalla chiusura dell'esercizio – purché naturalmente ricorrano i presupposti di legge – gli amministratori potranno procedere alla convocazione anche dopo il 21 o il 31 marzo, a seconda dei casi. Ove l'avviso venisse pubblicato prima del 31 marzo (data in cui si assume potrebbe intervenire una ulteriore proroga della disciplina societaria di cui all'art. 106 del Cura Italia), la società si troverebbe ad affrontare situazioni analoghe a quelle indicate nelle due ipotesi precedenti. Altrimenti, a fronte di una pubblicazione successiva a tale data, gli amministratori potrebbero muoversi in un contesto informativo completo e così dare indicazioni maggiormente stabili sulle modalità di intervento assembleare, sull'assunto che l'estensione sia sufficientemente ampia da arrivare a includere la data prescelta per l'adunanza. Lo sfruttamento dell'opzione di cui all'art. 2364, comma 2, c.c. – e così la celebrazione dell'assemblea dopo120 (ed entro 180) giorni dalla chiusura dell'esercizio – potrebbe dunque discendere dalla necessità di attendere la determinazione del legislatore circa l'eventuale ulteriore estensione del quadro normativo straordinario in analisi, anche al fine di poter perseguire soluzioni organizzative meno complesse e rischiose. In conclusione
In un contesto globale tuttora segnato dalle gravissime insicurezze legate alla diffusione del COVID-19 e dai riverberi che l'emergenza sanitaria ha avuto su tutti gli ambiti della vita umana (non solo economici, ma anche psicologici, sociali e politici), la legislazione emergenziale in ambito societario – sia quella della scorsa primavera, adottata con estrema urgenza e con le naturali difficoltà dovute alla assoluta novità di una situazione di cui nessuno aveva avuto esperienza, sia quella (verosimilmente) più ponderata dei mesi successivi – non ha contribuito a creare un quadro di riferimento chiaro, stabile e lineare. Se per le società “chiuse” l'estensione sino al 31 marzo 2021 dell'applicazione delle norme di flessibilizzazione di cui all'art. 106, commi 2-6, del Cura Italia sembra costituire un'opportunità scevra da particolari dubbi applicativi (se non quelli rilevati dagli interpreti nel corso dei mesi passati, senza che tuttavia la suddetta estensione temporale abbia ulteriormente complicato il contesto normativo), non può dirsi altrettanto per le società con azioni quotate, destinatarie del particolare regime di cui all'art. 106, comma 4, del Cura Italia. Si auspica che il legislatore introduca un'immediata estensione della disciplina societaria emergenziale in esame, quantomeno sino al 29 giugno 2021, ossia la data di scadenza del maggior termine di cui all'art. 2364, comma 2, c.c. per le società i cui esercizi sociali si sono chiusi lo scorso 31 dicembre, oppure, come suggerito da Assonime (Decreto Mille proroghe: prorogate le disposizioni sullo svolgimento delle assemblee, 14 gennaio 2021), precisi che detta disciplina si applichi alle assemblee “il cui avviso di convocazione sia stato pubblicato” entro il 31 marzo 2021. |