Procedure concorsuali: il credito fiscale futuro può essere ceduto prima della chiusura delle attività di liquidazione

05 Febbraio 2021

Nella sentenza n. 2608 del 2021, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di circolazione dei crediti delle procedure concorsuali, posto che il credito IRES da eccedenza d'imposta versata a titolo di ritenuta d'acconto nasce in esito e per l'effetto del compimento delle attività di liquidazione, di modo che la dichiarazione concernente il maxiperiodo concorsuale comporta soltanto la rilevazione di un credito già sorto, valida ed efficace tra cedente e cessionario è la cessione di quel credito operata dal commissario liquidatore di una società sottoposta a liquidazione coatta amministrativa antecedentemente alla cessazione della procedura, benché non rispondente ai requisiti formali stabiliti dal regolamento sulla contabilità generale dello Stato; laddove il contratto stipulato dopo la cessazione della procedura, che risponda a quei requisiti, si traduce in una riproduzione contrattuale, la quale costituisce un adempimento dovuto, funzionale a consentire al cessionario di far valere nei confronti del Fisco il credito che gli è stato ceduto».

Nella sentenza n. 2608 del 2021, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di circolazione dei crediti delle procedure concorsuali, posto che il credito IRES da eccedenza d'imposta versata a titolo di ritenuta d'acconto nasce in esito e per l'effetto del compimento delle attività di liquidazione, di modo che la dichiarazione concernente il maxiperiodo concorsuale comporta soltanto la rilevazione di un credito già sorto, valida ed efficace tra cedente e cessionario è la cessione di quel credito operata dal commissario liquidatore di una società sottoposta a liquidazione coatta amministrativa antecedentemente alla cessazione della procedura, benché non rispondente ai requisiti formali stabiliti dal regolamento sulla contabilità generale dello Stato; laddove il contratto stipulato dopo la cessazione della procedura, che risponda a quei requisiti, si traduce in una riproduzione contrattuale, la quale costituisce un adempimento dovuto, funzionale a consentire al cessionario di far valere nei confronti del Fisco il credito che gli è stato ceduto».

Così le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 2608/21; depositata il 4 febbraio.

Dando applicazione a tale principio di diritto, il Collegio rigetta il ricorso dell'Amministrazione finanziaria contro la sentenza di condanna al pagamento del credito tributario maturato a titolo di IRES da una società cooperativa a responsabilità limitata in liquidazione coatta amministrativa, oggetto di un contratto di cessione stipulato dal commissario liquidatore dopo la chiusura della procedura.


Nel caso di specie, il credito nasce da ritenute d'acconto su interessi attivi maturati in favore della procedura sulle somme depositate sui conti correnti bancari ex art. 26, d.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600. Tale credito da eccedenza è accertato al termine della liquidazione e può essere computato in diminuzione dell'imposta relativa al periodo di imposta successivo oppure compensato oppure rimborsato in sede di dichiarazione dei redditi ex art. 80 TUIR.
Questa disciplina deve essere coordinata con quella relativa alle procedure concorsuali, per le quali è individuato il c.d. “maxiperiodo concorsualeex art. 183, comma 2, TUIR e la tassazione opera con riguardo a una grandezza patrimoniale unica ad esso riferita, data dalla differenza tra il residuo attivo risultante al termine della procedura e il patrimonio netto al suo inizio. Il curatore e il commissario non hanno la possibilità di applicare la compensazione ai sensi dell'art. 80 TUIR.
Esclusa tale via, la possibile soluzione nella gestione del credito da eccedenza è individuata dalla giurisprudenza di legittimità secondo due diverse traiettorie argomentative: secondo un indirizzo (Cass. n. 10349 del 2003), la procedura fruirebbe del rimborso da eccedenza mediante la dichiarazione anticipata del curatore o del commissario liquidatore, mentre, secondo un altro orientamento (Cass. n. 1150 del 2018), ne fruirebbero i soci dopo la cancellazione della società dal Registro delle imprese.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ritengono che il credito possa essere ceduto nel corso della procedura ai sensi dell'art. 106 l.f., non rilevando che esso sia esposto in una dichiarazione ed essendo solo necessario che «scaturisca da uno specifico rapporto tributario e che, in quanto tale, sia qualificabile come credito futuro [...] o che derivi da rapporti tra cedente e ceduto anche soltanto eventuali al momento della cessione [...]». Nel caso di specie, il credito è diventato certo e attuale solo al termine delle attività di liquidazione.


Il Collegio ritiene inoltre necessario che alla cessione di un credito tributario siano soddisfatti i requisiti formali indicati nelle disposizioni della contabilità generale dello Stato ex artt. 69 e 79, r.d. n. 2440 del 1923, la cessione realizzata in forme diverse essendo valida tra cedente e cessionario ma inefficace nei confronti dell'Erario, fatta salva l'accettazione (Cass. n. 5493 del 2013). Nel caso la cessione priva dei requisiti formali, «la successiva stipulazione di un atto che, invece, li osservi si traduce in una riproduzione contrattuale, che consente al cessionario di far valere il credito nei confronti del Fisco»: tale riproduzione si atteggia come mero adempimento materiale dovuto anche quando attuata dopo la chiusura della procedura, senza che si configuri una ipotesi di ultrattività dei poteri del curatore o del commissario liquidatore.

Fonte: Diritto e Giustizia

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