Clausola compromissoria nel contratto di locazione ultranovennale e tutela ex art. 1341 c.c.
08 Febbraio 2021
Massima
«Possono qualificarsi come contratti «per adesione», rispetto ai quali sussiste l'esigenza della specifica approvazione scritta delle clausole vessatorie, soltanto quelle strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all'indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (ove, cioè, predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie), mentre esulano da tale categoria i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento ad una singola, specifica vicenda negoziale, rispetto ai quali l'altro contraente può, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto, nonché, a maggior ragione, quelli in cui il negozio sia stato concluso a seguito e per effetto di trattative tra le parti». «In tema di condizioni generali di contratto, essendo la specifica approvazione per iscritto delle clausole cosiddette vessatorie (nella specie: clausola compromissoria), ai sensi dell'art. 1341 comma 2 c.c., requisito per l'opponibilità delle clausole medesime al contraente aderente, quest'ultimo è il solo legittimato a farne valere l'eventuale mancanza, sicché la nullità di una clausola onerosa senza specifica approvazione scritta dell'aderente non può essere invocata dal predisponente». «Supposta l'originaria coincidenza fra la posizione di titolare della piena proprietà di un bene e quella di locatore, ove successivamente la piena proprietà, per eventi di carattere dichiarativo o costitutivo venga a scindersi nel senso dell'attribuzione della nuda proprietà e dell'usufrutto rispettivamente a soggetti diversi, la qualità di locatore, in virtù delle disposizioni coordinate degli artt. 981, 984, 999 c.c., si concentra per tutti i riflessi, attivi e passivi, sostanziali e processuali, nel titolare dell'usufrutto, e ciò tanto nella costituzione dell'usufrutto per atto tra vivi, quanto nella costituzione mortis causa». Il caso
La società Alfa e Beta deducevano una controversia avente ad oggetto la risoluzione di un contratto di locazione ultranovennale di immobile ad uso alberghiero tra esse sottoscritto e, all'esito, veniva quindi emesso lodo arbitrale che, accertato il grave inadempimento della società Alfa, locatrice, la condannava al pagamento di un rilevante importo ed alla restituzione dei canoni di locazione a far data dal mese di Luglio del 2012 oltre ai relativi accessori. La società Alfa, soccombente, proponeva quindi impugnazione avverso il predetto lodo arbitrale innanzi alla Corte d'appello di Roma, la quale rigettava il gravame ritenendo, tra l'altro, infondata l'eccezione sollevata dall'appellante circa l'inefficacia e la nullità della clausola compromissoria e, per l'effetto, del lodo, a causa della mancata specifica approvazione scritta, ex artt.1341 e 1342 c.c., non operando la disciplina sulle c.d. clausole vessatorie in presenza di un contratto frutto, non già di una unilaterale predisposizione per una pluralità di contratti ma, per stessa ammissione della parte appellante, di ampia negoziazione tra le parti originarie (con conseguente opponibilità delle clausole contrattuali alla società succeduta all'originario locatore). Inoltre la Corte d'appello capitolina affermava che non risultava violato il contraddittorio, in quanto pretermessa la parte originariamente locatrice, nuda proprietaria dell'immobile, trattandosi di soggetto estraneo al contratto, in cui è subentrato la società Alfa, quale usufruttuaria, in un momento successivo alla sua conclusione. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma la società Alfa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, per quanto qui di interesse, in primo luogo il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 829 c.p.c., 15 del contratto di locazione e 1341 comma 2 c.c., stante la mancata specifica approvazione scritta della clausola compromissoria prevista dall'art. 15 del contratto, che era stata sottoscritta dal solo conduttore e non anche dal locatore. In secondo luogo, poi, la ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 102 e 829 c.p.c., nonchè 1004 e 1005 c.c., stante la omessa integrazione del contraddittorio nei confronti della originaria locatrice, nuda proprietaria dell'immobile concesso in locazione e, in quanto tale, soggetto obbligato per legge e per contratto all'esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria dell'immobile e, dunque, litisconsorte necessario pretermesso nel giudizio arbitrale. La Prima Sezione Civile della Corte di cassazione, assegnataria del ricorso, con l'ordinanza n. 27320/2020 ha rigettato il ricorso, richiamando principi già elaborati sul punto. La questione
L'ordinanza che qui si annota affronta due questioni già al vaglio della giurisprudenza di legittimità, confermando, in maniera convincente, orientamenti già espressi sul punto proprio dalla Suprema Corte. In particolare, la Corte di cassazione è stata investita del innanzitutto del problema riguardante l'ambito di operatività della tutela prevista dagli artt. 1341 e 1342 c.c. per il caso di contratti conclusi tra soggetti di pari forza contrattuale ma predisposti in modo unilaterale. La seconda questione vagliata dalla Suprema Corte concerne invece la necessità oppure no di ritenere il soggetto, originario locatore-proprietario, a seguito del subingresso dell'usufruttuario nel godimento dell'immobile locato, quale litisconsorte necessario nei cui confronti, dunque, occorre integrare il contraddittorio a norma dell'art. 102 c.p.c. Le soluzioni giuridiche
In relazione alla prima questio iuris posta al suo scrutinio, cioè se la clausola compromissoria, che devolve le controversie relative ad un determinato contratto ad arbitri, che laddove sia stata predisposta unilateralmente costituisce una clausola c.d. «vessatoria» a norma dell'art. 1341 c.c. – in quanto implica una deroga alla regola generale della giurisdizione – possa applicarsi anche ai contratti di locazione ultranovennale ed al predisponente, la Suprema Corte ha dato risposta negativa. Innanzitutto la Prima Sezione della Cassazione civile ha ribadito che, ai fini dell'applicabilità della disciplina contenuta negli artt. 1341 e 1342 c.c. possono qualificarsi come contratti «per adesione», per i quali vi è dunque l'esigenza della specifica approvazione scritta delle clausole vessatorie da parte del non predisponente, soltanto quei regolamenti negoziale destinati a disciplinare in modo standardizzato una serie indefinita di rapporti – tanto sul versante sostanziale (predisposte cioè da un contraente che esplica attività contrattuale nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti), tanto sul piano formale (cioè predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie); di contro, chiarisce la Suprema Corte, fuoriescono dall'alveo della tutela codicistica per le clausole inserite nei rapporti contrattuali «standardizzati» quei contratti che siano stati sì predisposti soggettivamente da uno solo dei contraenti, ma avuto riguardo ad una singola e specifica vicenda negoziale. In questo caso, infatti, l'altro contraente, non predisponente, stante la natura «individuale» della trattativa e dell'assetto negoziale, ben può legittimamente richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto. E ciò a fortiori laddove la stipulazione negoziale costituisca il risultato di una trattativa, mediante rinunce e concessioni reciproche. Facendo applicazione del suesposto principio al caso di specie, dunque, la Corte di Cassazione ha ritenuto che non sussistesse il presupposto, indispensabile per ritenere applicabile il disposto degli art. 1341 e 1342 c.c., ovvero la predisposizione unilaterale delle condizioni contrattuali nell'ambito di contratti volti a regolare in modo omogeneo una serie indeterminata di rapporti: nella vicenda in esame, infatti, la clausola compromissoria che deferiva ad arbitrato rituale ogni controversia inerente il contratto di locazione ultranovennale (inclusa nell'elenco aperto delle pattuizioni presunte come «vessatorie» dal legislatore ex art. 1341 c.c.) non rientra nell'ambito dei contratti cc.dd. «di massa», cioè predisposti mediante moduli e formulari e concepiti per regolare una serie indeterminata di rapporti negoziali, Inoltre, poiché la tutela di cui all'art. 1341 comma 2 c.c. (consistente nell'approvazione specifica per iscritto delle pattuizioni ritenute ex lege vessatorie) è funzionale a tutelare il contraente aderente-non predisponente, ne consegue che soltanto quest'ultimo può invocare l'assenza della sottoscrizione e, di conseguenza, l'inefficacia nei suoi confronti o inopponibilità della pattuizione. Da ciò consegue che nella fattispecie all'esame della Suprema Corte la mancata approvazione per iscritto della clausola compromissoria non poteva essere invocata dalla società Alfa ricorrente, in qualità di usufruttuaria subentrata della posizione contrattuale della originaria locatrice, la quale aveva predisposto la clausola compromissoria di cui la ricorrente si duole. Quanto alla seconda questione controversa, cioè la configurabilità di un litisconsorzio necessario tra originario locatore-nudo proprietario dell'immobile e successiva parte subentrante nel contratto di locazione-usufruttuario, la Corte di cassazione ha ribadito il principio già elaborato in giurisprudenza secondo cui, laddove alla originaria coincidenza tra qualità di titolare della piena proprietà e locatore, succeda poi la scissione tra la posizione di nudo proprietario da una parte ed usufrutturario-locatore dall'altra, la qualità di locatore, in virtù delle disposizioni coordinate degli artt. 981, 984 e 999 c.c. si concentra per tutti i rapporti, attivi e passivi, sostanziali e processuali, nel titolare dell'usufrutto; e ciò sia in caso di costituzione dell'usufrutto inter vivos, sia mortis causa. Osservazioni
L'ordinanza in commento si segnala non già per il suo carattere innovativo, atteso che ribadisce orientamenti già espressi in modo costante in seno alla giurisprudenza di legittimità, ma per risolvere in modo estremamente chiaro e coerente con i principi generali due problemi frequenti nella prassi quelli cioè dell'ambito di operatività della tutela di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c. e della configurabilità di un litisconsorzio necessario in caso di subentro dell'usufruttuario all'originario pieno proprietario che abbia concluso il contratto di locazione. Così in prima battuta la Suprema Corte nella pronuncia in oggetto ribadisce ancora una volta che il presupposto indefettibile per l'operatività della disciplina contenuta negli artt. 1341 e 1342 c.c., consistente nell'approvazione per iscritto da parte del non predisponente delle condizioni generali di contratto reputate «vessatorie» dalla legge, è rappresentato dalla circostanza che esse (e, nella specie, la clausola compromissoria) siano contenute in contratti formalmente contenuti in moduli e formulari e sostanzialmente connotati dalla loro direzione volta a regolare in modo unitario ed uguale una serie indefinita di rapporti giuridici verso una platea di soggetti indeterminati. Soltanto in questo caso, infatti, sussiste la necessità dell'effettiva tutela del contraente non predisponente mediante il presidio formale della specifica approvazione per iscritto ex art. 1341 comma 2 c.c. in ordine alle condizioni generali a carattere vessatorio predisposte dall'altra parte, al fine di garantire in capo all'aderente un surplus di attenzione e, dunque, una presa di coscienza circa la portata e gli effetti di quanto va a sottoscrivere. La logica conseguenza di tale ricostruzione è che qualora, come nella vicenda esaminata dalla Corte di cassazione in questa sede, il contratto sia stato predisposto sì unilateralmente, ma nell'ambito di una «singola», «specifica» vicenda negoziale o addirittura laddove il regolamento negoziale costituisca l'esito di una trattativa tra le parti, non vi è ragione per applicare la tutela prevista dagli artt. 1341 e 1342 c.c., la quale presuppone che la controparte aderente non abbia sostanzialmente alcuna voce in capitolo nella conformazione dell'assetto negoziale. Da qui, poi, l'ulteriore effetto per cui se la ratio delle norme in esame è quella di proteggere il contraente non predisponente, allora è solo quest'ultimo a poter invocare, in una prospettiva a legittimazione «relativa» o «ristretta» propria della categoria delle nullità di protezione, l'applicabilità del rimedio di cui all'art. 1341 comma 1 c.c. della inefficacia relativa o inopponibilità delle clausole vessatorie non specificatamente approvate per iscritto. Quanto poi alla questione circa la configurabilità di un litisconsorzio necessario tra originario locatore che perde la qualità di pieno proprietario per divenire nudo proprietario a seguito della costituzione di usufrutto (quantunque per atto tra vivi o mortis causa) ed usufruttuario-locatore, la Corte di cassazione, anche questa volta confermando orientamenti già espressi in passato, ha condivisibilmente risolto il problema richiamando il disposto degli artt. 981, 984 e 999 c.c. , concludendo nel senso che l'attribuzione della nuda proprietà e dell'usufrutto, originariamente cumulate in capo al medesimo soggetto locatore, a soggetti diversi (con l'usufruttuario che diventa locatore), implica che essa si concentra per tutti i riflessi, attivi e passivi, sostanziali e processuali, nel titolare dell'usufrutto. In altri termini, dunque, per effetto della scissione della piena proprietà, inizialmente facente capo all'originario locatore, tra due diversi soggetti, appunto il locatore iniziale (divenuto nudo proprietario) e l'usufruttuario/locatore, non sorge alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario tra questi ultimi, di talché si realizza un fenomeno equiparabile a quello della successione a titolo particolare nel rapporto controverso, con l'usufruttuario che, anche nei rapporti processuali e nei giudizi, si sostituisce al nudo proprietario. |