Lavoratori fragili e lavoro agile nella pubblica amministrazione

08 Febbraio 2021

In tema di lavoro agile nella pubblica amministrazione, ai sensi del d.m. 19 ottobre 2020 del Ministro per la Pubblica Amministrazione, ciascun dirigente adotta, nei confronti dei dipendenti di cui all'art. 21-bis, d.l. n. 104/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 126/2020...

In tema di lavoro agile nella pubblica amministrazione, ai sensi del d.m. 19 ottobre 2020 del Ministro per la Pubblica Amministrazione, ciascun dirigente adotta, nei confronti dei dipendenti di cui all'art. 21-bis, d.l. n. 104/2020, convertito, con modificazioni, dalla l n. 126/2020, “nonché, di norma, nei confronti dei lavoratori fragili ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile anche attraverso l'adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento come definite dai contratti collettivi vigenti e lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale”.

Il dirigente “tiene conto, nella rotazione di cui alla lettera d), ove i profili organizzativi lo consentano, delle eventuali disponibilità manifestate dai dipendenti per l'accesso alla modalità di lavoro agile, secondo criteri di priorità che considerino le condizioni di salute del dipendente e dei componenti del nucleo familiare di questi, della presenza nel medesimo nucleo di figli minori di quattordici anni, della distanza tra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro, nonché del numero e della tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e dei relativi tempi di percorrenza”.

Nel caso di specie, il giudice ha riconosciuto il diritto allo svolgimento del lavoro agile in misura non inferiore al cinquanta per cento alla lavoratrice di fatto preposta ad attività che avrebbero potuto essere svolte in modalità di lavoro agile, evidenziando come la dipendente - vedova, madre di due figli ed affidataria di un minore, tutti in situazione di handicap grave ex art. 3 comma 3 l. n. 104/92 - ove non le si fosse consentito di operare, quanto meno parzialmente, in smart working, si sarebbe trovata esposta ad un elevato rischio di contrarre il virus Covid-19 - tenuto, in particolare, conto che il territorio era considerato un'area caratterizzata da uno scenario ad elevata gravità e, quindi, “zona arancione”- con il grave pericolo di contagiare i propri congiunti disabili, ovvero di trovarsi nell'impossibilità di poter prestare loro assistenza.

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