Gli eredi della vittima di un sinistro possono chiedere il risarcimento del lucro cessante

Redazione Scientifica
09 Febbraio 2021

«Dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall'Inps al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto, trattandosi di una forma di tutela previdenziale connessa ad un peculiare fondamento solidaristico e non geneticamente connotata dalla finalità di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del danneggiato per effetto dell'illecito del terzo».

Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 2177/21, depositata il 1° febbraio.

A seguito di un sinistro stradale, gli eredi della vittima chiedevano dinanzi al Tribunale di Lamezia Terme il risarcimento dei danni patiti nei confronti del conducente dell'altro veicolo, della proprietaria e della loro compagnia assicuratrice.

Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo esistente e risarcibile il danno non patrimoniale, escludendo invece il danno patrimoniale da lucro cessante.

In Appello veniva confermata tale sentenza in virtù del principio della compensatio lucri cum damno, in quanto gli appellanti beneficiavano di una pensione di reversibilità al 60% del reddito del defunto.

Gli eredi hanno dunque impugnato la pronuncia di seconde cure dinanzi alla Corte di legittimità ribadendo la risarcibilità del danno patrimoniale da lucro cessante.

Secondo i ricorrenti il principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione solo laddove il pregiudizio all'incremento patrimoniale sia dovuto ad un fatto illecito. Presupposto che non ricorreva nel caso di specie.

La Cassazione ha accolta la doglianza richiamando la sentenza n. 12564/18 con cui ha stabilito che «dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall'Inps al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto, trattandosi di una forma di tutela previdenziale connessa ad un peculiare fondamento solidaristico e non geneticamente connotata dalla finalità di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del danneggiato per effetto dell'illecito del terzo».

La sentenza impugnata viene, quindi, rinviata alla Corte d'Appello al fine di esaminare l'appello proposto, dovendo applicare il suddetto principio.

Fonte: Diritto e Giustizia

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