La lieve disconnessione del manto stradale e la scarsa illuminazione di sera non sono sufficienti per consentire alla cittadina, finita rovinosamente a terra, di ottenere dal Comune un adeguato ristoro economico (Cassazione, ordinanza n. 2184/21, depositata il 1° febbraio).
Protagonista della vicenda è una donna, rimasta vittima di una caduta lungo una strada di una cittadina campana. Inevitabile, nella sua ottica, la citazione in giudizio nei confronti del Comune, da lei ritenuto responsabile per le condizioni della strada e, quindi, per il capitombolo.
Questa visione è ritenuta corretta in Tribunale: lì il Comune viene condannato a versare un adeguato risarcimento alla donna per «i danni da lei subiti a seguito della caduta» verificatasi, nell'estate del 2011, «a causa della sconnessione del manto stradale, pavimentato con basoli».
La cittadina ha sostenuto che il capitombolo «è stato determinato dalla non immediata visibilità della sconnessione», frutto anche della «scarsa illuminazione della strada nelle ore serali». Ma questa tesi non regge, invece, secondo i Giudici d'Appello, i quali negano alla stessa il diritto al risarcimento e la condannano al «pagamento delle spese del doppio grado di giudizio».
Col ricorso in Cassazione la danneggiata punta a conquistare un seppur minimo ristoro economico.
In questa ottica il suo legale sostiene che «il Comune non ha dimostrato e neppure allegato la sussistenza del caso fortuito, limitandosi a dedurre un comportamento negligente della persona danneggiata». Egli aggiunge poi che, comunque, i Giudici territoriali hanno dato atto della «esistenza della sconnessione del manto stradale», sufficiente, secondo il legale, a creare «una situazione di pericolo, caratterizzata dall'elemento oggettivo della non visibilità e da quello soggettivo dell'imprevedibilità, come riferito anche dai testimoni», mentre in secondo grado si è sostenuto che «non è stato spiegato per quale ragione la donna è inciampata in una sconnessione di scarsa entità».
Dalla Cassazione ribattono ricordando che è sempre necessaria «la prova del nesso causale e cioè la dimostrazione dell'esatta dinamica, con specifico riferimento all'efficienza causale della res rispetto alla condotta della persona danneggiata, e che lo stato dei luoghi presentava peculiarità tali da rendere potenzialmente dannosa la normale utilizzazione del bene». In questa vicenda, invece, «il contenuto delle dichiarazioni testimoniali è stato generico, riguardo alla condizione della strada e alla scarsa illuminazione» e ciò «non consente di appurare l'effettiva efficienza causale di tali elementi rispetto all'evento» danno subito dalla donna.
I Giudici del Palazzaccio si soffermano proprio sul «contenuto della prova testimoniale», prova che, come evidenziato in secondo grado, «non consentiva, in alcun modo, di evincere di quale entità fosse stata la sconnessione della strada, indicata come causa della rovinosa caduta».
Così, «ritenuta generica la prova testimoniale, nella parte relativa alle caratteristiche specifiche del manufatto (basoli stradali) e alla idoneità causale» rispetto al capitombolo subito dalla donna, e fatto riferimento alle «caratteristiche della pavimentazione stradale, quali emergono dalle fotografie in atti», mancano, in sostanza, elementi concreti per «illustrare la dinamica» dell'episodio e per «imputare ad una lieve sconnessione l'efficienza causale» dedotta dalla ricorrente.
Tracciato questo quadro, è logico, concludono dalla Cassazione, respingere la richiesta risarcitoria avanzata nei confronti del Comune.
(Fonte: Diritto e Giustizia)