La sospensione delle udienze e dei termini nel diritto processuale dell'emergenza

Roberta Nardone
10 Febbraio 2021

I provvedimenti adottati nel periodo dell'emergenza Covid-19 nella materia processuale sono stati diversi e gli effetti di alcuni di essi potrebbero incidere sulla regolarità dei procedimenti ben oltre il periodo di loro stretta efficacia...
I provvedimenti di sospensione dei termini e delle udienze nel periodo emergenziale (in generale)

I provvedimenti adottati nel periodo dell'emergenza Covid-19, nella materia processuale, sono stati diversi e gli effetti di alcuni di essi potrebbero incidere sulla regolarità dei procedimenti ben oltre il periodo di loro stretta efficacia.

Quanto alle udienze, il d.l. n. 9/2020 le aveva sospese fino al 22 marzo 2020; è seguito il d.l. n. 18/20 (c.d. Decreto Cura Italia), che ha prorogato la sospensione sino al 15 aprile 2020 cui è seguita la ulteriore proroga all'11 maggio 2020 per effetto dell'art. 36 del d.l. n. 23/2020.

Detta sospensione ha operato per tutte le controversie, salvo quelle considerate «indifferibili» (ex art. 83 comma 3 del d.l. n. 18/20).

Il Governo ha introdotto, infatti, una tipologia di sospensione ben più ampia di quella tradizionale, ricorrente nel periodo feriale e prevista dall'art. 92 del R.d. n. 12/1941, con le sole eccezioni individuate, ope legis o ope iudicis.

Così, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica, non hanno subito la sospensione in materia civile i procedimenti individuati: in base al criterio della materia (es. procedimenti che riguardano lo stato di adottabilità); in base alla natura del procedimento (sub-procedimenti inibitori volti a sospendere l'efficacia esecutiva delle sentenze – artt. 283, 351 e 373 c.p.c.); dalla combinazione del primo e del secondo criterio con quello dell'incidenza su diritti fondamentali (i procedimenti cautelari vanno trattati solo se riguardanti «diritti fondamentali della persona»); in base al criterio della indifferibilità (come nelle cause di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno, che, pur riguardando soggetti fragili, sono rinviate, salva l'urgenza definita come «una motivata situazione di indifferibilità incompatibile anche con l'adozione di provvedimenti provvisori»).

La dichiarazione d'urgenza, ope iudicis, è stata riservata alle cause «la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti»: doveva essere fatta dal Presidente in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del collegio, egualmente non impugnabile.

Gli artt. 83 comma 2 del d.l. n. 18/20 (c.d. Decreto Cura Italia), e 36 comma 1 del d.l. n. 23/2020 (c.d. Decreto Liquidità), convertito in l. n. 40/2020, hanno disposto la sospensione «straordinaria» dei termini processuali dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020 (dunque, per un totale di 64 giorni).

L'art. 83 citato, per il medesimo periodo (9 marzo 2020 – 11 maggio 2020) è intervenuto su una particolare categoria di «termini di prescrizione e decadenza» e, precisamente, di quei termini di prescrizione e decadenza «dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento di attività precluse dai provvedimenti medesimi».

In materia di mediazione, il comma 8 del d.l. n. 18/2020, come modificato in sede di conversione, ha previsto per il medesimo periodo (dal 9 marzo all'11 maggio 2020) la sospensione dei «termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione…negoziazione assistita…quando i predetti procedimenti siano stati introdotti o risultino già pendenti a far data dal 9 marzo» nonché la sospensione dei «termini di durata massima dei medesimi procedimenti» (Il comma 20 dell'art. 83 del d.l. n. 18/20 (prima delle modifiche introdotte in sede di conversione) prevedeva che l'effetto sospensivo si producesse solo «quando i predetti procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo 2020 e quando costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale»).

Rinvio d'ufficio delle udienze sospese e la verifica della corretta instaurazione del contraddittorio

Il legislatore non ha previsto un meccanismo processuale - ad esempio notifica dei decreti di rinvio o notifica di una nuova citazione - diretto ad assicurare la conoscenza da parte del convenuto, ancora non costituito, della nuova data di rinvio.

La situazione emergenziale impone, quindi, una maggiore cautela nella verifica della corretta instaurazione del contraddittorio venendo in rilievo una possibile incertezza sulla data dell'udienza di prima comparizione in quanto differita dal giudice attraverso un decreto emesso fuori udienza (anche più di una volta) e a distanza di mesi rispetto a quella indicata in citazione o nel decreto di fissazione (nei giudizi instaurati con ricorso).

Poichè la normativa in esame ha previsto un mero differimento delle udienze civili (art. 83 comma 2 del d.l. n. 18/2020), deve escludersi che, ove sorgano dubbi sulla conoscenza del rinvio da parte del convenuto ancora non costituito, possa applicarsi la sanzione della nullità ex art. 164 c.p.c. Il rimedio a tutela del convenuto sarà costituito dal differimento della causa con onere di nuova notifica del decreto di differimento a cura della parte attrice (ove la controparte risulti ancora non costituita) per consentire il pieno maturarsi di tutti i termini processuali collegati alla vocatio in ius del convenuto, ai fini della corretta integrità del contraddittorio tra le parti.

La sospensione dei termini processuali (in generale) e la corretta individuazione della scadenza

La sospensione dei termini processuali comporta l'esclusione dei giorni ricompresi tra il 9 marzo e l'11 maggio dal calcolo di tutte le scadenze processuali. A tal proposito, come chiarito dall'Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di cassazione, con relazione n. 28 del 1 aprile 2020, «La sospensione dei termini opera poi per tutti gli atti processuali, compresi quelli necessari per avviare un giudizio di cognizione o esecutivo (atto di citazione o ricorso, ovvero atto di precetto), come per quelli di impugnazione (appello o ricorso per cassazione). Viene così espressamente confermato l'orientamento della Suprema Corte a tenore del quale la nozione di «termine processuale», secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, essendo espressione di un principio immanente nel nostro ordinamento, non può ritenersi limitata all'ambito del compimento degli atti successivi all'introduzione del processo, dovendo invece estendersi anche ai termini entro i quali lo stesso deve essere instaurato, purché la proposizione della domanda costituisca l'unico rimedio per la tutela del diritto che si assume leso)».

Pertanto, tutti i termini per i ricorsi o il deposito di atti difensivi si intendono sospesi nel predetto periodo e hanno ripreso a decorrere dal 12 maggio 2020.

Di conseguenza, ai fini della corretta individuazione della scadenza, il tempo eventualmente trascorso prima della sospensione, deve essere sommato a quello che è iniziato a trascorrere successivamente alla stessa. Qualora il termine, invece, avrebbe dovuto avere inizio durante il periodo di sospensione, lo stesso inizia a decorrere soltanto alla fine di detto periodo, quindi dal 12 maggio 2020.

La sospensione dei termini processuali, dal 9 marzo all'11 maggio 2020, non opera, invece, come per il rinvio delle udienze, nelle ipotesi previste dall'art. 83 comma 3 lettere a), b) e c).

Qualora il termine per il compimento dell'atto era stato indicato (assegnato) dal giudice a data fissa - come può accadere ex art. 175 comma 2 c.p.c. – e sia caduto all'interno del periodo di sospensione, sembra ragionevole che il nuovo termine sia individuato (in automatico) aggiungendo alla scadenza un numero di giorni corrispondente a quelli interessati dalla sospensione (64 gg.). E' vero che il termine indicato a data fissa dal giudice non è vincolato ad una durata indicata dalla legge e, quindi, le parti non hanno il diritto a conservare la durata che il termine processuale avrebbe dovuto avere al netto del periodo di sospensione e, tuttavia, il criterio sopra enunciato, oltre ad essere coerente con quanto è pacificamente ritenuto per la materia della sospensione feriale, evita al giudice una riprogrammazione puntuale di tutti i termini già concessi al fine di assicurare alle parti un lasso di tempo equivalente a quello in origine programmato.

Il periodo di sospensione non incide, invece, ove il termine indicato a data fissa dal giudice era per una data successiva all'11 maggio 2020, salvo il potere discrezionale del giudice di prorogare ex art. 154 c.p.c., se non ancora scaduti, i termini concessi.

Verifica del termine minimo di comparizione

Anche laddove l'udienza di prima comparizione sia stata differita dal giudice nel predetto periodo di sospensione ex lege, la stessa sospensione dei termini può avere inciso sul c.d. termine minimo di comparizione.

Si tratta, come sappiamo, del numero minimo di giorni liberi che l'attore, nel fissare il giorno della prima udienza, deve lasciare intercorrere tra il giorno della notificazione della citazione e il giorno dell'udienza indicata nella vocatio in ius ovvero nell'atto introduttivo. L'art. 163-bis c.p.c. fissa termini liberi non minori di novanta giorni, se il luogo della notificazione si trova in Italia, e di centocinquanta giorni, se si trova all'estero, per i giudizi introdotti con citazione (termini analoghi vigono per il giudizio di appello pereffetto del richiamo operato dall'art. 342 c.p.c.); nelle cause che seguono il rito c.d. del lavoro (art. 415 c.p.c., art. 447-bis c.p.c.), tra la data di notificazione al convenuto e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.

I termini predetti hanno natura dilatoria e vanno perciò computati all'indietro. Essendo liberi non si deve tenere conto né del dies a quo (giorno dell'udienza), né del dies ad quem (ultimo giorno entro il quale deve essersi perfezionata la notificazione). A norma dell'art. 70-bis disp. att. al c.p.c. i termini di comparizione vanno rispettati avuto riguardo all'udienza indicata in citazione anche se questa subisca il differimento di cui all'art. 168-bis comma 4 c.p.c.

Diversamente, laddove sia il Giudice istruttore a differire la data della prima udienza (art. 168-bis comma 5 c.p.c.), i termini dovranno essere computati rispetto alla nuova udienza indicata dal giudice.

Trattandosi di termini «procedurali» godono della sospensione prevista dall'art. 83 comma 2 del d.l. n. 18/2020, motivo per il quale l'eventuale loro pendenza nel periodo intercorrente tra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020, non consente di ritenere realizzata la condizione prevista dagli artt. 163-bis c.p.c. o 415 c.p.c.: salvo il caso in cui il termine libero di comparizione fosse (già) decorso completamente in data antecedente al 9 marzo 2020.

Gli atti introduttivi notificati a cavallo di tale data sono probabilmente quelli che hanno subìto maggiormente gli effetti della sospensione dei termini processuali e la verifica del rispetto del termine a comparire costituisce un passaggio importante attese le gravi conseguenze derivanti dalla relativa violazione.

Infatti, con riferimento al giudizio di primo grado, l'assegnazione al convenuto di un termine a comparire inferiore a quello stabilita dalla legge determina la nullità della citazione ai sensi dell'art. 164 comma 1 c.p.c.: trattasi di nullità sanabile e rilevabile d'ufficio.

In caso di mancata costituzione del convenuto, il giudice, rilevata la nullità dovrà disporre la rinnovazione della citazione entro un termine perentorio con efficacia sanante ex tunc; gli effetti sostanziali e processuali della domanda si produrranno, tuttavia, dalla prima notificazione. La mancata rinnovazione della notifica dell'atto introduttivo, determinerà, invece, la cancellazione della causa dal ruolo e la estinzione del processo ai sensi dell'art. 307 comma 3 c.p.c.

In caso di costituzione del convenuto la nullità risulterà invece sanata con efficacia ex tunc ove questi si difenda nel merito senza eccepirla. Ove nel costituirsi il convenuto sollevi invece l'eccezione senza anche svolgere difese e chiedendo la fissazione di una nuova udienza, il giudice dovrà differire l'udienza garantendo il rispetto dei termini minimi di comparizione. La Suprema Corte ha infatti ribadito (Cass.civ., sez. VI, ord., 16 ottobre 2014, n. 21910 e Cass. civ., sent., 16 ottobre 2014, n. 21957) che, se il convenuto costituendosi svolge le sue difese, non sussiste il presupposto per differire l'udienza giacchè il legislatore, non avendo richiesto un'istanza del convenuto di differimento in aggiunta all'eccezione di nullità, ha inteso ricollegare il dovere di fissazione di una nuova udienza ad una costituzione finalizzata alla sola formulazione dell'eccezione e non anche ad una costituzione che alla formulazione dell'eccezione accompagni lo svolgimento delle difese. Tant'è vero che la nuova udienza fissata dal giudice assume, rispetto al convenuto, la stessa funzione di quella indicata nella citazione, e dunque di una udienza in relazione alla quale il comportamento del convenuto è regolato dagli artt. 166 e 167 c.p.c. e non di una udienza rispetto alla quale egli dovrà meramente integrare le proprie difese.

Nei procedimenti soggetti al rito del lavoro (Cass. civ., sez. un., 21 marzo 2001, n.122) come per tutti i procedimenti introdotti con ricorso, invece, si ritiene che la inosservanza del termine dilatorio a comparire non è configurabile come un vizio di forma o di contenuto dell'atto introduttivo, atteso che, a differenza di quanto avviene nel rito ordinario, essa si verifica quando il giudizio è stato già incardinato mediante il deposito del ricorso in cancelleria, sicchè tale inosservanza non comporta la nullità dell'atto introduttivo (diversamente dalla citazione ex art. 164 c.p.c.), bensì quello della sua notificazione (Cass. civ., 26 luglio 2013, n. 18168), sanabile ex tunc per effetto di spontanea costituzione del resistente o di rinnovazione, disposta dal giudice ex art. 291 c.p.c. (Cass.civ., 28 agosto 2013, n. 19818 e in precedenza Cass. civ., n. 488/2010) costituendo questa norma espressione di un principio generale dell'ordinamento, riferibile ad ogni atto che introduce il rapporto processuale e lo ricostituisce in una nuova fase giudiziale, per cui sono sanabili ex tunc, con effetto retroattivo a seguito della rinnovazione disposta dal giudice, non solo le nullità contemplate dall'art. 160 c.p.c., ma tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono all'atto di raggiungere lo scopo a cui è destinato (art. 156 comma 3 c.p.c.), ossia la regolare costituzione del rapporto processuale, senza che rilevi che tali nullità trovino la loro origine in una causa imputabile all'ufficiale giudiziario o alla parte istante.

Termini processuali a ritroso

Con riguardo ai termini processuali a ritroso previsti da codice di rito, ove interessati dagli effetti della sospensione in esame, il legislatore ha espressamente previsto, al comma 2 dell'art. 83 del d.l. n. 18/20, lo spostamento dell'udienza in modo che gli stessi vengano computati in relazione alla nuova udienza di rinvio (salvo che fossero già spirati alla data del 9 marzo 2020). Si pensi ai termini per la costituzione del convenuto e, quindi:

- venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione ai sensi dell'art. 166 c.p.c., ridotti a dieci nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell'art. 163-bis c.p.c., ovvero almeno venti giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'art. 168-bis comma 5 c.p.c..;

- entro il termine assegnato dal giudice in sede di fissazione di udienza nel rito sommario di cognizione , ai sensi del terzo comma dell'art. 702-bis c.p.c., che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza fissata per la trattazione del ricorso;

- dieci giorni prima dell'udienza fissata per la discussione, nei processi destinati a svolgersi con il rito del lavoro, in forza del generale disposto dell'art. 416 c.p.c. richiamato anche nelle c.d. controversie locatizie (art. 447 bis c.p.c).

La verifica del rispetto di detti termini è rilevante per conseguenze pregiudizievoli che derivano dalla inosservanza.

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 38, 166, 167 e 269 c.p.c., il convenuto deve, infatti, costituirsi tempestivamente ove intenda spiegare domande riconvenzionali, chiamare in causa terzi, eccepire l'incompetenza del giudice adito dall'attore o sollevare eccezioni di rito o di merito non rilevabili d'ufficio; nel rito sommario di cognizione la costituzione tardiva comporterà la decadenza del resistente rispetto alla possibilità di proporre domande riconvenzionali, formulare eccezioni di rito o di merito non rilevabili d'ufficio, chiamare in causa terzi; nelle controverse soggette al rito c.d. lavoristico , in forza del generale disposto dell'art. 416 c.p.c., il resistente deve costituirsi in giudizio almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata per la discussione, al fine di non incorrere nelle decadenze previste dalla medesima norma (domande riconvenzionali, eccezioni di rito e di merito non rilevabili d'ufficio, indicazione di prove e produzioni documentali) oltre a perdere la possibilità di effettuare la chiamata in causa di terzi.

La previsione del comma 2, seconda parte, dell'art. 83 cit., nello stabilire che quando il termine a ritroso ricade, in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine, in modo da consentirne il pieno rispetto, costituisce una novità rispetto all'interpretazione fornita in passato dalla Suprema Corte, che, in tema di sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, aveva affermato che siffatta sospensione comportava semplicemente la sottrazione del medesimo periodo dal relativo computo. Ad es., in Cass. civ., sez. 2, 17 maggio 2010, n. 12044 si è affermato che, ai fini della costituzione del convenuto in primo grado, il termine di venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, andava calcolato, ove fosse stata indicata un'udienza per una data successiva al compimento del periodo feriale ma tale che il termine di venti giorni ricadeva in detto periodo, mediante un conteggio a ritroso che in detta frazione temporale incontra una parentesi oltre la quale il conteggio stesso doveva proseguire fino ad esaurimento. Con la norma in commento, invece, se ad esempio il termine a ritroso prima dell'udienza, ricade nel periodo di sospensione, deve necessariamente disporsi il differimento della detta udienza.

Gli atti processuali compiuti prima della scadenza dei termini e il principio della consumazione del potere

La sospensione dei termini per gli adempimenti delle parti nella odierna situazione emergenziale con l'accavallarsi degli interventi normativi e delle proroghe che si sono succedute può avere indotto alcune parti ad effettuare il relativo adempimento con molto anticipo rispetto alla effettiva scadenza, credendo, poi, di potere reiterare il deposito in prossimità dell'esaurimento del termine, magari dopo avere esaminate le avverse difese.

La giurisprudenza esclude che la parte possa depositare una memoria che sostituisca od integri quella depositata anticipatamente. Ciò in applicazione del principio di consumazione dei poteri ritenuto immanente nell'ordinamento processuale per ragioni di ordinato svolgimento delle cause: il deposito di un atto consuma il relativo potere, con la conseguenza dell'inammissibilità di un successivo deposito, per quanto avvenga nel rispetto dei termini previsti dalla legge o assegnati dal giudice e la conseguente inutilizzabilità di eventuali documenti allegati con il secondo deposito (cfr. Trib. Mantova 30 maggio 2017; Trib. Catania 13 febbraio 2020; Trib. Frosinone 10 ottobre 2014).

Anche la Suprema Corte ha ritenuto, in relazione all'ipotesi di due comparse conclusionali depositate in momenti differenti da due diversi difensori per la medesima parte, che il primo esercizio della facoltà di provvedere al deposito consumi, anche quando i termini non siano ancora scaduti, il diritto della parte di svolgere in seguito ulteriore attività difensiva (Cass.civ., 30 novembre 2012, n. 21472) e in materia di impugnazioni la consumazione del relativo potere è stato largamente ribadito dalla Suprema Corte (tra le altre, Cass. civ., sez. un., 22 febbraio 2012, n. 2568; Cass. civ., 16 maggio 2016, n. 9993; Cass. civ., 21 dicembre 2011, n. 27898).

Il principio, pure criticato da chi sostiene che l'anticipazione di una attività difensiva, seguita dalla sua modifica o integrazione nei termini originariamente fissati, non comporta alcuna lesione del diritto di difesa della controparte, il cui potere di replica rimane intatto, risponde all'esigenza di assicurare l'ordinato svolgimento del processo. Diversamente ragionando, infatti, ciascuna parte dovrebbe attenzionare il termine finale fino all'ultimo secondo entro il quale la controparte potrebbe reiterare l'ennesimo deposito costringendo il contraddittore all'ennesima replica.

La sospensione della decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti

Il comma 8 dell'art. 83 del d.l. n. 18/2020 aggiunge che «per il periodo di efficacia dei provvedimenti di cui al comma 7 che precludano la presentazione della domanda giudiziale è sospesa la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti medesimi».

I dossier contenenti le schede di lettura predisposte dal servizio studi del Senato e della Camera dei deputati ai fini dell'esame del d.l. n. 18/2020 (A.C. 2463) non mostrano grandi perplessità interpretative della disposizione. Si legge: «In base al comma 8 (n.d.r.: dell'art. 83), se l'adozione delle misure organizzative per il contenimento del contagio preclude la possibilità di presentare una domanda giudiziale, la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei relativi diritti è sospesa fintanto che perdurano le misure stesse. Pertanto, i termini di prescrizione e decadenza sono sospesi di diritto dal comma 2 per il periodo 9 marzo -15 aprile (9 marzo - 11 maggio, in base al d.l. n. 23/2020) ma potranno essere sospesi anche successivamente, fintanto che perdurano le misure organizzative di contenimento del virus, se tali misure precludono la possibilità di presentare una domanda giudiziale».

Pertanto l'opinione largamente diffusa è che la lettera dell'art. 83 comma 2 cit. non riguardi espressamente i termini sostanziali di prescrizione e di decadenza ma che rientrino nella sospensione citata i termini sostanziali «stabiliti … per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio», quando si tratti di prescrizioni o decadenze la cui interruzione o il cui impedimento consegue esclusivamente alla proposizione della relativa domanda giudiziale, e non anche ad un atto stragiudiziale di costituzione in mora.

Si pensi, per fare qualche esempio, all'usucapione, all'azione revocatoria ordinaria, alla rescissione ed all'annullamento del contratto, alle impugnative di delibere, all'istanza del creditore contro il debitore per l'ultrattività della fideiussione in caso di scadenza dell'obbligazione principale, alle azioni possessorie, alla domanda di disconoscimento della paternità naturale, alla revocazione delle donazioni, alle impugnazioni delle rinunzie e transazioni previste dall'art. 2113 c.c., alla domanda proposta dal conduttore per ottenere la restituzione di somme corrisposte al locatore in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla legge ex art. 79 della l. n. 392/78).

Dunque, l'estensione interpretativa della sospensione dei termini processuali ex art. 83 comma 2 ai termini sostanziali «con rilevanza processuale» suppone che la possibilità di agire in giudizio costituisca, per il titolare che deve munirsi di una difesa tecnica, l'unico rimedio idoneo a far valere il suo diritto (con la precisazione che se l'azione va introdotta nelle forme del rito locatizio è alla iscrizione a ruolo che occorre fare riferimento).

In questo caso solo l'atto previsto dalla legge impedisce la decadenza (art. 2966 c.c.): in concreto tale atto è individuato nella domanda giudiziale, sempre che il relativo processo non venga in seguito ad estinguersi (Cass. civ., sez.II, 18 gennaio 2007 n. 1090; Cass. civ., sez.II, ord., 14 marzo 2018 n. 6230).

Va tuttavia considerato che per quelle controversie che, ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, implicano l'esperimento del procedimento di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda, il comma 6 del medesimo art. 5 prevede che «dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale» e «impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo». Nel singolare meccanismo di conciliazione strutturata sul processo, come allestito dal d.lgs. n. 28/2010, viene, quindi, prescelta, quanto meno per alcuni effetti, quali, appunto quelli interruttivi della prescrizione ed impeditivi della decadenza, una equivalenza tra domanda giudiziale e domanda di mediazione, non perché quest'ultima costituisce manifestazione di una volontà sostanziale, bensì in quanto instaura un rapporto diretto a realizzare un accordo conciliativo.

In conclusione

Il 12 maggio sono ripartiti i termini processuali, sospesi, in tutta Italia, dal 9 marzo 2020.

Le udienze, che in detto intervallo non si sono potute tenere, si sono anch'esse riattivate, eventualmente con l'adozione di modalità di svolgimento a distanza e salva comunque la facoltà dei capi degli uffici di disporne o consentirne il rinvio a dopo il periodo emergenziale. La finalità dell'art. 83 cit. era quella di garantire, anche durante il periodo di emergenza Covid-19, il diritto di difesa: nella speranza che la cura non sia peggiore del male possiamo solo augurarci che non si moltiplichino gli «strascichi» processuali.

Riferimenti
  • M. De Cristofaro, Termini a ritroso e “sospensione per pandemia”, in Giustizia Insieme n.1041 del 29.04.2020;
  • F. De Stefano, L'emergenza sanitaria rimodula i tempi della Giustizia: i provvedimenti sul civile (note a primissima lettura del d.l. n. 11 del 2020), in www.giustiziainsieme.it. n. 1041 – 29 aprile 2020;
  • G. Ianni, Costituzione del convenuto, Bussola in ilProcessoCivile.it portale telematico GIUFFRE', 8.6.2016.
  • G. Lauropoli, Le esecuzioni per rilascio ai tempi del Coronavirus, Focus in ilProcessoCivile.it, portale telematico GIUFFRE', 21 ottobre 2020;
  • R. Masoni, Il nuovo rito civile emergenziale di cui all'art.83, comma 7, lett. H) del d.l. 17 marzo 2020 n.18: una prima lettura, (Focus) in ilProcessoCivile.it, Giuffrè Marzo 2020;
  • S. Matteini Chiari, Notificazioni a mezzo posta ai tempi del COVID-19, ai sensi dell'art. 108, comma 1-bis, decreto Cura Italia, nota a Trib. Verona 22 luglio 2020, in ilProcessoCivile.it , portale telematico Giuffrè' 19 Ottobre 2020;
  • R. Nardone, Termini a comparire, Bussola in ilProcessoCivile.it portale telematico GIUFFRE', 6.2.2016;
  • R. Nardone, Termine di grazia nelle procedure di sfratto e la sospensione dei termini processuali di cui al d.l. n. 18/2020, Focus in ilProcessoCivile.it portale telematico GIUFFRE', 25 marzo 2020;
  • R. Nardone, COVID-19 e mediazione cd. a distanza: dalle indicazioni del CNF al d.l. n. 18/2020 in ilProcessoCivile.it portale telematico Giuffrè' 10 marzo 2020;
  • Relazione del Massimario della Corte di Cassazione n.28 del 1.4.2020;
  • A. Scarpa, COVID-19 e sospensione dei termini sostanziali, in Giustizia Insieme, aprile 2020;
  • P. Serrao D'aquino, La riorganizzazione della giustizia civile al tempo del COVID. Commento alle misure introdotte dal d.l. n.18 del 2020, in federalismi.it, marzo 2020;
Sommario