La conferibilità di piattaforma digitale in società

11 Febbraio 2021

Con l'avvento delle nuove piattaforme online, si pone il quesito sulla conferibilità, nelle società (di persone e/o di capitali) del valore economico delle stesse, di titolarità di socio persona fisica e/o giuridica. L'Autore si concentra, in particolare, sulla valutabilità in termini di perizia, di tutte le componenti patrimoniali insite nel corretto funzionamento della piattaforma e sulla sostanziale differenza tra conferimento di piattaforme internet e cessione delle stesse come aziende e/o rami di aziende.
Il conferimento in società di piattaforme digitali: possibili qualificazioni

Le definizioni più comuni e diffuse sul tema delle piattaforme online spaziano tra quelle che puntano l'attenzione sugli aspetti informatici e quelle che invece rimarcano il carattere della funzionalità delle stesse: nel primo senso, sono indicate come infrastrutture hardware o software che forniscono servizi e strumenti tecnologici, programmi e applicazioni, per la distribuzione, il management e la creazione di contenuti e servizi digitali gratuiti o a pagamento, anche attraverso l'integrazione di più media (integrated digital platform). Nel secondo senso, sono definite come quegli strumenti digitali attraverso cui è possibile costituire ambienti di apprendimento virtuali, sistemi di formazione in e-learning, ambienti di lavoro, management, ricerca, monitoraggio, nonché repository di esperienze e servizi organizzati su più livelli di accesso, per tipologia di utente.

Sul piano della qualificazione economica, la piattaforma digitale può essere open source o commerciale e può essere strutturata per un pubblico accesso o per un target circoscritto, previa registrazione. Essa può prevedere servizi informativi, interattivi, di file sharing, downloading e uploading, streaming nonché di comunicazione e condivisione di materiale multimediale.

Dal punto di osservazione tecnico, si deve precisare inoltre che le piattaforme digitali sono in grado di connettere tra loro i sistemi diversi ed esporli agli utenti attraverso interfacce semplificate ed integrate, generalmente un'applicazione (in gergo IT “app”) mobile o un sito web.

La piattaforma digitale dunque, non è una semplice vetrina virtuale per poter scegliere il prodotto o il servizio che si vuole, è piuttosto un network, un meccanismo che permette a tutti gli operatori coinvolti di monetizzare la disponibilità di informazioni sui potenziali match, ovvero le occasioni per completare o arricchire con la propria offerta quella degli altri partner della piattaforma. Se si guarda ai modelli più diffusi, elenchiamo le principali tipologie di piattaforme realizzabili:

- Matchmaker digitali (piattaforme transazionali e marketplace): si focalizzano sulle transazioni e permettono di far incontrare domanda e offerta di beni e servizi creando nuove occasioni di business. Gli esempi più rilevanti sono Amazon ed eBay, piattaforme che fondano il proprio fatturato sulle commissioni di vendita.

- Piattaforme di servizi: anche queste piattaforme si focalizzano sulle transazioni ma, al contrario del modello precedente, l'offerta attiene esclusivamente a servizi (tra i molti, Uber e Airbnb).

- Piattaforme di pagamenti: sistemi digitali che consentono l'elaborazione di servizi di pagamento virtuale, soprattutto operanti nei micropagamenti e nei trasferimenti in denaro Peer-to-Peer, come PayPal.

- Marketplace d'investimento: piattaforme che consentono servizi di raccolta di capitali rilevanti, tra cui l'equity crowdfunding, come CircleUp, sistemi informatici che puntano a sostenere le startup attraverso un meccanismo di investimento collettivo attraverso portali online (a questo riguardo, si legga il Regolamento UE 2020/1503 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il 20 ottobre e in vigore dal 10 novembre 2020).

Sul piano normativo, occorre ricordare che il 27 gennaio 2016, era stata presentata in Parlamento una proposta di legge per la regolamentazione delle piattaforme digitali (proposta A.C. 3564, recante ad oggetto “Disciplina delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi e disposizioni per la promozione dell'economia della condivisione”). La proposta di legge si occupa della disciplina delle modalità di esercizio dell'attività delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi, nonché dei rapporti tra gestore della piattaforma e utenti utilizzatori. Tali ambiti possono essere ricondotti rispettivamente alle materie della tutela della concorrenza (art. 117, comma 2, lett. e Cost.) e dell'ordinamento civile (articolo 117, comma 2, lettera l Cost.) di competenza esclusiva dello Stato

Attualmente, l'unica normativa in materia è il decreto legge n. 101/2019, convertito nella Legge 128/2019, che regola l'impatto delle piattaforme nell'ambito del rapporto di lavoro: questa legge va a modificare il Codice dei contratti di lavoro (D.lgs. 81/2015), definisce cosa sono le piattaforme digitali e fissa delle tutele minime per i lavoratori della gig economy, impiegati nelle attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore (cd. riders).

Secondo la definizione del legislatore, le piattaforme digitali sono “i programmi e le procedure informatiche delle imprese che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, organizzano le attività di consegna di beni, fissandone il prezzo e determinando le modalità di esecuzione della prestazione”.

La classificazione giuridica di conferimento di piattaforme online

Una volta compreso il significato variegato di piattaforme digitali, occorre procedere ad analizzare come poter configurare un possibile conferimento delle stesse in società: a questo riguardo, evidenziamo che dottrina e giurisprudenza ammettono la conferibilità delle piattaforme online nelle società inquadrando tale fenomeno nell'alveo dell'art. 2464 capoverso del Codice civile quanto alle s.r.l. e dell'art. 2440 c.c. per le s.p.a.: con riferimento alle prime, è stabilito infatti che sono conferibili tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica (articolo richiamato dall'art. 2481 bis, comma 4, c.c. in tema di aumento di capitale mediante nuovi conferimenti).

Pare assumere rilievo la questione se i beni o servizi sottesi alla piattaforma digitale, a seconda della tipologia della stessa, siano o meno futuri. Leggendo infatti il portale digitale come un bene futuro, o meglio un coacervo di beni e/o servizi futuri, potrebbe essere configurato alla stregua di un diritto di credito per beni o servizi futuri - richiamando la previsione in materia di conferimento di opera o servizi nella S.r.l. - la soluzione favorevole alla conferibilità richiederebbe l'applicazione dell'art. 2464, comma 6, c.c. “in via di estensione analogica o addirittura di interpretazione estensiva, a tutti i conferimenti” (quindi anche a quello in discorso) “non suscettibili di immediata e integrale liberazione all'atto della sottoscrizione: con la conseguenza che tali conferimenti dovranno considerarsi ammissibili alla sola condizione che il conferente procuri una polizza di assicurazione o una fideiussione bancaria idonee a garantire le prestazioni promesse per l'intero valore ad esse assegnato”.

Secondo la lettura maggioritaria, l'attribuzione in società di capitali di un portale online rientra nel novero di quei “beni e servizi suscettibili di valutazione economica” di cui al dettato normativo per le s.r.l. e dunque nel perimetro dei conferimenti di beni in natura: in questa prospettiva, deve essere attentamente valutata la condizione della concreta affidabilità della determinazione economica; da una parte vi è la lettura possibilista della dottrina di ammettere l'apporto anche di quei beni e diritti il cui esatto valore sia di difficile delineazione, compresi quelli la cui acquisizione da parte della società possa dimostrarsi nel futuro incerta, dall'altra parte pare che debbano invece essere esclusi tutti quei beni e/o servizi nei cui confronti non sia possibile operare, neanche a grandi linee, una valutazione dotata di adeguata credibilità. Secondo la dottrina, si deve infatti considerare valore di scambio il valore effettivo, di mercato, di un bene, che si presta a fungere da criterio generale di valutazione dei conferimenti in natura. Resta dunque principio fermo nell'ambito dei conferimenti in natura che il criterio della suscettibilità di valutazione economica vada interpretato come idoneità a rappresentare un valore non solo per i soci ma anche per i terzi, e dunque misurabile secondo parametri il più possibile oggettivi.

In quest'ottica, la stessa Giurisprudenza appare al momento molto cauta nell'ampliare le maglie dei beni e/o servizi conferibili in s.r.l. anche con riferimento a quei beni che possono formare oggetto di piattaforme digitali: come esempio di stretta attualità si riporta il recente orientamento sul conferimento di criptovalute: la sentenza della Corte d'Appello di Brescia del 24 ottobre 2018 inerente il conferimento di criptovalute sancisce quanto segue: “In assenza di un sistema di scambio idoneo a determinarne l'effettivo valore ad una data certa, non è possibile assegnare ad una criptovaluta un controvalore certo in euro, con la conseguenza che tale moneta virtuale non può costituire elemento attivo idoneo al conferimento nel capitale di una s.r.l.”. Orbene, anche a prescindere dall'oggetto specifico del conferimento oggetto della disamina giurisprudenziale, pare comunque prevalere la linea di pensiero secondo cui i beni che formano oggetto del conferimento in società di capitali debbono poter essere valutati in modo concreto ed effettivo.

Modificando il punto di osservazione, nell'ottica di comprendere l'ambito di applicazione dei possibili conferimenti in società di capitali delle piattaforme digitali, merita di essere considerato il conferimento del portale digitale all'interno del regime dei conferimenti d'opera e di servizi di cui agli artt. 2464 comma 6 e 2342 comma 5 c.c.: secondo questo tipo di ricostruzione, il portale digitale, essendo frutto di una continua attività di facere dell'imprenditore conferente, dovrebbe, per le s.r.l. seguire il procedimento della costituzione di una garanzia delle prestazioni d'opera e servizi confluenti nella piattaforma stessa. Diversamente, nelle s.p.a, tale forma di conferimento è esclusa (che non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni d'opera o di servizi. Così sono anche da escludere i conferimenti intesi come diritti di credito aventi ad oggetto prestazioni di tale natura: ne deriva che se si volesse conferire l'attività inerente un portale online in una s.p.a. come conferimento d'opera e/o servizi in una s.p.a., i servizi oggetto delle prestazioni di facere potrebbero essere ricondotti alle prestazioni accessorie regolate dall'art. 2345 c.c. e disciplinate dall'atto costitutivo.

Orbene, se pure è vero che proprio le prestazioni di facere sono il requisito che ha consentito all'imprenditore di far nascere, funzionare e manutenere la piattaforma digitale, esse di per se sole non possono completare il valore economico del portale digitale in quanto esso è formato anche da beni in natura quali: il nome a dominio, le grafiche delle pagine internet della piattaforma digitale, il software sviluppato dagli informatici per la creazione dell'infrastruttura tecnologica; inoltre, con specifico riferimento alle società per azioni, si ritiene non opportuno il conferimento della piattaforma digitale come conferimento d'opera e di servizi sia perché non consentito dalla legge, se non mediante il regime opzionale delle prestazioni accessorie, sia perché l'oggetto del conferimento sarebbe circoscritto alle sole prestazioni di facere, senza considerare i beni oggetto della piattaforma sopra indicati e altri. Lo stesso ragionamento dovrà essere fatto per le società a responsabilità limitata, ove il regime dei conferimenti aventi ad oggetto prestazioni d'opera è ben regolamentato, ma che per i motivi appena illustrati rischia di escludere la cospicua parte dei beni oggetto del portale online.

Sempre con riguardo alle società per azioni, merita di essere analizzato il regime del conferimento di beni e/o servizi suscettibili di valutazione economica come perimetro di applicazione dei conferimenti di piattaforme online. Principio cardine della s.p.a. è quello secondo cui le azioni corrispondenti ai conferimenti di beni in natura e di crediti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione (art. 2342, comma 3, c.c.): da ciò si ricava la conseguenza che sono anche esclusi dal conferimento tutti i beni che, per loro caratteristica, sebbene abbiano un proprio valore intrinseco, non siano suscettibili di essere trasferiti immediatamente al momento della sottoscrizione, come, ad esempio, le cose generiche, le cose future ed altrui nonché le prestazioni continuative o periodiche di beni. Sono, invece, conferibili i diritti di godimento, reali e personali, perché la società per azioni acquista, in quest'ultimo caso, immediatamente la disponibilità di tali beni, con tutte le relative utilità ritraibili. Allo stesso modo, possono nella s.p.a. essere trasferiti tutti i beni, anche immateriali, che sono iscrivibili in bilancio, siano essi diritti di brevetto per marchi, invenzioni e l'avviamento.

I requisiti della perizia

Con riferimento ai requisiti della perizia richiesta per i conferimenti di beni in natura e crediti, si deve fare un distinguo tra regime delle s.p.a. e regime delle s.r.l.: quanto alle prime, il socio conferente dovrà presentare un'istanza al Tribunale (alla sezione specializzata in materia di impresa) della circoscrizione in cui ha la sede la società da costituire. La relazione di stima viene redatta dai seguenti soggetti, in via alternativa: un esperto, una società di Revisione iscritta nell'albo speciale, oppure un revisore contabile iscritto nell'albo dei revisori contabili. La perizia verrà allegata all'atto costitutivo della società.

Nelle s.r.l., la nomina non viene effettuata dal Presidente del Tribunale, ma dal soggetto conferente. La relazione di stima deve contenere la descrizione dei beni conferiti, i criteri di valutazione adottati e l'attestazione che il valore attribuito è almeno pari al valore attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo. Non deve invece necessariamente attestare il valore effettivo del conferimento. La redazione della perizia deve avvenire in data aggiornata e comunque non anteriore a 4 mesi rispetto all'atto.

Orbene, calando tali regole nell'oggetto del presente esame, ci si deve anzitutto chiedere quali siano i criteri che il perito dovrà prendere in considerazioni al fine della corretta valutazione del portale internet da conferire.

Mentre nelle s.r.l., inoltre, non è disposto un meccanismo di tutela dell'acquirente a fronte della differente valutazione del complesso di beni in natura, la disciplina degli artt. 2343 e 2343-quater c.c. applicabile alle s.p.a. appare fornire alla parte "acquirente" uno straordinario strumento di tutela. L'art. 2343, comma 4, c.c. rimette agli amministratori della società conferitaria la verifica/revisione dei valori sulla base dei quali è avvenuto il conferimento, riconoscendo a tale parte contrattuale una sorta di "sintetica garanzia ex lege" relativa al valore del bene conferito; inoltre attribuisce alla società acquirente il diritto di annullare le azioni assegnate al conferente che risultano scoperte a seguito della revisione unilaterale del valore. La società potrà dunque accertare la sussistenza di vizi o di minusvalenza senza nessun parametro predefinito e potrà altresì ridurre discrezionalmente il "prezzo" pattuito lasciando al socio conferente l'unico rimedio del recesso dalla società.

L'art. 2343 quater c.c. obbliga gli amministratori ad accertarsi se, successivamente alla data di riferimento della perizia di cui all'art. 2343 ter, comma 2, lett. b) c.c. "si sono verificati fatti nuovi rilevanti tali da modificare sensibilmente il valore dei beni conferiti" alla data in cui è avvenuto il conferimento, con l'effetto di dover riattivare il procedimento di valutazione di cui all'art. 2343 c.c..

A temperare questo favor per l'acquirente, si può peraltro rilevare che: la minusvalenza che consente agli amministratori di attivare il procedimento di "adeguamento del corrispettivo" ex art.2343 ultimo comma c.c. è solo quella almeno pari al 20%, del valore stimato dal perito; si tratta senza dubbio di un importo ragguardevole, con la conseguenza che restano a carico della società conferitaria/acquirente le minusvalenze inferiori; inoltre, il perito può accertare solo le minusvalenze occorse fra la data di riferimento della perizia di stima e la data di esecuzione del conferimento, mentre restano a carico della società acquirente quelle minusvalenze verificatesi successivamente, anche se determinate da fatti o cause anteriori.

Quanto al regime delle s.r.l., si noti come l'art.2465 c.c. non preveda alcun tipo di controllo della relazione di stima da parte degli amministratori e, di conseguenza, non riconosca, ex lege, ad essi alcun potere di revisione del valore di conferimento. Da ciò ne deriva che i soci di s.r.l., diversi dal conferente, risultano maggiormente esposti ai rischi prospettati rispetto a quelli di una s.p.a., la cui disciplina assicura una certa qual tutela, anche se non piena; allo stesso tempo risulta quindi favorito il socio conferente, poiché il rischio di minusvalenza, anche se superiore al quinto del valore periziato, non è allocato esclusivamente sul suo investimento, in quanto l'unico rimedio al difetto di corrispondenza tra conferimento e valore successivo periziato consiste nella delibera di approvazione del bilancio con conseguente riduzione proporzionale del capitale sociale, ove necessaria. Resta dunque fermo che nelle s.r.l. sarà demandato all'autonomia privata l'onere di definire regole di protezione del patrimonio sociale nell'interesse della società conferitaria. Si può dunque pensare alla predisposizione di una disciplina generale di fonte statutaria, applicabile ad ogni conferimento in natura, oppure per la negoziazione di una disciplina puntuale, conferimento per conferimento, da deliberare in sede di aumento del capitale sociale e da riproporre poi nel contratto di sottoscrizione.

Il conferimento di piattaforma digitale come conferimento di azienda

Ci si potrebbe domandare se il conferimento di una piattaforma online eseguito sia in sede di atto costitutivo di società, sia in sede di operazioni di aumento di capitale sociale e/o di operazioni straordinarie possa formare oggetto di un conferimento d'azienda e non di un conferimento di bene in natura. Per rispondere al quesito, occorre, per grandi linee, individuare i tratti comuni tra l'uno e l'altro oggetto del portale online: secondo l'art. 2555 c.c., l'azienda è costituita dal “complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa" (art. 2555 c.c.).

Orbene, dal punto di vista economico, l'azienda può essere spiegata come quel sistema formato da risorse, persone ed operazioni con lo scopo di valorizzare le funzioni impiegate attraverso lo svolgimento di un'attività economica in modo continuativo e durevole. Già soltanto da queste considerazioni emerge la distinzione tra il conferimento dell'azienda in quanto tale, ed il conferimento della piattaforma digitale intesa come fascio di servizi e di beni offerti online.

Se infatti da un lato è vero che la piattaforma, come l'azienda, può essere qualificata come un complesso di beni e/o servizi organizzati, da un altro punto di vista la piattaforma, in quanto tale, risulta essere formata da un fascio di contratti aventi ad oggetto “programmi e procedure informatiche che organizzano le attività di consegna di beni, fissandone il prezzo e determinando le modalità di esecuzione della prestazione”. Dunque, sembrerebbe, stando ad una lettura delle normative, che la piattaforma digitale abbia il proprio nucleo fondativo non tanto nell'elemento organizzativo proprio dell'azienda, bensì nell'elemento contrattuale, essendo possibile il conferimento soltanto di un insieme di servizi che originano da contratti tra imprenditore titolare del portale, clienti, fornitori, e utenti; invero, questa distinzione tra elemento organizzativo ed elemento contrattuale non implica una cesura netta tra il bene giuridico azienda e il bene giuridico piattaforma: infatti, nel conferimento di azienda, salvo diversa pattuizione, vengono automaticamente trasferiti anche i contratti strumentali all'esercizio dell'impresa. Se la distinzione di cui sopra non pare così decisiva, diverso argomentarsi per quanto concerne l'elemento del valore economico di quanto conferito: nell'ottica del conferimento di azienda (o anche di un ramo della stessa), occorre garantire i terzi sul valore economico aziendale, dunque è necessario valutare non solo i singoli beni che compongono il patrimonio aziendale, ma l'intero sistema al fine di determinare l'attitudine dell'azienda a generare reddito e determinare il numero di azioni (o quote) da trasferire alla conferente. La piattaforma, intesa come insieme di beni e servizi staticamente considerata non ha in sé, ossia come fascio di beni e servizi autonomamente considerati, un valore che possa costituire oggetto di conferimento. Il tema della distinzione tra conferimento di azienda e di piattaforma come insieme di beni e servizi in natura deve essere affrontato sul piano della valutazione economica del bene/servizio da conferire, a seconda che si aderisca alla teoria del conferimento in oggetto come apporto di bene in natura e/o come conferimento di un'azienda. Sul punto, merita segnalare l'orientamento della Giurisprudenza che distingue tra conferimento/cessione di azienda e conferimento/cessione dei beni che la compongono: “Ai fini della configurabilità di una cessione d'azienda, soggetta a imposta di registro, assume rilevanza l'elemento funzionale, ossia il legame fra il singolo elemento aziendale, oggetto di cessione, e l'impresa. In assenza di tale legame il bene potrà essere considerato autonomamente assoggettato a IVA, mentre, in caso contrario, l'imposizione non può essere frazionata e l'intera operazione, ossia il complessivo negozio giuridico, dovrà essere considerato come cessione-conferimento d'azienda, indipendentemente dal fatto che il bene sia stato esplicitamente o implicitamente previsto nel negozio giuridico di cessione” (Cass. Civ. - Sez. Trib., 20 settembre 2017, n. 21767). Inoltre, qualora si opti per il conferimento di piattaforma digitale mediante l'apporto di un'azienda, si dovrà valutare se la piattaforma da conferire possa continuare come insieme di beni e servizi da parte della società conferitaria, ovvero se trasferendola in società essa cambi il proprio modo di funzionare: in tal senso si è pronunciata la stessa Corte di legittimità, che ha fatto emergere una nozione di “azienda” in linea con la tendenza a focalizzare l'attenzione sull'attività (e, quindi, sull'impresa), piuttosto che sull'insieme dei beni in sè considerato: il bene da conferire deve essere finalizzato ex ante all'esercizio di una attività di d'impresa, mentre non può essere, ex post, assemblato e coordinato con i fattori occorrenti per elevare il compendio così costituito al rango di azienda che, in quanto tale, non esisteva prima del trasferimento. Sulla scorta di tale principio il diritto vivente ha escluso la configurabilità di una “cessione di azienda”, con conseguente riconoscimento della legittima detrazione dell'Iva, in fattispecie in cui i beni ceduti erano stati impiegati dal cessionario per un'attività diversa da quella della cedente. In definitiva, per individuare una cessione di azienda, si deve valutare l'idoneità del quid trasferito a consentire la continuità dell'attività imprenditoriale (precedentemente, vale a dire “ex ante” svolta dal cedente) in capo al cessionario; occorre, dunque, che quell'insieme di beni e/o rapporti consenta al cessionario di svolgere, senza sostanziali modificazioni e aggiunte, l'attività d'impresa che (almeno in potenza) il cedente svolgeva al momento del trasferimento, in un contesto, per l'appunto e si ripete, di continuità (in tal senso, Cass. civ., n. 17182 del 28.06.2018). Resta altresì inteso che, a differenza di quanto avviene nelle operazioni di fusione, cessione o liquidazione, nell'operazione di conferimento d'azienda non vi è l'”eclissi” dell'impresa conferente, in quanto vi è solo l'apporto del complesso aziendale (tutti gli elementi del passivo e dell'attivo) in cambio di partecipazioni della conferitaria, quindi la conferente mantiene la sua natura giuridica.

Resta fermo che anche il conferimento di piattaforma come apporto di azienda sarà soggetto ad una valutazione distinta rispetto alla valutazione della piattaforma come fascio di beni e servizi: nella valutazione dell'azienda, infatti, si può scegliere di utilizzare il metodo patrimoniale, che esprime il valore dell'azienda in funzione del valore del suo patrimonio, quantificandone il valore come valore di ricostituzione del patrimonio nella prospettiva di funzionamento aziendale; oppure il metodo reddituale, che determina il valore dell'azienda sulla base della capacità della stessa di generare reddito; o ancora, i metodi misti patrimoniali-reddituali, che cercano di tener conto contemporaneamente dell'aspetto patrimoniale, che introduce nella valutazione elementi di obiettività e verificabilità, e dell'aspetto reddituale, essenziale ai fini della determinazione del capitale economico; tali metodi apportano una “correzione reddituale” al valore risultante dall'applicazione dei metodi patrimoniali, così da tenere nella dovuta considerazione la capacità della società oggetto di stima di generare profitti in misura tale da garantire la remunerazione del capitale investito. Si deve inoltre precisare che nella valutazione della piattaforma online come azienda, trovano applicazione anche i principi internazionali (IFRS 3), pertanto il costo di acquisizione, nel caso di conferimento d'azienda, è dato dal fair value delle azioni o quote emesse alla data dello scambio che, nell'ipotesi di società quotata è dato dal prezzo sul mercato al momento dell'emissione; nell'ipotesi di società non quotate è pari al maggiore tra il valore effettivo dell'azienda conferita e della conferitaria.

Il costo dovrà essere distribuito tra attività, passività (anche potenziali) e la differenza imputata ad avviamento.

In conclusione

La conclusione cui si è pervenuti circa la natura del conferimento nelle società di capitali di piattaforme digitali è che le stesse possono essere oggetto di conferimento in natura e/o azienda, con conseguente applicazione dei diversi regimi legali e tributari; la scelta verrà effettuata in funzione del tipo di attività oggetto del conferimento: se si tratta di un fascio di beni/servizi statisticamente considerato, che magari deve essere ancora messo in funzione, e dunque di un insieme di beni e servizi autonomi che può avere una valutazione attuale molto diversa da quella futura legata al funzionamento del portale, perché in via di costruzione, si potrà ritenere di applicare il regime dei conferimenti di tutti quegli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica (per le s.r.l.), mentre per le s.p.a. troverà applicazione la disciplina dei conferimenti di beni in natura più garantista di cui agli artt. 2343 e 2343-quater c.c. con la facoltà per l'organo amministrativo della conferitaria di revisione dei valori sulla base dei quali è avvenuto il conferimento, riconoscendo a tale parte contrattuale una sorta di garanzia ex lege relativa al valore del bene conferito.

Se invece si tratta di un complesso di beni già organizzato e dunque ben avviato in tutti i suoi elementi per l'esercizio di un'impresa, adottando i criteri di valutazione propri illustrati sopra, si potrà optare per il conferimento di un'azienda, purchè la società conferitaria si accolli, dietro corresponsione al conferente delle quote e/o azioni, anche gli strumentali rapporti attivi e passivi nati in capo all'azienda conferente secondo la disciplina dei trasferimenti di azienda.

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