Fondo patrimoniale e bisogni della famiglia: quando i beni possono essere escussi dal creditore?

Redazione scientifica
12 Febbraio 2021

La Corte di cassazione chiarisce cosa deve intendersi per fondo patrimoniale e quando i beni in esso vincolati possono essere aggrediti dai creditori, evidenziando a tal fine la giusta interpretazione da dare ai «bisogni della famiglia».

Così la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 2904/21, depositata l'8 febbraio.

Il Tribunale di Pesaro rigettava l'opposizione proposta dall'attuale ricorrente all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. promossa da una società bancaria nell'ambito di una procedura esecutiva avente ad oggetto un compendio immobiliare. A seguito di impugnazione, la Corte d'appello di Ancona respingeva il gravame proposto dall'odierno ricorrente, considerando la ravvisata inopponibilità alla creditrice proponente del relativo conferimento in fondo patrimoniale.
Il medesimo impugna la suddetta decisione mediante ricorso per cassazione, sostenendo, tra i diversi motivi, che l'onere probatorio risulta in capo al debitore che invochi l'applicabilità dell'art. 170 c.c., che dovrà provare che il debito sorto è estraneo ai bisogni della famiglia e che il creditore sia consapevole di tale estraneità, mentre nel caso di specie la Corte di merito aveva ravvisato la pignorabilità dei beni per essere stato il debito contratto ai fini del soddisfacimento di bisogni familiari. Inoltre, egli lamenta che non tutti i debiti sorti in capo al pater familias che abbia una partecipazione sociale hanno automaticamente una «matrice familiare», mentre la Corte aveva tratto tale conclusione in via preventiva, in quanto nella specie si trattava di una fideiussione prestata ad un amico.

La Suprema Corte accoglie le doglianze del ricorrente, chiarendo che il fondo patrimoniale indica la costituzione su beni determinati da parte di uno o di entrambi i coniugi di un vincolo di destinazione al soddisfacimento dei bisogni della famiglia; di conseguenza, essi non sono aggredibili per debiti che i creditori conoscevano essere stati contratti per bisogni estranei alla famiglia.
La Corte di Cassazione ha altresì specificato che tale costituzione di fondo patrimoniale può essere dichiarata inefficace nei confronti dei creditori mediante azione revocatoria ordinaria ai sensi dell'art. 2901 c.c., rimuovendo così (a vantaggio dei creditori) la limitazione delle azioni esecutive che l'art. 170 c.c. circoscrive ai debiti contratti per bisogni familiari.
L'esecuzione sui beni del fondo, infatti, ha luogo solo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia, dunque delle obbligazioni assunte, anche precedentemente la costituzione del fondo, per bisogni estranei alla famiglia, i beni vincolati non rispondono.
In tale contesto, gli Ermellini hanno ritenuto opportuno ribadire cosa si intenda per «bisogni della famiglia», chiarendo che essi devono intendersi non in senso restrittivo, ma ricomprendendo anche quelle «esigenze volte al pieno mantenimento ed all'armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi».

In tale contesto, i Giudici hanno evidenziato che è compito del giudice di merito l'accertamento della relazione esistente tra il fatto che ha generato il debito ed i bisogni della famiglia in senso ampio, con riferimento alle circostanze del caso concreto, spettando invece al debitore la prova della regolare costituzione del fondo e della sua opponibilità al creditore procedente, nonché la dimostrazione circa l'estraneità del debito ai bisogni della famiglia.
Inoltre, poiché tale vincolo opera solo nei confronti dei creditori consapevoli del fatto che l'obbligazione sia stata assunta non per fare fronte ai bisogni della famiglia, il Collegio sottolinea che tale consapevolezza deve sussistere al momento del perfezionamento dell'atto da cui l'obbligazione stessa deriva, potendo essa essere fornita anche per presunzioni semplici.

Avendo la Corte d'appello disatteso tali principi, la Suprema Corte accoglie il ricorso e cassa la decisione impugnata con rinvio degli atti al Giudice competente.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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