Sulla decorrenza del termine per impugnare le decisioni del CNF

16 Febbraio 2021

Il termine per proporre impugnazione avverso le decisioni del CNF innanzi alle Sezioni unite è di trenta giorni e decorre dalla notifica della sentenza a richiesta d'ufficio eseguita nei confronti dell'interessato personalmente...
Massima

In tema di giudizi disciplinari nei confronti degli avvocati, ai sensi dell'art. 36 commi 4 e 6 della l. n. 247/2012, in deroga al combinato disposto degli artt. 285 e 170 c.p.c., il termine di trenta giorni per impugnare la sentenza del CNF decorre dalla notifica della stessa a richiesta d'ufficio eseguita nei confronti dell'interessato personalmente, considerato che non ricorre qui la ratio della regola generale della necessità della notifica al difensore, in quanto il soggetto sottoposto a procedimento disciplinare è un professionista, il quale è in condizione di valutare autonomamente gli effetti della notifica della decisione, dovendosi, peraltro, eseguire la notificazione alla parte presso l'avvocato domiciliatario, secondo le regole ordinarie, e non direttamente alla parte, tutte le volte in cui il professionista incolpato decida di non difendersi personalmente, ma di farsi assistere da un altro avvocato, eleggendo domicilio presso il medesimo o presso un terzo avvocato.

Il caso

La decisione in esame trae origine dalla seguente vicenda: a seguito di un procedimento disciplinare il Consiglio dell'ordine degli avvocati riteneva responsabile l'avvocato dei danni cagionati al proprio assistito per aver omesso di presentare appello senza informare l'interessato e senza discutere con il medesimo le eventuali iniziative da assumere con conseguente passaggio in giudicato della condanna.

Avverso la decisione del Consiglio dell'ordine l'avvocato proponeva ricorso al Consiglio nazionale forense, che dichiarava inammissibile il ricorso per tardività. Il CNF rilevava che il ricorso era stato depositato solo nel ventinovesimo giorno successivo alla notifica. Secondo il giudice disciplinare, il termine di trenta giorni per proporre ricorso al Consiglio nazionale forense, stabilito dall'art. 61 della l. n. 247/2012, è riferibile esclusivamente alle impugnazioni avverso le decisioni del Consiglio distrettuale di disciplina, mentre per quelle pronunciate dal Consiglio dell'ordine degli avvocati continua a trovare applicazione il termine di venti giorni di cui all'art. 50 del R.d. n. 1578/1933, convertito, con modificazioni, nella l. n. 36/1934, e ciò anche dopo l'entrata in vigore, il 1° gennaio 2015, del regolamento CNF 21 febbraio 2014, n. 2, che regola il nuovo procedimento disciplinare.

Avverso la decisione del Consiglio nazionale forense l'avvocato proponeva ricorso per cassazione sostenendo che il CNF, in merito ai termini di impugnazione delle decisioni disciplinari, aveva applicato una norma ormai abrogata. In secondo luogo proponeva istanza di rimessione in termini sulla base della inesistenza o nullità della notifica della sentenza impugnata o nella denegata ipotesi per non aver avuto tempestiva conoscenza dell'avvenuta notifica.

La questione

Ci si chiede quale sia il termine di impugnazione, ovvero quando occorre fare riferimento al termine breve e quando, invece, si può usufruire del termine lungo, per proporre ricorso alle Sezioni Unite avverso la decisione del Consiglio nazionale forense e da quale momento inizia la sua decorrenza.

Ci si chiede, altresì, se la mancata comunicazione alla parte dell'avvenuta notifica della sentenza da parte del proprio domiciliatario costituisca causa non imputabile e quindi un presupposto per ottenere la rimessione in termini.

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza in commento, chiariscono i termini per proporre impugnazione avverso le decisioni del CNF e la loro decorrenza.

La Corte rileva come il ricorso per Cassazione sia stato proposto oltre il termine di trenta giorni decorrente dalla notifica della sentenza del Consiglio nazionale forense per cui è inammissibile.

Disattende, altresì, la richiesta di rimessione in termini sottolineando la mancanza dei presupposti richiesti dalla norma del codice di rito.

Osservazioni

La Corte nell'esaminare la fattispecie in esame rileva che la proposizione del ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio nazionale forense è soggetta, ai sensi dell'art. 36 comma 6 della l. n. 247/2012, al termine breve di trenta giorni, decorrente dalla notificazione d'ufficio della sentenza contestata. Resta salva l'applicabilità del termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c. nella sola ipotesi in cui non vi sia stata valida notificazione d'ufficio della decisione impugnata e nessun interessato abbia provveduto alla notificazione di propria iniziativa (cfr. Cass. civ., sez. un., 10 luglio 2017, n. 16993; Cass. civ., sez. un., 23 luglio 2018, n. 19526; Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2020, n. 24109).

Va, altresì, rilevato che l'art. 36 commi 4 e 6 della l. n. 247/2012, prevede che le decisioni del CNF sono notificate all'interessato, oltre che al pubblico ministero presso la Corte d'appello ed al Tribunale della circoscrizione alla quale l'interessato appartiene, e comunicate al Consiglio dell'ordine della circoscrizione e che da detta notificazione decorre il termine breve di trenta giorni per proporre ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione. Si tratta, dunque, di un'eccezione al combinato disposto degli artt. 285 e 170 c.p.c., dato che il termine di trenta giorni per impugnare la sentenza del CNF decorre dalla notifica della stessa a richiesta d'ufficio eseguita nei confronti dell'interessato personalmente, considerato che non ricorre qui la ratio della regola generale della necessità della notifica al difensore, in quanto il soggetto sottoposto a procedimento disciplinare è un professionista in condizione di valutare autonomamente gli effetti della notifica della decisione (cfr. Cass. civ., sez. un., 28 giugno 2018, n. 17192).

Qualora il professionista incolpato abbia deciso di non difendersi personalmente ma di farsi assistere da un altro avvocato, eleggendo domicilio presso il medesimo o presso un terzo avvocato, il provvedimento conclusivo deve essere notificato alla parte presso l'avvocato domiciliatario, secondo le regole ordinarie, e non direttamente alla parte (cfr. Cass. civ., sez. un., 18 dicembre 2018, n. 32725).

Nel caso di specie, nel giudizio di impugnazione dinanzi al Consiglio nazionale forense l'avvocato aveva eletto domicilio in Roma presso lo studio del difensore.

La notifica all'avvocato della sentenza del Consiglio nazionale forense, richiesta dalla segreteria giurisdizionale del Consiglio, è avvenuta nel domicilio eletto in Roma, mediante consegna di copia conforme all'originale a mani di persona qualificatasi come incaricato ivi addetto alla ricezione atti.

L'eccezione di nullità della notificazione, prospettata sul rilievo del mancato rispetto della prescrizione dell'art. 137 c.p.c., il quale esige che la copia dell'atto da notificare sia consegnata in busta sigillata con la trascrizione del numero cronologico della notificazione, è infondata.

La notificazione della sentenza impugnata avvenuta a mezzo ufficiale giudiziario appare pienamente conforme alla previsione normativa dettata dall'art. 137 c.p.c.

Infatti, dalla relata di notificazione risulta che l'Ufficiale giudiziario ha provveduto a consegnare, nel domicilio eletto e a persona incaricata addetta alla ricezione atti in assenza del destinatario, copia della sentenza del CNF "conforme all'originale" ed "in busta chiusa e sigillata, ai sensi di legge".

In merito all'istanza di rimessione nei termini, formulata dall'avvocato sul rilievo che il proprio difensore non l'aveva informata della presunta avvenuta notifica della sentenza impugnata, si precisa che anche se la rimessione in termini ha portata generale è destinata a trovare applicazione "qualora ne ricorrano i presupposti, ovvero la forza maggiore o il caso fortuito". Tali presupposti non sono stati rinvenuti nel caso in esame, per cui l'istanza non può essere accolta.

L'istituto della rimessione in termini, oggi disciplinato dall' art. 153 comma 2 c.p.c., applicabile anche in riferimento al termine perentorio per proporre ricorso per Cassazione (cfr. Cass. civ., 23 novembre 2018, n. 30512) e pure alle sentenze rese dal Consiglio nazionale forense in esito ad un procedimento disciplinare (cfr. Cass. civ., sez. un., 18 dicembre 2018, n. 32725; Cass. civ., sez. un., 10 gennaio 2019, n. 487), richiede pur sempre che vi sia una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti il carattere della assolutezza e non già una impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà, e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione (cfr. Cass. civ., 23 novembre 2018, n. 30512; Cass. civ., 6 febbraio 2019, n. 3482).

Nella specie la sentenza del CNF era stata regolarmente notificata all'interessata nel domicilio eletto presso il difensore, per cui la mancata comunicazione, ad opera del professionista domiciliatario, dell'avvenuta notificazione e l'omessa trasmissione, da parte di questo, della busta sigillata contenente la copia della sentenza notificata non rappresenta causa di impedimento non imputabile, tale da giustificare la rimessione in termini per evitare la decadenza dall'impugnazione.

La dimenticanza, dovuta a trascuratezza o a negligenza o anche ad un disguido, o le difficoltà operative del domiciliatario nel trasmettere la dovuta notizia alla parte, infatti, attengono esclusivamente alla patologia del rapporto intercorrente tra la parte stessa ed il professionista incaricato della domiciliazione e della ricezione della notificazione, e non sono rivelatrici di una causa non imputabile, che presuppone un impedimento all'esercizio del potere processuale non evitabile con un comportamento diligente.

Alla luce di quanto esposto la decisione in esame appare pienamente condivisibile. Non c'è dubbio che il ricorso sia stata proposto tardivamente e che per questo sia stato correttamente dichiarato inammissibile. Il termine breve di trenta giorni per proporre ricorso avverso la decisione del CNF decorre dalla notificazione d'ufficio della sentenza eseguita nei confronti dell'interessato personalmente o presso il difensore domiciliatario.

Al pari si condivide quanto affermato dalla Corte in merito ai presupposti necessari per poter chiedere ed ottenere la rimessione in termini. La mancata comunicazione dell'avvenuta notifica da parte del difensore al proprio assistito non può giustificare la richiesta non trattandosi di una causa non imputabile. Si tratta, infatti, di una circostanza che attiene al rapporto interno tra avvocato ed assistito e non rileva all'esterno.

Riferimenti
  • Caponi, La causa non imputabile alla parte nella disciplina della rimessione in termini nel processo civile, foro italiano, 1998.
  • Caponi, La rimessione in termini nel processo civile, Milano, 1996.
  • Caponi, Notificazione e rimessione in termini, diritto processuale civile e Corte Costituzionale, a cura di Fazzalari, Bari, 2007.
  • Tocci, Il nuovo procedimento disciplinare degli avvocati, Filodiritto, 2019.

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