PREU: è peculato interrompere artificiosamente i flussi di comunicazione dei dati degli apparecchi da gioco
17 Febbraio 2021
Costituisce il più grave di peculato ex art. 314 c.p. - e non frode informatica ex art. 640-ter c.p. ovvero un mero inadempimento di un'obbligazione tributaria - la condotta di concessionari e sub-concessionari che interrompono artatamente i flussi di comunicazione-dati con l'Amministrazione centrale e trattengono la percentuale delle giocate, c.d. PREU, dovute all'Erario. Le Sezioni Unite della Cassazione penale si sono così espresse sulla questione risolta con la sentenza n. 6087/2021, depositata il 16 febbraio.
Il caso riguardava un gestore di sale di giochi e slot machine, il quale aveva alterato il sistema informatico trattenendo a sè il 13,5% delle somme giocate - c.d. PREU, prelievo erariale unico (DL 269/2003). Le Sezioni Unite hanno ritenuto penalmente punibile – ai sensi delle più gravi previsioni dei reati contro la pubblica amministrazione - sia il concessionario cui è affidata la gestione telematica e la riscossione degli introiti sia il sub-concessionario o gestore di dettaglio, il quale, nonostante la natura privatistica del contratto stipulato con il concessionario, va parimenti ritenuto un incaricato di pubblico servizio ai sensi dell'art. 358 c.p. A nulla rileva, dunque, il rapporto contrattuale privatistico tra il concessionario ed il sub-concessionario con eventuale configurazione del meno grave delitto di appropriazione indebita ex art. 646 c.p.
Le Sezioni Unite qualificano il PREU quale imposta di consumo di cui l'utente è il contribuente di fatto, il (sub)concessionario l'obbligato di diritto – ai sensi, però, di una disciplina pubblicisticamente orientata – e l'Erario il formale proprietario.
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