L'eccezione di aliunde perceptum può essere proposta anche in appello

Ilaria Leverone
Ilaria Leverone
18 Febbraio 2021

Il cd. aliunde perceptum non costituisce oggetto di eccezione in senso stretto ed è dunque rilevabile d'ufficio dal Giudice se le relative circostanze di fatto risultano ritualmente acquisite al processo. Per tale ragione, l'eccezione di detrazione dell'aliunde perceptum non è subordinata alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino ex actis.

La Corte d'Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato una società al pagamento in favore di un lavoratore in precedenza licenziato delle retribuzioni medio tempore maturate dalla data del licenziamento sino a quello della reintegrazione, previa detrazione dell'aliunde perceptum che, nel caso di specie, era rappresentato da tutte le retribuzioni percepite dal lavoratore quale insegnante di educazione fisica presso scuole pubbliche nel medesimo periodo. La sentenza di secondo grado ha inoltre precisato che vi era una sostanziale incompatibilità tra l'attività svolta dal lavoratore in favore della società con quella di dipendente pubblico ai sensi dell'art. 53, d. lgs. n. 165/01. Con ricorso per cassazione il lavoratore ha eccepito la tardività e dunque la decadenza dall'eccezione di detrazione dell'aliunde perceptum poiché specificata solo in appello, poiché in primo grado era stata formulata un'eccezione generica di attività svolta presso una scuola pubblica e, sempre con riferimento all'aliunde perceptum, ha eccepito che le predette retribuzioni non fossero detraibili dal risarcimento del danno da licenziamento illegittimo.

L'eccezione di aliunde perceptum è sempre rilevabile d'ufficio. La Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso per omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. relativo alla parte in cui la Corte d'Appello, in violazione dell'art. 437 c.p.c., aveva ritenuto ammissibile l'eccezione di aliunde perceptum. E, ciò, nonostante l'eccezione fosse stata specificata solo in appello, mentre in primo grado era stata formulata una generica eccezione sul presupposto di un'attività lavorativa svolta presso una scuola pubblica. La Corte di Cassazione ha ribadito che non si tratta di un'eccezione in senso stretto e, dunque, ciò la rende rilevabile d'ufficio, anche in appello, purché le relative circostanze di fatto siano state ritualmente acquisite in causa. Ciò deve essere ritenuto sufficiente in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe alterata nel caso in cui le questioni rilevabili d'ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto.

La sentenza in commento offre l'occasione per puntualizzare come opera il meccanismo della compensatio lucri cum damno sottesa al principio dell'aliunde perceptum. Il ricorrente sosteneva infatti che si può detrarre dal risarcimento del danno parametrato alle retribuzioni perdute per l'inadempimento datoriale solo quanto il lavoratore abbia guadagnato altrove utilizzando il tempo reso libero dal licenziamento e non tutte le altre fonti di guadagno. Infatti, la compensazione trova applicazione solo se, e nei limiti in cui, sia il danno sia l'incremento patrimoniale o comunque il vantaggio siano conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto, il quale abbia in sé l'idoneità a produrre entrambi gli effetti. Così, in caso di lavoro con orario part-time, possono essere detratte dal risarcimento del danno da licenziamento solo le retribuzioni e/o i proventi derivanti da attività lavorativa effettuata nel medesimo lasso temporale in cui si sarebbe svolto il rapporto di lavoro cessato.