Il ruolo degli amministratori indipendenti: tra regole dell’UE e codici di autodisciplina

23 Febbraio 2021

L'amministratore indipendente ha assunto nel tempo un ruolo centrale all'interno della governance societaria. La sua posizione è stata ancor più valorizzata dall'attribuzione di funzioni di elevata importanza e responsabilità e, nonostante i dubbi sollevati nel tempo dalla dottrina, tale figura mostra di essere oggi determinante per la gestione e la risoluzione di molte delicate questioni che riguardano il funzionamento delle società. L'obiettivo del presente lavoro è quello di esaminare la disciplina dettata dai codici di autodisciplina europei in materia di amministratori indipendenti, con un riferimento alle nuove norme che il nostro Codice di Corporate Governance dedica a tale argomento.
La figura dell'amministratore indipendente

Nata negli Stati Uniti (GORDON, The Rise of Indipendent Directors in the US, 1950-2005: Of Shareholder Value and Stock Market Prices, in Stanford Law Review, 59, 2007, 1465 ss.), la figura dell'amministratore indipendente ha ormai acquisito una posizione fondamentale nella corporate governance delle società quotate sia negli USA sia in Europa (si veda REFLECTION GROUP, Report on the Future of EU Company Law, Brussels, 2011, 51 e ss.), così come ha acquisito centralità nell'ambito del governo delle banche, delle imprese assicurative e di altri soggetti del settore finanziario.

È noto che, sotto il profilo del ruolo e delle funzioni svolti, i membri del consiglio di amministrazione si distinguono tradizionalmente in amministratori esecutivi e non esecutivi, i primi si occupano della gestione operativa dell'impresa, ai secondi, invece, spettano la sorveglianza sull'operato dei primi, la compartecipazione alla definizione degli assetti organizzativi e delle linee di indirizzo strategico, lo svolgimento di attività istruttorie e di supporto alle delibere del consiglio di amministrazione e una possibile funzione di mediazione e bilanciamento tra gli interessi degli azionisti e quelli degli altri stakeholder. La delega di funzioni esecutive a singoli consiglieri e la presenza in consiglio di amministratori non esecutivi modificano la natura dell'organo consigliare, il quale assume il ruolo di organo di monitoraggio della gestione delegata, ancor di più quando il numero degli amministratori non esecutivi presenti in consiglio superi quello degli amministratori esecutivi.

La presenza in capo ad alcuni membri del consiglio di amministrazione dei formali requisiti di indipendenza previsti dalla legge o dall'autoregolamentazione non comporta l'attribuzione di alcun ruolo o funzione specifica all'interno del consiglio (in tal senso, FERRARINI, Funzione del consiglio di amministrazione, ruolo degli indipendenti e doveri fiduciari, in BIANCHINI, DI NOIA (a cura di), I controlli societari. Molte regole, nessun sistema, Milano, 2010; TOMBARI, Amministratori indipendenti, “sistema dei controlli” e corporate governance: quale futuro?, in TOMBARI (a cura di), Corporate Governance e sistema dei controlli nelle s.p.a., Torino, 2013, 48), né serve a determinare un aumento degli standard di diligenza e lealtà da osservare nello svolgimento dell'ufficio di amministratore. D'altra parte, il trend relativo alle modalità di impiego degli amministratori indipendenti muove nella direzione di affidare loro specifici compiti di supporto al consiglio e di supervisione dell'operato del management in relazione a valutazioni e decisioni d'impresa dove il conflitto di interessi della dirigenza e del gruppo di controllo si presenta più forte e potenzialmente pregiudizievole per la società e le minoranze azionarie, come ad esempio nella selezione dei nuovi amministratori da cooptare o da proporre all'assemblea nel caso di rinnovo del consiglio; nell'approvazione delle politiche di remunerazione degli amministratori esecutivi; nell'approvazione di operazioni con parti correlate; e nella verifica dell'idoneità delle procedure di controllo interno e gestione dei rischi.

Pertanto, quando la posizione di amministratore indipendente viene valorizzata con l'affidamento di una o più di tali funzioni, le responsabilità della persona sono sicuramente da misurarsi alla delicatezza e criticità dei compiti specifici che essa deve assolvere (REGOLI, Gli amministratori indipendenti, in ABBADESSA, PORTALE (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum G.F. Campobasso, II, Torino, 2006, 420 e ss.).

Nonostante non manchino dubbi sull'efficacia di una strategia di risposta ai problemi di agenzia basata sulla figura dell'amministratore indipendente, sia per la difficoltà di garantire indipendenza sostanziale ed autonomia di giudizio attraverso requisiti chiaramente formali, sia per le insuperabili asimmetrie informative esistenti tra soggetti estranei alla gestione corrente ed il management (si veda: REFLECTION GROUP, Report on the Future of EU Company Law, cit., 51 e ss.), il successo quanto meno normativo della figura è, allo stato dell'arte, indiscutibile, ed è andato crescendo soprattutto all'indomani delle molteplici frodi societarie e delle crisi finanziarie che hanno periodicamente tormentato società quotate e mercati finanziari a partire dagli anni 2000.

A testimonianza dell'inclusione degli amministratori indipendenti tra gli strumenti universalmente ritenuti idonei a rafforzare la guida strategica della società, garantire l'effettivo controllo del management e promuovere l'accountability del consiglio di amministrazione nei confronti della società e dei suoi azionisti, si pongono oggi, tra gli altri, i principi di buon governo societario promossi dall'OCSE e dal G20 (G20/OECD Principles of Corporate Governance, September 2015). La tesi generalmente accolta anche in questi principi è che la presenza di amministratori indipendenti possa contribuire fattivamente al processo decisionale del consiglio di amministrazione e garantire un punto di vista oggettivo nella valutazione della performance del consiglio e del management. Secondo questa prospettiva, gli amministratori indipendenti possono vantare un ruolo chiave nelle aree in cui gli interessi del management, della società e degli azionisti divergono, come la nomina e definizione delle politiche di remunerazione della dirigenza, la determinazione dei piani di successione dell'amministratore delegato, le misure difensive contro i tentativi di takeover ostili, lo svolgimento della funzione di controllo interno, l'approvazione delle operazioni con parti correlate.

Nello specifico, secondo il principio OCSE/G20 n. VI.E, il consiglio di amministrazione deve essere sempre capace di svolgere una valutazione oggettiva ed indipendente degli affari della società. A tal fine, si raccomanda che un numero sufficiente di componenti del consiglio di amministrazione sia indipendente dal management, dall'azionista di maggioranza e da ogni altro soggetto (il disegno dei requisiti di indipendenza dovrebbe risultare dall'abbinamento di presunzioni assolute di difetto di indipendenza e presunzioni relative di possesso di indipendenza). Nelle società che adottano sistemi di amministrazione e controllo di tipo monistico, si raccomanda di rafforzare ulteriormente obiettività e indipendenza del consiglio di amministrazione separando le cariche di amministratore delegato e presidente del consiglio di amministrazione. Questa scelta permetterebbe un corretto equilibrio di potere e aumenterebbe l'indipendenza decisionale del board dall'influenza del management.

Il consiglio deve poi attestare chi dei propri membri possa essere considerato indipendente e dichiarare i criteri di accertamento dell'indipendenza applicati. Inoltre, il consiglio deve considerare la creazione di comitati interni a supporto delle funzioni svolte dal consiglio nella sua interezza, con particolare riguardo alla funzione di controllo interno e, in relazione alla natura, dimensioni e profilo di rischio dell'impresa, anche con riguardo alla funzione di risk management, nonché in materia di nomina e determinazione delle politiche di remunerazione degli amministratori.

Questi comitati devono essere composti da un numero sufficiente, e possibilmente maggioritario, di amministratori indipendenti, i quali hanno il compito di occuparsi di decisioni, atti ed operazioni potenzialmente viziati da conflitti di interesse, come la comunicazione finanziaria e non finanziaria, la supervisione delle operazioni con parti correlate, la nomina dei componenti del consiglio di amministrazione e dei dirigenti con responsabilità strategiche.

In aggiunta a quanto precede, il principio OCSE/G20 n. VI.F sottolinea l'importanza di un'informativa accurata e tempestiva a favore di tutti i membri del consiglio e, soprattutto, la sua essenzialità affinchè gli amministratori indipendenti, per loro natura estranei alla gestione corrente e continuativa della società e impossibilitati quindi ad intrattenere rapporti abituali con la dirigenza, possano efficacemente e con la dovuta diligenza svolgere il proprio ruolo.

Pertanto, si raccomanda che venga assicurato agli amministratori non esecutivi ed indipendenti accesso diretto ad alcune figure chiave del management, quali il segretario generale della società, il responsabile del controllo interno e il responsabile della funzione di gestione del rischio, e che sia loro garantita la possibilità di avvalersi all'occorrenza di consulenti esterni indipendenti a spese della società.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il Sarbanes-Oxley Act del 2002, introdotto a seguito del collasso di Enron, Worldcom e altre tra le maggiori società quotate americane nei primi anni 2000, prevede non solo che le società quotate debbano istituire un comitato audit direttamente responsabile della nomina, remunerazione e supervisione del soggetto incaricato della revisione contabile, ma anche che tale comitato debba essere composto di soli amministratori indipendenti. NYSE e Nasdaq hanno a loro volta richiesto alle società quotate che tutti i componenti del comitato remunerazioni e del comitato nomine siano indipendenti e che indipendente sia anche la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione (NYSE Listed Company Manual, §303 A e Nasdaq Rules 4200 e 4350).

Nella stessa direzione, il Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act del 2010, varato all'indomani della più grave crisi finanziaria nella storia recente degli Stati Uniti, dispone che tutti i componenti del comitato remunerazioni delle società quotate devono essere indipendenti. L'impiego di amministratori indipendenti riveste poi un ruolo centrale nel diritto giurisprudenziale statale (del Delaware e di altri Stati federali) relativamente ad atti od operazioni in potenziale conflitto di interessi.

L'approvazione delle operazioni sociali con parti correlate, in particolare con il management e il socio di controllo, da parte degli amministratori indipendenti consente alla società e al suo gruppo di controllo, se convenuti in giudizio, di beneficiare, in relazione ai casi, della business judgment rule o dell'inversione a carico dell'attore dell'onere della prova circa la non correttezza e non convenienza dell'operazione per la generalità degli azionisti (POMELLI, Related-Party Transactions and the Intricacies of Ex-Post Judicial Review: The Parmalat/Lactalis Case, in European Company and Financial Law Review, 1, 2016, 79 e ss.).

Allo stesso modo, per quanto riguarda l'adozione di misure difensive contro tentativi di acquisizione ostili, la presenza in consiglio di una maggioranza di componenti indipendenti contribuisce a fondare una presunzione di buona fede e correttezza procedurale nell'assunzione delle relative deliberazioni.

La disciplina comunitaria

Le scelte dell'Europa, a sua volta non risparmiata da crisi finanziarie e grandi scandali societari, confermano la popolarità della figura dell'amministratore indipendente (HILL, Corporate Scandals Across the Globe: Regulating the Role of the Director, in Ferrarini et al., Reforming Company and Takeover Law in Europe, Oxford University Press, 2004, 241 e ss.), sebbene l'approccio appaia più timido e più prudente.

A livello di legislazione dell'Unione Europea, disposizioni in materia di possesso di requisiti di indipendenza da parte di alcuni componenti dell'organo amministrativo si rintracciano nelle discipline speciali del settore bancario ed assicurativo e nella regolamentazione della revisione legale dei conti e dei controlli interni.

A quest'ultimo proposito, l'art. 39 della Direttiva Audit, come modificato dalla direttiva 2014/56/UE del 16.4.2014, nel disporre la costituzione da parte degli enti di interesse pubblico di un comitato per il controllo interno e la revisione contabile con funzioni di monitoraggio della revisione legale e del processo di informativa finanziaria e di controllo dell'efficacia dei sistemi di controllo interno, richiede che lo stesso sia costituito da membri senza incarichi esecutivi dell'organo di amministrazione e/o di membri designati dall'assemblea generale degli azionisti, la maggioranza dei quali deve essere indipendente dall'ente sottoposto a revisione. Inoltre, la presidenza del comitato deve essere affidata ad un componente indipendente. D'altra parte, la determinazione dei requisiti di indipendenza è rimessa discrezionalmente a ciascun Stato membro. La direttiva (art. 39, §5), non senza alcune contraddizioni, permette agli Stati membri di esonerare il comitato per il controllo interno e la revisione contabile dall'obbligatoria presenza di una maggioranza di componenti in possesso dei requisiti di indipendenza qualora tutti i membri del comitato per il controllo interno e la revisione contabile siano anche membri dell'organo amministrativo o di controllo dell'ente sottoposto a revisione. Si tratta di una circostanza non rara atteso che, in mancanza di una designazione ad hoc dei suoi membri da parte dell'assemblea generale degli azionisti, esso dovrà necessariamente essere composto da membri non esecutivi degli organi di amministrazione o controllo. Tuttavia, considerato che nessuna norma europea prescrive che tutti o anche solo parte dei membri non esecutivi dell'organo di amministrazione di società qualificabili come enti di interesse pubblico debbano essere indipendenti dalla società in cui svolgono le funzioni, è chiaro che la disciplina europea persegue l'obiettivo di indipendenza del comitato per il controllo interno e la revisione contabile senza la dovuta coerenza.

Fatta eccezione per la previsione relativa al comitato per il controllo interno e la revisione contabile degli enti di interesse pubblico, le autorità dell'Unione europea, diversamente da quelle americane, si astengono dal prescrivere nel consiglio di società quotate sia la costruzione di comitati ulteriori rispetto al comitato per il controllo interno, sia la presenza di amministratori indipendenti negli eventuali ulteriori comitati interni che il consiglio abbia liberamente istituito. Più in generale, la legislazione europea si astiene dal prescrivere in modo generalizzato la presenza in consiglio di un numero minimo di amministratori indipendenti e, a fortiori, dal disporre l'impiego per l'approvazione di determinate tipologie di deliberazioni od operazioni. Ciò non significa che la presenza di un numero adeguato di amministratori indipendenti nel board di società quotate europee e nei comitati interni di queste ultime siano temi del tutto trascurati.

Piuttosto, è bene anticipare sin da ora che un efficiente utilizzo degli amministratori indipendenti viene ricercato con una diversa strategia regolatoria, basata su un “mix” di sof law in chiave di autoregolamentazione, regole di quotazione in determinati mercati regolamentati (o in alcuni segmenti “premium” di mercato regolamentato) e raccomandazioni puntuali delle autorità in una logica di moral suasion.

A seguito di due studi condotti su suo incarico (WEIL, GOTSHAL & MANGERS LLP, Comparative Study of Corporate Governance Codes Relevant To The European Union and Its Member States, January 2002, e HIGH LEVEL GROUP OF COMPANY LAW EXPERTS, Report on a Modern Regulatory Framework For Company Law in Europe, Bruxelles, 4 November, 2002), la Commissione Europea si è convinta dell'inopportunità di legiferare in ambito di composizione dei consigli di amministrazione e dei relativi comitati interni, attribuzione di funzioni a tali comitati e requisiti e ruolo degli amministratori indipendenti nelle società quotate (Commissione Europea, Modernizzare il diritto delle società e rafforzare il governo societario nell'Unione europea – Un piano per progredire, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo COM (2003) 284 del 21.5.2003, §3.1.3). Infatti, da un lato, le varie differenze tra gli ordinamenti societari nazionali in materia di struttura e funzionamento dei sistemi di amministrazione e controllo avrebbero creato non pochi ostacoli all'armonizzazione tra gli Stati membri; dall'altro lato, la necessità di un'armonizzazione in tale settore veniva messa in discussione in considerazione della convergenza di principi, standard e prassi di mercato osservati dalle società nazionali in applicazione dei codici nazionali di autodisciplina.

In questo quadro di riferimento, accertato il sostanziale allineamento dei principi contenuti nei vari codici nazionali in materia di amministratori indipendenti, la Commissione europea, tenendo ben presenti i suggerimenti avanzati dal High Level Group of Company Law Expert (Report on a Modern Regulatory Framework For Company Law in Europe, cit., § 4.1), per la valorizzazione del ruolo degli amministratori non esecutivi ed indipendenti ha preferito optare per lo strumento della raccomandazione agli Stati membri. L'istituto della raccomandazione non è formalmente vincolante, ma evidenzia la volontà della Commissione di promuovere l'armonizzazione sui principi e standard di condotta che ne fanno oggetto, in questo modo gli Stati membri vengono avvisati della possibilità che la Commissione intraprenda un'iniziativa legislativa in futuro qualora dovesse verificare il mancato adeguamento spontaneo degli Stati membri alle raccomandazioni.

Nel dettaglio, la raccomandazione 2005/162/CE del 15.2.2005 della Commissione europea sul ruolo degli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate segue tre direttrici: previsione della partecipazione in consiglio di un certo numero di amministratori non esecutivi e di amministratori indipendenti; organizzazione del consiglio di amministrazione in comitati per la valutazione delle materie in cui più elevato è il rischio di conflitti di interesse; determinazione dei profili che qualificano la figura dell'amministratore non esecutivo.

Con riferimento al primo aspetto, pur non prevedendo un numero fisso o percentuali precise, si invita a prevedere un giusto equilibrio tra amministratori con incarichi esecutivi e amministratori senza incarichi esecutivi affinchè nessun soggetto o gruppi di soggetti possa dominare l'adozione di decisioni da parte del consiglio.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, si invita a costituire un comitato per le nomine, un comitato per le remunerazioni e un comitato per la revisione dei conti a tutela dei settori di attività a più elevata criticità per il buon governo della società. Attesa la formale distinzione ed effettivo esercizio delle funzioni riguardanti le nomine, remunerazioni e revisione dei conti, si ammette la possibilità di costituire meno di tre comitati raggruppando le funzioni nel modo che si ritiene più opportuno. In tali comitati dovrebbero sedere amministratori esecutivi in numero tale da garantire un efficace presidio di correttezza contro il rischio che interessi privati prevalgano sugli interessi della società.

Il compito dei comitati è quello di presentare raccomandazioni volte a preparare le decisioni che saranno poi prese dal consiglio. La finalità ultima è quella di aumentare l'efficienza e la correttezza del lavoro del consiglio, garantendo ponderazione e obiettività nelle decisioni da assumersi in consiglio, delle quali il plenum consiliare rimarrebbe comunque l'unico responsabile.

I comitati devono essere formati da almeno tre persone (in realtà, nelle società in cui i consigli di amministrazione hanno dimensioni ridotte, essi potrebbero essere composti anche da sole due persone), sottoposte a periodico rinnovo per evitare il rischio di creare uno stato di dipendenza di alcuni componenti nei confronti di altri. Le loro funzioni e i loro poteri devono essere stabiliti in un mandato pubblico definito dal consiglio di amministrazione, almeno una volta all'anno nell'ambito dell'informativa annuale sulle strutture e pratiche di governo societario adottate dalla società. Le società dovrebbero rendere pubbliche annualmente le dichiarazioni dei comitati esistenti relative alla loro composizione, al numero delle riunioni e al grado di partecipazione dei loro componenti durante l'anno. Nello specifico, il comitato per la revisione dei conti dovrebbe confermare che il processo di revisione contabile è sufficientemente indipendente e dovrebbe argomentare sinteticamente le ragioni a base di tale conclusione. Inoltre, i comitati relazionano periodicamente il consiglio sulle attività effettuate e dovrebbero avere accesso diretto ai dirigenti della società per ottenere tutte le informazioni necessarie. A garanzia dell'autonomia e trasparenza dell'attività dei comitati, gli amministratori non appartenenti al comitato devono poter prendere parte alle sue riunioni solo su invito.

Il comitato per le nomine, di cui si raccomanda la previsione ogni qualvolta ai sensi della legge nazionale il consiglio partecipa alla nomina e/o revoca degli amministratori adottando esso stesso decisioni o presentando proposte ad altri organi sociali, deve essere formato da una maggioranza di amministratori non esecutivi ed indipendenti. Tra le sue funzioni vengono ricomprese: l'esame periodico della struttura, dimensione, composizione e dei risultati del consiglio con raccomandazioni per eventuali cambiamenti; la valutazione periodica delle competenze, conoscenze ed esperienza dei singoli amministratori; la valutazione delle questioni riguardanti la programmazione dell'avvicendamento dei vertici della società; la revisione della politica del consiglio in materia di selezione e nomina dei dirigenti di più alto livello. Nello svolgimento delle proprie funzioni l comitato dovrebbe consultare l'amministratore delegato e prendere in considerazioni le eventuali proposte presentate da amministratori esecutivi, dirigenti ed azionisti.

Con riferimento alle politiche e procedure interne adottate dalla società, il comitato per la revisione dei conti ha, tra i suoi compiti: la verifica dell'integrità delle informazioni finanziarie fornite dalla società; il riesame, almeno annuale, dei sistemi di controllo interno e di gestione dei rischi, allo scopo di garantire che i rischi principali siano ben individuati, gestiti e resi noti; garantire l'efficacia della funzione di revisione interna dei conti, nello specifico adottando raccomandazioni sulla selezione, nomina, rinnovo del mandato e destituzione del capo del servizio di revisione interna dei conti e sul bilancio di servizio.

Infine, per quanto riguarda il profilo dell'amministratore “ideale”, atteso che tutti i componenti del consiglio dovrebbero essere in possesso di conoscenze, esperienze e abilità adeguate all'incarico, che il consiglio dovrebbe perseguire una sufficiente diversificazione delle competenze, particolare attenzione è posta sulle caratteristiche della figura dell'amministratore indipendente, proprio per il suo rilievo al fine di vigilare sui conflitti di interesse che possono pregiudicare la gestione della società. A tale proposito, si raccomanda per tutti i nuovi amministratori un programma di formazione personalizzato avente ad oggetto le responsabilità connesse alla carica e l'organizzazione e l'attività della società; inoltre, una verifica annuale sul consiglio nella sua interezza per valutare l'opportunità di un aggiornamento delle competenze e conoscenze degli amministratori.

Secondo la Commissione europea, l'amministratore può essere considerato indipendente se è libero da relazioni professionali, familiari o di altro genere con la società, il suo azionista di controllo o con i dirigenti di entrambi, che creino un conflitto di interessi tale da poter alterare la sua autonomia ed imparzialità di giudizio. Sebbene i criteri di accertamento dell'indipendenza siano lasciati alla discrezionalità degli Stati membri, la Commissione europeasottolinea che nella valutazione dell'indipendenza si deve tener conto della sostanza e non della forma dei requisiti previsti; inoltre, fornisce alcune indicazioni abbastanza dettagliate su circostanze presuntive dell'assenza di indipendenza che dovrebbero essere accolte anche a livello nazionale. L'amministratore indipendente non dovrebbe essere amministratore con incarichi esecutivi o con poteri di gestione della società o di una società collegata e non dovrebbe avere ricoperto tale incarico nei cinque anni precedenti; non dovrebbe essere dipendente della società o di una società collegata e non dovrebbe aver ricoperto tale incarico nei tre anni precedenti; non dovrebbe ricevere o aver ricevuto una remunerazione aggiuntiva considerevole dalla società o da una società collegata oltre al compenso ricevuto in qualità di amministratore senza incarichi esecutivi; non dovrebbe essere né rappresentare in alcuna maniera l'azionista o gli azionisti di controllo; non dovrebbe avere o aver avuto nel corso dell'ultimo anno un rapporto di affari importante con la società o una società collegata, né direttamente né come socio, azionista, amministratore o dirigente di un soggetto che abbia un tale rapporto di affari; non dovrebbe essere o essere stato nel corso degli ultimi tre anni partner o dipendente del revisore die conti esterno della società o di una società associata; non dovrebbe essere legato da stretti vincoli di parentela a un amministratore con incarichi esecutivi o a persone che si trovano nelle situazioni precedenti.

In ogni caso, la valutazione dell'indipendenza degli amministratori dovrebbe essere effettuata in modo autonomo dal consiglio di amministrazione sotto la propria responsabilità, ma con la massima trasparenza.

Ciò significa, innanzitutto, che nonostante il rispetto formale dei requisiti di indipendenza, il soggetto possa essere valutato dal consiglio come sostanzialmente indipendente; ed in secondo luogo che le determinazioni del consiglio sul possesso dei requisiti di indipendenza da parte dei propri componenti dovrebbero essere rese note.

Inoltre, al singolo amministratore indipendente si chiede di mantenere in tutte le situazioni e in tutti i contesti la sua indipendenza di analisi, decisione e azione; di astenersi dall'accettare o ricercare vantaggi indebiti che possano compromettere la sua indipendenza; infine, di esprimere la sua opposizione qualora ritenesse che una decisione del consiglio di amministrazione possa danneggiare la società; nonché di dimettersi qualora il consiglio di amministrazione adottasse decisioni sulle quali l'amministratore nutrisse serie riserve. In questa ultima ipotesi, l'amministratore dimissionario dovrebbe indicarne le ragioni in una lettera indirizzata al consiglio di amministrazione o al comitato per la revisione dei conti e, se del caso, ad altri organi interessati esterni alla società.

I codici di autodisciplina

Per una completa analisi del complesso quadro giuridico europeo in materia di amministratori indipendenti, natura dei requisiti di indipendenza richiesti e modalità ed occasioni del loro impiego nelle società quotate bisogna dunque partire dai codici di autodisciplina nazionali (per un maggiore approfondimento della composizione e delle modalità di funzionamento degli organi amministrativi nei principali Paesi europei si rinvia a DAVIES, Corporate Boards in Law and Practice. A Comparative Analysis in Europe, Oxforfd, 2013).

Si tratta di raccolte periodicamente aggiornate di best practice in ambito di governo societario derivanti dall'elaborazione di accademici, operatori professionali, rappresentanti delle categorie degli emittenti e degli investitori istituzionali, nonché autorità di governo e di vigilanza (sulla base dei dati raccolti dal European Corporate Governance Institute, sono almeno un centinaio i Paesi del mondo dotati di un codice di “corporate governance” applicabile alle proprie società quotate). È prassi che le regole di quotazione nei mercati regolamentati richiedano agli emittenti che intendono quotare le loro azioni di aderire al codice di corporate governance sponsorizzato dalla relativa società di gestione del mercato ovvero, in applicazione dell'ormai globalmente diffuso principio di matrice anglosassone <<comply or explain>>, di motivare le ragioni della mancata adesione o del parziale discostamento.

Nonostante siano frutto di istanze di autoregolamentazione del mercato, i codici in questione sono divenuti parte integrante del quadro regolamentare europeo in materia di corporate governance. Ciò è confermato che dall'art. 20, §§ 1 e 2, della direttiva 2013/34/UE del 26.6.2013 relativa ai bilanci di esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di alcune tipologie di imprese, secondo il quale nella relazione sul governo societario, da pubblicarsi annualmente come sezione della relazione annuale sulla gestione o come relazione separata, deve essere fatto riferimento al codice di governo societario al quale è soggetta l'impresa oppure al codice di governo societario che l'impresa può avere deciso volontariamente di applicare e a tutte le informazioni relative alle prassi di governo societario vigenti, oltre agli obblighi previsti dal diritto nazionale. Inoltre, quando un'impresa si discosta dal codice di governo societario applicabile, essa deve rendere noto da quali parti del codice di governo societario essa si discosta e i motivi di tale scelta; così come deve spiegare i motivi per cui l'impresa abbia deciso di non fare riferimento ad alcuna disposizione del codice di corporate governance, in applicazione del citato principio <<comply or explain>>.

Con riferimento al tema degli amministratori indipendenti ed alle modalità di loro utilizzo, i codici di governo societario dei maggiori mercati europei, nel rispetto delle migliori prassi ed esperienze internazionali, hanno deciso di scommettere pienamente sulla figura dell'amministratore indipendente, raccomandandone alle società quotate l'impiego in un numero adeguato nel consiglio e nei comitati consiliari, e richiedendo l'applicazione di stringenti requisiti di indipendenza.

Nel Regno Unito, il UK Corporate Governance Code (il “Codice inglese”), applicabile alle società le cui azioni sono ammesse al premium listing nel mercato principale del London Stock Exchange, (il premium listing è il regime di quotazione che implica l'osservanza dei particolari e rigorosi requisiti di corporate governance previsti dal Regno Unito) raccomanda che il consiglio di amministrazione sia composto, escludendo dal calcolo il presidente, da almeno una metà di amministratori non esecutivi e indipendenti (raccomandazione B.1.2) – ma gli emittenti più piccoli possono limitarsi a solo due amministratori non esecutivi e indipendenti. Il compito di valutare il possesso dei requisiti di indipendenza spetta al consiglio nel suo complesso, che deve darne adeguata motivazione nella sua relazione annuale, qualora ricorrano fatti o circostanze che possano far dubitare dell'indipendenza di giudizio della persona, ad esempio presenti o passate relazioni patrimoniali, d'affari o familiari con la società, i suoi amministratori o dirigenti o azionisti significativi (raccomandazione B. 1.1.).

L'obiettivo perseguito dal codice inglese è quello di realizzare un equilibrio ottimale tra amministratori esecutivi e non esecutivi affinchè nessun componente possa dominare singolarmente i processi decisionali, salvo che per l'affidamento della presidenza del consiglio ad un ulteriore soggetto indipendente, per garantire obiettività ed imparzialità nella direzione dei lavori, nella gestione dei rapporti interni tra consiglieri e dei rapporti esterni con gli azionisti.

Sempre in questa direzione, si raccomanda inoltre che il consiglio di amministrazione nomini un amministratore non esecutivo indipendente come senior independent director che faccia da supporto al presidente e da intermediario a beneficio degli amministratori. Egli deve inoltre essere a disposizione degli azionisti quando questi vogliono discutere di temi di cui non sia stato possibile discutere con il presidente o con gli amministratori esecutivi (raccomandazione A.4.1). Ancora, sotto la direzione del senior independent director, gli amministratori non esecutivi devono riunirsi tra loro almeno una volta l'anno per valutare l'operato del consiglio di amministrazione, e ogniqualvolta lo ritengano opportuni.

Al fine di permettere un efficace esercizio delle loro funzioni, il consiglio deve autorizzare gli amministratori indipendenti ad avvalersi dell'ausilio di consulenti esterni indipendenti a spese della società quando essi lo ritengano necessario. Allo stesso modo, i comitati interni devono disporre di adeguate risorse per assolvere ai loro doveri (raccomandazione B.5.1).

La necessità che si segua un procedimento formale, rigoroso e trasparente per la nomina degli amministratori, esecutivi e non esecutivi, suggerisce la formazione di un comitato nomine per la gestione del processo di selezione dei candidati e per la formulazione di raccomandazioni al consiglio.

Allo stesso tempo, bisogna garantire che i soggetti destinati a ricoprire la carica di amministratori non esecutivi ed indipendenti dedichino sufficiente tempo alla carica che rivestono (principio B.3). Nonostante non siano previsti limiti precisi al numero o tipologia di incarichi cumulabili con quello di amministratore indipendente di una certa società, gli amministratori non esecutivi sono obbligati a mettersi al servizio della società per il tempo necessario all'espletamento dell'incarico. A tale riguardo, la lettera di incarico deve specificare l'impegno di tempo loro richiesto per l'assunzione della carica. Inoltre, eventuali altri impegni devono essere comunicati al consiglio dalla persona designata prima della nomina; termini e condizioni della nomina degli amministratori non esecutivi devono essere messi a disposizione degli azionisti (B.3.2).

La carica di amministratore indipendente deve essere mantenuta per non più di sei anni consecutivi; ogni termine superiore deve essere soggetto ad un'analisi rigorosa e prendere in considerazione la necessità di un periodico rinnovamento del consiglio. Quest'ultimo, infine, ha il compito di spiegare agli azionisti nella proposta di elezione di una persona ad amministratore non esecutivo le ragioni di tale elezione. In caso di proposta di rielezione, il presidente deve inoltre confermare agli azionisti che, a seguito di una formale valutazione dell'operato dell'amministratore, l'incarico continua ad essere effettivamente svolto e con dedizione.

Di particolare interesse è poi il tema della gestione dei rapporti con gli azionisti. Premesso che il consiglio di amministrazione ha il dovere di intrattenere un dialogo soddisfacente con gli azionisti affinchè si giunga ad una reciproca comprensione degli obiettivi da perseguire (principio E.1), il presidente del consiglio di amministrazione deve discutere temi di governance e di strategia d'impresa con i maggiori azionisti in riunioni ai quali devono partecipare anche gli amministratori non esecutivi. Il senior independent director deve partecipare ad un numero sufficiente di riunioni con la platea dei maggiori azionisti così da sviluppare una corretta comprensione dei temi di loro interesse ( raccomandazione E.1.1). Nella relazione annuale il consiglio deve poi indicare le azioni intraprese per garantire che i componenti del consiglio di amministrazione, soprattutto i componenti non esecutivi, sviluppino un'adeguata conoscenza delle opinioni dei maggiori azionisti sull'andamento e funzionamento della società, ad esempio mediante contatti diretti in prima persona, incontri con analisti e intermediari e sondaggi di opinioni tra gli azionisti (raccomandazione E.1.2).

Anche in Italia, il Codice di Autodisciplina delle Società Quotate (di seguito, il “Codice italiano”), promosso dal Comitato per la Corporate Governance su iniziativa di Borsa Italiana s.p.a., dedica ampio spazio agli amministratori indipendenti. Va evidenziato fin da subito che, nel gennaio 2020, il Comitato per la Corporate Governance ha emanato una nuova versione del Codice di Autodisciplina, versione che, come si vedrà in seguito, contiene varie novità anche in tema di amministratori indipendenti.

In generale, gli amministratori non esecutivi possono arricchire "la discussione consiliare con competenze formate all'esterno dall'impresa, di carattere strategico generale o tecnico particolare". Grazie all'apporto di prospettive diverse, si ritiene che essi possano contribuire a migliorare la dialettica per la formazione di decisioni collegiali maggiormente consapevoli.

Inoltre, si ritiene che il contributo degli amministratori non esecutivi, e ancor più degli indipendenti, “risulta particolarmente utile sulle tematiche in cui l'interesse degli amministratori esecutivi e quello degli azionisti potrebbero non coincidere, quali la remunerazione degli stessi amministratori esecutivi e il sistema di controllo interno e di gestione dei rischi”. Pertanto, si raccomanda che gli amministratori non esecutivi “apportino le loro specifiche competenze alle discussioni consiliari, contribuendo all'assunzione di decisioni consapevoli e prestando particolare cura alle aree in cui possono manifestarsi conflitti di interesse” (principio 2.P.2).

Anche il Codice italiano raccomanda il ricorso ad un lead indipendent director nelle circostanze in cui il presidente del consiglio di amministrazione, per le funzioni esecutive svolte, non dia sufficienti garanzie di imparzialità ed autonomia di giudizio , ovvero qualora appaia opportuno nella valutazione degli amministratori indipendenti e sempre che la società non abbia nulla da obiettare. Sulla controversa questione della separazione delle cariche di presidente del consiglio di amministrazione e di amministratore delegato non emerge una netta preferenza di principio, fermo restando l'obbligo di informativa agli azionisti. La decisione sul punto è rimessa alla singola società. Infatti, se la dissociazione tra le due cariche assicura una maggiore indipendenza ed imparzialità della presidenza nella gestione dei lavori del consiglio e nel garantire adeguati flussi informativi ai consiglieri, essa aumenta però i costi di coordinamento e di informazione, in quanto le informazioni da trasmettere non sono in possesso del presidente, ma provengono dal management e dagli amministratori esecutivi. Se, viceversa, la concentrazione delle cariche in un'unica persona riduce i costi di trasmissione delle informazioni, è vero però che la concentrazione del potere che ne deriva aumenta il rischio di una gestione del consiglio nell'interesse del management piuttosto che in direzione di un'obiettiva e trasparente supervisione. I redattori del Codice italiano sono consapevoli che è opportuno evitare la concentrazione di cariche in una sola persona senza i giusti contrappesi; tuttavia, si ritiene che, soprattutto negli emittenti di minori dimensioni, situazioni di cumulo dei due ruoli possano rispondere ad importanti esigenze organizzative.

In particolare, il consiglio di amministrazione deve designare un amministratore indipendente nella veste di lead independent director nei seguenti casi: 1) se il presidente del consiglio di amministrazione è il principale responsabile della gestione dell'impresa; oppure 2) se la carica di presidente è ricoperta dalla persona che controlla l'emittente. Inoltre, il consiglio di amministrazione degli emittenti appartenenti all'indice FTSE-Mib dovrebbe designare un lead independent director anche quando ciò fosse richiesto dalla maggioranza degli amministratori indipendenti, salvo diversa e motivata valutazione da parte del consiglio da rendere nota nell'ambito della relazione sul governo societario. Il compito del lead indipendent director è quello di rappresentare un punto di riferimento e di coordinamento delle istanze degli amministratori non esecutivi e, in particolare, di quelli che sono indipendenti e di collaborare con il presidente del consiglio di amministrazione allo scopo di garantire che gli amministratori siano informati tempestivamente e in modo compiuto.

La presenza di un lead independent director è ritenuta comunque utile ad assicurare il coordinamento dei lavori degli amministratori indipendenti, atteso che questi ultimi possono riunirsi anche in assenza degli altri amministratori e dovrebbero farlo almeno una volta all'anno.

Il Codice italiano nota che le migliori pratiche di governo societario confermano la necessità di strutturare il consiglio di amministrazione in comitati interni con funzioni istruttorie, propositive e consultive (principio 4.p.1), ferma restando la totale responsabilità del consiglio di amministrazione per le decisioni di esclusiva competenza del plenum del consiglio.

Pertanto, il Codice italiano, come gli altri codici europei, raccomanda l'istituzione di un comitato per le nomine (art. 5), di un comitato per la remunerazione (art. 6) e di un comitato per il controllo e rischi (art. 7), delineandone anche composizione e competenze. A dispetto della diversità di tali competenze, i vari comitati sono accomunati da simili criteri di composizione, soprattutto perché il tema delle nomine, quello della remunerazione degli amministratori ne quello della gestione dei controlli e dei rischi, sono tutti accomunati dal possibile conflitto di interessi in cui si trovano gli amministratori esecutivi.

Il comitato per le nomine deve essere formato, in maggioranza, da amministratori indipendenti. Esso ha il compito di formulare pareri al consiglio di amministrazione in merito alla dimensione ed alla composizione dello stesso; esprimere raccomandazioni in merito alle figure professionali la cui presenza all'interno del consiglio sia considerata opportuna; proporre al consiglio di amministrazione candidati alla carica di amministratore nei casi di cooptazione, nel caso in cui sia necessario sostituire amministratori indipendenti; istruire il piano per la successione degli amministratori esecutivi, se il consiglio intende avvalersi di tale strumento di pianificazione.

Il sistema di controllo interno e di gestione dei rischi, oltre a coinvolgere il consiglio di amministrazione, deve comprendere uno o più amministratori, con il compito di istituire e mantenere un sistema efficace; un responsabile della funzione di internal audit, incaricato di verificare che il sistema funzioni efficacemente; e un comitato controllo e rischi, che svolga la funzione di supportare con un'adeguata attività istruttoria le decisioni del consiglio di amministrazione relative al sistema e all'approvazione delle relazioni finanziarie periodiche. Invece, spetta al collegio sindacale, anche nella sua qualità di comitato per il controllo interno e la revisione contabile, la funzione di vigilare sull'efficacia del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi. L'attribuzione al collegio sindacale delle funzioni proprie del comitato per il controllo interno e la revisione contabile dovrebbe agevolare una più netta distinzione di competenze e responsabilità tra quest'ultimo e il comitato controllo e rischi di cui al Codice italiano. Sul punto, STELLA RICHTER Jr., Il controllo all'interno dell'organo amministrativo, in TOMBARI (a cura di), in Corporate governance e “sistema dei controlli” nella s.p.a., Torino, 2013, 26 e ss..

Inoltre, la delicatezza del ruolo richiede che il comitato controllo e rischi, di cui almeno un componente sia in possesso di un'adeguata esperienza contabile e finanziaria, sia preferibilmente composto esclusivamente da amministratori indipendenti (MONTALENTI, Tutela delle minoranze, interesse sociale e sistemi di controllo, in Rivista di diritto societario, 2015, 514).

Infine, diverse novità in tema di amministratori indipendenti sono state introdotte dal nuovo Codice di Corporate Governance italiano, così come revisionato nel gennaio 2020 (VENTORUZZO, Il nuovo Codice di Corporate Governance 2020: le principali novità, in Le Società, n. 4, 2020, 439 e ss.; nonchè Tombari-Luciano, Il “nuovo” Codice di Corporate Governance delle società quotate: prime riflessioni, in questo portale).

Innanzitutto, è migliorata la chiarezza dell'elencazione delle ipotesi di non indipendenza, risolvendo così alcuni punti che erano sorti: ad esempio, si prevede che non sia indipendente chi è stato amministratore dell'emittente per almeno nove esercizi negli ultimi dodici, precisando che essi rilevano anche se non consecutivi. Inoltre, se nella versione precedente del Codice il presidente del consiglio era un esponente di rilievo e, dunque, non indipendente, con il nuovo testo viene espressamente previsto che, in assenza di altre cause di non indipendenza, la semplice circostanza di essere chiamati a presiedere l'organo gestionale non inficia l'indipendenza.

Va ancora segnalato che quando il “presidente-indipendente” partecipa ai comitati, il Codice dispone che la maggioranza degli altri componenti dovrebbe essere indipendente, e comunque che il presidente-indipendente non dovrebbe presiedere i comitati controllo e rischi o remunerazioni. Opportuna è la richiesta che l'organo di amministrazione predefinisca, all'inizio del mandato, i criteri quali-quantitativi per valutare la significatività delle relazioni che compromettono l'indipendenza, soluzione che indubbiamente migliora trasparenza e razionalità in sede applicativa.

Viene in rilievo anche il riferimento ai casi di soci di studi professionali o società di consulenza che hanno rapporti con l'emittente: non viene dettata una regola rigida, ma si evoca un giudizio nel caso concreto alla luce del ruolo e posizione del singolo soggetto.

Infine, si evidenziano degli elementi quantitativi per individuare il “minimo” numero di indipendenti, che è fissato a due, non diversamente dalla soglia stabilita dall'art. 147 ter, comma 4, T.U.F per i consigli di oltre sette componenti (in poche parole, la totalità degli organi delle quotate).

Tuttavia, tale numero è graduato in base alle dimensioni e alla concentrazione dell'azionariato: se la società è grande (con capitalizzazione superiore ad un miliardo di euro nell'ultimo giorno di mercato aperto dei tre ultimi esercizi) e a “proprietà concentrata”, gli indipendenti devono essere almeno un terzo degli amministratori; se è grande e a proprietà non concentrata, gli amministratori devono invece essere almeno la metà dell'organo. Si tratta, dunque, di un'applicazione concreta del principio di proporzionalità.

Per quanto concerne la Francia, l'attenzione va posta sul Code de gouvernment d'enterprise des sociétés cotées (di seguito, il “Codice francese”) promosso dalle associazioni imprenditoriali Association Française des Entreprises Privées (Afep) e Mouvement des Entreprises de France (Medef).

Premesso che la qualità del consiglio di amministrazione non si possa fondare esclusivamente sulla presenza di un certo numero di amministratori indipendenti, il Codice francese raccomanda fortemente la presenza in consiglio di una significativa quota di componenti qualificabili come indipendenti. Gli amministratori in possesso dei requisiti di indipendenza per non avere alcun rapporto con la società e con il loro management, devono rappresentare la metà del consiglio nelle società ad azionariato diffuso ed almeno un terzo del consiglio nelle società con azionista di controllo (art. 9.2).

Il possesso dei requisiti di indipendenza deve essere discusso dal comitato per le nomine e riesaminato annualmente dal consiglio di amministrazione (art. 9.4). In qualsiasi momento, il consiglio di amministrazione può stabilire che, a causa della struttura dell'azionariato o qualunque altra ragione, un amministratore non sia giudicabile come indipendente pur nel rispetto dei criteri di cui all'art. 9.2, così come, viceversa, ritenere indipendente un amministratore che non soddisfi tali criteri.

Si raccomanda che gli amministratori indipendenti si riuniscano periodicamente tra loro e lo facciano almeno una volta all'anno. Nella riunione annuale, essi devono valutare l'operato del presidente del consiglio di amministrazione, dell'amministratore delegato e del vice amministratore delegato e riflettere sulle prospettive future del management(art. 10.4).

Gli amministratori indipendenti sono chiamati a svolgere un ruolo di grande importanza in primo luogo nel comité d'audit (comitato audit), il quale ha la funzione di esaminare la contabilità e verificare la coerenza dei principi contabili utilizzati per la redazione del bilancio d'esercizio e consolidato, monitorare il procedimento di preparazione dell'informativa finanziaria e vigilare sull'effettività dei sistemi di controllo interno e gestione del rischio ( art. 16.2.1). Premesso che tutti i componenti di questo comitato devono avere competenza in materia finanziaria e contabile ed essere amministratori non esecutivi, gli indipendenti devono rappresentare almeno i due terzi del totale (art. 16.1).

Nel comité de sélection ou des nominations (comitato per le nomine), il quale generalmente fa proposte sul processo di selezione e indicazione dei futuri amministratori (inclusi quelli indipendenti) e sui piani di successione degli amministratori esecutivi (art. 17.2), è sufficiente che i membri indipendenti rappresentino anche solo la maggioranza. In ogni caso, la presidenza del comitato deve essere affidata ad uno dei membri indipendenti (art. 17.1).

I codici di autodisciplina in Spagna e in Germania

Anche la Spagna ha il suo codice di autodisciplina. Si tratta del Código de buen gobierno del las sociedades cotizadas ( di seguito, il “Codice spagnolo”) promosso dalla Comisión Nacional del Mercado de Valores, l'autorità di vigilanza sulle società quotate.

A differenza degli altri Paesi, la Spagna però si distingue per aver trasposto nella propria legislazione, rendendole vincolanti, disposizioni rinvenibili nei codici di condotta.

Per quanto riguarda la composizione del consiglio di amministrazione, anche in Spagna si è affermata la preferenza per un consiglio con una larga partecipazione di amministratori non esecutivi e indipendenti. Gli amministratori non esecutivi devono rappresentare un'abbondante maggioranza, mentre il numero degli esecutivi deve essere il minimo necessario, tenendo in considerazione la complessità della società e del gruppo e gli interessi proprietari rappresentati (raccomandazione n. 15). così come in Regno Unito e in Francia, gli amministratori indipendenti devono rappresentare la metà dei componenti. La percentuale di amministratori indipendenti può scendere ad un terzo quando la società non ha un'elevata capitalizzazione (indicativo di ciò è la mancata inclusione nell'indice azionario IBEX 35), oppure quando è soggetta al controllo singolo o congiunto di uno o più soci con una quota superiore al 30%del capitale (raccomandazione n. 17).

Anche il codice spagnolo non prende posizione sul tema della separazione delle figure del presidente del consiglio di amministrazione e dell'amministratore esecutivo, rimettendo alla società la decisione in merito. Tuttavia, la legge spagnola sulle società dispone che la nomina a presidente del consiglio di amministrazione di chi serve come amministratore delegato debba avvenire con una maggioranza di due terzi (article 529-sexies) e un consejero coordinador deve essere nominato tra gli amministratori indipendenti (article 529-septies).

L'articolazione del consiglio di amministrazione in comitati e la presenza in questi ultimi di amministratori non esecutivi ed indipendenti viene considerata prassi efficiente ed opportuna anche in Spagna. Con riferimento alla loro composizione, si suggerisce che tutti i comitati di controllo e supervisione, sia quelli obbligatori, sia quelli opzionali, siano formati da soli amministratori non esecutivi, la maggioranza dei quali indipendenti, e siano presieduti da amministratori indipendenti (raccomandazione n. 52).

Tra i comitati obbligatori vi sono la comisión de autoría (comitato audit) e la comisión de nombramientos y retribuciones (comitato per le nomine e retribuzioni). Il comitato audit svolge la funzione di monitorare la preparazione e l'integrità dell'informativa finanziaria e la corretta applicazione dei principi contabili; vigilare sul funzionamento di internal audit sotto il profilo della sua indipendenza e degli obiettivi da raggiungere; assicurare un sistema efficace di whistleblowing; vigilare sulla correttezza del rapporto tra la società e la revisione legale dei conti; supervisionare il sistema di gestione del rischio (raccomandazioni n. 42 e n. 46). I suoi membri, ferma l'indipendenza della maggioranza, devono avere competenza ed esperienza in materia di contabilità, auditing e gestione del rischio (raccomandazione n. 39).

Il Deutscher Corporate Governance Kodex ( di seguito, il “Codice tedesco”) promosso da una commissione formata da rappresentanti di varie categorie di stakeholder (componenti di consigli di gestione e di sorveglianza di società quotate, investitori retail e istituzionali, accademici, revisori e sindacati dei lavoratori) e istituita su iniziativa del Ministero della Giustizia, pur riflettendo la particolarità del sistema dualistico di amministrazione e controllo di matrice tedesca e risultando meno analitico di quanto non siano i codici finora esaminati, nella sostanza non si discosta dal raccomandare prassi simili, ferma restando qualche significativa diversità.

Innanzitutto, il consiglio di sorveglianza deve includere un numero adeguato di componenti indipendenti, cioè soggetti che non abbiano relazioni personali o d'affari con la società, i suoi organi di governo, l'azionista di controllo o società appartenenti allo stesso gruppo che comportino un sostanziale conflitto di interessi (art. 5.4.2). Inoltre, nell'ambito delle società tedesche, i comitati in cui si articola l'organo amministrativo nei sistemi monistici di amministrazione e controllo devono essere costituiti all'interno del consiglio di sorveglianza in ragione della sua natura di organo, al tempo stesso, di vigilanza e di alta amministrazione.

Con riferimento alla tipologia dei comitati, anche in Germania è prevista l'istituzione di un comitato audit e di un comitato per le nomine. Il comitato audit verifica il sistema contabile, l'effettività dei sistemi di controllo interno, gestione del rischio e internal audit, la revisione dei documenti di bilancio, l'indipendenza dei revisori legali dei conti e il suo operato, la compliance regolamentare. Inoltre, il presidente del comitato audit deve essere indipendente (art. 5.3.2) e diverso dal presidente del consiglio di sorveglianza (art. 5.2). Invece, per quanto riguarda il comitato per le nomine, si precisa solo che esso svolge la funzione di indicare i candidati per la carica di consigliere di sorveglianza da inserire nella proposta formulata dal consiglio di sorveglianza in scadenza all'assemblea dei soci, e che lo stesso deve essere formato solo da consiglieri espressione degli azionisti (art. 5.3.3).

Infine, è interessante evidenziare una significativa differenza rispetto ai codici degli altri Paesi, cioè l'assenza di una raccomandazione espressa che almeno un numero o una percentuale di consiglieri di sorveglianza nominati nei comitati interni sia in possesso dei requisiti di indipendenza.

Considerazioni conclusive

Nonostante le diversità tra i codici di corporate governance europei in materia di previsione ed impiego di amministratori non esecutivi ed indipendenti all'interno di consigli di amministrazione delle società quotate, da quanto sopra esposto è possibile constatare come sia stato raggiunto un elevato livello di convergenza sostanziale verso standard di alta qualità, come ha avuto modo di rilevare la stessa Commissione europea anni fa quando si pose l'interrogativo se fosse opportuno o meno legiferare sul tema a livello europeo. Da qui la scelta di intervenire solo con raccomandazioni, poi adottate nei singoli codici di autodisciplina.

A tale riguardo, proprio questo adeguamento spontaneo alle citate raccomandazioni e la convergenza verso i suddetti standard tra i codici di autodisciplina dei vari Paesi europei, o almeno la percezione che di tali adeguamento e convergenza hanno le autorità europee, sembrano escludere la possibilità che vengano emanati atti normativi ben definiti in materia di amministratori indipendenti e requisiti di indipendenza.

Piuttosto, i codici di autodisciplina europei hanno dimostrato nel tempo una grande flessibilità e capacità di dettare principi tanto ampli e generali, espressione di condivisi obiettivi di buon governo societario, che è difficile immaginare come possano essere disattesi, ciò anche con riferimento ai principi dettati in materia di amministratori indipendenti.

In particolare e con riferimento al tema trattato, come si è avuto modo di esaminare, il codice di autodisciplina italiano dedica spazio e specifica il ruolo dell'amministratore indipendente nelle società quotate.

Sebbene l'approccio europeo si dimostri sicuramente più prudente rispetto a quello americano, in conclusione si può affermare che gli amministratori indipendenti giocano un ruolo importante per la gestione della società e la loro presenza, in generale, migliora la qualità delle decisioni che vengono prese nel consiglio di amministrazione. Nelle società in cui sono presenti, si nota una maggiore professionalizzazione dell'attività sociale e un maggiore equilibrio nei rapporti tra il management e gli stakeholders. Infatti, nel caso di crisi o di conflitto tra azionisti o dirigenti, gli indipendenti, in quanto considerati neutrali all'interno del tessuto sociale, fungono da eccellenti mediatori. Infine, essi, essendo sensibili agli interessi della società nel lungo periodo, partecipano attivamente alla gestione della successione manageriale e del passaggio generazionale.

Pertanto, alla luce di tutte le considerazioni sopra svolte e nonostante la natura cangiante e poco definita, si può esprimere un giudizio positivo sul ruolo svolto dagli amministratori indipendenti, come figure di equilibrio e garanzia nell'ambito della corporate governance, delle quali se ne raccomanda la presenza.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario