L'assenza temporanea del destinatario della notifica come impossibilità del domicilio dichiarato o eletto
29 Maggio 2018
Massima
Stante la formula di salvaguardia, il rinvio dell'art. 163 c.p.p. all'art. 157 c.p.p., in caso di notificazioni nel domicilio dichiarato o eletto a mezzo ufficiale giudiziario, è limitato all'individuazione dei soggetti idonei a ricevere l'atto, cosicché il mancato rinvenimento del destinatario o di altra persona idonea, anche per assenza meramente temporanea, si risolve in un caso d'impossibilità che consente e obbliga alla notifica al difensore ex art. 161, comma 4, c.p.p., senza bisogno dell'espletamento di altre formalità, quale il deposito del plico nella casa comunale, con i relativi avvisi. Il caso
La vicenda si sostanzia nel fatto che l'ufficiale giudiziario, nell'ambito della notifica di un decreto di citazione a giudizio in appello, non trovò nessuno nel domicilio eletto (rectius: dichiarato), quindi intraprese l'iter proprio della prima notifica all'imputato non detenuto, ossia il doppio accesso, il deposito del plico, l'invio dell'avviso con raccomandata a mezzo posta, a sua volta non ritirata e, dunque, considerata ricevuta per compiuta giacenza, decorsi dieci giorni, con il perfezionamento della notifica dell'atto ex artt. 163 e 157, comma 8, c.p.p.. L'imputato, tuttavia, già tempestivamente in appello, eccepì la nullità per la mancata notifica al difensore ex art. 161, comma 4, c.p.p., dovendosi ritenere che l'indirizzo del domicilio dichiarato fosse da considerarsi inidoneo. Al che, la Corte d'sppello rigettò l'eccezione, che l'imputato ripropose con ricorso in Cassazione, la quale l'accolse, annullando la sentenza con rinvio. La questione
Il busillis verte sulla corretta procedura di notificazione, allorquando, nel domicilio dichiarato o eletto, non venga reperito alcuno idoneo a ricevere l'atto da parte dell'ufficiale giudiziario e ciò a partire dall'accertamento o meno del fatto che tale mancanza sia riconducibili a cause strutturali e definitive (quali l'inesistenza dell'indirizzo o il trasferimento del destinatario) ovvero meramente contingenti (quale l'assenza temporanea in un determinato momento o orario). In pratica, il problema è se l'agente notificatore, al verificarsi di tale evenienza, debba e possa considerare inidoneo o impossibile il domicilio dichiarato o eletto e procedere direttamente alla notifica al difensore ex art. 161, comma 4, c.p.p.; ovvero, in forza del combinato disposto dagli artt. 163 e 157 c.p.p., procedere agli adempimenti dei primi otto commi del secondo articolo, compreso il deposito del plico presso la casa comunale, con i relativi avvisi. Le soluzioni giuridiche
La sentenza in commento delinea bene i due diversi orientamenti giurisprudenziali sul punto. Infatti, scrive: «Secondo un primo maggioritario orientamento, l'impossibilità della notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne legittima l'esecuzione presso il difensore di fiducia secondo il ridetto art. 161 c.p.p., comma 4, può essere integrata anche dalla temporanea assenza dell'imputato al momento dell'accesso dell'ufficiale notificatore, senza che sia necessario procedere a una verifica di vera e propria irreperibilità, così da qualificare come definitiva l'impossibilità di ricezione degli atti nel luogo dichiarato o eletto dall'imputato […]» (Cass. pen., Sez. VI, n. 42699/2011; Cass. pen., Sez. V, n. 13051/2014; Cass. pen., Sez. III, n. 21626/2015; Cass. pen., Sez. III, n. 12909/2016; Cass. pen., Sez. VI, n. 42548/2016); specificando che: «[…] l'ufficiale giudiziario non ha alcun potere o dovere di procedere ad accertamenti volti a rintracciare il nuovo domicilio del destinatario […]» (Cass. pen., Sez.V, n. 49488/2013; Cass. pen., Sez.IV, n. 36479/2014). Di contro: «Secondo un diverso orientamento, invece, ai fini della integrazione di una situazione di impossibilità della notifica, non è sufficiente la semplice attestazione dell'ufficiale giudiziario di non avere trovato l'imputato, ma occorre un quid pluris concretantesi in un accertamento che l'ufficiale giudiziario deve eseguire in loco e solo a seguito del quale, ove l'elezione di domicilio sia mancante o insufficiente o l'imputato risulti essersi trasferito altrove, è possibile attivare la procedura, ex art. 161, comma quarto, cod. proc. pen., di notifica presso il difensore»; questo considerando che: «la nozione di impossibilità della notifica, di cui all'art. 161 c.p.p., comma 4, non può identificarsi in quella di irreperibilità […] e che il senso dell'espressione, non determinato nel primo periodo, deve essere definito alla luce dei due successivi periodi, facendosi riferimento o all'ipotesi in cui la dichiarazione o l'elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee (secondo periodo), oppure all'ipotesi in cui l'imputato abbia mutato il proprio domicilio e non abbia comunicato detto mutamento pur non versando in condizione di caso fortuito o di forza maggiore (terzo periodo)»; di talché l'assenza meramente temporanea non legittima la notifica al difensore (Cass. pen., Sez. IV, n. 1167/2006; Cass. pen., Sez.I, n. 36235/2010; Cass. pen., Sez. II, n. 48349/2011; Cass. pen., Sez.V, n. 35724/2015). Dopo di che, però, la sentenza opta per il primo orientamento, facendosi forte della omologa affermazione fatta, pur incidentalmente, da Cass. pen., Sez. unite, n. 28451/2011. Le Sezioni unite infatti, scrissero che il sistema delineato dagli art. 161, 162, 163 e 164 c.p.p. (notifiche al domicilio dichiarato o eletto) si configura come autonomo ed esaustivo, nonché alternativo a quello ex art. 157 c.p.p. (prima notifica all'imputato non detenuto), cosicché non sono ammissibili contaminazioni che risultino incompatibili. Inoltre, tale sistema si fonda sul dovere dell'imputato, dichiarante o eleggente il domicilio, di informare l'A.G. di ogni variazione ex art. 161, commi 1 e 2, c.p.p. Infine, non confligge con questa conclusione, il fatto che l'art. 163 c.p.p. rinvii all'art. 157 c.p.p., per le notifiche al domicilio dichiarato o eletto, giacché la clausola di salvaguardia ivi contenuta (in quanto applicabili), fa sì che esso debba essere limitato all'individuazione dei soggetti potenziali consegnatari e non al luogo o alle modalità di notifica, comprese quelle di cui al comma 8, giacché esse conseguono alle evenienze di cui al comma 7 (mancanza, inidoneità, rifiuto di ricevere l'atto con conseguente obbligo di effettuare nuove ricerche dell'imputato), ossia a situazioni corrispondenti a quelle previste dall'art. 161, comma 4, c.p.p., e che legittimano la notifica al difensore. È da segnalare, però, che il secondo orientamento, è stato nuovamente ribadito dalla Cass. pen., Sez. V, n. 35724/2015, la quale distingue l'assenza temporanea dall'impossibilità, che ricorre solo quando la dichiarazione o l'elezione di domicilio sia, di per sé, mancante, insufficiente o inidonea (art. 161, comma 4, secondo periodo, c.p.p.) ovvero quando, in assenza di un caso fortuito o una causa di forza maggiore, l'imputato abbia mutato il domicilio senza comunicarlo (art. 161, comma 4, primo e terzo periodo); solo in tali casi, dunque, la notifica può perfezionarsi con la mera notifica al difensore. Infine, il primo orientamento è stato nuovamente affermato dalla Cass. pen. Sez. unite n. 5812/2017, seppure ancora a livello di obiter dictum. Osservazioni
La questione, dunque, non appare affatto definita, nonostante i due interventi incidentali a Sezioni unite Forse anche perché l'indirizzo scelto da esse e fatto proprio dalla sentenza in commento – sebbene, nel caso di specie, sia tornato utile all'imputato – non appare come il più garantista, inteso come quello più idoneo a garantire lo scopo delle norme sulle notificazioni, ossia la conoscenza effettiva dell'atto da parte del destinatario. Del resto l'argomentazione centrale – vale a dire l'interpretazione riduttiva del rinvio dell'art. 163 all'art. 157 c.p.p. – non convince, giacché la richiamata clausola di salvaguardia si esprime in termini che lasciano intendere più una questione di applicabilità pratica che di compatibilità giuridica, che, del resto, non si pone laddove si comprenda che le evenienze di cui all'art. 157, comma 7, c.p.p., riconducibili alla mancanza e all'inidoneità delle persone preposte a ricevere l'atto, ben possono non corrispondere a quelle previste dall'art. 161, comma 4, c.p.p. e che legittimano la notifica al difensore (mancanza, insufficienza, inidoneità dell'elezione o dichiarazione di domicilio o mutamento non comunicato), allorquando si configurino concretamente come meramente temporanee e non strutturali e definitive. Perciò, a parere dello scrivente, risulta preferibile la nozione di impossibilità del domicilio propria nel secondo indirizzo, giacché esso, con una ricostruzione testuale ed evoluta del comma 4 dell'art. 161 c.p.p., limita il ricorso alla soluzione estrema della notifica al difensore, ai casi in cui, concretamente e definitivamente, non sia possibile notificare direttamente al domicilio dichiarato o eletto, con esclusione dei casi di difficoltà meramente temporanea e contingente, nei quali, l'espletamento della procedura ex art. 157 c.p.p., ben può favorire una conoscenza effettiva e diretta dell'atto da parte del destinatario, seppure differita. Il vero problema, però, è che, seguendo il primo indirizzo, si viene a creare una sperequazione a danno dei destinatari, a seconda che l'ufficiale giudiziario opti per la notifica diretta ovvero a mezzo del servizio postale ex l. 20 novembre 1982, n. 890, la quale, agli artt. 7 e 8, prevede una procedura in tutto e per tutto assimilabile a quella prevista dall'art. 157 c.p.p., cosicché, in base alla scelta dell'organo della notifica o dell'A.G. committente, l'eventuale mancanza temporanea di soggetti idonei a riceverla in un domicilio, di per sé, non mancate, non insufficiente, non inidoneo e non mutato o abbandonato, comporterà, nell'un caso, la notifica al difensore, con preclusione definitiva della possibile conoscenza diretta dell'atto, nell'altro, l'incardinarsi di una procedura che, attraverso adempimenti come il doppio accesso, il deposito del plico, l'invio dell'avviso con raccomandata a mezzo posta, possono, invece, ancora consentire il ritiro del plico e la conoscenza effettiva dell'atto medesimo. Non è chi non veda, quindi, come l'interpretazione suffragata dalla giurisprudenza in commento, determini una sperequazione ingiustificata, che pone, in ragione del principio di uguaglianza e ragionevolezza ex art. 3 Cost., anche problemi di legittimità costituzionale del combinato disposto dagli art. 163 e 157 c.p.p., così come definito e delimitato dal diritto vivente maggioritario. |