La tabella delle menomazioni alla integrità psicofisica compresa tra 10 e 100 punti di invalidità. Il recente schema di d.P.R. è davvero tutto da confutare?

Luigi Mastroroberto
Pasquale Malandrino
01 Marzo 2021

Lo schema di D.P.R. contente le “nuove” tabelle, che ha da poco fatto capolino sugli organi di stampa, appare circondato da un fitto alone di mistero e, pur non essendo ancora approvato, sta già riscuotendo un notevole interesse quantomeno in termini di pubblico dibattito tra i principali protagonisti coinvolti, a vario titolo, nel risarcimento del danno alla persona. Ad una prima analisi della tabella medico legale, numerose criticità, distanti da quello che può essere definito un “aggiornamento”, hanno instaurato nei professionisti molti dubbi e poche certezze. Ma a fronte dello sconcerto iniziale è tuttavia possibile proporre delle modifiche mirate per rendere fruibile lo schema.
Introduzione

La comparsa nelle scorse settimane, sugli organi di stampa, dello schema di d.P.R. contenente le tabelle, sia quella medico legale sia quella dei valori economici, del danno alla persona che comporta un pregiudizio permanente stimabile fra 10 e 100 punti percentuali ha già suscitato reazioni di vario genere tra i principali protagonisti di questo rilevante settore della nostra Società.

Non sono di certo mancati commenti, in un primo momento rivolti in particolare alla tabella dei valori economici e in seguito anche alla “nuova” tabella medico legale, la quale pure ha suscitato un fervente dibattito.

Numerosi contributi, infatti, col trascorrere dei giorni, sono apparsi su RIDARE.it, tra cui: Progetto di DPR con tabelle per la valutazione del danno biologico 0-100%: SIMLA scrive al MISE, Progetto DPR e nuove tabelle: interviene la Triveneta, Tabella delle menomazioni da 10 a 100 punti di invalidità: commento allo schema di decreto del Presidente della Repubblica].

Un primo commento “a caldo” è stato redatto anche da uno degli autori del presente articolo (il dott. L. Mastroroberto) dal titolo Tabelle allegate allo “schema” del possibile DPR per la valutazione del danno biologico. Interviene il Dott. Mastroroberto, pubblicato sul sito della SIMLA (Società Italiana di Medicina Legale).

A differenza però del primo commento a caldo, nel quale venivano evidenziate solo le criticità delle “nuove” tabelle, il nostro odierno tentativo è quello di rivedere gli stessi punti che si erano analizzati e, alla luce anche di quanto in questi giorni è stato pubblicato, cercare di fornire anche delle indicazioni su come, a nostro avviso, queste criticità potrebbero essere superate in una sede adeguata, ma senza rifare tutto da capo.

Il primo a commentare la tabella medico legale è stato, invero, il dr. Franco Marozzi con un contributo dal titolo intrigante “Le misteriose nuove tabelle di valutazione e liquidazione del danno biologico - Simla (simlaweb.it)”, pubblicato sul sito della SIMLA e che è stato significativo per dimostrare, nell'immediato, l'estraneità di questa Società nella redazione della cosiddetta “nuova tabella”.

A rendere “misteriose” le nuove tabelle è il fatto che, ancora adesso, non si riesca a verificare da chi sia composto il Gruppo Tecnico istituito il 18 marzo 2018 presso il Ministero della Salute che ha redatto le tabelle dello schema, a quali comunità scientifiche appartengano i componenti ovvero quali siano i titoli che ne documentino la specifica competenza nel settore. Facciamo questa osservazione ad un unico scopo, quello di evidenziare la differenza con quanto avvenuto in passato e che, per meglio comprendere le osservazioni al documento che seguiranno, crediamo possa essere utile ricordare.

La storia delle tabelle ministeriali

Negli anni successivi all'introduzione nel nostro sistema del risarcimento del danno alla persona secondo la dottrina del danno alla salute, si ebbe la necessità, benché limitata all'ambito della Responsabilità Civile Auto, di una definizione legislativa del criterio di valutazione del danno alla persona secondo la dottrina del danno biologico.

Con la legge 57/2001 fu concepita una norma che stabiliva, solo per i danni temporanei e per i danni alla persona che determinavano una invalidità permanente compresa fra 1% e 9%, cosa si dovesse intendere per danno biologico e come questo dovesse essere risarcito. La stessa legge stabilì anche che il Ministero della Salute, di concerto con i ministeri economici e quello di Grazia e Giustizia, dovesse predisporre una tabella medico legale che desse indicazione su come valutare questi danni di lieve-modesta entità.

Alla legge 57/2001 fece seguito, l'anno dopo, l'art. 23 della legge 273/2002, la quale diede mandato, agli stessi Ministeri, di predisporre le tabelle, sia economiche sia medico legali, per la determinazione dei danni responsabili di invalidità comprese fra il 10% ed il 100%.

Nel maggio 2002 fu istituita un'apposita Commissione composta da tecnici e professionisti in rappresentanza delle istituzioni maggiormente interessate al risarcimento del danno alla persona in responsabilità civile. Parteciparono non solo esperti medico legali nominati dalla Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni e dall'Associazione Melchiorre Gioia, ma anche tecnici dell'ANIA (fra i quali il dr. L. Mastroroberto), dell'ISVAP, dell'INAIL e dei Ministeri del Lavoro, della Sanità e di Grazia e Giustizia. L'incarico fu però soltanto per la tabella dei danni permanenti compresi fra l'1% e il 9%.

In un anno la Commissione diede alla luce una tabella che fu poi approvata mediante un decreto ministeriale in data 3 luglio 2003 e pubblicata in G.U. l'11 settembre 2003; tabella che, fin da allora, è vincolante per il medico legale non solo per la RCA ma, a partire dalla legge 189/2012 e poi anche dalla legge n. 24/2017, anche per la RC Sanitaria.

Nel maggio 2004, il Ministro della Salute, confermò la precedente Commissione implementandola con tecnici di altre associazioni (associazione vittime della strada, società di consumatori, Sindacato degli Specialisti in Medicina Legale e delle Assicurazioni), dandole mandato di predisporre anche una tabella delle menomazioni comprese fra 10% e 100%. A differenza di quanto era accaduto con la legge 57/2001, il mandato ricevuto dal ministero fu di predisporre anche le tabelle economiche, da allestire però all'interno delle competenze del Ministero e senza avvalersi di una commissione tecnica; il tutto doveva poi essere oggetto di un D.P.R.
Le tabelle medico legali furono messe a punto dalla Commissione e consegnate nel dicembre 2005, ma di fatto, benché più volte oggetto di schemi di D.P.R. per la loro approvazione e verifica, non sono mai state approvate.

“Nuovo” frutto del passato

Lo schema di d.P.R., a pag. 2 indica espressamente che la tabella medico legale proposta è una rivisitazione di quella che fu istituita ed elaborata con Decreto Ministeriale del 26 maggio 2004.

Proprio dalla lettura delle pagine iniziali nasce quindi una prima considerazione: a fronte di un lavoro che ha visto confrontarsi i rappresentanti più accreditati delle principali entità della nostra Società che ruotano intorno al risarcimento del danno alla persona, non sarebbe stato forse meglio adottare lo stesso criterio di rappresentatività che avrebbe evitato (come ha evitato in passato) molteplici discussioni e conflitti?

E una seconda considerazione: se vi era la necessità di aggiornare la precedente tabella, perché essa è stata modificata anche in alcune parti che non hanno subito alcun aggiornamento in questi anni e che anzi hanno, da sempre, fatto parte del bagaglio dei medici legali in una tradizione valutativa che, ripetiamo, doveva essere invece implementata con voci scaturenti dai progressi della Medicina, ma non certo “modificata” nei suoi punti fermi?

Fra l'altro, nelle precedenti due commissioni era emersa la necessità della maggiore uniformità possibile con la tabella ex d.lgs. 38/2000 dell'INAIL, al fine di ridurre il più possibile la conflittualità nelle azioni di surroga dell'Ente nei confronti dei responsabili civili di infortuni professionali in itinere causati da incidenti stradali, finalità che nella “nuova” tabella nei punti che evidenzieremo è stata abbandonata.

La “svista” sul danno biologico

Prima di tutto ci sembra opportuno segnalare una “svista” (e se non fosse tale sarebbe un fraintendimento clamoroso sul significato stesso degli strumenti attuativi che sono stati proposti) di chi ha redatto la relazione introduttiva allo schema a pag. 3, ove, nell'elencare le regole ed i criteri applicativi della tabella, il punto a) riporta: “le regole di valutazione del danno non patrimoniale devono tener conto della consolidata giurisprudenza di legittimità; ciò significa da un lato una bipartizione del danno non patrimoniale nelle due componenti del danno biologico (inteso come lesione dell'integrità fisica) e del danno morale (inteso come danno psichico e dinamico-relazionale) e dall'altro una speciale attenzione alla giurisprudenza di merito”.

Fuori da ogni intento polemico, si rileva come le due definizioni date di danno biologico e di danno morale, al contrario di quanto affermato, sono estranee alle norme di legge ed alla più recente ed accreditata giurisprudenza di Cassazione (v. definizione di danno biologico data dagli articoli 138 e 139 che riferisce il termine non alla semplice lesione alla integrità fisica, ma proprio alle ripercussioni della lesione sia fisica e psichica sulle attività dinamico relazionali).

Allo stesso modo il “danno morale”, risulta essere ben altra cosa rispetto a quanto scritto nello schema, rappresentando, invero, il patimento interiore, la sofferenza, ossia quel pregiudizio al “sentire” e non al “fare”. Ma soprattutto, quella data al termine “danno morale” è una interpretazione in palese contrasto con le tabelle medico legali di ogni tempo, compresa la tabella riportata da questo stesso schema di decreto, che considera le conseguenze psichiche di una lesione come parte integrante del danno biologico, alla stessa stregua ad esempio del danno estetico.

Menomazioni preesistenti

Il paragrafo riguarda un aspetto particolarmente complesso della valutazione del danno alla persona e che ha necessitato di una norma chiarificatrice. Lo scopo di questa indicazione nelle premesse è riaffermare che per personalizzazione del danno non si intende solo il tener conto di particolari attività svolte dal soggetto, ma ci si riferisce soprattutto ad un concetto tipicamente medico-legale. È vero, infatti, che esistono dei valori tabellati, ma è vero anche che se le commissioni che hanno predisposto le tabelle non avessero previsto delle situazioni specifiche attraverso le quali poter derogare ad essi, si sarebbero creati i presupposti per giungere a veri assurdi valutativi. La precedente tabella, al riguardo testualmente recitava:“Nel caso in cui la menomazione interessi organi o apparati già sede di patologie o esiti di patologie le indicazioni date dalla tabella andranno modificate a seconda che le interazioni tra menomazioni e preesistenze aumentino ovvero diminuiscano il danno da lesione rispetto ai valori medi”.

Per meglio far comprendere il principio, nel testo originale venivano proposti due esempi.
Il primo è: “il valore tabellato per la perdita di un occhio andrà maggiorato nel caso la lesione si verifichi in soggetto monocolo o con deficit visivo nell'occhio controlaterale”. Se non ci fosse stata questa precisazione, il soggetto che perde o vede ridursi la capacità visiva nell'unico occhio sano sarebbe stato valutato in riferimento al valore che prevede la tabella per la perdita della funzione di un solo occhio. È invece facilmente intuibile che, per il leso, la menomazione dell'unico occhio sano, è di ben maggiore gravità. Dunque, il valore della invalidità da riconoscere andrà personalizzato, derogando in netto aumento dal valore tabellare previsto che è riferito al soggetto con normale funzione dell'altro occhio.

Il secondo esempio previsto dalla precedente tabella faceva invece riferimento ad una situazione opposta: “il valore tabellato per un'anchilosi di caviglia andrà ridotto se la menomazione si realizza in un soggetto paraplegico”. Se, infatti, compito del medico legale è quello di dire in che misura si è ridotta la quantità di cose che il soggetto non può più fare per effetto della lesione, è evidente che questo deve farlo prioritariamente anche in relazione a ciò che quel soggetto era e faceva prima del fatto di cui è rimasto vittima. Ed allora, all'opposto dell'esempio precedente, nel soggetto paraplegico che riporta una lesione alla caviglia con residua anchilosi della stessa, il danno non potrà certo essere valutato e risarcito allo stesso modo del soggetto giovane e sano che riporta la stessa lesione e che per effetto di essa si vede preclusa la capacità di svolgere molti atti della sua vita quotidiana. Il paraplegico, invece, aveva già perso la funzione di quell'arto e la anchilosi della caviglia non modifica, o modifica in misura ben più contenuta, le residue abilità di cui prima disponeva. Il danno riconosciuto dovrà necessariamente essere stimato percentualmente in misura nettamente inferiore rispetto a quello riferito ad un soggetto che in precedenza aveva una normale funzionalità degli arti inferiori.

Ed è francamente incomprensibile il motivo per il quale quest'ultima eventualità, indispensabile per capire il criterio valutativo che il medico legale deve utilizzare in caso di lesioni che si verificano in un soggetto già portatore di menomazioni, sia stata rimossa dal Gruppo Tecnico che ha previsto di applicare la regola solo quando lo stato anteriore patologico aumenta il valore tabellato

Sarebbe dunque necessario, per la migliore comprensione del criterio valutativo, ripristinare la precedente versione la cui indicazione peraltro è stata rafforzata negli anni sia dalle modifiche legislative (legge 124/2017), sia dalla più vasta giurisprudenza di Cassazione che ha ribadito il concetto secondo cui il danno biologico è il pregiudizio al fare e a vivere la vita come accadeva prima che il soggetto restasse vittima del fatto illecito.

Menomazioni visive

Questo capitolo suscita diverse criticità. In primo luogo, il fatto che il valore della perdita della vista di un occhio sia stato elevato dal 28% (indicato nella precedente tabella) al 30% rappresenta un arbitrio, non essendovi alcun motivo per farlo. Il “mandato” di chi ha elaborato queste tabelle doveva essere di aggiornamento delle precedenti e non di modifica arbitraria di parametri che, rispetto alla validità dell'uomo e della donna, non sono mutati negli anni.

In secondo luogo, questa modifica fa perdere l'obiettivo di allineamento con i valori della tabella INAIL ex d.lgs. 38/2000, che nelle precedenti Commissioni si era cercato di perseguire il più possibile, per limitare conflitti nelle azioni di surroga da parte dell'Ente previdenziale.

In terzo luogo, si segnala che cambiando il valore da assegnare alla perdita della funzione di un occhio, la conseguente parametrazione delle menomazioni visive di minore entità diviene incongruente con i valori proposti dalla tabella delle lesioni di lieve entità ex art. 139 del C.d.A., già da tempo operativa e vincolante ex lege.

Peraltro, il valore proposto per la valutazione della diplopia su tutti i piani dello sguardo è invece rimasto parametrato al vecchio valore e non “modificato” e questa è una incongruenza nell'incongruenza.

Inoltre, è stata inserita una nuova voce, l'anoftalmia bilaterale, che prevede valori di invalidità del 90-95%, condizione certamente di gravissima menomazione ma che, a nostro avviso, non rispetta il criterio della proporzionalità che deve caratterizzare una tabella che presenta una progressiva gravità delle menomazioni fino all'azzeramento della validità della persona.

Se alla fine si decidesse di mantenere il valore proposto da questa “nuova” tabella per la perdita della vista di un occhio, occorrerebbe allora riformare anche la tabella dei danni di lieve entità, riparametrando i valori delle menomazioni visive lì indicati alla nuova percentuale assegnata dalla tabella, compito di non semplice esecuzione.

Sarebbe molto più semplice, invece, risolvere rapidamente queste incongruenze riproponendo il precedente valore del 28% per la perdita della funzione visiva di un occhio, dal quale discendono poi tutti gli altri valori da applicare in caso di menomazioni progressivamente meno gravi.

Menomazioni psichiche

Nel caso delle menomazioni psichiche l'aggiornamento era doveroso, atteso che la precedente tabella si basava su un nomenclatore delle malattie psichiatriche, il DSM 4, che è stato sostituito dal più recente DSM 5.
Altrettanto doveroso era ribadire (come è stato fatto) la estrema delicatezza di questo aspetto del danno alla persona che, al contrario di altre lesioni, non è mai oggettivamente accertabile né misurabile.

Doveroso quindi, sulla base dei consolidati principi della Medicina Legale, il richiamo al maggior rigore possibile “nell'accertamento della permanenza del disturbo psico-patologico accertato, dello stato anteriore della persona e, soprattutto, del suo nesso causale con l'evento dal quale lo si vuole far discendere. La verifica quindi del nesso causale deve infatti passare attraverso la rigorosa applicazione della criteriologia medico-legale, atteso che molti dei sintomi appartenenti alle categorie morbose sopra richiamate possono essere di natura idiopatica e potranno considerarsi di natura post-traumatica soltanto previo accurato vaglio della loro coerenza quali-quantitativa e della loro proporzionalità rispetto alla comprovata valenza psico-traumatizzante dell'evento lesivo”.

Anche se non specificamente richiamato, viene ribadito il necessario ricorso a strumenti valutativi (prima fra tutti la scala di Holmes e Rahe), che da tempo sono stati suggeriti dalla Dottrina, per stimare in che misura un determinato danno psichico è da ritenere realmente conseguenza dell'evento stressante e quanto invece dipende da caratteristiche proprie del soggetto leso. E ricordiamo che tale criterio è stato riaffermato anche più recentemente nelle “Linee guida per la valutazione medico-legale del danno alla persona in ambito civilistico” redatte a cura della SIMLA (Ed. Giuffrè 2016).

Il timore di generare confusione in chi dovrebbe utilizzare questa nuova tabella deriva però dal fatto che, nelle premesse, viene fatto riferimento a quadri psico-patologici che, per loro natura, non fanno parte della casistica della traumatologia stradale o dei pregiudizi derivanti da responsabilità sanitaria (v. ad esempio i disturbi bipolari e quelli dello spettro schizofrenico) ovvero (come i disturbi del neuro sviluppo ed i disturbi di conversione) che, anche se manifestatisi a seguito di sinistri stradali o di trattamenti sanitari incongrui, hanno fondamento in una struttura preesistente predominante del leso, se non addirittura esclusiva.

Per tale motivo e per evitare un uso improprio delle indicazioni tabellari, nella logica di nuovo di una rapida modifica dello strumento oggi proposto, sarebbe opportuno eliminare questo riferimento dalla illustrazione fatta nelle premesse alla tabella.

Protesi

Le norme applicative ribadiscono alcuni concetti indispensabili per evitare, soprattutto in caso di protesi dovute ad amputazione di arti, che si discuta in astratto di progetti di protesizzazione, senza verificarne prima la fattibilità, l'adattamento del leso a questi ausili e, soprattutto, il beneficio funzionale (non solo in termini di danno biologico, ma evidentemente anche in termini di capacità di lavoro e di guadagno) che il soggetto amputato ne riceve.

Opportuno quindi riaffermare che le valutazioni definitive di questi casi (e i conseguenti giudizi di plausibilità delle spese richieste per i futuri rinnovi delle protesi) non possono essere dati se non dopo che sia terminato il percorso riabilitativo.

Altrettanto condivisibile è l'aver introdotto nella tabella le voci relative alle protesi di spalla, ginocchio e caviglia, non contemplate nella precedente tabella. I valori assegnati nella “nuova” tabella appaiono però francamente sproporzionati rispetto al valore attribuito alla perdita funzionale di quei distretti articolari, come se le protesizzazioni, sempre più tecnologicamente avanzate ed in grado di restituire al leso una funzionalità articolare sempre maggiore, avessero invece riflessi negativi sull'articolazione piuttosto che migliorativi.

Sarebbe quindi opportuno rimodulare i valori dati per i casi di protesi articolari, in ragione del “mandato” di aggiornamento dei valori percentuali in funzione delle innovazioni tecnologiche.

Infine, si segnala l'incremento arbitrario del valore attribuito alla perdita funzionale totale del movimento della spalla che non solo è ingiustificato, poiché non è mutato il ruolo della spalla nel tempo, ma crea anche un conflitto con i valori indicati dalla tabella delle lesioni di lieve entità, che erano stati calcolati in base al parametro dato dalla precedente tabella 10-100, vincolanti ex lege.

Sarebbe quindi sufficiente ripristinare il precedente valore indicato per la perdita funzionale totale di questa articolazione e riparametrare su di esso le menomazioni di entità inferiore alla perdita funzionale totale, per risolvere le incongruenze che questa modifica creerebbe.

Conclusioni

In conclusione, le tanto auspicate tabelle di legge per le lesioni di non lieve entità potrebbero essere in procinto, o quasi, di essere finalmente approvate. Dopo quasi vent'anni dal primo mandato di predisposizione delle tabelle delle menomazioni dal 10% al 100% di danno permanente biologico, l'approvazione delle due tabelle non potrebbe che essere accolta con favore da tutti i principali protagonisti del settore, dando finalmente completezza ad una operazione che doveva essere portata a termine ormai da tempo.

Tuttavia, l'alone di mistero che circonda gli autori e la loro reale rappresentatività nel panorama più accreditato della Medicina Legale associato ad alcune “sviste” e ad alcuni particolari “aggiornamenti”, totalmente svincolati sia dalla Dottrina sia dal progresso della medicina, e sia anche dal mandato di aggiornamento, lasciano non pochi dubbi sulla qualità finale dell'elaborato.

Queste nostre osservazioni non devono però essere intese come una critica demolitiva dell'intero schema e in particolare della parte riguardante la tabella delle menomazioni.

Dopo le prime reazioni, che hanno necessariamente suscitato sconcerto e perplessità anzitutto sul metodo con cui lo schema è stato predisposto, resta a nostro avviso l'evidenza che, in realtà, se mai fosse possibile incaricare una nuova commissione con i requisiti indispensabili della maggiore competenza scientifica e più ampia rappresentatività dei vari organismi che operano nel settore del danno alla persona in responsabilità civile, le modifiche da fare non sarebbero molte. A parte, infatti, la grossolana “svista” sulle definizioni di danno biologico e danno morale, a nostro avviso, ma anche ad avviso di quanti altri hanno già scritto su questo argomento, il superamento delle criticità che abbiamo avuto modo di commentare in questo articolo, non richiederebbe affatto uno sforzo enorme sia in termini di tempistiche sia in termini di modifiche concrete.

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