Detenzione domiciliare speciale: applicabile in via provvisoria e d'urgenza? Sollevata questione di legittimità costituzionale
03 Marzo 2021
Massima
L'art. 47-quinquies ord. penit. non consente, nella sua formulazione attuale, di applicare la misura della detenzione domiciliare “speciale” in via provvisoria e d'urgenza. In via generale la competenza per l'applicazione delle misure alternative alla detenzione spetta, infatti, al Tribunale di sorveglianza; ove il legislatore ha voluto attribuire all'organo monocratico la possibilità di concedere le misura in via “cautelare”, lo ha fatto espressamente. La tutela del superiore interesse del minore, ratio ispiratrice dell'art. 47-quinquies ord. penit., finisce in tal modo per essere notevolmente attenuata – quando non sostanzialmente svuotata – da un meccanismo procedimentale, con evidente disparità rispetto a quanto previsto per le altre misure alternative previste nel capo IV dell'ordinamento penitenziario (l.n. 354/1975). Il caso
Tizio, padre di una bambina minore di anni dieci, propone istanza per l'ammissione in via provvisoria e urgente della detenzione domiciliare speciale prevista dall'art. 47-quinquies ord. penit., allegando condizioni di impedimento della moglie all'accudimento della figlia. La protrazione della detenzione in carcere determinerebbe per l'interessato un grave pregiudizio, poiché nell'arco di tempo intercorrente tra la presentazione dell'istanza e la fissazione dell'udienza da parte del Tribunale di sorveglianza la figlia minore resterebbe priva di adeguata assistenza. Pur sussistendo i requisiti oggettivi richiesti dalla norma ai fini della concessione della misura – espiazione di un terzo della pena, impedimento della madre all'accudimento della figlia minore di anni dieci –, il Magistrato di sorveglianza esclude la possibilità di effettuare un vaglio dell'istanza in via “cautelare”. Nell'attribuire esplicitamente la competenza al Tribunale di sorveglianza, l'art. 47-quinquies, comma 3, ord. penit. non contiene, invero, alcun riferimento alla possibilità di concedere la detenzione domiciliare speciale in via provvisoria e d'urgenza da parte del Magistrato, diversamente da quanto previsto con riferimento alle altre misure alternative alla detenzione. Tanto premesso, il Magistrato di sorveglianza senese ritiene che l'art. 47-quinquies, nel non prevedere esplicitamente la possibilità di applicare in via provvisoria la misura della detenzione domiciliare “speciale”, finisca per determinare un vulnus a diritti di primaria importanza, che non sarebbe in alcun modo giustificabile, né interpretabile in senso conforme a Costituzione. In particolare, si assume violato l'art. 3 Cost. per l'irragionevole disparità di trattamento che si viene a creare rispetto alla disciplina delle altre misure alternative alla detenzione. Posto che la norma in esame è volta a tutelare il superiore interesse del minore, è a fortiori necessario approntare uno strumento di tutela per i casi in cui la protrazione della detenzione possa determinare un grave pregiudizio all'interesse del minore. Rilievo del tutto prioritario assume, in tali ipotesi, l'interesse del soggetto debole, come, peraltro, emerge da una oramai consolidata giurisprudenza della Consulta (Corte Cost n. 239/2014, 7/2013, 31/2012). Gli ulteriori parametri costituzionali invocati dal giudice rimettente sono: gli artt. 30 e 31 Cost., che tutelano i figli e la famiglia, in quanto formazione sociale ove si svolge la personalità del fanciullo; l'art. 117, comma 1, Cost., in ragione della violazione degli obblighi internazionalmente assunti dall'Italia in materia di tutela dell'infanzia; l'art. 27, comma 3, Cost., poiché l'impossibilità di accedere alla detenzione domiciliare in via cautelare e d'urgenza si tradurrebbe in un trattamento contrario al senso di umanità. La questione
La questione in esame verte sull'impossibilità, ai sensi dell'art. 47-quinquies ord. penit., di applicare la misura alternativa della detenzione domiciliare “speciale” in via provvisoria e d'urgenza da parte del Magistrato di sorveglianza. In virtù del principio ubi lex volui dixit, ubi noluit tacuit, non può ritenersi ammissibile un'interpretazione analogica che estenda al caso di specie l'applicazione “cautelare” della misura, sussistendo sul punto un'evidente lacuna normativa. A differenza di quanto espressamente stabilito per le altre misure contenute nel Capo VI della legge sull'ordinamento penitenziario (l.n. 354/1975), l'art. 47-quinquiesnon fa menzione alcuna della possibilità di applicare la misura in presenza di un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, facendo in questo modo sorgere dubbi in ordine alla sua legittimità costituzionale. Le soluzioni giuridiche
La possibilità di concedere la detenzione domiciliare speciale in via provvisoria e d'urgenza da parte del Magistrato di sorveglianza pare esclusa dalla lettera dell'art. 47-quinquies ord. penit.: nella disposizione in questione non si rinviene alcun riferimento a tale evenienza, diversamente da quanto invece previsto con riferimento alle altre misure alternative alla detenzione. Infatti, nel caso dell'affidamento in prova al servizio sociale, l'art. 47 ord. penit. prevede, al comma 4, che la misura possa essere concessa in via provvisoria dal Magistrato di sorveglianza, purché, sussistendo i presupposti per l'ammissione alla misura, la protrazione della detenzione rischi di determinare un grave pregiudizio e vi siano indicazioni che consentano di escludere il pericolo di fuga. Analoga previsione è espressamente codificata per la detenzione domiciliare ordinaria: l'art. 47-ter, comma 1-quater, ord. penit. prevede l'applicazione provvisoria della misura da parte dell'organo monocratico, qualora la protrazione dello stato di detenzione determini un grave pregiudizio. La lettera della disposizione normativa non consente di ritenere che tale previsione possa estendersi a tutti i casi di detenzione domiciliare, poiché essa fa espresso rinvio ai commi 1, 1-bis e 1-ter dello stesso art. 47-ter. Peraltro, tramite un meccanismo di rinvio alle disposizioni normative appena menzionate, il legislatore ha introdotto delle clausole di riserva con riferimento alle misure previste dall'art. 47-quater ord. penit., per i soggetti affetti da Aids conclamata o da grave deficienza immunitaria, o alla semilibertà. In quest'ultimo caso, l'art. 50, comma 6, ord. penit. consentiva in origine l'applicazione provvisoria della misura con riferimento ai soli casi di cui al comma 1 dello stesso articolo; è stato necessario un intervento della Corte costituzionale (Corte Cost. n. 74/2020) per estendere la previsione anche ai casi di cui al comma 2 dell'art. 50 (condannati a pene superiori a sei mesi e inferiori a quattro anni). Dal complesso delle menzionate disposizioni si desume, dunque, un principio generale in relazione alla concessione delle misure alternative: essa compete al Tribunale di Sorveglianza; il Magistrato può applicarle solo quando ciò sia previsto dalla legge, come peraltro si evince dalla ripartizione di competenze contenuta negli artt. 69 e 70 ord. penit. Occorre, infine, considerare che il legislatore ha introdotto un apposito rito “semplificato” (art. 678, comma 1-ter, c.p.p.) per l'applicazione di alcune misure alternative alla detenzione da parte dell'organo in composizione monocratica, a determinate condizioni e salvo il successivo vaglio del Tribunale. Osservazioni
L'applicazione in via provvisoria e di urgenza delle misure alternative alla detenzione non è sinora stata oggetto di una compiuta sistemazione dogmatica. Ciononostante, è propriamente la ratio sottesa all'art. 47-quinquies ord. penit. che impone di riflettere sulla rilevanza di una concessione in via “cautelare” della detenzione domiciliare c.d. speciale. Tale misura nasce in funzione di tutela della positiva crescita e del benessere dei bambini, con l'obiettivo di rimediare alle rotture dell'unità familiare che la detenzione intramuraria può comportare. Allo scopo di evitare che i figli delle persone detenute subiscano gravi conseguenze connesse alla separazione dai genitori in tenera età, il legislatore ha previsto che, in assenza dei requisiti oggettivi richiesti per l'applicazione dell'affidamento in prova ex art. 47 ord. penit. o per la detenzione domiciliare ordinaria ex art. 47-ter ord. penit., le madri con prole inferiore ai dieci anni o i padri, qualora queste siano decedute o assolutamente impossibilitate alla cura del minore e non vi sia modo di affidare i figli a persone diverse, possono accedere alla detenzione domiciliare speciale. Presupposto per la concessione della misura è una valutazione da parte del Magistrato in ordine all'assenza di un concreto pericolo di commissione di altri delitti e di fuga, oltre che la possibilità di un positivo ripristino della convivenza con i figli. Se la detta misura era inizialmente accessibile solo da un previo stato di detenzione – in particolare, nel caso in cui fosse già stata espiata un terzo della pena o quindici anni per i condannati all'ergastolo –, con l'introduzione del comma 1-ter nell'art. 47-quinquies ord. penit. (l. n. 62/2011) il quadro è ulteriormente mutato, in una prospettiva di sempre maggiore attenzione all'interesse del minore. Allo scopo di evitare sin dall'inizio la separazione tra genitore e figli o la permanenza di bambini negli istituti penitenziari, il legislatore ha introdotto la possibilità di scontare la frazione iniziale di pena in appositi istituti, c.d. I.C.A.M. (istituti a custodia attenuata per detenute madri), ovvero nell'abitazione del genitore, in altro luogo di privata dimora, in un luogo di cura, assistenza o accoglienza o in apposite case famiglia protette. Preme rilevare che la scure della Corte costituzionale si è già più volte abbattuta sull'art. 47-quinquies ord. penit. Facendo leva sul preminente interesse al corretto sviluppo dei minori, la Consulta (Corte Cost. n. 239/2014 e n. 76/2017) ha dapprima dichiarato contrario a Costituzione l'art. 4-bis ord. penit. nella parte in cui precludeva l'accesso anche alla detenzione domiciliare “speciale” ai condannati per i c.d. delitti ostativi di prima fascia (ovvero i delitti elencati nel comma 1 dell'art. 4-bis); successivamente, la dichiarazione di incostituzionalità si è estesa al divieto specificamente previsto dall'art. 47-quinquies ord. penit., relativo all'impossibilità di accedere ab initio alla detenzione domiciliare “speciale” anche per quei soggetti che, condannati per c.d. delitti ostativi di prima fascia, avessero collaborato con la giustizia ai sensi dell'art. 4-bis ord. penit. In entrambi gli arresti la Consulta ha sottolineato che il corretto sviluppo dei minori non può in alcun modo soccombere in presenza di una prognosi che consenta di escludere un concreto rischio di recidiva del genitore. Se, dunque, la ratio che ispira l'art. 47-quinquies ord. penit. è la tutela del superiore interesse del fanciullo, così come consacrato nei trattati che l'Italia si è impegnata a rispettare nel panorama internazionale, di esso si deve tener conto anche nella disciplina degli aspetti procedimentali della misura in questione. L'applicazione in via provvisoria e d'urgenza, pacificamente ammessa con riferimento alle altre misure alternative alla detenzione, costituisce un avanzamento di tutela irrinunciabile nel caso di specie e la cui assenza determina un vulnus all'interesse del minore: la protrazione dello stato di detenzione del genitore è suscettibile, infatti, di arrecare un concreto pregiudizio al bambino, privandolo di cure adeguate o, comunque, del diritto a instaurare un rapporto con il proprio genitore. La tutela in via “cautelare” si colora, dunque, di significati propri con riferimento alle disposizioni contenute nell'art. 47-quinquies ord. penit., ponendosi come ulteriore presidio a tutela del superiore interesse del fanciullo. Se lo spirito della disposizione è di assicurare una tutela pronta ed efficace al minore, v'è quanto meno da interrogarsi sulla natura dell'omissione del legislatore e sulla sua conformità ai principi in materia di tutela dell'infanzia sanciti a livello costituzionale e internazionale. F. Fiorentin, La Consulta nuovamente chiamata a pronunciarsi sulla detenzione domiciliare speciale per condannate madri, in Sistema Penale, 19 febbraio 2021; A. Menghini, Sub art. 47-quinquies l. 354/75, in F. Fiorentin-F. Siracusano (a cura di), L'esecuzione penale, Roma, 2019; F. Fiorentin- C. Fiorio, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2020, p. 294; L. Cesaris, Sub art. 47-quinquies o.p., in F. Della Casa-G. Giostra (a cura di), Ordinamento penitenziario commentato, p. 714. |