Concordato preventivo e notifica della cartella di pagamento

05 Marzo 2021

Con l'ordinanza del 30 settembre 2020, n. 20717, la Cassazione si è espressa in merito alla possibilità di notificare una cartella di pagamento ad un contribuente successivamente all'apertura del concordato preventivo.
Massima

L'Agenzia delle Entrate può notificare la cartella di pagamento, anche dopo l'ammissione alla procedura concorsuale, in quanto tale atto non può essere qualificato come atto esecutivo, ma come atto conclusivo dell'iter che conduce alla formazione del titolo esecutivo e preannuncia l'esercizio dell'azione esecutiva.

Il caso

Con l'ordinanza del 30 settembre 2020, n. 20717, la Cassazione si è espressa in merito alla possibilità di notificare una cartella di pagamento ad un contribuente successivamente all'apertura del concordato preventivo.

In particolare, l'Amministrazione finanziaria aveva emesso una cartella di pagamento a seguito di controllo formale ai sensi dell'art. 36 bis D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, relativa ad un periodo di imposta precedente a quello dell'ammissione al concordato preventivo della società, notificandola, però, successivamente all'inizio della procedura.

La società, risultante soccombente in secondo grado, ha presentato ricorso in cassazione, sostenendo che la notificazione della cartella di pagamento costituisce esercizio dell'azione esecutiva, per cui non può essere notificata nei confronti di una società in concordato preventivo, nei confronti della quale non è esperibile l'esecuzione forzata.

Pertanto, la cartella di pagamento avrebbe dovuto essere annullata, dovendo la pretesa erariale essere fatta valere all'interno della procedura concorsuale, anziché mediante proposizione di una azione esecutiva.

Tale tesi non è stata accolta dalla Suprema Corte per i motivi su cui ci si soffermerà di seguito.

La questione giuridica

I motivi del contendere si sono basati sul fatto che, quando un soggetto richiede l'ammissione ad un concordato preventivo, ai sensi dell'art. 168 L. Fall. non si possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.

Sul punto la Suprema Corte ha rilevato che: "dopo l'ammissione alla procedura del concordato preventivo non sono consentiti pagamenti lesivi della "par condicio creditorum" (Cass. n. 9030/1995), specificando altresì: "posto che l'art. 168 RD 14 marzo 1942 n. 267, in materia di concordato preventivo ... stabilisce che dalla data di presentazione del ricorso ai creditori della società ammessa alla procedura è impedito l'esercizio o la prosecuzione delle azioni esecutive sul patrimonio del debitore, quest'ultimo non può eseguire, per debiti pregressi, alcun pagamento fino al termine della procedura con la conseguenza che dal mancato pagamento di essi non possono conseguire effetti di tipo sanzionatorio, ancorché previsti da norme di diritto pubblico" (Cass. 2 luglio 2008, n. 18078).

In forza di questo, ci si chiede dunque se la notifica di una cartella di pagamento violerebbe il divieto previsto da tale normativa.

Secondo parte della giurisprudenza, l'emissione di una cartella di pagamento (atto prodromico all'espropriazione forzata: così Cass. 31 marzo 2008, n. 8279) costituirebbe vero e proprio esercizio di azione esecutiva, perchè l'unica funzione di tale atto dell'agente della riscossione sarebbe la realizzazione, anche in executivis, della pretesa fiscale, essendo compito esclusivo di esso la riscossione coattiva, del credito fiscale (anche solo per sanzione) portato dalla cartella emessa sul ruolo rimesso dall'ente creditore.

Ciò sarebbe giustificato dal fatto che, dopo l'ammissione alla procedura del concordato preventivo, non sono consentiti pagamenti lesivi della par condicio creditorum (Cass. 26 giugno 2007, n. 14738).

Secondo tale interpretazione, il divieto, non espressamente sancito dal legislatore, si desumerebbe in modo univoco dal sistema normativo previsto per la regolamentazione degli effetti del concordato.

Infatti, l 'art. 167, con la sua disciplina degli atti di straordinaria amministrazione, comporta che il patrimonio dell'imprenditore in pendenza di concordato sia oggetto di un'oculata amministrazione perchè destinato a garantire il soddisfacimento di lutti i creditori secondo la par condicio; mentre l'art. 168, nel porre il divieto di azioni esecutive da parte dei creditori, comporta implicitamente il divieto di pagamento di debiti anteriori perchè sarebbe incongruo che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata, possa conseguire in virtù di spontaneo adempimento, essendo in entrambi i casi violato proprio il principio di parità di trattamento dei creditori.
Inoltre, l'art. 184, ancora nel prevedere che il concordato sia obbligatorio per tutti i creditori anteriori, implica che non possa darsi l'ipotesi di un pagamento di debito concorsuale al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema.

In altri termini, l' ammissione alla procedura di concordato preventivo non impedirebbe all'ente fiscale di esercitare i suoi poteri accertativi e/o sanzionatori ma vieta allo stesso (come ad ogni creditore) soltanto di "iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore", quindi anche di richiedere il pagamento (tramite il concessionario della riscossione) della somma iscritta a ruolo, sino al "passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato" (Cass. 2 ottobre 2008, n. 24427).

Osservazioni

La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, sostiene che l'Agenzia delle Entrate può notificare la cartella di pagamento, anche dopo l'ammissione alla procedura concorsuale, in quanto tale atto non può essere qualificato come atto esecutivo, ma come atto conclusivo dell'iter che conduce alla formazione del titolo esecutivo e preannuncia l'esercizio dell'azione esecutiva.

Per sostenere tale conclusione, viene citato il principio, secondo il quale al creditore non è impedito d'agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del debitore (Cass. 24 gennaio 2019, n. 1996).

Infatti, la cartella di pagamento sarebbe equiparabile a un atto di precetto, rispetto al quale il titolo esecutivo è rappresentato dal ruolo.

Pertanto, l'apertura di una procedura di concordato preventivo non sarebbe ostativa all'accertamento di crediti tributari pregressi mediante iscrizione a ruolo, come anche all'emissione di una cartella di pagamento anche per sanzioni pecuniarie ed accessori, maturati fino a tale momento; ciò in quanto, per un verso, l'accertamento del credito da parte dell'Amministrazione finanziaria sarebbe condizione per la partecipazione della stessa alla procedura concorsuale e, per altro verso, le sanzioni pecuniarie darebbero luogo ad un credito dell'Erario per il fatto stesso che si sia verificata la violazione della legge tributaria, senza che assuma rilevanza l'assoggettamento dell'impresa ad una procedura concorsuale (Cass. 4 aprile 2019, n. 9440).

Conclusioni

Come si è cercato di evidenziare, la Suprema Corte ritiene che la cartella di pagamento possa essere legittimamente emessa in pendenza di concordato, al fine di consentire la collocazione del credito erariale nel passivo concorsuale, e non costituisce, di per sé, un atto esecutivo.

E' necessario ricordare che parte della giurisprudenza di merito (CTP Milano 12 dicembre 2017, n. 6924/11/17) ha ritenuto che deve essere riconosciuta all'Amministrazione finanziaria la facoltà di emettere una cartella di pagamento nei confronti del contribuente che abbia già presentato una valida proposta di concordato preventivo, in quanto la stessa è un atto prodromico all'inizio dell'esecuzione coattiva, equiparato a tutti gli effetti all'istituto del precetto previsto dal codice di procedura civile.

Nello stesso tempo, però, ha dichiarato illegittima la cartella di pagamento impugnata nella parte in cui ha sollecitato alla ricorrente il pagamento delle spese, dei diritti e dei compensi di riscossione, nonché degli interessi di mora (maturati e maturandi dopo il deposito della domanda di concordato preventivo).

Questo in quanto, come sopra precisato, deve essere garantita una parità di trattamento a tutti i creditori e, di conseguenza, ciascuno di essi non può iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore, il quale, di converso, non può effettuare pagamenti per debiti pregressi all'inizio della procedura concorsuale.

Pertanto, secondo tale tesi, la cartella di pagamento, non essendo un atto dell'esecuzione forzata, non dovrebbe essere interdetta dalla sussistenza della procedura di concordato preventivo, ma questo impedisce al contribuente di effettuare il pagamento. Pertanto, le sanzioni non dovrebbero essere applicate per intero a causa di questo mancato pagamento (CTR Lombardia del 29 marzo 2016, n. 1779/27/16).

Per quanto riguarda le imposte, è stato stabilito che l'obbligazione tributaria sorge con il verificarsi del presupposto di fatto al quale è ricollegata l'emersione del tributo, a fronte della quale la successiva attività accertativa dell'Amministrazione finanziaria attiene all'esercizio del diritto di credito e ha funzione ad essa strumentale, tanto che l'amministrazione finanziaria può limitarsi al controllo della regolarità formale e della completezza della dichiarazione del contribuente, senza procedere necessariamente con un atto di accertamento. Ove il presupposto impositivo si sia verificato prima dell'apertura del concordato preventivo del debitore, i crediti medesimi devono ritenersi anteriori al concordato, ai sensi degli artt. 168 e 184 L.F. (Cass. 4 aprile 2019, n. 9440).

La natura concorsuale del credito rinviene, pertanto, dalla mera circostanza che il credito tributario si ricolleghi a un presupposto di fatto verificatosi in epoca precedente l'apertura di una procedura concorsuale. Ne consegue che risulta irrilevante, al riguardo, la circostanza che, all'atto dell'apertura del concorso, non sia ancora intervenuto alcun accertamento in ordine ai suddetti crediti (Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia 3 febbraio 2020, n. 18/1/20).

E' necessario, infine, ricordare che, con l'entrata in vigore del nuovo Codice della crisi d'impresa, prevista ora per il 1° settembre 2021, troverà applicazione la nuova disciplina sulle misure protettive e cautelari.

In particolare, se il debitore ne ha fatto richiesta in seno alla domanda per l'accesso ad una delle procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza (di cui all'art. 40 D.Lgs. 14/2019), dalla data della pubblicazione nel Registro delle imprese, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio (art. 54, comma 2, D.Lgs. 14/2019).

Pertanto, a differenza della disciplina prevista dalla legge fallimentare, nel caso del concordato preventivo, non sarà più possibile un'applicazione automatica del divieto di iniziare azioni esecutive per effetto della presentazione di una domanda di accesso alla procedura, ma dovrà essere fatta istanza di parte.

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