Le maggioranze assembleari per i lavori del superbonus 110% in condominio

Maurizio Tarantino
08 Marzo 2021

La l. n. 126/2020 integra la disposizione contenuta in precedenza nel d.l. n. 104/2020 e prevede adesso, nell'art. 119 del d.l. n. 34/2020, convertito dalla l. n. 77/2020, l'inserimento, dopo il comma 9, di un nuovo comma 9-bis, ai sensi del quale le deliberazioni dell'assemblea del condominio che hanno per oggetto l'approvazione degli interventi previsti dall'art. 119 stesso e degli eventuali finanziamenti finalizzati agli stessi, nonché dell'adesione, al posto delle detrazioni fiscali, all'opzione per la cessione o per lo sconto previsto dall'art. 121, sono approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno un terzo del valore dell'edificio. Nonostante la novità, restano ancora dei dubbi sugli aspetti della disciplina sul cosiddetto superbonus 110% per quanto riguarda la maggioranza necessaria per approvare le delibere.
Il quadro normativo

Nella fase iniziale di applicazione dell'art. 119, comma 1, lett. a) (sugli incentivi per l'efficienza energetica degli edifici) introdotto col d.l. n. 34/2020, erano state individuate come norma di riferimento le seguenti possibilità:

l'art. 1120, comma 2, n. 2, c.c. (maggioranza indicata dall'art. 1136, comma 2, c.c., costituita da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio, per l'approvazione delle innovazioni relative, nel rispetto della normativa di settore, alle opere e agli interventi previsti per il contenimento del consumo energetico degli edifici, oltre che per la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili mediante l'utilizzo del lastrico solare o di una idonea superficie comune); l'art. 26, comma 2, della l. n. 10/1991 (che prevede la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio, per l'approvazione degli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all'utilizzazione delle fonti di energia contemplati dall'art. 1 della l. n. 10/1991, individuati attraverso un attestato di prestazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato).

Alla luce dei problemi legati all'assemblea in presenza, nonché per gli ulteriori aspetti legati alla tipologia dei lavori trainanti e trainati, successivamente, la l. n. 126/2020 che ha convertito, con modificazioni, il d.l. n. 104/2020, recante misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia, ha introdotto rilevanti novità in materia di condominio. Tra queste, l'art. 63, comma 1, del d.l. n. 104/2020 prevede che, all'art. 119 del d.l. n. 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 77/2020, dopo il comma 9, è inserito il seguente: “9-bis Le deliberazioni dell'assemblea del condominio aventi per oggetto l'approvazione degli interventi di cui al presente articolo e degli eventuali finanziamenti finalizzati agli stessi, nonché l'adesione all'opzione per la cessione o per lo sconto di cui all'articolo 121 (d.l. n. 34/2020), sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio”.

Dunque, alla luce della disposizione in esame, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio, l'assemblea può deliberare:

- l'approvazione dei lavori del superbonus 110%;

- l'eventuale finanziamento finalizzato alla realizzazione dei lavori oggetto del superbonus:

- l'adesione all'opzione per la cessione o per lo sconto di cui all'art. 121 del d.l. n. 34/2020.

Da ultimo, con la nuova Legge di Bilancio 2021 (n. 178/2020), al comma 9-bis (art. 119 del d.l. n. 34/2020) è stato aggiunto il seguente periodo: “Le deliberazioni dell'assemblea del condominio, aventi per oggetto l'imputazione a uno o più condomini dell'intera spesa riferita all'intervento deliberato, sono valide se approvate con le stesse modalità di cui al periodo precedente e a condizione che i condomini ai quali sono imputate le spese esprimano parere favorevole”. In sintesi, i favorevoli ad una decisione si accollano l'intera spesa.

Le maggioranze assembleari

Prima di iniziare la disamina delle novità introdotte con il comma 9-bis dell'art. 119 del d.l. n. 34/2020, è importante richiamare alcuni aspetti delle maggioranze assembleari.

In proposito, con particolare riferimento all'art. 1136 c.c., sappiamo che nel condominio sussiste la cosiddetta doppia maggioranza: maggioranza di quote e maggioranza di teste.

Quanto al quorum costituivo, il comma 1, che si riferisce alla costituzione, prevede l'assemblea in prima convocazione regolarmente costituita con l'intervento di tanti condòmini che rappresentino i 2/3 del valore dell'intero edificio (cioè 666/1000) e la maggioranza dei partecipanti al condominio. In prima convocazione – aggiunge il comma 2 - sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio (cioè 500 millesimi). Ove l'assemblea non possa deliberare per mancanza del numero legale, in seconda convocazione si delibera in un giorno successivo (da contenersi entro il termine di 10 giorni dalla prima convocazione). In seconda convocazione il quorum costitutivo è ridotto alla presenza di 333/1000 oltre ad 1/3 dei partecipanti al condominio.

Il quorum deliberativo, invece, dipende dal tipo di argomento posto all'ordine del giorno. In particolare:

a) per gli atti di ordinaria amministrazione il quorum, in seconda convocazione, deve essere pari ad almeno 1/3 del valore dell'edificio (333/1000) e la maggioranza degli intervenuti;

b) per le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitino dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo, le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità e le deliberazioni di cui agli articoli: 1117-quater (in punto di tutela delle destinazioni d'uso in caso di decisione per la cessazione delle attività illegittime); 1120, comma 2, (in materia di innovazioni agevolate); 1122-ter (in materia di impianti di videosorveglianza), nonché 1135, comma 3 (in materia di partecipazione dell'amministratore a programmi di iniziative delle istituzioni locali o da soggetti privati), devono essere sempre approvate con la maggioranza di 500 millesimi oltre alla maggioranza degli intervenuti (500 millesimi, oltre alla maggioranza degli intervenuti, sono richiesti anche per l'attivazione del sito condominiale e per l'approvazione della proposta di mediazione);

c) le deliberazioni di cui all'art. 1120,comma 1, c.c. (in materia di innovazioni) e all'art. 1122-bis, comma 3, c.c. (in materia di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia, nel caso in cui si rendano necessari interventi innovativi sulle parti comuni), devono essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio.

Premesso quanto innanzi esposto, alla luce del citato comma 9-bis del d.l. n. 34/2020 sono deliberabili con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio gli interventi di isolamento termico degli involucri edilizi; la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni; gli interventi antisismici (sismabonus); la sostituzione di infissi, finestre e schermature solari; l' installazione di impianti solari fotovoltaici; l'infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici.

Secondo una prima lettura, alla luce di quanto detto sopra, si tratta quindi della maggioranza ordinaria per l'approvazione delle delibere in seconda convocazione, anche se il novellato art. 63 del d.l. n. 104/2020 non richiama espressamente l'art. 1136, comma 3, c.c. Ciò è stato oggetto di discussione.

Secondo l'interpretazione fornita dai primi commentatori, se la norma è stata concepita come strumento per raggirare l'ostacolo del quorum della metà del valore dell'edificio (vedi punto b) delle maggioranze indicato in precedenza e, in particolare, per le innovazioni che hanno ad oggetto le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza degli edifici e quelle previste per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per la produzione di energia), superando così l'inerzia dell'assemblea o il disinteresse da parte di alcuni condomini, tuttavia, ciò non può comunque sterilizzare la volontà dei contrari quando questa rappresenta un valore superiore. Difatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, la regola posta dall'art.1136, comma 3, c.c. deve essere intesa nel senso che, coloro che abbiano votato contro l'approvazione non devono rappresentare un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che abbiano votato a favore, atteso che l'intero art. 1136 c.c. privilegia il criterio della maggioranza del valore dell'edificio quale strumento coerente per soddisfare le esigenze condominiali (Cass. civ., sez. II, 5 aprile 2004, n. 6625: in applicazione di tale principio, la Corte ha cassato la sentenza del giudice del merito che aveva ritenuto sufficiente il raggiungimento di una maggioranza di voti favorevoli, pari ad un terzo dei presenti, unitamente alla condizione che essi rappresentassero almeno un terzo della proprietà, ritenendo del tutto irrilevante che la parte contraria alla delibera detenesse un valore della proprietà superiore a quello della maggioranza del voto personale). Secondo il principio espresso dai giudici di legittimità, ai fini di una corretta maggioranza espressa secondo le regole dall'art. 1136 c.c., il numero dei voti di testa e l'entità dei millesimi da questi rappresentati superare pur sempre i voti e i valori rappresentati dai dissenzienti. Di conseguenza, se i condomini favorevoli alla delibera raggiungono l'apposita maggioranza (art. 119, comma 9-bis, d.l. n. 34/2020) è necessario verificare se i condomini contrari superano per teste o per millesimi i voti dei favorevoli, che in tal caso non risulterebbero sufficienti per la valida approvazione della delibera nonostante il raggiungimento della maggioranza prescritta.

In tema, secondo quanto riportato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze (faq n. 7.3 aggiornata al 24 novembre 2020), in particolare alla domanda “All'interno di un condominio si vogliono eseguire i lavori di rifacimento del cappotto termico ed usufruire del Superbonus. Durante l'assemblea per deliberare i lavori un condomino dissente dalla decisione e lo fa rilevare nel verbale. L'assemblea approva comunque l'intervento con le maggioranze previste dalla legge. I millesimi del condomino dissenziente non vanno considerati e quindi non partecipa alle spese per il rifacimento del cappotto termico?”, secondo il Ministero la spesa per il lavoro di efficientamento energetico deliberata nel rispetto delle maggioranze assembleari va ripartita tra tutti i condomini in base alla proprietà millesimale di ciascuno di essi oppure in base a diversi criteri eventualmente stabiliti dal condominio. Il rifacimento del cappotto termico dell'intero condominio è un intervento che si esegue sulle parti comuni e sono tenuti a parteciparvi in proporzione ai millesimi di proprietà tutti i condomini, compreso chi dissente dall'esecuzione dei lavori.

Quindi, secondo questa interpretazione, partecipano anche i dissenzienti. Però, (dopo questa interpretazione),

l'art. 119 del d.l. n. 34/2020 è stato modificato dalla Legge di Bilancio 2021. Secondo la nuova interpretazione Le deliberazioni dell'assemblea del condominio, aventi per oggetto l'imputazione a uno o più condomini dell'intera spesa riferita all'intervento deliberato, sono valide se approvate con le stesse modalità di cui al periodo precedente e a condizione che i condomini ai quali sono imputate le spese esprimano parere favorevole”.

Per intenderci, le deliberazioni dell'assemblea del condominio, aventi per oggetto l'imputazione a uno o più condomini dell'intera spesa riferita all'intervento deliberato, sono valide se approvate con le stesse modalità di approvazione degli interventi pagati da tutti i condòmini (numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio). In definitiva, la Legge di Bilancio 2021 n. 178/2020 (articolo unico, comma 66), oltre a prorogare l'Ecobonus 110% al fino al 30 giugno 2022, ha infine specificato che i condomini ai quali sono imputate le spese devono esprimere parere favorevole.

La richiesta di finanziamento per i lavori oggetto del superbonus

Il legislatore con l'introduzione del comma 9-bis (art. 119 d.l. n.34/2020) ha cercato di ottimizzare e, quindi, accelerare i lavori oggetto del superbonus attraverso la detrazione o tramite la cessione del corrispondente ammontare del credito a terzi (compresi banche o intermediari finanziari), oppure di chiedere lo sconto in fattura all'impresa che esegua i lavori. La ratio di tale norma è proprio quella di superare il problema della “liquidità” richiesta per la partenza dei lavori. Tuttavia, anche in tal caso, l'analisi verte sulla maggioranza ridotta. È chiaro che l'operazione finanziaria di chi acquista il credito rappresenta una forma di finanziamento dei lavori. Difatti, per il funzionamento delle due opzioni previste dal Decreto Rilancio (sconto in fattura e cessione del credito) fondamentale è il ruolo delle banche che dovranno intervenire con l'acquisto del credito. Alla luce di quanto detto, così come osservato anche da altri interpreti, il finanziamento richiesto dal condominio non è di poco conto. Invero, tale operazione costituisce, ancora oggi, una questione non del tutto approfondita dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

a) Il finanziamento

La cessione del credito d'imposta disciplinata ai sensi dell'art. 121 del c.d. Decreto Rilancio disposta in favore di banche e intermediari finanziari ha natura di finanziamento, laddove consenta al cedente di incassare il controvalore del credito d'imposta in un momento “anticipato” grazie alla cessione del credito stesso, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione secondo le tempistiche previste per legge. Sappiamo che la normativa di riferimento prevede che la detrazione è riconosciuta nella misura del 110 % da ripartire in 5 quote annuali di pari importo, che la stessa è ammessa entro il limite che trova capienza nella imposta lorda annua, con la conseguenza che, qualora la quota annuale della detrazione che non trovi capienza nell'imposta lorda di ciascun anno, la stessa non potrà essere utilizzata in diminuzione dell'imposta lorda dei periodi d'imposta successivi, né essere chiesta a rimborso: in via alternativa, quindi, al contribuente è data la facoltà di optare per il c.d. sconto in fattura ovvero per la cessione del credito (Circolare n. 24/E del Fisco dell'8 agosto 2020). Secondo gli esperti in materia, la banca, pertanto, ove decida di acquistare un credito d'imposta “futuro”, intendendosi per tale una o più quote annuali di pari importo del singolo credito, potrebbe concordare con il cedente che il pagamento del corrispettivo dell'intero credito ceduto, subordinato (solitamente) al verificarsi di specifiche condizioni sospensive, sia effettuato nel momento in cui tali crediti “entrano” nel cassetto fiscale (prima del cedente e poi) della banca, consentendo pertanto al cedente di ottenere il corrispettivo di tutte le quote annuali del credito d'imposta cedute in un unico momento, “anticipato” rispetto a quello di esigibilità del credito d'imposta stesso, ossia senza dover attendere la compensazione su più annualità. Quindi è proprio l'“anticipazione” dell'intero corrispettivo del credito d'imposta ceduto, concessa dalla banca al cedente, a determinare la natura di finanziamento della cessione in parola.

In altri termini, la cessione dei crediti d'imposta tra il cedente e la banca rappresenta una concessione di finanziamento da parte della banca al cedente, laddove consente a quest'ultimo di ricevere l'importo del corrispettivo della cessione del credito d'imposta “anticipatamente” rispetto al momento in cui il singolo credito d'imposta ceduto sarebbe divenuto esigibile per il cedente stesso, stante la particolare modalità di ripartizione in quote annuali di tali crediti.

In sintesi, secondo quanto riportato dall'infografica dell'ABI (Associazione Bancaria Italiana), le banche possono favorire la realizzazione degli interventi agevolati dal superbonus fiscale in tre modi:

- scontando il bonus fiscale del cittadino (o condominio) che ha riqualificato l'immobile;

- effettuando l'operazione di sconto in favore dell'impresa che ha realizzato i lavori e si è fatta cedere dal committente il bonus fiscale a fronte di una riduzione del prezzo in fattura;

- concedendo, su richiesta dei clienti, finanziamenti ponte che poi possono essere estinti in tutto o in parte con la cessione del credito d'imposta alla banca.

Le banche per perfezionare l'operazione di sconto del credito d'imposta o quella di finanziamento chiedono al beneficiario del superbonus che intende cedere il credito d'imposta sostanzialmente la documentazione che lo stesso utilizza per il riconoscimento dell'agevolazione fiscale. Le banche, oltre all'acquisto del credito d'imposta e l'anticipo delle spese di apertura cantiere attraverso un finanziamento, possono offrire alla clientela servizi di assistenza e di consulenza tecnica relativi alle diverse fasi degli interventi di riqualificazione agevolata, anche mediante società specializzate con le quali le banche hanno stipulato accordi di collaborazione.

b) Le proposte delle banche

Prima di analizzare le proposte offerte dalle banche, ai fini della comprensione dell'operazione, è necessario richiamare alcuni istituti.

- Cessione del credito. È il trasferimento di un credito da una persona (cedente) ad un'altra (cessionario). Il cedente vanta quindi un credito nei confronti di un debitore (ceduto), ma ancora prima di riscuotere quanto gli spetta, può stipulare un accordo per cedere il credito. Questo accade ad esempio quando il cedente ha bisogno di liquidità e si accorda con il cessionario, che gli pagherà una somma di denaro inferiore rispetto alla totalità del credito. Del resto, il cessionario si fa carico di un rischio e offre immediata liquidità al cedente. Anche il debitore è coinvolto nella cessione, ma solo in modo indiretto. Il ceduto, infatti, non ha il potere di opporsi alla cessione e non dev'essere neanche chiesto il suo consenso. La cessione non è possibile solo quando la prestazione del debitore ha carattere strettamente personale oppure nelle ipotesi vietate dalla legge.

- Cessione pro soluto. In tal caso, il cedente si libera da ogni responsabilità in merito all'adempimento da parte del debitore. L'unico suo onere è provare che il credito esiste e può essere ceduto, perché non esistono particolari vizi, né cause di annullamento o nullità. Nella cessione del credito pro soluto, è il cessionario a farsi carico del rischio dell'inadempimento. Nonostante le commissioni nella tipologia pro soluto in genere siano più elevate, è la formula più utilizzata, proprio perché consente al cedente di non essere più parte del rapporto debitorio e di garantire solo l'esistenza del credito.

- Cessione pro solvendo. In questo caso, invece, il cedente deve garantire che il debitore eseguirà la prestazione dovuta. In caso di inadempimento, il cessionario potrà rivolgersi al cedente, che a sua volta è tenuto a pagare la somma dovuta dal debitore. In questa seconda ipotesi il rischio dell'inadempimento è a carico del cedente, che non deve garantire solo che il credito esiste, ma anche che verrà ripagato. In caso contrario sarà proprio il cedente a mettere mano al portafogli e pagare.

In evidenza

Cedente

Il titolare del credito d'imposta ed ogni suo successore o avente causa.

Cessionario o Banca

L'istituto di credito ed ogni suo successore o avente causa.

Cessione

Contratto mediante il quale il cedente trasferisce al cessionario il credito conseguendo il relativo.

Pro soluto

Il cedente si libera da ogni responsabilità in merito all'adempimento da parte del debitore.

Pro solvendo

Il cedente deve garantire che il debitore eseguirà la prestazione dovuta.

Corrispettivo della cessione di credito

Indica quanto dovuto dalla banca al cedente a titolo di corrispettivo della Cessione, determinato in misura percentuale del valore nominale del credito ceduto.

Credito

Il credito d'imposta sorto ai sensi della normativa vigente.

Data di Cessione

Data di conclusione del contratto di cessione.

Data di pagamento

Data di pagamento del corrispettivo.

Premesso quanto innanzi esposto, a seguito della novità normativa, molti istituti di credito (Intesa Sanpaolo, Unicredit, UnipolSai, Poste Italiane ecc.) hanno predisposto una tipologia di prodotti finanziari (per un'analisi dettagliata dei prodotti creditizi in esame si consiglia il contatto con i rispettivi consulenti finanziari).

Per l'approfondimento in esame, in materia di condominio, solo per una finalità di sintesi e di studio della materia, si riportano alcuni passaggi dell'offerta riportata dall'istituto di credito Intesa Sanpaolo (foglio informativo n. 497/008 aggiornato al 14 dicembre 2020).

Secondo la citata documentazione, l'operazione di “cessione superbonus” è un prodotto attraverso il quale il cliente, che ha maturato un credito d'imposta ai sensi della normativa vigente, trasferisce pro soluto e a titolo definitivo alla banca il credito di imposta ottenendo il pagamento del corrispettivo in via anticipata ad un prezzo di acquisto concordato. Nel caso di lavori sulle superfici comuni come la realizzazione del cappotto termico, l'installazione d'impianti fotovoltaici o la sostituzione della caldaia, in qualità di consumatore, il condominio sottoscriverà il contratto di cessione del credito di imposta per il tramite dell'amministratore. Sono esclusi i condomini composti esclusivamente da persone giuridiche.

In particolare, l'operazione di cessione si perfeziona con la sottoscrizione dello specifico contratto di cessione del credito di imposta. I contratti si distinguono in:

- contratto di cessione del credito di imposta condizionato, ovvero nel caso in cui i lavori non siano ancora stati eseguiti, si tratta di un contratto di cessione condizionato la cui efficacia è subordinata all'avverarsi di determinate condizioni sospensive. In caso di mancato avverarsi delle condizioni sospensive previste nel contratto (ad esempio il mancato rilascio dell'asseverazione da parte dal tecnico abilitato per gli interventi di riqualificazione energetica) il contratto di cessione diventa inefficace. Considerato che l'importo del contratto di appalto da cui deriva il credito d'imposta potrebbe subire delle variazioni in diminuzione o in aumento con la conseguente variazione dell'ammontare del credito di imposta, il cessionario, qualora il credito di imposta dovesse risultare maggiore di una percentuale contrattualmente stabilita pari al 20% rispetto al valore del contratto di appalto, potrà risolvere il contratto di cessione ai sensi dell'art. 1456 c.c. dandone comunicazione scritta al cedente. La cessione del credito, come previsto dall'art. 121 del Decreto Rilancio, potrà avvenire anche a stato avanzamento lavori (SAL). I SAL non potranno essere più di due, ciascuno riferito almeno al 30% dell'intervento che si chiuderà con la fine lavori;

- contratto di cessione del credito sorto, in tal caso gli interventi sono già stati eseguiti.

Entro 5 giorni lavorativi dalla data in cui il credito risulterà nel cassetto fiscale del cessionario a seguito dell'avvenuto espletamento da parte del cedente delle formalità previste e della conseguente accettazione della cessione da parte del cessionario, il corrispettivo sarà pagato dal cessionario al cedente a titolo definitivo. Il corrispettivo sarà corrisposto al cedente mediante accredito sul conto corrente indicato dal cliente ed è determinato in misura percentuale del valore nominale del credito ceduto.

a) I rischi dell'operazione

Quanto ai rischi per il cliente (nel nostro caso il condominio) il citato foglio informativo si limita a riportare che in caso di contratto di cessione condizionata, il mancato verificarsi delle condizioni sospensive determina la risoluzione del contratto e il cessionario non è tenuto a corrispondere al cedente il corrispettivo della cessione. Quindi:

- il cedente assume le obbligazioni specificamente previste dal contratto di cessione e garantisce che il credito è certo, liquido ed esigibile, se già sorto;

- in caso di cessione condizionata del credito, invece, dovrà esserlo al momento in cui le condizioni sospensive si saranno verificate.

A questo punto, in caso di risoluzione, occorrerebbe approfondire il motivo del mancato avveramento delle condizioni e valutare le (eventuali) conseguenze. Difatti, come spesso accade, l'apertura di un finanziamento bancario comporta di regola l'esposizione verso l'istituto di credito di ciascun singolo condomino mutuatario, quale coobbligato alla restituzione dell'intera somma data in prestito. Quindi, è importante leggere con attenzione tutte le clausole del contratto. Eventualmente, con un proprio consulente finanziario, realizzare simulazioni di finanziamento e, soprattutto, capire gli eventuali rischi.

Le criticità dei quorum per deliberare il finanziamento

Alla luce di quanto esposto e, in particolare, sui possibili ed eventuali rischi di una procedura non andata a buon fine, possiamo affrontare la questiona relativa alla maggioranza per deliberare un finanziamento.

Preliminarmente sappiamo che il codice civile non si occupa espressamente della questione, rinviando genericamente (art. 1139 c.c.) agli articoli che disciplinano la comunione. Tra questi, l'art. 1108 c.c.

La norma in esame (quarto comma) prevede che l'ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, qualora abbia lo scopo di garantire la restituzione delle somme mutuate per la ricostruzione o per il miglioramento della cosa comune. L'applicazione della norma al condominio ha suscitato un dibattito con posizioni differenti.

In ambito giurisprudenziale, appunto sul potere assembleare, i giudici hanno evidenziato che la possibilità di contrarre mutui, in nome e nell'interesse del condominio, da parte dell'amministratore esorbita le attribuzioni conferite dalla legge all'amministratore stesso e richiede, quindi, l'intervento dell'assemblea, senza alcuna differenza tra opere di ordinaria e straordinaria manutenzione (Cass. civ., sez. II, 5 marzo 1990, n. 1734).

Nello stesso senso, in giurisprudenza di merito, i giudici hanno precisato che l'amministratore di condominio non può contrarre mutui senza essere stato espressamente autorizzato dall'assemblea, perché tale potere non rientra fra le attribuzioni che gli spettano in base alla legge (Trib. Milano 11 maggio 1992). In tale situazione, dunque, il contratto di affidamento del credito bancario, stipulato da un soggetto che abbia agito in nome e per conto del condominio, pur non essendo munito dei relativi poteri autorizzativi, deve ritenersi privo di effetti nei confronti del falso rappresentato. Ne consegue, pertanto, che la banca che abbia contratto con un falsus procurator, nulla potrà pretendere nei confronti del condominio che sia stato, appunto, falsamente rappresentato. Ne discende, dunque, la revoca del decreto ingiuntivo emesso ai danni del condominio relativamente ad uno scoperto di conto corrente derivante da un finanziamento stipulato dal precedente amministratore, in mancanza di potere rappresentativo (Trib. Ravenna 31 gennaio 2020, n. 95; App. Milano 21 agosto 2019, n. 3528; Giud. Pace Bologna 6 luglio 2017, n. 2441; Giud. Pace Salerno 17 ottobre 2013, n. 3805).

Alla luce dei principi esposti, quindi, rientra tra i poteri dell'assemblea deliberare l'eventuale richiesta di finanziamento. A questo, punto, però, in merito alle maggioranze, così come suggerito anche dalle associazioni di categoria, se con l'indicata maggioranza (art. 1108, comma 4, c.c.) è possibile accendere un'ipoteca sui beni comuni per le finalità appena descritte, sarà da ritenersi legittima una decisione che approvi, con lo stesso quorum deliberativo (tanto in prima quanto in seconda convocazione), un semplice finanziamento non assistito da garanzia reale avente le medesime finalità.

Diversamente, nel caso in cui l'impresa che esegua i lavori decide di acquisire il credito e, di conseguenza, offrire lo sconto in fattura, in tale ipotesi, in assenza di pregiudizi economici nei confronti dei condomini, non avrebbe senso una maggioranza elevata. Resta inteso che l'opzione dello sconto in fattura, scelto da tutti o da alcuni dei partecipanti, non fa venire meno l'obbligo della costituzione del fondo speciale da parte dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1135 c.c. Infatti, l'opzione dello sconto non rappresenta altro che una forma di pagamento per effetto della attualizzazione di un credito di imposta. L'assemblea, quindi, dovrà comunque approvare un bilancio straordinario dei lavori che dia contezza della misura delle obbligazioni assunte con i fornitori e i professionisti e, nel caso di condomini che non abbiano optato per lo sconto, questi dovranno provvedere al normale versamento delle quote dovute.

L'invalidità della delibera di stipulazione del contratto di finanziamento senza le singole espressioni di voto

In una particolare vicenda giudiziale, una condomina sosteneva l'illegittimità della delibera impugnata nella parte in cui l'assemblea, in tema di esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria di parti comuni, aveva dato mandato all'amministratore di stipulare un contratto di finanziamento dei lavori con la banca. Tuttavia, la delibera non indicava il quorum dei partecipanti alla votazione sul finanziamento e stabiliva solo che “tutti i condomini si costituiscono debitori della somma complessiva erogata dalla banca a titolo di finanziamento”. Costituendosi in giudizio, il condominio sosteneva la totale legittimità del punto della delibera impugnata osservando che la condomina sarebbe stata esclusa dalla richiesta di finanziamento alla banca come “da lettera del broker finanziario”.

Secondo il Tribunale adito (Trib. Milano 3 dicembre 2020, n. 7931), il contratto era stato stipulato dal condominio e non già dai singoli condomini che avevano aderito al finanziamento e che, peraltro, dal verbale di assemblea non era dato individuare. Di conseguenza, secondo il giudicante, nei rapporti con l'ente erogatore, in caso di inadempimento nella restituzione del prestito, risponde il condominio e, con esso, ogni singolo condomino nei limiti, persino espressamente richiamati nella delibera impugnata, di cui all'art. 63 disp. att. c.c. In tale ipotesi, dunque, ed a prescindere da eventuali diverse pattuizioni tra i partecipanti al condominio che, peraltro, il condominio non aveva adeguatamente allegato e dimostrato, la condomina rimarrebbe ipoteticamente obbligata nei confronti della banca: ciò, anche con potenziale sacrificio della propria, individuale proprietà.

Alla luce di quanto innanzi esposto, la delibera è risulta viziata in quanto non risultava a verbale, non tanto il quorum dei partecipanti bensì le rispettive, singole espressioni di voto. A parere del giudice ciò costituiva una carenza comunque determinante e di particolare rilievo laddove, come nel caso, si discuteva sulla esclusione o meno del singolo condomino dagli impegni discendenti da un finanziamento approvato a maggioranza. In conclusione, la delibera è stata annullata.

Il diritto del singolo condomino alla detrazione fiscale

Ripercorrendo quanto detto sin d'ora, l'art. 119, comma 9-bis, del d.l. n. 34/2020 prevede che l'assemblea, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio, può deliberare “anche” l'adesione all'opzione per la cessione o per lo sconto di cui all'art. 121 del d.l. n. 34/2020. Anche in tal caso, secondo quanto riportato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze (faq n. 7.4 aggiornata al 24 novembre 2020), in particolare alla domanda “Ho letto che è richiesta una maggioranza assembleare bassa … per dare il via ai lavori con il superbonus. Ma l'opzione per i singoli condomini non dovrebbe essere autonoma e personale?”, il Ministero ha precisato che:

- la disposizione relativa al quorum deliberativo si riferisce alla delibera con la quale il condominio decide di effettuare i lavori ricadenti nell'agevolazione del superbonus;

- rimane invece al singolo condomino la decisione sulla detrazione, sullo sconto in fattura o sulla cessione del credito.

A seguito della risposta del Ministero, la norma è stata ulteriormente oggetto di discussione. Per meglio dire, solo i singoli condomini beneficiari della detrazione possono rendersi validamente cedenti del credito d'imposta: i condòmini che vogliono pagare la quota al condominio per detrarre l'importo (presumibilmente importante) e guadagnare così una determinata percentuale (10% in 5 anni) potrebbero legittimamente opporsi. Per evitare una tale evenienza, si potrebbe ipotizzare uno specifico accordo con la banca tale da escludere dalla cessione i condòmini che vogliono fare la detrazione; a questo proposito, però, la delibera dovrebbe essere chiara nell'indicazione delle singole espressioni di voto.

Del resto, come già sostenuto da autorevole dottrina, la detrazione fiscale nella misura del 110%, sotto forma di sconto in fattura accordato dall'impresa o di cessione di credito d'imposta, dà luogo non ad un'unica obbligazione imputabile al “gruppo condominio”, quanto a tanti rapporti individuali tra l'amministrazione finanziaria e ciascuno dei singoli condomini contribuenti, ognuno dei quali subordinato alle condizioni soggettive e oggettive previste dalla legge. Pertanto, secondo la critica in esame, “la medesima detrazione fiscale dovrebbe rimanere sottratta alle attribuzioni deliberative dell'assemblea, la quale, giacché destinata ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti nella materia di interesse comune, non può comunque adottare provvedimenti volti a regolamentare diritti ed obblighi appartenenti in via esclusiva ai singoli condomini”.

Successivamente, però, è intervenuta la Legge di Bilancio 2021 n. 178/2020. Come visto in precedenza, i condomini possono esprimere parere favorevole all'accollo delle spese dell'intera operazione del 100% se approvate con le stesse modalità di approvazione prevista per gli interventi (numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio). Anche se il legislatore ha previsto “l'accollo delle spese” dell'operazione da parte di alcuni condomini favorevoli al superbonus, resta aperta la questione interpretativa della detrazione fiscale (in teoria) sottratta dalle attribuzioni dell'assemblea.

In conclusione

La nuova maggioranza, per il modo in cui è stata predisposta, non sembra del tutto risolutiva degli aspetti critici della tematica del superbonus. Inoltre. dal punto di vista operativo, il fatto che i condòmini cedono alla banca il credito fiscale del 110% e questa concede un prestito ponte (per coprire il periodo tra inizio lavori e periodo in cui in cui il cessionario può usufruire del credito) porterà sicuramente l'amministratore a raccogliere tutte le cessioni di tutti i condòmini. Questo però a “livello teorico” perché a “livello pratico” è possibile uno scenario di condòmini irreperibili e disinteressati; quasi spesso, condomini morosi.

In proposito, con la circolare n. 30/E del 22 dicembre 2020, l'Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti sul superbonus. Difatti, secondo il Fisco, nell'ipotesi di condòmino “moroso” che non paga le quote condominiali, anche se in linea generale l'amministratore di condominio deve comunicare all'Agenzia delle entrate le cessioni dei crediti corrispondenti alle detrazioni esclusivamente per un ammontare proporzionato al rapporto tra quanto versato da ciascun condomino entro il 31 dicembre dell'anno di riferimento della spesa e quanto dovuto dal condomino stesso, se il condomino ha manifestato l'intenzione di cedere il credito a soggetti terzi, diversi dai fornitori, l'amministratore dovrà comunicare l'opzione per la cessione del credito solo se il condomino ha versato al condominio quanto a lui imputato e, in caso di versamenti parziali, solo in proporzione a quanto pagato rispetto al dovuto. Nel caso di “condomino moroso”, pertanto, l'amministratore non dovrà comunicare nessun dato riferito allo stesso in quanto il condomino, non avendo versato le quote condominiali, non ha diritto alla detrazione. Ovviamente il recupero del credito verso il condomino moroso rientra tra i rapporti di diritto privato tra condominio e condomino.

Indipendentemente dai profili interpretativi, inoltre, restano le valutazioni e le preoccupazioni dei condomini nell'ipotesi di un finanziamento finalizzato all'esecuzione dei lavori del superbonus perché l'obbligazione che ne deriva riguarda comunque l'intera compagine condominiale. Resta inteso che non vi sarebbe alcun problema nel caso in cui tutti i condomini siano favorevoli a usufruire del finanziamento; inoltre, non vi sarebbe motivo di ulteriore problema nell'ulteriore caso in cui, in assenza di una decisione assembleare sul finanziamento, i condomini interessati ai lavori decidano di accedere a un mutuo in modo autonomo e senza coinvolgere il condominio.

Riferimenti

Caracciolo, Superbonus 110% e condominio: quando si accede alla maxi-detrazione, in Quotidianogiuridico.it, 23 dicembre 2020;

Bisso - Fossati, Cessione del credito del 110%, la soluzione dell'assemblea, in IlSole24Ore - Norme e Tributi, 9 dicembre 2020;

Scarpa, La legge di conversione del D.L. agosto: il condominio in quarantena, in Quotidianogiuridico.it, 15 ottobre 2020;

Confedilizia.it, La cessione del credito e lo sconto in fattura in condominio, la questione delle maggioranze assembleari;

Ditta, La maggioranza per deliberare il finanziamento condominiale, in Consulente immobiliare, 2019, fasc. 1059, 30;

Celeste, Assemblea (quorum costitutivi e deliberativi), in Condominioelocazione.it, 13 novembre 2017.

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