Avvocato italiano, cliente svizzero: la giurisdizione spetta al giudice italiano
09 Marzo 2021
Spetta al convenuto provare, nell'ultima ipotesi, che i servizi e le attività professionali alla base della richiesta siano svolte nei confronti della generalità degli utenti residenti dello Stato estero. Con la pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite in sede di regolamento di giurisdizione n. 6001/2021, il Supremo Collegio precisa che rientra nella giurisdizione italiana la controversia relativa alla richiesta degli onorari di un avvocato qualora sia svolta in Italia e debba essere retribuita in Italia, anche nei confronti di un soggetto straniero residente in uno Stato estero.
Il caso. La vicenda definita, in punto di giurisdizione, dalle Sezioni Unite della Cassazione, riguarda la richiesta di pagamento promossa da un avvocato nei confronti di un cittadino svizzero per delle attività svolte in Italia. In particolare, il convenuto aveva eccepito la propria residenza in Svizzera, richiamando la Convenzione di Lugano del 2007; proprio in forza di tale Convenzione, il Tribunale, chiamato a decidere su un sequestro dei beni del convenuto, aveva dichiarato la giurisdizione del giudice svizzero: decisione avverso la quale era stato promosso il regolamento di giurisdizione di cui si discute e deciso nel senso di riconoscere la giurisdizione del giudice italiano, seppure sulla base di argomentazioni in parte diverse da quelle del ricorrente.
Regolamento di giurisdizione e identificazione della domanda. Preliminarmente la Cassazione precisa, in tema di regolamento di giurisdizione, che la giurisdizione si determina in base alla domanda; in tale prospettiva, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della “causa petendi”, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione.
Il rapporto tra avvocato e cliente. Fermo quanto precede, il S.C., nel percorso argomentativo che sviluppa per giungere alla conclusione espressa nella massima in epigrafe, si sofferma sul rapporto tra avvocato e cliente, che rappresenta uno dei punti centrali del ricorso. Ad avviso della Cassazione, infatti, nei rapporti tra avvocato e cliente quest'ultimo riveste la qualità di «consumatore», ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. a), del d.lgs. 206/2005, a nulla rilevando che il rapporto sia caratterizzato dall' intuitu personae e sia non di contrapposizione, ma di collaborazione (quanto ai rapporti esterni con i terzi), non rientrando tali circostanze nel paradigma normativo; conseguentemente, alle controversie in tema di responsabilità professionale dell'avvocato si applicano, sia pure con riferimento alle regole sulla competenza, le regole sul foro del consumatore di cui all'art. 33, comma 2, lett. u), del d.lgs. 206/2005. Avvocato, consumatore ed eredi: Peraltro, nell'ambito dei rapporti tra professionista e consumatore, la qualità di quest'ultimo - ai fini della determinazione della competenza per territorio - si trasmette agli eredi, non venendo meno, per effetto del decesso, né il rapporto di consumo, né le ragioni del peculiare regime di tutela ad esso correlato. Pertanto, in caso di morte del consumatore, il relativo foro di cui all'art. 33, comma 2, lett. u), del d.lgs. 206/2005 deve essere individuato sulla base del luogo di residenza o domicilio dei successori universali del defunto.
Cliente, avvocato e obbligato al pagamento. Nel caso di specie, peraltro, con riferimento al rapporto cliente - avvocato, è pacifico in giurisprudenza che obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore è il cliente e cioè colui il quale - anche se la procura sia stata da altri conferita - ha affidato al professionista il patrocinio legale chiedendogli la prestazione della sua opera. Va peraltro evidenziato che, comunque, occorre distinguere tra rapporto endo-processuale nascente dal rilascio della procura ad litem e rapporto che si instaura tra il professionista incaricato ed il soggetto che ha conferito l'incarico, il quale può essere anche diverso da colui che ha rilasciato la procura. In tal caso chi agisce per il conseguimento del compenso ha l'onere di provare il conferimento dell'incarico da parte del terzo, dovendosi, in difetto, presumere che il cliente sia colui che ha rilasciato la procura.
Giurisdizione ed obbligazione contrattuale. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il S.C. precisa che ai fini dell'individuazione del giudice avente giurisdizione nei confronti dello straniero nelle controversie relative a rapporti obbligatori contrattuali, il foro speciale previsto dall'art. 5, n. 1, lettera b), del Regolamento CE 44/01 del Consiglio, del 22 dicembre 2000 (c.d. forum destinatae solutionis) - i cui termini sono ripresi dalla Convenzione di Lugano più volte menzionata - è applicabile non solo alle azioni volte alla realizzazione del vincolo contrattuale ma anche a quelle di nullità o annullabilità del negozio o di accertamento negativo dell'esistenza del vincolo stesso, in ordine alle quali, pertanto, la giurisdizione, ai sensi della predetta disposizione, spetta al giudice del luogo in cui dev'essere eseguita l'obbligazione principale o quella caratterizzante il negozio. In altri termini, nel caso di specie la giurisdizione è del giudice italiano posto che l'attività oggetto della prestazione era stata svolta in Italia e da un soggetto – l'avvocato – abilitato a svolgere la propria attività professionale solo in Italia e non nello stato estero di residenza del convenuto.
Obbligazione e contratto autonomo di garanzia. Il S.C. ha peraltro rigettato l'argomentazione, portata dalla parte ricorrente, che individuava la giurisdizione sulla base della qualificazione della dichiarazione sottoscritta dal convenuto come contratto autonomo di garanzia. Come noto, con tale tipologia, il garante si impegna a tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento dell'obbligazione - che può avere ad oggetto anche una prestazione infungibile - gravante sul debitore principale, in ciò differenziandosi rispetto al fideiussore, il quale, garantendo l'adempimento dell'obbligazione altrui, è tenuto ad una prestazione identica a quella dovuta dal debitore principale. Nel caso di specie, per contro, la Cassazione ha ritenuto l'insussistenza di un debito altrui, essendo la dichiarazione per cui è causa relativa ad un debito proprio (del convenuto, nel caso di specie).
*fonte: www.dirittoegiustizia.it |