Le plusvalenze da cessione d'azienda

10 Marzo 2021

Nell'ambito dell'imposizione diretta, l'istituto dell'"azienda" non trova una sua specifica definizione, rendendo necessario il rinvio alla nozione fornita dall'articolo 2555 del codice civile, il quale definisce l'azienda «il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa».
Premessa

Nell'ambito dell'imposizione diretta, l'istituto dell'"azienda" non trova una sua specifica definizione, rendendo necessario il rinvio alla nozione fornita dall'articolo 2555 del codice civile, il quale definisce l'azienda «il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa». L'azienda deve quindi essere identificata quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l'esercizio dell'attività di impresa, individuando nell'organizzazione di questi, funzionale all'esercizio dell'impresa, la sua connotazione essenziale. In sostanza, l'azienda può dunque essere definita come un insieme di beni eterogenei, costituenti un complesso caratterizzato da "unità funzionale", determinata dal coordinamento realizzato dall'imprenditore tra i diversi elementi patrimoniali e dall'unitaria destinazione dei medesimi a uno specifico fine produttivo, laddove i fattori essenziali dell'azienda possono essere individuati nell'organizzazione, nei beni e nel loro fine per l'esercizio dell'impresa.

La vicenda su cui si è pronunciata l'Agenzia delle Entrate

Questa la vicenda che ha portato all'intervento dell'Agenzia delle Entrate, con risposta a interpello n. 101 dell'11 febbraio 2021.

Una società presentava istanza di interpello relativamente all'eventuale natura di "azienda" dei beni oggetto di cessione, riferendo che:

- essa era una società unipersonale, il cui capitale era interamente detenuto da un ente locale (titolare dei poteri di direzione e coordinamento);

- il proprio oggetto sociale includeva la gestione del patrimonio immobiliare del Comune, nonché la gestione e realizzazione di nuovi impianti, reti, dotazioni patrimoniali, immobili ed infrastrutture di interesse pubblico dello stesso Comune, e l'erogazione di servizi pubblici locali;

- tra il Comune e la società era stato sottoscritto un contratto di servizio;

- e, in attuazione di tale contratto di servizio, il Comune:

1) conferiva alla società l'incarico di provvedere alla realizzazione – operando quale stazione appaltante su mandato senza rappresentanza e quale concessionaria di costruzione e gestione - di due opere (una nuova scuola e un tunnel);

2) trasferiva alla società la gestione delle convenzioni in essere per l'installazione di apparati di telecomunicazione, subentrando nei contratti attivi; la gestione degli affitti agrari; la gestione dei mini alloggi comunali; la gestione della farmacia.

Nel contratto di servizio era previsto che gli immobili realizzati dalla società sarebbero rimasti di proprietà del Comune, in quanto beni gratuitamente devolvibili allo stesso ente locale al termine del periodo di concessione, o anche anticipatamente.

A fronte della spesa che la società avrebbe dovuto sostenere, il Comune si impegnava a trasferire alla stessa, nella forma di finanziamento infruttifero, somme fino a concorrenza di un determinato importo.

A fronte dei costi dei servizi resi dalla società, secondo il contratto di servizio, il Comune riconosceva alla società istante un rimborso forfettario annuo, da determinarsi in via definitiva di anno in anno in relazione ai dati consuntivi dell'esercizio precedente, ai costi di gestione delle strutture e dotazioni patrimoniali, alle proiezioni economiche-finanziarie ed ai programmi ed attività che la società si impegnava a sottoporre preventivamente al Comune.

Alla società, durante la gestione, sarebbero spettati inoltre, in via esclusiva, gli eventuali corrispettivi di utilizzo delle strutture e degli impianti comunali introitati da terzi utilizzatori.

Per tutta la durata della concessione, infine, la società istante si obbligava ad eseguire, a propria cura e spese, la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere previste nel contratto di servizio; e per contro, il Comune si impegnava alla refusione di quanto da essa sostenuto a tale titolo, al netto di eventuali contributi di terzi od introiti tariffari.

Sotto il profilo tributario, nel contratto di servizio veniva stabilito che:

- quanto ai beni patrimoniali, trovava applicazione l'art. 104 del TUIR (ammortamento finanziario per quote costanti del costo sostenuto, al netto di eventuali contributi erogati dal Comune);

- i rapporti finanziari tra il Comune e la società si qualificavano come finanziamento infruttifero del socio unico;

- i corrispettivi sui servizi specifici resi dalla società al Comune erano assoggettati ad IVA.

Integrazioni al contratto di servizio vennero poi apportate per ulteriori opere pubbliche e servizi da realizzare.

Il Comune, in considerazione del mutato contesto normativo di riferimento delle società a partecipazione pubblica e in esecuzione delle prescrizioni di cui all'art. 24 d.lgs. n. 175/2016, aveva infine ritenuto di verificare la fattibilità e convenienza di dare avvio ad una procedura ad evidenza pubblica, al fine di procedere, congiuntamente, alla cessione parziale della partecipazione societaria ad un partner operativo e all'affidamento del servizio per la manutenzione del patrimonio immobiliare di pertinenza della società partecipata e dell'Ente medesimo.

L'assemblea dei soci della società disponeva, quindi, di avviare una procedura di consultazione preliminare di mercato, secondo le procedure ad evidenza pubblica di cui all'art. 66 d.lgs. 50/2016 (Codice dei Contratti pubblici), riservandosi, anche in esito alle risultanze di tale consultazione, di procedere o meno alla gara "a doppio oggetto" di cui all'art. 17 d.lgs. n. 175/2016, la quale non aveva però poi avuto seguito.

L'ente locale stava infine valutando la messa in liquidazione della società, con il conseguente trasferimento al Comune stesso di tutte le attività da questa svolte.

La liquidazione sarebbe dovuta stata essere attuata, previa delibera dell'assemblea straordinaria della società e nomina del liquidatore, attraverso la cessione al socio Comune dell'intera azienda di proprietà della società, costituita da:

- opere pubbliche dalla stessa realizzate per conto del Comune;

- attività di manutenzione e gestione delle suddette opere e di manutenzione del patrimonio comunale, oltre alle altre attività gestite e già sopra dettagliate.

Quanto al valore di avviamento, lo stesso, ad avviso dell'istante, poteva essere determinato in misura pari a 5 volte il valore medio del risultato netto degli ultimi 3 esercizi.

Tenuto conto che però tale valore medio era negativo e che, dunque, l'azienda non esprimeva un avviamento positivo (ma semmai un avviamento negativo o badwill), l'istante riteneva prudenzialmente di non attribuire alcun avviamento negativo all'operazione.

Con la cessione dell'azienda venivano trasferiti al Comune anche i relativi rapporti contrattuali facenti capo alla società istante.

Tutto ciò premesso, la società presentava istanza di interpello all'Amministrazione finanziaria, al fine di conoscere se, sotto l'aspetto tributario, tale trasferimento fosse qualificabile come cessione di "azienda", intendendo per tale il complesso di elementi patrimoniali e di contratti oggetto della programmata cessione al Comune, in particolare al fine di individuare il corretto trattamento relativo all'imposta di registro e alle imposte sui redditi (IRES).

La società istante riteneva che il prospettato trasferimento dovesse essere qualificato come una cessione di ramo di azienda.

L'istante sottolineava che l'azienda oggetto di trasferimento non era rappresentata da una unica attività, ma più genericamente dall'insieme delle attività svolte in ossequio al contratto di servizio.

Pertanto, ad avviso della contribuente, ai fini delle imposte indirette, l'operazione doveva essere assoggettata ad imposta di registro, da applicare al corrispettivo della cessione e quindi al netto dei debiti aziendali da trasferire.

Per quanto riguardava poi la tassazione IRES, in capo alla società cedente gli elementi patrimoniali attivi e passivi dovevano, a suo avviso, essere assunti sulla base dei seguenti valori di riferimento:

- beni gratuitamente devolvibili: sulla base del loro valore netto contabile;

- altri beni materiali: sulla base del valore corrente;

- i crediti e i debiti sulla base del loro valore nominale;

- disponibilità liquide: in base al valore nominale.

Nessun avviamento veniva infine attribuito all'azienda, in considerazione di quanto già detto in tema di sua qualificazione negativa.

La definizione di azienda

Nel rispondere al quesito l'Agenzia delle Entrate rileva che, nell'ambito dell'imposizione diretta, l'istituto dell'"azienda" non trova una sua specifica definizione, rendendo necessario il rinvio alla nozione fornita dall'art. 2555 c.c., il quale definisce l'azienda «il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa».

In particolare, nella Circolare 19 dicembre 1997, n. 320, l'azienda è stata identificata quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l'esercizio dell'attività di impresa.

Quanto alla giurisprudenza di legittimità, la stessa sottolinea la nozione di azienda quale complesso di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, individuando nell'organizzazione di questi, funzionale all'esercizio dell'impresa, la sua connotazione essenziale (cfr., Cass., SS.UU., 5 marzo 2014, n. 5087).

In relazione alla cessione d'azienda, la Corte ha poi avuto modo di precisare che «se non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l'azienda, deve tuttavia appurarsi che nel complesso di quelli ceduti permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l'attitudine all'esercizio dell'impresa, sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario» (Cass., Sez.V, 11 maggio 2016, n. 9575).

Più di recente la stessa Corte, sezione Lavoro, consentenza del 24 gennaio 2018, n. 1769, ha evidenziato come sia «elemento costitutivo della cessione l'autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali e organizzativi e quindi di svolgere, senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione finalizzati nell'ambito dell'impresa cedente».

In sostanza, l'azienda può dunque essere definita come un insieme di beni eterogenei, costituenti un complesso caratterizzato da "unità funzionale", determinata dal coordinamento realizzato dall'imprenditore tra i diversi elementi patrimoniali e dall'unitaria destinazione dei medesimi a uno specifico fine produttivo, laddove i fattori essenziali dell'azienda possono essere individuati nell'organizzazione, nei beni e nel loro fine per l'esercizio dell'impresa.

Tanto premesso, secondo l'Agenzia delle Entrate, nel caso in esame la qualificazione dell'operazione prospettata - come cessione di azienda o di beni – implicava pertanto la valutazione della sussistenza o meno dei predetti elementi essenziali.

Come visto, nella specie, il Comune, che controllava interamente la società istante, aveva deciso la messa in liquidazione di quest'ultima, «attraverso la cessione al socio Comune ... dell'intera azienda di proprietà della società».

E, sulla base della documentazione prodotta, gli elementi essenziali (organizzazione, unità funzionale, destinazione all'esercizio dell'impresa) apparivano senz'altro sussistenti, in considerazione della storia della società, della sua univoca finalizzazione ad attività che interessavano l'amministrazione comunale controllante, nonché dell'oggetto sociale.

La programmata cessione, come detto, avrebbe inoltre determinato il trasferimento al Comune, oltre che degli elementi patrimoniali ("beni"), anche di tutti i contratti attivi e passivi in capo alla società.

E come evidenziato dall'istante, la cessione avrebbe, in sostanza, determinato il trasferimento al Comune della totalità delle attività svolte in esecuzione del contratto di servizio.

Pertanto, il programmato trasferimento al Comune di ciò che rappresentava l'intera attività sociale, unitamente al venir meno del contratto di servizio in forza del quale detta attività era esercitata, consentiva di affermare che l'operazione descritta fosse effettivamente qualificabile come cessione unitaria d'azienda.

Ciò posto, ai fini delle imposte dirette, l'Agenzia osservava che per la società cedente l'eventuale plusvalenza realizzata concorreva alla formazione del reddito imponibile, ai sensi dell'art. 86, comma 2, del TUIR. E tale plusvalenza poteva beneficiare della rateizzazione di cui al comma 4 del citato art. 86, nel caso in cui il ramo d'azienda fosse stato posseduto per un periodo non inferiore a tre anni.

Sul punto, con riferimento, in relazione ai valori da attribuire agli asset che componevano l'azienda, l'Amministrazione finanziaria evidenziava poi il seguente quadro normativo:

- «concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso» (comma 2, dell'art. 86 del TUIR);

- «Nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b) del comma 1 la plusvalenza è' costituita dalla differenza fra il corrispettivo o l'indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato» (comma 1 del citato art. 86 del TUIR);

- restano fermi i principi contenuti nell'art. 110 delTUIR, in tema di determinazione del costo fiscale ai fini dell'IRES (norme generali sulle valutazioni).

Ai fini poi dell'imposta di registro, l'Amministrazione finanziaria rilevava come la cessione di azienda, da registrare in termine fisso, è soggetta ad imposta in misura proporzionale, da determinare con le aliquote previste in considerazione della natura dei beni che compongono il compendio aziendale, ai sensi dell'articolo 23 del Dpr. 26 aprile 1986, n. 131.

La rilevanza ai fini tributari della definizione di azienda

La definizione di azienda corrisponde quindi, anche ai fini tributari, a quella evincibile dall'art. 2555 c.c., secondo cui l'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa.

La giurisprudenza tributaria di legittimità ha del resto più volte vagliato tale definizione, osservando (v., tra le altre, Cass. 9575/2016) come per cessione di azienda debba appunto intendersi il trasferimento di un'entità economica, organizzata in maniera stabile, la quale conservi la sua identità e consenta l'esercizio di un'attività finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo imprenditoriale.

Tali caratteristiche devono essere peraltro desunte all'esito di una valutazione complessiva di una pluralità di elementi, tra loro in rapporto di interdipendenza, in relazione al tipo di attività esercitata, ovvero esercitabile.

Sempre la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17785/2017, ha a tal proposito osservato che: "come questa Corte ha avuto modo di precisare, si ha cessione di azienda, soggetta ad imposta di registro proporzionale (e non ad IVA), quando le parti non hanno inteso trasferire una semplice somma di beni, ma un complesso organico unitariamente considerato, dotato di una potenzialità produttiva, tale da farne emergere ex ante la complessiva attitudine, anche solo potenziale, all'esercizio dell'impresa (Cass. n. 13580 del 2007, Cass. n. 1913 del 2007, Cass. n. 11769 del 2008); ovvero quando i beni strumentali ceduti siano atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all'esercizio di una impresa, anche se non si richiede che tale esercizio sia attuale, essendo sufficiente l'attitudine potenziale all'utilizzo per un'attività di impresa, né che la cessione comprenda anche le relazioni finanziarie, commerciali e personali".

In base al criterio fissato dal d.P.R. n. 131/1986, art. 20, del resto, per la qualificazione di un atto di trasferimento come cessione di azienda non rileva la circostanza che i singoli beni aziendali siano stati ceduti globalmente o con più atti separati, nè la circostanza che il cedente sia un soggetto non munito di autorizzazioni all'esercizio di una attività dell'azienda, e nemmeno la circostanza che al momento della cessione l'azienda fosse concretamente esercitata, rilevando unicamente la causa reale del negozio e la regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti.

In conclusione, per qualificare un atto come cessione di azienda, si deve verificare che si tratti di un insieme organicamente finalizzato, ex ante, all'esercizio dell'attività di impresa e di per sè idoneo a consentire l'inizio o la continuazione di quella determinata attività. E' infatti nell'organizzazione del complesso dei beni che va riconosciuta la componente caratteristica dell'azienda.

Una tale nozione di azienda è d'altronde pienamente coerente anche con la disciplina comunitaria dell'azienda nel sistema dell'Iva, laddove la giurisprudenza comunitaria specifica che il trasferimento di un'azienda o di un suo ramo corrisponde al trasferimento dell'insieme di beni, materiali e immateriali, che "complessivamente costituiscono un'impresa o una parte d'impresa idonea a continuare un'attività economica autonoma..." (Corte giust. 10 novembre 2011, C-444/10, Cristel Schriever).

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