Le più importanti novità nelle nuove Tabelle Milanesi del danno non patrimoniale - edizione 2021
12 Marzo 2021
In 5 punti:
Gli Osservatori sulla giustizia civile, presenti a partire dagli anni '90 in molti distretti di Corte di Appello d'Italia, sono un “movimento di base”, cioè gruppi non istituzionali di cui fanno parte, su base volontaria, giudici togati e onorari, avvocati, medici legali, professori universitari e cultori di specifiche discipline, che cercano di trovare soluzioni ‘a legislazione esistente', attraverso buone prassi condivise tra tutti gli operatori e lo scambio di riflessioni. Gli Osservatori si occupano (principalmente) di elaborazione di protocolli e condivisione delle prassi virtuose nel processo civile, in materia di famiglia, danno alla persona, diritto degli stranieri e protezione internazionale, tecniche di redazione degli atti processuali e linguaggio del processo, mediazione e negoziazione assistita, processo civile telematico, ufficio per il processo, processo scritto e da remoto nell'emergenza sanitaria, magistratura onoraria, privacy, tecnologia informatica e intelligenza artificiale, esecuzioni immobiliari, diritto bancario, ecc. Negli Osservatori si affrontano quindi le singole questioni da diversi punti di vista al fine di elaborare prassi e soluzioni condivise che rendano più efficiente il servizio giustizia e idoneo a soddisfare gli interessi in conflitto tra loro e sottesi nelle controversie processuali e, prima ancora, a risolvere il contenzioso in sede stragiudiziale e a rendere prevedibili e uniformi le decisioni giudiziarie. “Le prassi elaborate hanno talvolta risolto problemi importanti, come ad esempio quelle racchiuse nei Protocolli di udienza per il processo civile, e altre volte sono state recepite normativamente (ad esempio, la regolamentazione del sub procedimento di consulenza tecnica d'ufficio). Altre volte ancora hanno colmato spazi bianchi lasciati dalle norme sostanziali, come avvenuto per le tabelle sulla liquidazione del danno non patrimoniale alla persona, considerate diritto vivente dalla Corte di Cassazione.” (dott.ssa Luciana Breggia, coordinatrice nazionale degli Osservatori, missiva del 9.03.2021 diretta al ministro Marta Cartabia).
Il “Gruppo danno alla persona” è una articolazione dell'Osservatorio di Milano, con l'obiettivo di rendere partecipi tutte le professionalità coinvolte nella delicata e complessa attività della valutazione e liquidazione del danno non patrimoniale alla persona per studiare, aggiornare, perfezionare gli strumenti liquidatori già esistenti (quali le Tabelle di liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione del bene salute e da perdita/lesione del rapporto parentale) e di elaborare criteri orientativi per la liquidazione di altri danni (da mancato/carente consenso informato al trattamento sanitario, da diffamazione, da trattamento illecito dei dati; si occupa inoltre della liquidazione della somma ex art. 96 c.p.c., della rendita vitalizia e della attualizzazione della rendita, ecc.).
Per affrontare le specifiche tematiche, il “Gruppo danno alla persona” è articolato in numerosi (sotto)gruppi di studio. Il metodo di lavoro è il collaudato metodo degli Osservatori, cioè il monitoraggio della giurisprudenza di merito, arricchito dal confronto continuo tra tutti i suoi componenti per addivenire a soluzioni condivise. Nella liquidazione del danno non patrimoniale si mira a individuare criteri che superino la “equità pura” di cui all'art. 1226 c.c. In particolare, le Tabelle milanesi di liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute e da perdita/lesione del rapporto parentale sono state adottate da circa i due terzi degli uffici giudiziari d'Italia e sono state ritenute dalla Cassazione criterio paranormativo dell'equità ex art. 1226 c.c.: “Nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziari. Garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale - e al quale la S.C., in applicazione dell'art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli art. 1226 c.c. e 2056 cod. civ. -, salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono. L'applicazione di diverse tabelle, ancorché comportante liquidazione di entità inferiore a quella che sarebbe risultata sulla base dell'applicazione delle tabelle di Milano, può essere fatta valere, in sede di legittimità, come vizio di violazione di legge, solo in quanto la questione sia stata già posta nel giudizio di merito” (Cass., n. 12408/2011, c.d. “sentenza Amatucci”)(D.SPERA, La tabella del tribunale di Milano).
In data 10 marzo 2021 l'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano ha trasmesso ai Presidenti del Tribunale e della Corte d'Appello di Milano le nuove Tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita - grave lesione del rapporto parentale e i relativi Criteri applicativi nella versione aggiornata “2021”, che tengono conto:
Alle Tabelle fanno seguito i seguenti ulteriori documenti elaborati dall'Osservatorio, alcuni dei quali già presenti nelle Tabelle Edizione 2018, i quali sono stati -ove necessario- aggiornati secondo l'indice ISTAT, e sono allegati unitariamente per comodità di consultazione:
I criteri orientativi sul danno non patrimoniale da lesione del bene salute
Il lavoro più complesso è stato aggiornare le tabelle relative al danno non patrimoniale da lesione del bene salute, per renderle compatibili con i nuovi orientamenti della Cassazione e della Medicina legale e con gli artt. 138 e 139 Codice Assicurazioni. Lo scopo del gruppo di studio che se ne è interessato è stato quello di addivenire a soluzioni condivise che valorizzassero le professionalità degli avvocati circa gli oneri di allegazione e prova, dei medici legali nell'espletamento della C.T.U., del giudice nella motivazione della sentenza; quest'ultima deve necessariamente essere non solo conforme alla legge, ma anche coerente ed in armonia con i principi di diritto affermati dalle Supreme Corti, in modo da superarne il vaglio anche nel giudizio di legittimità. A tal fine, l'Osservatorio di Milano, dopo le sentenze Cassazione Sezioni unite c.d. di San Martino 2008, nel 2009 propose la liquidazione congiunta:
Anche nel 2021 l'Osservatorio di Milano ha precisato che la tabella costituisce la sintesi di un monitoraggio di sentenze aventi ad oggetto sinistri che sono, di regola, penalmente irrilevanti ovvero -al più- integrano gli estremi di un reato colposo. Laddove, invece, ricorrano tutti i presupposti per ravvisare la sussistenza di un reato doloso ovvero altri elementi eccezionali, il giudice deve aumentare (o ridurre) l'entità degli importi previsti in Tabella, in considerazione delle peculiarità della fattispecie concreta (Cass., n. 12408/2011). Ciò potrebbe verificarsi, ad esempio, nella liquidazione del danno biologico (ma lo stesso vale anche per la liquidazione del danno da perdita o grave lesione del rapporto parentale) conseguente a rapina, sequestro di persona, percosse, violenza sessuale, ecc. Infatti, senza aderire alla tesi del c.d. “danno punitivo” (nettamente smentita dalla sentenza Cass. Sez. U. n. 15350/2015 e ben circoscritta dalla recente sentenza Cass. Sez. U. n. 16601/2017) è indubbio che, nelle ipotesi menzionate, sia (di regola) maggiore l'intensità delle sofferenze psicofisiche patite dalla vittima primaria o secondaria. È stato ora ulteriormente precisato che, nelle ipotesi di illeciti dolosi pluri-offensivi di diversi diritti della vittima (ad es., diffamazione o violenza sessuale che causino anche una lesione permanente e/o temporanea all'integrità psicofisica della persona), il risarcimento del danno non patrimoniale per lesione del bene-salute non esaurisce certo il novero dei pregiudizi non patrimoniali conseguenti all'illecito, occorrendo separata ed autonoma liquidazione del diverso danno (ad esempio) per lesione della reputazione (nell'ipotesi della diffamazione) ovvero per lesione del diritto all'autodeterminazione sessuale (nell'ipotesi della violenza sessuale) della vittima, nella misura in cui sono stati dedotti ed accertati. In definitiva, va sottolineato che, in tutte le ipotesi di liquidazione del danno non patrimoniale, il giudice non è affatto esonerato dall'obbligo di una congrua motivazione.
Nella riunione del 24.01.2020 l'Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano ha deciso altresì di procedere ad una rivisitazione grafica della Tabelle del danno non patrimoniale da lesione del bene salute e della (correlata) Tabella del danno definito da premorienza, fermi i valori monetari come aggiornati secondo gli indici ISTAT, su proposta del “Gruppo danno alla persona”. (D. SPERA -Le novità normative e la Cass. suggeriscono ritocco Tabella milanese danno da lesione bene salute) Pe quanto riguarda la Tabella del danno da lesione del bene salute, l'Osservatorio, quindi, lasciando invariati i valori espressi nella seconda e quarta colonna della Tabella, ha apportato le seguenti modifiche: a) nella terza colonna della Tabella (che nella edizione 2018 conteneva solo l'indicazione dell'aliquota percentuale di aumento del punto di danno biologico per la componente di sofferenza soggettiva) è stata aggiunta la specifica indicazione dell'aumento in termini monetari; b) nella quinta colonna della Tabella (che nella edizione del 2018 recava solo l'ammontare complessivo del danno non patrimoniale, inclusivo del danno biologico e del danno morale/ sofferenza soggettiva) è stata aggiunta l'indicazione dell'importo monetario di ciascuna delle citate componenti; c) infine, si è aggiornata la terminologia usata nell'intestazione delle colonne, prendendo atto che le voci di danno non patrimoniale, prima denominate “danno biologico” e “danno morale/sofferenza soggettiva”, sono attualmente dalla giurisprudenza di legittimità e dalla dottrina definite come “danno biologico/dinamico-relazionale” e “danno da sofferenza soggettiva interiore” media presumibile (ordinariamente conseguente alla lesione dell'integrità psicofisica accertata).
Tale rivisitazione della Tabella ha natura meramente grafica e non modifica in alcun modo i valori monetari, la struttura della Tabella e l'andamento della curva delle liquidazioni. Con questo ritocco grafico, infatti, si esplicitano per comodità del lettore gli addendi monetari delle singole componenti del danno non patrimoniale che erano già compresi nel totale di cui alla colonna 5 (in precedenza già calcolabili mediante una semplice operazione aritmetica). Il ritocco della veste grafica della Tabella mira ad agevolare l'operatore del diritto nell'uso della Tabella: si è osservato che, purtroppo, in alcuni casi la Tabella è stata usata come una scorciatoia, pervenendo a liquidazioni del danno alla salute nella misura del totale di cui alla colonna 5 senza esplicitazione degli specifici pregiudizi dinamico-relazionali e sofferenziali accertati e liquidati. L'Osservatorio intende con tale ritocco grafico contrastare questa pratica e ribadire che l'applicazione degli importi di cui alla Tabella esprime esercizio del potere di liquidazione equitativa del giudice e pertanto attiene alla fase del quantum debeatur. In altre parole, l'applicazione della Tabella non esonera affatto il giudice dall'obbligo di motivazione in ordine al preventivo necessario accertamento dell'an debeatur (sussistenza e consistenza delle componenti del danno, con prova che può darsi anche in via presuntiva) ed in ordine alla congruità degli importi liquidati, in relazione alle circostanze di fatto allegate e provate dalle parti nella fattispecie concreta, anche sulla base delle emergenze della CTU.
È importante sottolineare che l'Osservatorio non ha inteso affatto -con la presente rivisitazione della veste grafica della Tabella- aderire all'una o all'altra tesi circa la natura autonoma o meno della componente sofferenziale del danno non patrimoniale da lesione del bene salute. Non competono, infatti, all'Osservatorio siffatte valutazioni ma, semmai, alla Corte di legittimità in sede nomofilattica. Di contro, è compito dell'Osservatorio rendere lo strumento delle Tabelle milanesi -già validato quale parametro para-normativo dalla nota sentenza Cass., n. 12408/2011- il più agevole e perspicuo possibile, in modo da conciliare l'esigenza di una liquidazione equitativa del danno non patrimoniale alla salute adeguata e congrua rispetto al caso singolo con l'esigenza della prevedibilità ed uniformità delle liquidazioni giudiziali sul territorio nazionale, anche per agevolare la definizione transattiva delle controversie. Lo stesso procedimento si è attuato anche per il danno biologico temporaneo e per il danno biologico definito da premorienza. È infine doveroso dare atto che, per la rielaborazione del nuovo formato dei dati, l'Osservatorio di Milano si è avvalso della preziosa collaborazione del dr. Gianfranco D'Aietti, già Presidente del Tribunale di Sondrio e docente di Informatica Giuridica, e dell'ing. Aldo Pomponi, consulente aziendale esperto di Excel e docente di Innovazione presso l'Università del Piemonte Orientale a Novara. Danno non patrimoniale derivante da perdita/grave lesione del rapporto parentale
L'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano ha deciso di procedere all'aggiornamento, secondo gli indici ISTAT, anche dei valori monetari indicati nella Tabella del danno non patrimoniale derivante da perdita/ grave lesione del rapporto parentale. L'Osservatorio ha confermato una tabella prevedente una forbice che consente di tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, tipizzabili, in particolare: nella sopravvivenza o meno di altri congiunti del nucleo familiare primario, nella convivenza o meno di questi ultimi, nella qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, nella qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta, nell'età della vittima primaria e secondaria. L'Osservatorio ha confermato altresì i valori monetari liquidabili per la morte del genitore, del figlio, del coniuge (non-separato), della parte dell'unione civile o del convivente di fatto, del fratello e del nipote. Ovviamente spetta al giudice valutare se riconoscere il danno da perdita del rapporto parentale anche a soggetti diversi da quelli previsti nella Tabella, purché venga fornita la prova di un intenso legame affettivo e di un reale sconvolgimento di vita della vittima secondaria a seguito della morte o della grave lesione biologica del congiunto. L'Osservatorio ha ancora una volta ribadito che il danno in esame non è in re ipsa e non esiste, pertanto, un “minimo garantito”: la parte è -come sempre- gravata dagli oneri di allegazione e prova del danno non patrimoniale subito, fermo il ricorso alla prova per presunzioni; il giudice deve valutare caso per caso, ferma la possibilità di porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza (Cass., n. 25164/2020).
Si rimarca come i valori, di cui alla prima colonna, esprimono la “uniformità pecuniaria di base” cui fanno riferimento le note sentenze della Corte costituzionale n. 184/1986 e della Cass., n. 12408/2011. L'“aumento personalizzato” fino ai valori massimi, indicato nella seconda colonna della Tabella, deve essere, invece, applicato dal giudice solo laddove la parte nel processo alleghi e rigorosamente provi circostanze di fatto da cui possa inferirsi, anche in via presuntiva, un maggiore sconvolgimento della propria vita in conseguenza della perdita del rapporto parentale.
Infine, anche per il danno da perdita del rapporto parentale, vanno distinte le ipotesi integranti reati colposi o dolosi; la tabella si applica solamente alle prime. Nelle fattispecie in cui l'illecito sia stato cagionato con dolo, spetta al giudice valutare tutte le peculiarità del caso concreto e pervenire eventualmente ad una liquidazione che superi l'importo massimo previsto in tabella, in considerazione della (di regola) maggiore intensità delle sofferenze patite in tali casi dal danneggiato. Circa il danno da grave lesione del rapporto parentale, l'Osservatorio ha ribadito quanto già esposto nelle precedenti edizioni: la misura del danno non patrimoniale risarcibile alla vittima secondaria è disancorato dal danno biologico subito dalla vittima primaria. Infatti, pur essendo la gravità di quest'ultimo rilevante per la stessa configurabilità del danno al familiare, pare opportuno tener conto nella liquidazione del danno essenzialmente della natura e intensità del legame tra vittime secondarie e vittima primaria, nonché della quantità e qualità dell'alterazione della vita familiare (da provarsi anche mediante presunzioni). La difficoltà di tipizzazione delle infinite variabili nei casi concreti ha suggerito l'individuazione solo di un possibile tetto massimo della liquidazione, pari al tetto massimo per ciascuna ipotesi di cui alla perdita del rapporto parentale (da applicare solo allorché sia provato il massimo sconvolgimento della vita familiare), non essendo possibile ipotizzare un danno non patrimoniale “base”. Il nuovo quesito medico legale
Le modalità dell'accertamento Il quesito medico legale elaborato nel 2013 si ispirava, soprattutto, al comma 3 quater dell'art. 32 del D.L. 24.01.2012 n. 1 (convertito con modificazioni con L. 24.03.2012 n. 27) e prevedeva che il C.T.U. accertasse il danno biologico “visivamente e/o strumentalmente e/o a mezzo del richiamo a rilevanti evidenze scientifiche”. Il citato comma 3 quater è stato tuttavia successivamente abrogato dall'art. 1, comma 30, lett. b) della c.d. “Legge Concorrenza” n. 124/2017. Inoltre, l'art. 139, integralmente sostituito dall'art. 1, comma 19, della “Legge Concorrenza”, attualmente al comma 2 dispone: “In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”. Già le descritte novità normative sono state quindi sufficienti ad imporre lo studio e l'elaborazione di un nuovo quesito medico legale.
La ratio della normativa è evidentemente quella di ridurre il rischio di indennizzi conseguenti a frodi assicurative. Tuttavia, la Suprema Corte, nell'interpretare le norme in parola, ne ha di fatto notevolmente ridimensionato il contenuto (ex multis: Cass. sent. n. 18773/2016, n. 1272/2018 e numerose altre) e da ultimo, conl'ordinanza n. 7753/2020, la Cassazione ha ribadito che: “In tema di risarcimento del danno da cd. micropermanente, l'art. 139, comma 2, ultimo periodo, del d.lgs. n. 209 del 2005 deve essere ancora interpretato, pur dopo le modifiche introdotte dalla l. n. 124 del 2017 e la pronuncia della sentenza n. 98 del 2019 della Corte costituzionale, nel senso che la prova della lesione e del postumo non deve essere data esclusivamente con un referto strumentale poiché, in ogni caso, è l'accertamento medico legale corretto, riconosciuto dalla scienza medica, a stabilire se tale lesione sussista e quale percentuale del detto postumo sia ad essa ricollegabile, dovendosi tenere conto, però, che possono esservi situazioni nelle quali solo il menzionato accertamento strumentale è idoneo a fornire la dimostrazione richiesta dalla legge”.
Alla luce dell'interpretazione dell'art. 139 Codice Assicurazione sancita dalla Corte di legittimità, l'Osservatorio di Milano ha ritenuto l'opportunità di proporre (come nell'anno 2013) un unico quesito medico legale da adottare anche al di fuori delle ipotesi previste dagli artt. 138 e 139 Codice Assicurazioni: l'accertamento della lesione del bene salute sarà sempre effettuato, quali che siano la genesi causale e l'entità della lesione prospettata dal danneggiato, “a seguito di riscontro medico legale, con metodo clinico e/o strumentale e/o visivo”: tale soluzione, difatti, è preferibile per armonia sistematica in quanto è coerente con il sistema normativo -come sopra descritto- e consente altresì di evitare che identiche lesioni possano essere valutate diversamente.
La separata liquidazione delle due componenti del danno alla salute: “danno biologico/dinamico-relazionale” e “danno da sofferenza soggettiva interiore” La nozione di danno biologico è enunciata dal comma 2 degli artt. 138 e 139 Codice assicurazioni: “per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”. Nell'interpretare tale disposizione la Corte di legittimità ha lucidamente affermato, nell'ordinanza Cass. n. 7513/2018, definita anche “ordinanza decalogo”, in quanto pone dieci principi di diritto, poi confermati da numerose sentenze della Corte (cfr. tra le tante: Cass., ord. n. 23469/2018, Cass., sent. n. 28988/2019): “La lesione della salute risarcibile in null'altro consiste, su quel medesimo piano, che nella compromissione delle abilità della vittima nello svolgimento delle attività quotidiane tutte, nessuna esclusa: dal fare, all'essere, all''apparire. Non, dunque, che il danno alla salute "comprenda" pregiudizi dinamico-relazionali dovrà dirsi; ma piuttosto che il danno alla salute è un danno "dinamico-relazionale". Se non avesse conseguenze "dinamico-relazionali", la lesione della salute non sarebbe nemmeno un danno medico-legalmente apprezzabile e giuridicamente risarcibile”. Inoltre, al punto 10 della medesima “ordinanza decalogo” la Corte ha stabilito che il danno non patrimoniale conseguente alla lesione del bene salute (non diversamente dalla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati) “va liquidato, tenendo conto tanto dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa (la sofferenza interiore e il sentimento di afflizione in tutte le sue possibili forme, id est il danno morale interiore), quanto di quelli relativi alla dimensione dinamico-relazionale della vita del soggetto leso. Nell'uno come nell'altro caso, senza automatismi risarcitori e dopo accurata ed approfondita istruttoria”. Sulla scorta di tali esaustive e condivisibili pronunce, coerenti nel circoscrivere il danno non patrimoniale alla persona nelle citate due componenti, il gruppo-danno dell'Osservatorio ha quindi deciso, anzi tutto, di aggiornare la terminologia utilizzata nel quesito, reputando, per maggiore chiarezza, preferibile denominare il danno biologico con il sintagma “danno biologico/dinamico-relazionale” e il c.d. danno morale con il sintagma “danno da sofferenza soggettiva interiore”. Nel quesito medico legale elaborato dall'Osservatorio nel 2013, sia per il danno biologico temporaneo che per quello permanente, si chiedeva al C.T.U. di “indicare il consequenziale grado di sofferenza psicofisica, in una scala da 1 a 5”. (D. Spera - Il nuovo quesito medico legale all'esame dell'Osservatorio di Milano) Il gruppo di studio si è interrogato sull'opportunità di ribadire questa richiesta al C.T.U. nel nuovo quesito medico legale.
Il dubbio è sorto per le seguenti ragioni: a) nei punti 8) e 9) della citata “ordinanza decalogo”, Cass. n. 7513/2018, si afferma (tra l'altro) che rientrano nel danno non patrimoniale e devono essere oggetto di separata valutazione e liquidazionei “pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione)”; b) nella prassi si è osservato inoltre che l'indicazione da parte del medico legale di una valutazione espressa in una scala di valori numerica (da 1 a 5) si è prestata ad indicazioni spesso apodittiche da parte del C.T.U. e talora ha indotto ad aumenti automatici del danno non patrimoniale dal 10 al 50%, senza tener debitamente conto della componente di danno sofferenziale medio presumibile, già inclusa negli importi esposti nella Tabella milanese (dall'Edizione 2009 ad oggi); c) la Dottrina medico legale ha di recente formulato la seguente distinzione: “sofferenza pura”, da intendersi come la sofferenza conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente garantito, diverso dal bene salute e che, in quanto tale, non è di pertinenza valutativa medico legale (come, ad esempio, in ipotesi di danno da perdita del rapporto parentale); “sofferenza menomazione-correlata”, cioè la sofferenza interiore direttamente conseguente al danno biologico temporaneo e permanente (ad esempio: la sofferenza interiore conseguente ad un intervento chirurgico subito durante il periodo di malattia; la sofferenza interiore conseguente all'uso di una protesi visibile o al non poter più svolgere, in tutto o in parte, normali attività quotidiane come vestirsi, mangiare, camminare, ecc.).
Si è poi anche considerato che l'Osservatorio di Milano, come si è innanzi accennato, ha deciso di procedere a rivisitare la veste grafica delle Tabelle sul danno alla lesione del bene salute. All'esito di un appassionato e proficuo dibattito, il gruppo di studio sul quesito medico-legale ha condiviso quindi le seguenti valutazioni:
La personalizzazione del danno Il Gruppo di studio si è poi interrogato sull'opportunità di confermare o meno -alla stregua dell'evoluzione giurisprudenziale- la seconda parte del quesito elaborato nel 2013, in ordine alle circostanze di fatto che possano dar luogo alla personalizzazione del danno in relazione sia agli aspetti dinamico-relazionali che a quelli da sofferenza soggettiva, con riferimento all'ultima colonna della Tabella milanese ed ai sensi del terzo comma degli artt. 138 e 139 Codice Assicurazioni: “qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati”, ovvero (ma solo ai sensi del terzo comma dell'art. 139 citato) “causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di particolare intensità”, il Giudice potrà riconoscere un aumento “con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”. Si è, difatti, valutato che la Corte di legittimità -nel punto 7) della citata “ordinanza decalogo”- ha affermato che “In presenza d'un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere aumentata solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale ed affatto peculiari. Le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l'id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento” (Cass., ord. n. 7513/2018). Nei “Criteri orientativi” della Tabella milanese si è considerato che il Giudice potrà valutare se riconoscere l'aumento per personalizzazione “laddove il caso concreto presenti peculiarità che vengano allegate e provate (anche in via presuntiva) dal danneggiato, in particolare: sia quanto agli aspetti anatomo-funzionali e relazionali (ad es. lavoratore soggetto a maggior sforzo fisico senza conseguenze patrimoniali; lesione al “dito del pianista dilettante”); sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva (ad es. dolore al trigemino; specifica penosità delle modalità del fatto lesivo)”.
In conclusione, quanto alla parte del quesito dedicata alla personalizzazione, si è ritenuto di confermare quanto già evidenziato nel modello elaborato nel 2013, ribadendo che -solo ove il danneggiato alleghi e provi circostanze peculiari e specifiche, cioè diverse ed ulteriori da quelle che qualunque danneggiato con la medesima invalidità normalmente subisce, potrà darsi ingresso ad accertamento medico-legale sulle circostanze personalizzanti dedotte. Al fine di poter individuare se la circostanza dedotta e provata sia non standard, ma peculiare del danneggiato, e tale da giustificare la personalizzazione, utile criterio dirimente potrebbe essere ad esempio la prova nel processo del rilevante interesse del danneggiato per una specifica attività hobbistica (di regola desumibile dalla considerevole quantità di tempo dedicato dal danneggiato prima dell'evento lesivo all'attività in parola), poi pregiudicata dalla lesione della salute.
Conclusioni: il nuovo quesito medico legale Alla luce della novella legislativa, delle indicazioni del Giudice di Legittimità in ordine alla necessità di motivazione, da parte del Giudice di merito, delle due componenti del danno non patrimoniale della persona (danno biologico/dinamico-relazionale e danno da sofferenza soggettiva interiore), del contributo della Dottrina medico-legale e dell'esperienza desunta dall'adozione del precedente quesito medico legale elaborato dall'Osservatorio milanese nel 2013, il gruppo Danno alla persona, dopo circa due anni di lavori, ha formulato il nuovo quesito medico legale. In particolare, nel nuovo quesito, si chiederà al medico legale, tenuto contro dell'età e dello stato di salute preesistente, di ben descrivere nella relazione (tra l'altro) con riferimento al danno biologico/dinamico-relazionale temporaneo e permanente:
In sostanza, per dare risposta al quesito, il C.T.U. dovrà offrire al Giudice tutti quegli elementi utili per accertare non solo l'entità del danno biologico/dinamico-relazionale temporaneo e permanente, ma anche il grado di sofferenza c.d. “menomazione-correlata” (cioè la sofferenza soggettiva interiore correlata alla lesione dell'integrità psicofisica). Inoltre, laddove il barème preveda un range tra un minimo e un massimo, il C.T.U. dovrà specificare se, nell'indicare in concreto il grado di invalidità temporanea e permanente, abbia tenuto conto della sofferenza fisica (o “dolore nocicettivo”) e/o di altri parametri. Nel quesito si chiederà al C.T.U. di valutare complessivamente tutti i parametri menzionati e tutti quegli altri ritenuti necessari in relazione alla specificità della fattispecie concreta e, sulla base di questi, di motivare il grado di sofferenza soggettiva psico-fisica nella scala crescente di intensità “assente/lievissima, lieve, media, elevata, elevatissima”. Si intende con tale soluzione evitare che il C.T.U. indichi apoditticamente, accanto al dato numerico dell'invalidità permanente accertata ed ai giorni di inabilità temporanea, il grado di sofferenza soggettiva senza alcuna motivazione.
In definitiva, grazie alla aggiornata formulazione del quesito, il Giudice, ove sia stato richiesto dalla parte il risarcimento anche del danno da sofferenza soggettiva interiore, sulla base delle motivate valutazioni tecniche del C.T.U. medico legale e, tenuto conto dei documenti prodotti e dell'eventuale espletata istruttoria orale, potrà trarre - in questo modo davvero senza automatismi - da questa molteplicità di “fatti noti” la prova presuntiva dell'esistenza del “fatto ignorato” (ex art. 2727 c.c.) e, cioè, della sofferenza soggettiva interiore, per poi procedere alla conseguente liquidazione di questa ulteriore componente del danno non patrimoniale. Inoltre, il Gruppo di studio ha condiviso che il C.T.U. medico legale non si pronunci su pregiudizi, che, sebbene componenti della sofferenza interiore, non hanno base organica e che consistono nella tristezza, nel “dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione” (in conformità all'orientamento di cui al citato punto 8 della c.d. “ordinanza decalogo” Cass. 7513/2018). Analoghe considerazioni possono essere svolte per accertare la “sofferenza psico-fisica di particolare intensità” (ex art. 139, comma 3, Codice Assicurazioni), soprattutto nei casi in cui la stessa non sia riconducibile alla c.d. “sofferenza menomazione-correlata” (in conseguenza del danno biologico accertato ovvero in conseguenza dell'incidenza “in maniera rilevante” della menomazione accertata “su specifici aspetti dinamico-relazionali personali” della vittima). Eventualmente, ferma l'esclusione di C.T.U. esplorative, nei casi in cui sussista un principio di prova di sofferenza del danneggiato di particolare intensità e/o di danno psichico, il Giudice potrà valutare se disporre una C.T.U. collegiale, avvalendosi, oltre che del medico legale, anche di un esperto in psicologia giuridica o di uno psichiatra forense.
In conclusione, è apparso possibile affermare che, in relazione al danno non patrimoniale da sofferenza soggettiva interiore, nella competenza di accertamento da parte del medico legale rientrino: la sofferenza fisica costituita dal dolore nocicettivo e la sofferenza menomazione-correlata, intesa quest'ultima come conseguenza immediata e diretta del danno biologico permanente e temporaneo. Gli altri pregiudizi riconducibili alla sofferenza interiore soggettiva (come ad esempio: la tristezza, “il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione”) sono invece rimessi all'accertamento del Giudice con altre modalità e/o altri ausiliari. Sui barème da adottare, il gruppo di studio dell'Osservatorio ha condiviso che:
Infine, quanto alla seconda parte del quesito, si è valutato confermare quanto già evidenziato in occasione del quesito elaborato nel 2013 in ordine alle circostanze di fatto che possano dar luogo alla personalizzazione del danno, in considerazione sia degli aspetti dinamico-relazionali che di quelli da sofferenza soggettiva. Solo se tali circostanze siano state tempestivamente allegate e provate dalla parte, ed integrino conseguenze dannose peculiari e specifiche del danneggiato (diverse cioè da quelle standard presumibilmente patite da qualunque danneggiato con la stessa lesione dell'integrità psicofisica), il Giudice integrerà il quesito affinché il C.T.U. accerti:
La liquidazione del danno da mancato/carente consenso informato in ambito sanitario
Un'altra interessante novità riguarda i criteri orientativi per la liquidazione del danno non patrimoniale da mancato/carente consenso informato in ambito sanitario. La ricerca è durata tre anni, dal 2018 ad oggi, ed è stata condotta da un gruppo di studio composto da circa 40 persone tra avvocati, magistrati, giudici onorari, mediatori, praticanti avvocati e ricercatori universitari. Quanto al metodo, si è prima proceduto a raccogliere un numero sufficientemente congruo di sentenze, in modo da ottenere un campione statisticamente significativo (per composizione territoriale, temporale e per tipologia degli uffici di merito). Il campione è stato poi analizzato attraverso una “griglia” di dati rilevanti, uniformemente estratti da ogni sentenza, in modo da confrontare le sentenze tra loro, per individuare elementi di omogeneità/disomogeneità nelle motivazioni della quantificazione della liquidazione. Nell'elaborazione della griglia di analisi si è tenuto conto dei principi stabiliti dalla Corte Costituzionale n. 438/2008, dalla Legge 22.12.2017 n. 219 in materia di consenso informato nonché dalle più recenti pronunce della Corte di Cassazione (tra cui Cass. 7248/2018, 19199/2018 e n. 28985/2019) che ha enucleato importanti principi del diritto all'autodeterminazione: di tale significativa evoluzione giurisprudenziale la ricerca ha tenuto conto, verificando costantemente la conformità della “griglia” di analisi ai principi posti dalla Corte di Cassazione ed escludendo dall'analisi le decisioni di merito disallineate rispetto ai citati principi. Infine, sulla scorta del campione -analizzato tramite la “griglia”- è stata elaborata una scala di gravità della lesione del diritto all'autodeterminazione, elaborando delle fasce di parametri monetari liquidatori, cercando di rispecchiare fedelmente le risultanze del campione di giurisprudenza, secondo il collaudato metodo degli Osservatori.
Il campione Sono state raccolte oltre 200 sentenze, che hanno deciso -nell'ambito di controversie di colpa medica- su domande di risarcimento del danno da mancato/carente consenso informato. Espunte le sentenze di rigetto, sono residuate 110 sentenze di condanna al risarcimento del danno da mancato consenso informato, pronunciate dal 2012 al 2019 (di cui 82 nel quadriennio 2016-2019). L'analisi del campione di 106 sentenze, di primo acchito apparso molto disomogeneo, ha consentito di rilevare quanto segue. In primo luogo, si è osservato che vi sono delle circostanze considerate dai giudici in maniera ricorrente nelle motivazioni a sostegno del quantum liquidato. In particolare, nella motivazione specificamente dedicata alla quantificazione dell'importo liquidato (presente in 69 sentenze su 106 sentenze, pari a circa i 2/3 del campione) si è rilevato come i giudici abbiano indicato le seguenti circostanze (almeno 2 circostanze per sentenza, talora anche 3 o 4), per evidenziare la minore o maggiore intensità del vulnus arrecato al diritto all'autodeterminazione leso e da risarcire: a) entità delle ricadute sul bene-salute del danneggiato del trattamento sanitario non preceduto da idoneo consenso informato (entità delle conseguenze del trattamento modesta/grave, irreversibilità o meno delle stesse, necessità o meno di altri trattamenti riparatori, sofferenza nocicettiva patita in conseguenza del trattamento): circostanza indicata in 24 sentenze; b) caratteristiche del trattamento sanitario non preceduto da idoneo consenso informato (ad es.: più/meno invasivo, più/meno urgente, a scopo terapeutico/estetico, con tante/poche/nessuna alternativa terapeutica, poco/molto rischioso, off label, comportante donazione di organo da familiari, ecc.): circostanza indicata in 28 sentenze; c) caratteristiche personali del danneggiato (maggiore/minore vulnerabilità per età/storia clinica/condizioni personali/stato psichico; rilevanza delle aspettative del paziente procreative/estetiche/ecc.; Testimone di Geova; ecc.): circostanza indicata in 16 sentenze; d) entità della sofferenza del danneggiato conseguente alla compromissione della libertà di disporre di sé: circostanza indicata in 20 sentenze; e) caratteristiche dell'inadempimento al dovere informativo (informazione mancante per uno o più trattamenti, informazione fornita ma con lievi/gravi carenze/riguardante diverso trattamento): circostanza indicata in 11 sentenze. Le circostanze ricorrenti sopra evidenziate sono spesso indicate come di minore intensità nelle motivazioni di sentenze che liquidano danni all'autodeterminazione di lieve/media entità, mentre l'aggettivazione adoperata aumenta di intensità nelle liquidazioni relative a danni all'autodeterminazione di grave/eccezionale entità: in pratica, con l'indicazione di tali circostanze il giudice motiva in ordine alla minore/maggiore gravità del pregiudizio al diritto all'autodeterminazione, di conseguenza calibrando la liquidazione su importi contenuti ovvero consistenti. In secondo luogo, quanto agli aspetti monetari, si è suddiviso il campione (di 102 sentenze) secondo tre fasce liquidatorie monetarie, di consistenza omogenea per frequenza statistica degli importi liquidati: da € 1.000,00 ad € 4.000,00 (28 sentenze), da € 4.001,00 ad € 9.000,00 (29 sentenze) e da € 9.001,00 ad € 20.000,00 (35 sentenze), oltre una quarta fascia composta da una quota minoritaria di sentenze portanti liquidazioni del danno all'autodeterminazione di notevole entità (10 sentenze) rispetto alle altre. In terzo luogo, disaminando le motivazioni delle sentenze raggruppate secondo le dette quattro fasce, da un lato, è emerso che non vi è un rapporto diretto tra entità della lesione del bene-salute ed entità della lesione del diritto all'autodeterminazione, dall'altro lato, tuttavia, si è riscontrato che le sentenze che liquidano un danno all'autodeterminazione di lieve/media entità più frequentemente hanno ad oggetto un danno alla salute contenuto e, del pari, sentenze che liquidano un danno all'autodeterminazione di grave/notevole entità riguardano anche un pregiudizio all'integrità psico-fisica del paziente consistente/gravissimo se non addirittura il decesso del paziente.
I valori monetari In particolare, si è rilevato nel campione -ove i dati sono evincibili dalle motivazioni- quanto segue:
Inoltre, dal campione è emerso come -in termini monetari- l'importo liquidato a titolo di danno all'autodeterminazione sia nella stragrande maggioranza dei casi sempre inferiore all'importo liquidato a titolo di danno alla salute, eccetto solo 7 sentenze sul campione di 102.
Elaborazione dei criteri orientativi In definitiva, dalla disamina del campione della giurisprudenza di merito che si è reputato statisticamente significativo (di 102 sentenze) l'Osservatorio di Milano ha ritenuto possibile distinguere quattro ipotesi di danno al diritto all'autodeterminazione, a seconda dell'intensità del vulnus al diritto che è stato in concreto accertato, in base alla ricorrenza di una o più circostanze della fattispecie concreta che attenuano, ovvero aggravano, il pregiudizio al diritto ad autodeterminarsi in ambito sanitario. 1. Danno all'autodeterminazione di lieve entità: liquidazione da € 1.000,00 ad € 4.000,00 (28 sentenze su 102, pari a circa il 27,5% del campione)
Danno all'autodeterminazione di media entità: liquidazione da € 4.001,00 ad € 9.000,00 (29 sentenze su 102, pari a circa il 28,5% del campione, di cui 15 sentenze liquidano € 5.000,00)
Danno all'autodeterminazione di grave entità: liquidazione da € 9.001,00 ad € 20.000,00 (35 sentenze su 102, pari a circa il 34% del campione, di cui 21 sentenze liquidano € 10.000,00)
Danno all'autodeterminazione di eccezionale entità: liquidazione oltre € 20.000,00 (10 sentenze su 102, pari a circa il 10%)
Focus su bozza di DPR sulla Tabella Unica Nazionale
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