Tributario

Il consumatore finale non deve agire nei confronti dell'A.F. per ottenere il rimborso delle addizionali provinciali sulle accise sull'energia elettrica

Fabio Gallio
12 Marzo 2021

Con ordinanza del 16 dicembre 2020, n. 2617/2020 R.A.C.C., il Tribunale di Mantova ha confermato l'orientamento prevalente della giurisprudenza secondo il quale il consumatore finale deve agire nei confronti del fornitore e non dell'Amministrazione finanziaria per ottenere il rimborso delle addizionali provinciali sulle accise sull'energia elettrica.In particolare, tale imposta è stata introdotta dal secondo comma dell'art. 6 del D.L. 28 novembre 1988, n. 511, ma è stata abrogata dall'art. 4, comma 10, del D.L, del 2 marzo 2012 n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. del 26 aprile 2012, n. 44.L'abrogazione in oggetto è stata necessaria al fine di coordinare le disposizioni tributarie nazionali applicate al consumo di energia elettrica con quanto disposto dall'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che ha abrogato la direttiva 92/12/CEE.
Premessa

Con ordinanza del 16 dicembre 2020, n. 2617/2020 R.A.C.C., il Tribunale di Mantova ha confermato l'orientamento prevalente della giurisprudenza secondo il quale il consumatore finale deve agire nei confronti del fornitore e non dell'Amministrazione finanziaria per ottenere il rimborso delle addizionali provinciali sulle accise sull'energia elettrica.

In particolare, tale imposta è stata introdotta dal secondo comma dell'art. 6 del D.L. 28 novembre 1988, n. 511, ma è stata abrogata dall'art. 4, comma 10, del D.L, del 2 marzo 2012 n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. del 26 aprile 2012, n. 44.

L'abrogazione in oggetto è stata necessaria al fine di coordinare le disposizioni tributarie nazionali applicate al consumo di energia elettrica con quanto disposto dall'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che ha abrogato la direttiva 92/12/CEE.

A seguito di tale abrogazione, ci si è chiesti se il rimborso, da parte del consumatore di energia, dovesse essere richiesto all'ente beneficiario dell'imposta, oppure al fornitore di energia, soggetto deputato a versarla.

Secondo il Tribunale di Mantova, essendo oggetto del giudizio la domanda di ripetizione svolta dal consumatore finale al suo fornitore, sussisterebbe la giurisdizione del giudice ordinario.

Ciò sarebbe in linea con quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione con la sentenza dell'11 febbraio 2020, n. 3233, e con l'ordinanza del 2 dicembre 2020, n. 27499.

I motivi dell'abrogazione dell'addizionale provinciale

L'abrogazione dell'addizionale provinciale è avvenuta a causa dell'incompatibilità dell'art. 6 del D.L. 511/1988 con l'art. 1, par. 2, della Direttiva 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008.

In merito, si deve ricordare che tale articolo della direttiva prevede, al paragrafo 1, che il regime generale relativo alle accise gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo di alcuni prodotti (“prodotti sottoposti ad accisa”), tra i quali sono citati i prodotti energetici ed elettricità di cui alla direttiva 2003/96/CE (lettera a); mentre al paragrafo 2, viene chiarito che gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purché tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l'imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell'imposta.

Affinchè le addizionali provinciali in oggetto potessero essere considerate legittime ai sensi della direttiva n. 2008/118/CE, occorreva il cumulativo riscontro di due requisiti e, cioè:

  1. il rispetto delle regole di imposizione dell'Unione applicabili ai fini delle accise o dell'IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l'esigibilità e il controllo dell'imposta;
  2. la sussistenza di una finalità specifica.

Sotto il primo profilo, la prima condizione era stata rispetta, considerato che l'art. 6 in commento prevedeva che le addizionali erano liquidate e riscosse con le stesse modalità dell'accisa sull'energia elettrica.

Non era, invece, rispettata la seconda condizione, in quanto la normativa italiana non chiariva in alcun modo le specifiche finalità che le addizionali avrebbero dovuto andare a soddisfare, non essendo in armonia con il diritto unionale la destinazione di tali addizionali a semplici finalità di bilancio.

Per questo motivo, come sancito dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 23 ottobre 2019, n. 27101, l'addizionale provinciale alle accise sull'energia elettrica deve essere disapplicata per contrasto con l'art. 1, p. 2, della direttiva n. 2008/118/CE, per come interpretati dalla Corte di giustizia della UE rispettivamente con le sentenze 5 marzo 2015, in causa C-553/13, e 25 luglio 2018, in causa C-103/17.

Tali conclusioni sono coerenti con quelle contenute nella sentenza della stessa Suprema Corte del 4 giugno 2019, n.15198.

Per completezza di esposizione, si rileva che la problematica della violazione del diritto UE, si è ripresentata con l'imposta regionale sulla benzina per autotrazione (IRBA), abrogata ad opera dei commi 628-630 della legge di bilancio del 2021.

In merito alla soppressione dell'imposta si ricorda che la Commissione europea aveva inviato un parere motivato all'Italia proprio per la riscossione, a livello regionale, di un'accisa sulla benzina per gli autoveicoli (Imposta Regionale sulla Benzina per Autotrazione - IRBA) in aggiunta all'accisa già riscossa sulla base della normativa UE. La Commissione chiariva che secondo il diritto dell'UE (direttiva del Consiglio 2008/118/CE), gli Stati membri possono riscuotere altre imposte indirette sui prodotti soggetti ad accisa se vengono rispettate due condizioni: l'imposta è riscossa per scopi specifici e l'imposta è conforme alle norme dell'UE applicabili in materia di accisa o valore imposta aggiunta.

Secondo la Commissione, questi due requisiti non sarebbe soddisfatti nel caso dell'IRBA, come è avvenuto per l'imposta provinciale oggetto della decisione del Tribunale di Mantova.

I motivi per cui la giurisprudenza ritine necessario che il consumatore si rivolga al fornitore di energia

Secondo la prevalente giurisprudenza, le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui all'art. 6, comma 3, del D.L. 511/1988 (nel testo applicabile ratione temporis) erano dovute, al pari delle accise, dal fornitore al momento della fornitura dell'energia elettrica al consumatore finale e, nel caso di pagamento indebito, unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all'Amministrazione finanziaria ai sensi dell'art. 14 del d.lgs. n. 504/1995 e dell'art. 29, comma 2, della L. n. 428/1990 sarebbe il fornitore.

Al contrario, il consumatore finale dell'energia elettrica, a cui sono state addebitate le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui all'art. 6, comma 3, del D.L. n. 511/1988 (nel testo applicabile ratione temporis) da parte del fornitore, potrebbe agire nei confronti di quest'ultimo con l'ordinaria azione di ripetizione di indebito e, solo nel caso in cui tale azione si riveli impossibile o eccessivamente difficile con riferimento alla situazione in cui si trova il fornitore, potrebbe eccezionalmente chiedere il rimborso nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, nel rispetto del principio unionale di effettività e previa allegazione e dimostrazione delle circostanze di fatto che giustificano tale legittimazione straordinaria.

Tale conclusioni sono coerenti con quanto sancito dalla stessa Corte di Cassazione con le sentenze del 24 maggio 2019 n. 14200, e del 23 ottobre 2019, n. 27099, e con l'ordinanza del 19 novembre 2019, n. 29980, le quali, relativamente alle istanze di rimborso, hanno ritenuto corrette le seguenti procedure, rispettivamente, riferite al fornitore e al consumatore finale:

  1. le addizionali sul consumo di energia elettrica sono dovute dal fornitore, al momento della fornitura dell'energia elettrica al consumatore finale. Il diritto al rimborso spetta unicamente al fornitore, che può esercitarlo nei confronti dell'Amministrazione finanziaria: a) nel caso in cui non abbia addebitato l'imposta al consumatore finale, entro due anni dalla data del pagamento del tributo; b) nel caso in cui l'imposta sia stata addebitata al consumatore finale e che quest'ultimo abbia esercitato vittoriosamente nei suoi confronti azione di ripetizione di indebito, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
  2. Nel caso in cui al consumatore finale di una fornitura elettrica siano state addebitate le imposte addizionali, lo stesso può esperire in sede civilistica l'ordinaria azione di ripetizione di indebito direttamente nei confronti dell'erogatore del servizio (fornitore), salvo chiedere eccezionalmente il rimborso anche nei confronti dell'Amministrazione finanziaria allorquando l'azione esperibile nei confronti del fornitore si riveli oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell'ipotesi di fallimento del fornitore). Il consumatore si trova in una posizione di vantaggio, poiché può fruire di un termine di prescrizione ordinario (10 anni) per l'azione civilistica di ripetizione dell'indebito, più ampio di quello di decadenza assegnato al fornitore per la richiesta di rimborso.

In particolare, come sostenuto da altra pronuncia della Suprema Corte, il consumatore finale dell'energia elettrica, a cui sono state addebitate le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica da parte del fornitore, può agire nei confronti di quest'ultimo con l'ordinaria azione di ripetizione di indebito e, solo nel caso in cui tale azione si riveli impossibile o eccessivamente difficile con riferimento alla situazione in cui si trova il fornitore, può eccezionalmente chiedere il rimborso nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, nel rispetto del principio unionale di effettività e previa allegazione e dimostrazione delle circostanze di fatto che giustificano tale legittimazione straordinaria (Così ordinanza del 17 gennaio 2020, n. 901).

Questo si baserebbe su quanto previsto dalla relativa normativa, ovvero sul fatto che, per i prodotti sottoposti ad accisa, l'obbligazione tributaria sorge al momento della loro fabbricazione ovvero della loro importazione (art. 2, comma 1 del DLgs. 26.10.1995 n. 504); mentre obbligato al pagamento dell'accisa è il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l'immissione in consumo e gli altri soggetti nei cui confronti si verificano i presupposti per l'esigibilità dell'imposta (comma 4).

Gli obbligati al pagamento dell'accisa sull'energia elettrica sono, tra gli altri, “i soggetti che procedono alla fatturazione dell'energia elettrica ai consumatori finali, di seguito indicati come venditori” (art. 53, comma 1, lett. a), mentre “i crediti vantati dai soggetti passivi dell'accisa verso i cessionari dei prodotti per i quali i soggetti] stessi hanno assolto tale tributo possono essere addebitati a titolo di rivalsa” (art. 16, comma 3).

All'art. 56 si precisa, altresì, che le società fornitrici “hanno diritto di rivalsa sui consumatori finali”.

La disposizione generale in materia di rimborso delle accise indebitamente versate è l'art. 14, che al comma 2 dispone che “l'accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata” e il rimborso, previsto in via generale dall'art. 9, par. 2, Direttiva n. 2008/118/CE del 16 dicembre 2008, che fa riferimento alle modalità stabilite dai singoli Stati membri, “deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento”.

La medesima disposizione di diritto interno prevede, inoltre, che “qualora al termine di un procedimento giurisdizionale il soggetto obbligato al pagamento dell'accisa sia condannato alla restituzione a terzi di somme indebitamente percepite a titolo di rivalsa dell'accisa, il rimborso è richiesto dal predetto soggetto obbligato, a pena di decadenza, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che impone la restituzione delle somme”.

Di tale avviso anche la giurisprudenza di merito (ordinanza del Tribunale di Milano del 16 novembre 2020, n. 18698), secondo la quale il fornitore non può chiedere all'erario la restituzione di quanto versato al consumatore finale se non a seguito di pronuncia definitiva a suo carico.

Alcune considerazioni per rendere più facile la procedura di rimborso

A causa di tale interpretazione, i fornitori di energia si trovano a dovere affrontare numerose cause per fronteggiare le richieste di rimborso, con un aggravio di costi e di tempo, non giustificato, considerato che gli stessi si sono limitati ad applicare la legge in vigore, ed ora si troverebbero costretti a gestire numerose pratiche legali.

Gli stessi consumatori, dal loro lato, devono procedere ad adire il giudice ordinario per ottenere il rimborso.

Per questo motivo, si è cercato di trovare una soluzione normativa che cercasse di venire incontro agli interessi, sia dei consumatori, che dei fornitori, tenendo presente che si sta parlando di un'imposta ritenuta contraria alla normativa UE.

Ciò ha indotto le associazioni di categoria, come Confindustria, a presentare un'istanza al Ministero dell'Economia e delle Finanze (di seguito anche MEF) volta ad ottenere un intervento legislativo urgente che attribuisca alle società consumatrici di energia elettrica il diritto di agire direttamente nei confronti dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

A tale istanza, il MEF ha fornito riscontro negativo, in quanto l'attuale procedura amministrativa di azione di rimborso da parte delle società consumatrici verso le società fornitrici, non può essere modificata.

Il MEF ha ipotizzato una possibile alternativa, che preveda un sistema di ‘rimborso spontaneo' da parte della società fornitrice che, poi, avrebbe la possibilità di richiedere a sua volta il rimborso all'Amministrazione Finanziaria, sgravando così i Tribunali da centinaia di migliaia di cause e sollevando le parti in causa (aziende consumatrici ed aziende fornitrici) dall'onere di lunghe e costose cause.

Tuttavia, lo stesso Ministero ha chiarito che tale soluzione appare “difficilmente percorribile”, in quanto l'Amministrazione finanziaria si troverebbe a ricevere una mole enorme di istanze di rimborso per importi rispetto ai quali non vi è stato alcun accertamento giudiziale.

Tale decisione, però, sarebbe in linea con l'auspicato intervento legislativo, in forza del quale venga attribuito direttamente al cliente finale la legittimazione ad agire verso l'Amministrazione finanziaria, con la possibilità quindi di proporre istanza di rimborso delle addizionali provinciali pagate per l'anno 2010 e 2011 direttamente all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, evitando la via giudiziaria che diverrebbe pertanto superflua.

Ovviamente si dovrà prevedere un meccanismo che gestisca la problematica della prescrizione per il cliente finale, che non dovrà essere penalizzato da tale modifica normativa.

Ciò sarebbe coerente con l'orientamento comunitario, secondo il quale quando il rimborso risulta “impossibile o eccessivamente difficile”, sarebbe il cessionario/consumatore finale il soggetto legittimato ad agire direttamente nei confronti delle autorità tributarie (da ultimo, Corte di giustizia dell'11 aprile 2019 n. C-691/17).

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